notaio informatico Riccardo Ricciardi

 RASSEGNA DELLE RECENTI NOVITÀ NORMATIVE DI INTERESSE NOTARILE

Primo semestre 2008

 

 

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI 2

CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI – NORMATIVA REGIONALE. 2

RINEGOZIAZIONE DEI MUTUI IPOTECARI 2

CANCELLAZIONE SEMPLIFICATA DELLE IPOTECHE A GARANZIA DI MUTUI 2

REVISIONE DELLA TABELLA DELLE SEDI NOTARILI 2

MODELLO UNICO INFORMATICO.. 2

TRACCIABILITÀ DEI PAGAMENTI AI PROFESSIONISTI 2

NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO.. 2

TRASFERIMENTO ALL’ESTERO DI DENARO CONTANTE. 2

DIVIETO DI CESSIONE A TITOLO ONEROSO DI IMMOBILI A STRANIERI IRREGOLARMENTE SOGGIORNANTI 2

SOGGIORNO DI STRANIERI IN ITALIA.. 2

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RIFUGIATI 2

CONVENZIONI URBANISTICHE. 2

MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DEI BENI CULTURALI 2

MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DEI BENI PAESAGGISTICI 2

NORME IN MATERIA AMBIENTALE. 2

TASSI USURARI 2

INTERESSI DI MORA - RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI 2

TUTELA DEGLI ACQUIRENTI DI IMMOBILI DA COSTRUIRE. 2

DEFINIZIONE DI ALLOGGIO SOCIALE – EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA E AGEVOLATA.. 2

PIANI PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA - DISMISSIONI 2

DISMISSIONE DI IMMOBILI DEGLI ENTI LOCALI 2

SICUREZZA SUL LAVORO.. 2

RAPPORTI DI LAVORO SUBORDINATO.. 2

TRATTAMENTO DEI DATI SENSIBILI E GIUDIZIARI DA PARTE DELL’AGENZIA DEL TERRITORIO.. 2

AVVISI DI VENDITA FORZATA E PRIVACY.. 2

VISURE IPOTECARIE E CATASTALI PER VIA TELEMATICA.. 2

ACCESSO ALLA BANCA DATI CATASTALE E IPOTECARIA DA PARTE DEI COMUNI 2

ACCATASTAMENTO DI FABBRICATI RURALI 2

DECENTRAMENTO DI FUNZIONI CATASTALI AI COMUNI 2

MODELLO UNICO INFORMATICO CATASTALE. 2

REGISTRO DELLE IMPRESE. 2

DIRITTI DI SEGRETERIA PER IL REGISTRO DELLE IMPRESE. 2

DIRITTO ANNUALE PER LE CAMERE DI COMMERCIO.. 2

FUSIONI TRANSFRONTALIERE. 2

CONFIDI (COOPERATIVE DI GARANZIA) 2

BANCHE DI GARANZIA COLLETTIVA DEI FIDI 2

BANCHE POPOLARI 2

GOLDEN SHARE NELLE SOCIETÀ CON PARTECIPAZIONE PUBBLICA.. 2

CAPITALE MINIMO DELLE SOCIETÀ CONCESSIONARIE DELLA RISCOSSIONE. 2

IMPRESA SOCIALE. 2

CENTRI AUTORIZZATI DI ASSISTENZA AGRICOLA.. 2

ORGANIZZAZIONI DI PRODUTTORI ORTOFRUTTICOLI 2

SOCIETÀ QUOTATE. 2

SOCIETÀ BANCARIE. 2

SOCIETÀ DI ASSICURAZIONE. 2

CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI 2

SGR, SICAV E SIM... 2

SOCIETÀ DI GESTIONE DEI SISTEMI DI GARANZIA.. 2

INTERVENTI A SOSTEGNO DI IMPRESE AGRICOLE. 2

CLASS ACTION (AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA A TUTELA DEI CONSUMATORI) 2

IMPOSTA DI REGISTRO SUI CONTRATTI DI LOCAZIONE NEI GRUPPI BANCARI E FINANZIARI 2

VALORE DEI DIRITTI DI USUFRUTTO, USO E ABITAZIONE. 2

IMPOSTA COMUNALE SUGLI IMMOBILI (ICI) 2

DETRAZIONE IRPEF PER LA RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI 2

ACCESSO AGLI ELENCHI DEI CONTRIBUENTI 2

CONTRIBUENTI MINIMI 2

DISPOSIZIONI FISCALI IN MATERIA DI COOPERATIVE. 2

SOCIETÀ DI COMODO.. 2

GARANZIE PER LA RATEIZZAZIONE DI IMPOSTE ISCRITTE A RUOLO.. 2

ELENCO CLIENTI E FORNITORI 2

STUDI DI SETTORE. 2

PROROGHE DI TERMINI PER LE DICHIARAZIONI FISCALI 2

CLAUSOLE COMPROMISSORIE NEI CONTRATTI PUBBLICI 2

RIORDINO DELLE IPAB.. 2

TRASFORMAZIONE DI UNIVERSITÀ IN FONDAZIONI 2

CONSORZI DI BONIFICA.. 2

SOPPRESSIONE DI ENTI PUBBLICI 2

PAGAMENTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI 2

DURATA E RINNOVO DELLA CARTA DI IDENTITÀ.. 2

CARTA D’IDENTITÀ ELETTRONICA.. 2

DIRITTI DI PROTESTO.. 2

CONTRIBUTI ALLA CASSA DEL NOTARIATO.. 2

DONAZIONI DI ORGANI A SCOPO DI TRAPIANTO.. 2

ELENCO DELLE PROFESSIONI NON REGOLAMENTATE. 2

TRASMISSIONE DEI DATI DEI CONTRATTI PUBBLICI 2

SERVIZI DI COMUNICAZIONE ELETTRONICA E RETI PUBBLICHE DI COMUNICAZIONE. 2

CRIMINALITÀ INFORMATICA.. 2

PUBBLICAZIONE DI PROVVEDIMENTI SU SITI INTERNET.. 2

DELEGHE LEGISLATIVE IN MATERIA DI SOCIETÀ DI CAPITALI 2

CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE. 2

CONTRATTI DI CREDITO AL CONSUMO.. 2

IMPOSTE INDIRETTE SULLA RACCOLTA DI CAPITALI 2

LUOGO DELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI AI FINI IVA.. 2

RIMBORSI IVA INTRACOMUNITARI 2

BREVETTI EUROPEI 2
 

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI

- FONTI NORMATIVE.

Con D.M. 22 gennaio 2008, n. 37 (in G.U. n. 61 del 12.3.2008), in vigore dal 27 marzo 2008, è stato approvato il Regolamento recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici.

L’art. 13 di detto regolamento – che disciplinava le garanzie contrattuali, gli obblighi di consegna e di allegazione delle dichiarazioni di conformità o di rispondenza – è stato abrogato, con decorrenza dal 25 giugno 2008, dall’art. 35, comma 2, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008).

Rimane in vigore, invece, la restante parte del regolamento.

Il decreto in esame è stato emanato in attuazione della delega prevista dall'art. 11-quaterdecies, comma 13, lett. a), del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248: delega con cui si disponeva "il riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici". Oggetto della delega non era quindi l'emanazione di disposizioni innovative, ma un semplice "riordino" della disciplina esistente. Il regolamento avrebbe dovuto essere emanato entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 248/2005: essendo stato emanato fuori termine, esso è da ritenersi illegittimo (ma deve essere applicato, fin quando tale illegittimità non sarà stata dichiarata giudizialmente).

Ai sensi dell'art. 3, comma 1, del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito in legge 26 febbraio 2007, n. 17, come modificato dall'art. 29-bis del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento in oggetto, quindi dal 27 marzo 2008, "sono abrogati il regolamento di cui al D.P.R. 6 dicembre 1991, n. 447, gli articoli da 107 a 121 del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e la legge 5 marzo 1990, n. 46, ad eccezione degli articoli 8, 14 e 16, le cui sanzioni trovano applicazione in misura raddoppiata per le violazioni degli obblighi previsti dallo stesso regolamento di cui al primo periodo del presente comma". Delle suddette fonti abrogate occorre peraltro tener conto ai fini dell'individuazione dei requisiti di sicurezza vigenti al momento dell'installazione dei singoli impianti.

Per completezza, occorre ricordare che rimangono, invece, in vigore:

- il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392 (Regolamento recante disciplina del procedimento di riconoscimento delle imprese ai fini della installazione, ampliamento e trasformazione degli impianti nel rispetto delle norme di sicurezza);

- il D.P.R. 30 aprile 1999, n. 162 (Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, nonché della relativa licenza di esercizio).

L’art. 35, comma 1, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, ha delegato il Governo ad emanare, entro il 31 marzo 2009, uno o più decreti volti a disciplinare l’attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici (prevedendo semplificazioni di adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese), nonché le relative verifiche e la revisione della disciplina sanzionatoria. Fino a tale emanazione rimane in vigore il D.M. n. 37/2008 (salva l’abrogazione dell’art. 13 dello stesso).

- AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA.

La disciplina portata dal D.M. n. 37/2008 si applica a tutti gli edifici, qualunque ne sia la destinazione d'uso. Sotto questo aspetto, si ha un ampliamento dell'ambito di applicazione della preesistente disciplina. Infatti, come risulta dall'art. 1, commi 1 e 2, del D.P.R. 6 dicembre 1991, n. 447, fino al 26 marzo 2008 la disciplina sulla sicurezza degli impianti trovava applicazione:

a) - a tutti gli impianti (come infra elencati), per gli edifici ad uso civile. Per edifici adibiti ad uso civile si intendono le unità immobiliari o la parte di esse destinate ad uso abitativo, a studio professionale o a sede di persone giuridiche private, associazioni, circoli o conventi e simili;

b) - ai soli impianti elettrici (come infra descritti), per gli edifici adibiti a sede di società, ad attività industriale, commerciale o agricola o comunque di produzione o di intermediazione di beni o servizi, gli edifici di culto, nonché gli immobili destinati ad uffici, scuole, luoghi di cura, magazzini o depositi o in genere a pubbliche finalità, dello Stato o di enti pubblici territoriali, istituzionali o economici.

La suddetta disciplina trova applicazione riguardo agli edifici ultimati; viceversa, trattandosi di edificio privo di impianti, le disposizioni sopra descritte non si applicano.

Gli impianti interessati sono, ai sensi dell'art. 1 del decreto, i seguenti:

a) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell'energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l'automazione di porte, cancelli e barriere;

b) impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere;

c) impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali;

d) impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie;

e) impianti per la distribuzione e l'utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali;

f) impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili;

g) impianti di protezione antincendio.

Alcuni dei suddetti impianti (ad esempio, impianti antincendio, ascensori, impianti di riscaldamento centralizzati) possono essere condominiali: la disciplina del decreto si estende, in tal caso, anche ad essi.

- CARATTERISTICHE DEGLI IMPIANTI.

Secondo la Circolare del Min. Sviluppo Economico del 26 marzo 2008, non è previsto un generalizzato obbligo di adeguamento ai requisiti di sicurezza oggi vigenti (requisiti che sarebbero, quindi, quelli vigenti al momento della realizzazione degli impianti). Peraltro, ai sensi dell'art. 8, comma 2, del D.M. n. 37/2008, "Il proprietario dell'impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia".

Ai sensi dell'art. 6, comma 3, del D.M. n. 37/2008, "Gli impianti elettrici nelle unità immobiliari ad uso abitativo realizzati prima del 13 marzo 1990 si considerano adeguati se dotati di sezionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all'origine dell'impianto, di protezione contro i contatti diretti, di protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA". Analoga disposizione era contenuta nell'art. 5, comma 8, del d.p.r. n. 447/1991 (ma quest'ultima disposizione, a differenza di quella oggi vigente, non era espressamente limitata alle sole unità immobiliari ad uso abitativo).

Occorre, inoltre, considerare che l'art. 7, comma 3, della legge n. 46/1990 prevedeva l'obbligo di adeguamento (entro un termine, poi prorogato al 31 dicembre 1998 dall'art. 31 della legge 7 agosto 1997, n. 266) di tutti gli impianti realizzati alla data del 13 marzo 1990, data di entrata in vigore della medesima legge.

Il D.M. n. 37/2008 non contiene altre prescrizioni riguardo agli impianti realizzati in data anteriore al 27 marzo 2007, in ordine alle relative caratteristiche di sicurezza.

- LE DICHIARAZIONI DI CONFORMITÀ E DI RISPONDENZA.

Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del D.M. n. 37/2008, al termine dei lavori l'impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti. Di tale dichiarazione, resa sulla base del modello di cui all'allegato I, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati, nonché il progetto di cui all'articolo 5 (in tal senso disponeva già l'art. 9 della legge n. 46/1990).

I casi in cui la redazione del progetto è obbligatoria sono individuati dagli artt. 5 e 7, comma 2, del D.M. n. 37/2008; per la disciplina previgente, cfr. l'art. 4 del d.p.r. n. 447/1991.

Ai sensi dell'art. 7, comma 4, del D.M. n. 37/2008, la dichiarazione di conformità è redatta sulla base dei modelli allegati al medesimo decreto. Anteriormente, l'art. 7, comma 1, del d.p.r. n. 447/1991 disponeva che la dichiarazione di conformità doveva essere "resa sulla base di modelli predisposti con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentiti l'UNI e il CEI".

Ai sensi dell'art. 7, comma 6, "Nel caso in cui la dichiarazione di conformità prevista dal presente articolo, salvo quanto previsto all'articolo 15, non sia stata prodotta o non sia più reperibile, tale atto è sostituito - per gli impianti eseguiti prima dell'entrata in vigore del presente decreto - da una dichiarazione di rispondenza, resa da un professionista iscritto all'albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha esercitato la professione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione, sotto personale responsabilità, in esito a sopralluogo ed accertamenti, ovvero, per gli impianti non ricadenti nel campo di applicazione dell'articolo 5, comma 2, da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di responsabile tecnico di un'impresa abilitata di cui all'articolo 3, operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione".

Il certificato di agibilità è rilasciato dalle autorità competenti previa acquisizione della dichiarazione di conformità di cui all'articolo 7, nonché del certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti (art. 9 del D.M. n. 37/2008). In tal senso disponeva già l'art. 11 della legge n. 46/1990.

- OBBLIGO DI CONSEGNA DELLA DOCUMENTAZIONE.

Un obbligo di consegna della documentazione all’acquirente a qualsiasi titolo ed al conduttore era previsto dall’art. 13 del D.M. n. 37/2008, e dall’art. 9, comma 3, del D.P.R. 6 dicembre 1991, n. 447. Entrambe queste disposizioni sono state abrogate, e quindi non esiste ad oggi una disposizione espressa che disponga, specificamente, la consegna delle dichiarazioni di conformità o di rispondenza all’acquirente.

Esiste, soltanto, la disposizione generale contenuta nell’art. 1477, comma 3, c.c., a norma del quale il venditore deve consegnare al compratore “i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta”. Tra tali documenti la giurisprudenza annovera pacificamente il certificato di agibilità (Cass. 16 giugno 2006, n. 13969; Cass. 28 marzo 2001, n. 4513; Cass. 15 gennaio 1995, n. 953; Cass. 5 novembre 1992, n. 11980); poiché pure le certificazioni di conformità riguardano “l’uso della cosa venduta”, deve ritenersi che l’obbligo di consegna si estenda anche ad esse.

Detto obbligo riguarda:

a) - la documentazione amministrativa e tecnica (in particolare, le certificazioni di conformità degli impianti, comprensive del progetto e della relazione tecnica) in originale;

b) - il libretto di uso e manutenzione, laddove sia obbligatorio (obbligatorietà che, per gli edifici ad uso civile, sussiste solo per l'impianto di riscaldamento: cfr. l'art. 11, comma 9, del D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, nonché l'allegato "L" al D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192).

La parte acquirente può rinunziare ad ottenere la consegna della suddetta documentazione, nel caso di impianti "non a norma", allorché tra le parti si sia pattuito che la regolarizzazione degli impianti sarà effettuata dall'acquirente a sue spese.

- REGOLAMENTAZIONE CONTRATTUALE DELLA GARANZIA DI CONFORMITÀ DEGLI IMPIANTI.

A seguito dell’abrogazione dell’art. 13 del D.M. n. 37/2008, non esiste più un obbligo di regolamentazione contrattuale della garanzia dell’alienante riguardo alla conformità degli impianti; regolamentazione che è tuttavia opportuna, anche in conseguenza dell’incerto inquadramento della garanzia in esame nell’ambito della garanzia per vizi (artt. 1490 ss. c.c.), o della garanzia per mancanza delle qualità essenziali (art. 1497 c.c.).

Le parti potranno, quindi, sancire contrattualmente la garanzia dell’alienante, ovvero escluderla, salvo che nelle ipotesi di dolo o colpa grave (artt. 1490, comma 2, e 1229 c.c.): nell'ipotesi, cioé, in cui l'alienante conosca i vizi dell'impianto (quindi la non conformità alle norme in tema di sicurezza), ma taccia dolosamente, ovvero con colpa grave, tale circostanza.

- ALLEGAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE.

Dopo l’abrogazione dell’art. 13 del D.M. n. 37/2008, non sussiste più obbligo legale di allegazione della documentazione (dichiarazioni di conformità o rispondenza), e non è quindi necessaria una rinunzia contrattuale a detta allegazione.

- OBBLIGHI DEL NOTAIO.

Nessun obbligo specifico incombe al notaio, salvo il generale dovere di chiarimento e informazione in ordine agli obblighi di consegna ed alla disciplina legale della garanzia dell’alienante, ed all’opportunità della relativa regolamentazione convenzionale.

 

CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI – NORMATIVA REGIONALE

Nella materia della certificazione energetica degli edifici hanno legiferato le seguenti Regioni:

 

1) – Regione Piemonte:

- Legge 28 maggio 2007 n. 13, in vigore dal 15 giugno 2007.

Il provvedimento è reperibile anche sul sito:

http://www.regione.piemonte.it/ambiente/energia/dwd/normativa/13_2007.pdf.

L'art. 21, comma 1, della suddetta legge regionale demanda alla Giunta regionale l'emanazione (entro il 15 giugno 2008) delle necessarie disposizioni attuative (riguardanti, tra l'altro, le metodologie di calcolo, i valori di riferimento, il modello dell'attestato di certificazione energetica); disposizioni attuative che non sono state ancora approvate, per cui – tenuto conto della disciplina transitoria contenuta nell’art. 21, commi 2 e 3, della legge n. 13/2007 – al momento attuale si applica agli obblighi di allegazione – attualmente dell’attestato di qualificazione energetica – unicamente la disciplina nazionale.

Ai sensi dell’art. 21 della legge regionale, gli obblighi di dotazione ed allegazione – per i limitati effetti previsti dalla legge regionale, e quindi nei limiti di competenza della stessa, salva la normativa nazionale per ciò che concerne la decorrenza degli obblighi di allegazione ai fini della validità degli atti – hanno le seguenti cadenze temporali:

a) - per gli edifici di nuova costruzione o soggetti a ristrutturazione edilizia, le disposizioni di cui all'articolo 5, commi 1, 2, 3 e 5 (quindi, in particolare, l'obbligo di dotare l'edificio della certificazione energetica, l'obbligo di allegazione dell'attestato di certificazione energetica agli atti traslativi a titolo oneroso, e di messa a disposizione del locatario), si applicano dopo un anno dalla data di pubblicazione della deliberazione attuativa della Giunta regionale di cui al comma 1, lettere e), f) e g) (art. 21, comma 2).

b) - per gli edifici esistenti, le disposizioni di cui all'articolo 5, commi 2 e 3 (quindi, in particolare, l'obbligo di allegazione dell'attestato di certificazione energetica agli atti traslativi a titolo oneroso, e di messa a disposizione del locatario), si applicano a decorrere dal 1° luglio 2009 (art. 21, comma 3).

 

2) – Regione Lombardia:

- Deliberazione della Giunta Regionale in data 26 giugno 2007, n. 8/5018 (in B.U. n. 29 del 20 luglio 2007, in vigore dal 4 agosto 2007);

- Deliberazione della Giunta Regionale in data 31 ottobre 2007, n. 8/5773 (in B.U. n. 45 del 9 novembre 2007, in vigore dal 24 novembre 2007). Quest'ultima deliberazione modifica ed integra la precedente (di fatto sostituisce integralmente il testo). Si tratta di fonti regolamentari, emanate in attuazione della legge regionale n. 24/2006 (giusta la delega contenuta negli artt. 9, lett. a), e 25, comma 1, di quest'ultima legge);

- Decreto direttoriale 27 dicembre 2007, n. 16381 (in B.U. n. 12 del 17.3.2008), che approva la circolare relativa alla necessità di certificazione energetica per gli immobili oggetto di incentivi o agevolazioni;

- Decreto dirigenziale 13 dicembre 2007, n. 15833 (in suppl. straord. n. 3 al B.U. n. 4 del 25.1.2008), che aggiorna la procedura di calcolo per predisporre l'attestato di certificazione energetica degli edifici.

La normativa è reperibile anche sul sito: http://www.cened.it.

Ai sensi dell'art. 6.2 della Delibera del 31 ottobre 2007, gli obblighi di dotazione ed allegazione dell’attestato di certificazione energetica – per i limitati effetti previsti dalla legge regionale, e quindi nei limiti di competenza della stessa, salva la normativa nazionale per ciò che concerne la decorrenza degli obblighi di allegazione ai fini della validità degli atti – hanno le seguenti cadenze temporali:

a) a decorrere dal 1° settembre 2007, per tutti gli edifici, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell'intero che avvenga mediante la vendita di tutte le unità immobiliari che lo compongono, effettuata con unico contratto;

b) a decorrere dal 1° settembre 2007 ed entro il 1° luglio 2009, nel caso di edifici di proprietà pubblica o adibiti a uso pubblico, la cui superficie utile superi i 1.000 mq;

c) a decorrere dal 1° gennaio 2008, nel caso di contratti "servizio energia", nuovi o rinnovati, relativi ad edifici pubblici o privati;

d) a decorrere dal 1° luglio 2009, nel caso di trasferimento a titolo oneroso delle singole unità immobiliari.

 

3) – Regione Emilia Romagna:

- Deliberazione dell'Assemblea Legislativa 4 marzo 2008, n. 156 (in B.U. n. 47 del 25.3.2008), adottata su proposta della Giunta regionale in data 16 novembre 2007, n. 1730, in vigore dal 1° luglio 2008.

Il provvedimento è reperibile anche sul sito:

http://www.regione.emilia-romagna.it/caldaiasicura/PDF/atto%20di%20indirizzo.pdf.

Ai sensi dell’art. 5 di tale provvedimento, gli obblighi di dotazione ed allegazione – per i limitati effetti previsti dalla legge regionale, e quindi nei limiti di competenza della stessa, salva la normativa nazionale per ciò che concerne la decorrenza degli obblighi di allegazione ai fini della validità degli atti – hanno le seguenti cadenze temporali:

a) a decorrere dal 1° luglio 2008, per gli edifici, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell'intero immobile, con esclusione delle singole unità immobiliari;

b) a decorrere dal 1° luglio 2009, per le singole unità immobiliari, nel caso di trasferimento a titolo oneroso.

 

4) – Regione Liguria:

- Legge 29 maggio 2007, n. 22 (in B.U. n. 11 del 6.6.2007), in vigore dal 21 giugno 2007;

- Regolamento 8 novembre 2007, n. 6 (in B.U. n. 19 del 28.11.2007), in vigore dal 13 dicembre 2007.

- Art. 8 della legge 6 giugno 2008, n. 14 (in B.U. n. 5 del giorno 11.6.2008), in vigore dal 12 giugno 2008, che introduce il comma 2-bis all’art. 35 della legge n. 22/2007, del seguente tenore: “Nelle more dell'emanazione dei provvedimenti previsti nel Titolo IV della presente legge, ai fini della certificazione energetica, continua ad applicarsi la normativa nazionale vigente in materia”.

- Deliberazione della Giunta regionale in data 3 agosto 2007, n. 954 (in B.U. n. 48 del 28.11.2007), che istituisce l’elenco regionale dei professionisti abilitati al rilascio della certificazione energetica ai sensi dell’art. 30 della legge n. 22/2007.

- Deliberazione della Giunta regionale in data 9 novembre 2007 n. 1336 (in B.U. n. 48 del 28.11.2006), che detta disposizioni sull’elenco regionale dei professionisti abilitati, di cui sopra.

- Deliberazione della Giunta regionale in data 26 febbraio 2008, n. 181 (in B.U. n. 12 del 19.3.2008), portante modifica ed integrazione della delibera del 3 agosto 2007 in materia di elenco regionale dei professionisti abilitati.

- Deliberazione della Giunta regionale in data 6 giugno 2008, n. 624 (in B.U. n. 27 del 2.7.2008), relativa ai corsi di formazione per l’iscrizione all’elenco dei professionisti abilitati.

La suddetta normativa è reperibile anche sul sito:

http://www.bur.liguriainrete.it/.

Alla luce delle fonti normative regionali sopra citate, si pone il problema se, attualmente, in Liguria debba essere allegato l’attestato di certificazione energetica secondo la normativa regionale, ovvero l’attestato di qualificazione energetica secondo le norme nazionali. In questo secondo senso sembra deporre l’art. 8 della recentissima legge 6 giugno 2008, n. 14, in vigore dal 12 giugno, che dichiara applicabile la normativa nazionale “nelle more dell'emanazione dei provvedimenti previsti nel Titolo IV” della legge n. 22/2007 (nel titolo IV si disciplina tra l’altro l’attestato di certificazione energetica, e si prevede l’emanazione di deliberazione di Giunta regionale per l’istituzione dell’elenco dei professionisti abilitati). Detto elenco è stato in effetti istituito con deliberazioni in data 3 agosto 2007, 9 novembre 2007 e 26 febbraio 2008, sopra citate. Il fatto che – nonostante l’anteriore emanazione delle delibere istitutive dell’elenco – la legge regionale n. 14/2008 abbia disposto la permanente applicazione della normativa nazionale sembrerebbe significativo nel senso della perdurante necessità di allegazione dell’attestato di qualificazione energetica secondo la legge nazionale, pur necessitando la questione di approfondimento.

Si precisa infine che, ai sensi dell’art. 28 della legge n. 22/2007, gli obblighi di dotazione ed allegazione – per i limitati effetti previsti dalla legge regionale, e quindi nei limiti di competenza della stessa, salva la normativa nazionale per ciò che concerne la decorrenza degli obblighi di allegazione ai fini della validità degli atti – hanno le seguenti cadenze temporali:

a) sei mesi dall'emanazione del regolamento (quindi dal 13 giugno 2008) per gli edifici superiori a 1000 metri quadrati;

b) dodici mesi dall'emanazione del regolamento (quindi dal 13 dicembre 2008) per gli edifici fino a 1000 metri quadrati;

c) diciotto mesi dall'emanazione del regolamento (quindi dal 13 giugno 2009) per le singole unità immobiliari.

 

5) – Regione Lazio:

- Legge 27 maggio 2008, n. 6 (in B.U. n. 21 del 7.6.2008), articolo 9.

 

6) – Regione Puglia:

- Legge 10 giugno 2008, n. 13 (in B.U. n. 93 del 13.6.2008), articoli 9 e 10;

- Regolamento 27 settembre 2007, n. 24 (in B.U. n. 138 del 28.9.2007), per l’attuazione del D. Lgs. n. 192/2005, come modificato dal D. Lgs. n. 311/2006, in materia di esercizio, controllo e manutenzione, ispezione degli impianti termici e di climatizzazione del territorio regionale.

 

7) – Regione Toscana:

- Legge 23 febbraio 2005, n. 39 (in B.U. n. 19 del 7.3.2005), articolo 23.

 

8) – Regione Friuli Venezia Giulia:

- Legge 23 febbraio 2007, n. 5 (in B.U. n. 9 del 28.2.2007), articolo 39.

 

Per un commento alla disciplina vigente in Piemonte e Lombardia, e per l’analisi delle problematiche generali attinenti al coordinamento tra normativa nazionale e normativa regionale, cfr. PETRELLI, La certificazione energetica degli edifici. Normativa nazionale e delle Regioni Piemonte e Lombardia, in Notariato, 2008, p. 82, ed in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

RINEGOZIAZIONE DEI MUTUI IPOTECARI

L’art. 3 del D.L. 27 maggio 2008, n. 93 (in G.U. n. 124 del 28.5.2008), in vigore dal 29 maggio 2008, ha dettato nuove disposizioni per la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile stipulati per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale anteriormente al 29 maggio 2008.

Deve trattarsi, quindi, di mutui finalizzati ad acquisto, costruzione e ristrutturazione dell’abitazione principale del mutuatario (sebbene la rubrica dell’articolo parli atecnicamente di “prima casa”).

La disposizione prevede, in particolare:

1) – la stipula di una apposita convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana, aperta all'adesione delle banche e degli intermediari finanziari (ne deriva che l’adesione delle singole banche ed intermediari è facoltativa, e non obbligatoria);

2) – la possibilità che tale convenzione deroghi all’art. 120 del t.u.b. (d. lgs. n. 385/1993), e quindi che preveda la produzione di interessi sugli interessi (anatocismo), anche in deroga alle modalità ed ai criteri dettati dal CICR ai sensi di tale disposizione;

3) – la previsione per cui “la rinegoziazione assicura la riduzione dell'importo delle rate del mutuo ad un ammontare pari a quello della rata che si ottiene applicando all'importo originario del mutuo il tasso di interesse come risultante dalla media aritmetica dei tassi applicati ai sensi del contratto nell'anno 2006. L'importo della rata così calcolato rimane fisso per tutta la durata del mutuo”; correlativamente, “la differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originariamente previsto e quello risultante dall'atto di rinegoziazione è addebitata su di un conto di finanziamento accessorio regolato al tasso che si ottiene in base all'IRS a dieci anni, alla data di rinegoziazione, maggiorato di uno spread dello 0,50”. Laddove invece la differenza generi saldi a favore del mutuatario, la stessa è imputata a credito dello stesso sul suddetto conto di finanziamento accessorio;

4) – “l'eventuale debito risultante dal conto accessorio, alla data di originaria scadenza del mutuo, è rimborsato dal cliente sulla base di rate costanti il cui importo è uguale all'ammontare della rata risultante dalla rinegoziazione e l'ammortamento è calcolato sulla base dello stesso tasso a cui è regolato il conto accessorio purché più favorevole al cliente”;

5) – Ai sensi dell’art. 3, comma 6, “le garanzie già iscritte a fronte del mutuo oggetto di rinegoziazione continuano ad assistere il rimborso, secondo le modalità convenute, del debito che risulti alla data di scadenza di detto mutuo”. La disposizione conferma l’esclusione della necessità di annotazione, a margine dell’ipoteca, delle variazioni delle condizioni del mutuo; essa sembra doversi interpretare nel senso che la garanzia ipotecaria assisterà anche l’eventuale debito che risulterà dal conto accessorio, per la nuova durata del mutuo (salva evidentemente la necessità di rinnovazione dell’ipoteca medesima nell’ipotesi in cui detta nuova durata superi il ventennio dall’iscrizione originaria);

6) – le banche e gli intermediari finanziari che aderiscono alla convenzione formulano ai clienti interessati la proposta di rinegoziazione entro il 29 agosto 2008, ed il mutuatario potrà comunicare la propria accettazione entro i successivi tre mesi;

7) - la rinegoziazione del mutuo esplica i suoi effetti a decorrere dalla prima rata in scadenza successivamente al 1° gennaio 2009;

8) – ai sensi dell’art. 3, comma 8, “le operazioni di rinegoziazione dei mutui sono esenti da imposte e tasse di alcun genere e per esse le banche e gli intermediari finanziari non applicano costi nei riguardi dei clienti”.

In attuazione della suddescritta disposizione, è stata stipulata tra il Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro, e l’Associazione Bancaria Italiana, la “Convenzione per la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile stipulati anteriormente al 29 maggio 2008 e finalizzati all’acquisto, costruzione e ristrutturazione della abitazione principale” (il relativo testo è disponibile sui siti internet “http://www.mef.gov.it”, e “http://www.abi.it”).

Di particolare rilievo, in tale convenzione (oltre alla ripetizione di alcune previsioni contenute nell’art. 3 del d.l. n. 93/2008):

a) – la previsione di un obbligo delle banche ed intermediari finanziari aderenti di informare in modo trasparente i clienti interessati circa le diverse opzioni disponibili (tra cui la portabilità del mutuo, la rinegoziazione, il rimborso secondo le modalità precedentemente pattuite, il cumulo tra diverse opzioni) (art. 1, comma 1);

b)Per i mutui di cui all’articolo 2, che siano stati oggetto di un’operazione di cartolarizzazione con cessione dei crediti, possono altresì aderire alla convenzione i soggetti cui siano stati ceduti i crediti (art. 1, comma 2);

c)le disposizioni legislative di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2008 costituiscono uno standard minimo, restando ferma, per banche e intermediari, la possibilità di proporre alla clientela interessata, in via generalizzata, condizioni economicamente ancora più favorevoli (art. 1, comma 3);

d) -  si precisa che formano oggetto di rinegoziazione i mutui che, oltre ad essere a tasso variabile, sono “a rata variabile per tutta la durata del mutuo, stipulati o accollati, anche a seguito di frazionamento, fino a tutto il 28 maggio 2008”. Pertanto, la convenzione non si applica ai mutui a tasso variabile e durata variabile, con rata di importo fisso. Per abitazione principale si intende “quella in cui il proprietario o il coniuge o i parenti entro il terzo grado o gli affini entro il secondo grado dimorano abitualmente”. Inoltre, si chiarisce che “possono usufruire della rinegoziazione anche i mutuatari inadempienti alla data del 28 maggio 2008 rispetto a rate pregresse del mutuo originariamente contratto, purché non sia intervenuta a tale data la risoluzione del contratto medesimo” (art. 2);

e) – per i contratti stipulati, rinegoziati o accollati anche a seguito di frazionamento dopo il 31 dicembre 2006 l’importo della rata da corrispondere con scadenza successiva al 1° gennaio 2009 è pari a quello risultante sulla base dei parametri per il calcolo della prima rata di ammortamento rispettivamente successiva alla stipula, alla rinegoziazione e all’accollo (art. 3, comma 1);

f) – l’importo addebitato sul un conto di finanziamento accessorio “produce interessi, capitalizzabili annualmente, al tasso annuo più favorevole per il cliente tra quello che si ottiene in base all’IRS a dieci anni, maggiorato, fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 3, di uno spread di 0,50 punti percentuali e quello contrattualmente previsto, come determinati – entrambi in misura fissa – alla data di rinegoziazione. Sono altresì addebitate nel conto di finanziamento accessorio le eventuali rate scadute e non pagate prima del 29 maggio 2008, nonché quant’altro maturato fino alla data di rinegoziazione” (art. 3, comma 2);

g)l’estinzione anticipata del mutuo oggetto di rinegoziazione ai sensi della convenzione non comporta l’applicazione di penali (art. 4). Disposizione, questa, la cui valenza innovativa concerne unicamente i mutui stipulati prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 7/2007 (per quelli successivi sussisteva già il divieto di penali previsto dall’art. 7 di detto decreto);

h)l’accettazione della proposta da parte del mutuatario deve essere corredata da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con la quale il mutuatario attesta il ricorrere dei requisiti per il suo accesso alla rinegoziazione (art. 5, comma 4);

i) – “la clientela interessata non sostiene altresì costi notarili, ove mai necessario l’intervento del notaio” (art. 6, comma 3).

In precedenza, disposizioni sulla rinegoziazione dei mutui ipotecari erano state dettate dall'art. 2, comma 450, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, a modifica del disposto dell'art. 8, commi 3 e 4, del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito in legge 2 aprile 2007, n. 40 (sufficienza della scrittura privata non autenticata; esclusione di spese a carico del mutuatario; permanenza dei benefici fiscali): cfr. sul punto la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

CANCELLAZIONE SEMPLIFICATA DELLE IPOTECHE A GARANZIA DI MUTUI

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Territorio in data 29 gennaio 2008 (in G.U. n. 27 del giorno 1.2.2008), in vigore dal 2 febbraio 2008, sono state determinate le modalità di trasmissione delle comunicazioni relative all'estinzione delle obbligazioni derivanti da contratto di mutuo accollato a seguito di frazionamento e all'estinzione delle obbligazioni derivanti da contratto di mutuo garantito da ipoteca annotata su titoli cambiari.

L’applicabilità della procedura di cancellazione semplificata alle ipoteche frazionate e cambiarie era stata prevista dall'art. 2, comma 450, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, che ha modificato il disposto dell'art. 13, comma 8-sexies, del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito in legge 2 aprile 2007, n. 40; così superando la precedente contraria interpretazione di cui alla Circ. Agenzia Territorio 20 novembre 2007, n. 13/T.

Si precisa comunque che, rimanendo invariata la disciplina procedurale della cancellazione semplificata (e quindi la possibilità per la banca di depositare la dichiarazione di permanenza dell'ipoteca entro 30 giorni dall'estinzione del mutuo), la mera comunicazione di estinzione del mutuo all'ufficio dei registri immobiliari non costituisce "titolo idoneo" alla cancellazione agli effetti dell'art. 8 del d. lgs. n. 122/2005, rimanendo vietata al notaio la stipula della compravendita in assenza di un atto notarile di consenso a cancellazione. Infatti, il riferimento dell’art. 2, comma 450, della legge n. 244/2007, alle ipoteche “a garanzia di mutui stipulati o accollati a seguito di frazionamento, anche ai sensi del d. lgs. n. 122/2005”, deve intendersi effettuato alla particolare procedura di frazionamento disciplinata dall'art. 7 del d. lgs. n. 122/2005 (mirando la disposizione a superare la circolare n. 13/T del 2007), e non all’art. 8 di quest’ultimo decreto (la cui ratio, diretta a garantire un’efficace tutela all’acquirente mediante la formazione di un titolo irrevocabile idoneo alla cancellazione, rimane inalterata). Si aggiunga il fatto che la disposizione suindicata circoscrive il riferimento al d. lgs. n. 122/2005 alla sola ipotesi del mutuo “accollato a seguito di frazionamento”. Le suddette considerazioni sono riferibili anche alla cancellazione totale di ipoteca (non frazionata), in quanto la ratio dell’art. 8 – a tutela dell’acquirente contro il rischio dell’estinzione solo apparente del debito garantito da ipoteca – è la medesima in entrambi i casi.

Il Provvedimento in data 29 gennaio 2008 precisa:

- che la comunicazione di cui all’art. 13, comma 8-septies, del D.L. n. 7/2007, riguardante l'estinzione di una quota di mutuo accollata a seguito di frazionamento, deve contenere gli elementi identificativi della quota di mutuo estinta, desunti dall'atto di frazionamento e dalla relativa formalità di annotazione, nonché degli immobili cui la quota stessa si riferisce con l'indicazione, per ciascuno di essi, della natura, del comune in cui si trova, nonché dei dati di identificazione catastale (art. 2);

- che la comunicazione di cui all’art. 13, comma 8-septies, del D.L. n. 7/2007, riguardante l'estinzione di mutuo garantito da ipoteca annotata su titoli cambiari, è effettuata dal creditore risultante nei registri immobiliari e deve riportare il numero dei titoli di credito annotati. Ai fini dell'esecuzione della cancellazione semplificata nel registro delle comunicazioni istituito con il decreto interdirigenziale 23 maggio 2007, devono essere consegnati al conservatore i titoli cambiari, i quali sono restituiti al soggetto che ne ha curato la consegna dopo che il conservatore vi ha eseguito la relativa annotazione. La mancata consegna al conservatore di tutti i titoli cambiari determina l'inefficacia della comunicazione ai fini della cancellazione e la conseguente ineseguibilità della cancellazione medesima. Il conservatore annota l'ineseguibilità della cancellazione sul registro delle comunicazioni, ne dà comunicazione al creditore e restituisce formalmente i titoli cambiari al soggetto che ne ha curato la consegna (art. 3).

Cfr., per ulteriori commenti alla disciplina in oggetto, PETRELLI, Cancellazione di ipoteche a garanzia di mutui nella legge 2 aprile 2007 n. 40, in Notariato, 2007, p. 291; PETRELLI, Cancellazione semplificata di ipoteche a garanzia di mutui. Rischi per l'acquirente e per la nuova banca mutuante, 2007, e la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

REVISIONE DELLA TABELLA DELLE SEDI NOTARILI

Con D.M. 2 aprile 2008 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 79 del 3.4.2008) è stata disposta la revisione della tabella che determina il numero dei notai per ciascun distretto notarile, con istituzione di numero 840 nuove sedi notarili.

Nella premessa del decreto si specifica, tra l’altro, che è stata ritenuta opportuna la “allocazione delle sedi nei singoli distretti notarili secondo la media comparata temperata, in modo da non toccare aree con modesti indici repertoriali per non accrescere le già forti disparità fra singoli distretti e per offrire occasioni di lavoro ai nuovi ingressi nel notariato senza pregiudizievoli incidenze sulla Cassa notarile conseguenti ad eventuali ed improvvisi aumenti di contributi integrativi”; e che “utilizzando la media comparata le ulteriori sedi sono state distribuite in quei distretti dove la media repertoriale distrettuale è superiore a quella nazionale, cioè laddove, essendo maggiore la domanda di servizio pubblico, occorre adeguarvi l'offerta di prestazioni professionali”.

Nella relazione al decreto si precisa, ancora, che i parametri previsti dall’art. 4 della legge notarile, come sostituito dall’art. 2 della legge n. 80/2005, sono puramente “indicativi, come risulta dalle espressioni «tenuto conto di» e «procurando che di regola», nel senso che si limitano ad orientare le determinazioni ministeriali come criteri di massima”; che “la configurazione del contesto territoriale e la tipologia dei mezzi di trasporto hanno assunto nel tempo rilievo sempre minore”; che “conserva un certo significato l'entità demografica”, ma “anche questo parametro va calibrato in considerazione del volume e della qualità degli affari, perché è questo indicatore che ha assunto importanza prevalente. Infatti, la dinamica e l'articolazione dell'economia moderna, per quanto riguarda la prestazione del servizio notarile che conserva un forte connotato di personalizzazione professionale sia pure nell'ambito di moderni sistemi organizzati, pone in primo piano l'entità e il valore delle negoziazioni, per cui una diffusa, sollecita e concorrenziale risposta alla domanda di servizio pubblico acquista significato soprattutto attraverso il suddetto parametro”; che il metodo circolare in precedenza utilizzato “è inadeguato a soddisfare quelle esigenze perché conferisce analogo significato alle molteplici variabili utilizzate, ponendole sullo stesso piano valutativo; cioè non tiene conto del maggior valore che acquista, nella prospettiva suindicata, il montante differenziale reale dei singoli repertori, vale a dire la quantità degli affari”. Pertanto, “i nuovi posti vengono collocati, salvo il temperamento di cui si dirà in seguito, nei distretti dove la specifica media repertoriale è costantemente superiore a quella nazionale: poiché in essi l'andamento della domanda di servizio è più alta, inserirvi un maggior numero di nuove sedi garantisce meglio l'equilibrio tra domanda e offerta, in coerenza con uno dei principi cardine della concorrenza”.

L’allocazione delle sedi notarili nei singoli distretti è stata disposta con D.M. 28 aprile 2008 (in G.U. n. 102 del 2.5.2008). Il decreto suddetto è stato successivamente rettificato con D.M. 6 maggio 2008 (in G.U. n. 111 del 13.5.2008), e con D.M. 7 maggio 2008 (in G.U. n. 111 del 13.5.2008).

Cfr., sul punto, PETRELLI, La revisione della tabella delle sedi notarili. L'importanza delle risultanze repertoriali, in Notariato, 2008, p. 174, ed in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

MODELLO UNICO INFORMATICO

Con provvedimento interdirigenziale in data 30 aprile 2008 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 109 del 10.5.2008) sono state approvate le nuove specifiche tecniche per gli adempimenti in materia di registrazione, trascrizione, iscrizione, annotazione e voltura.

Il provvedimento si è reso opportuno al fine di modificare le specifiche tecniche relative all'utilizzo dell'adempimento unico telematico, per adeguarle, tra l'altro, in particolare, alle nuove disposizioni in materia di bonifici bancari; e di rinviare la decorrenza dell'estensione delle procedure telematiche ai pubblici ufficiali diversi dai notai.

Più precisamente:

- le specifiche tecniche sono state modificate secondo quanto previsto nell’allegato 1 al provvedimento;

- l’utilizzo delle nuove specifiche tecniche era facoltativo a partire dal 12 maggio 2008; mentre è divenuto obbligatorio a partire dal 1° luglio 2008 (art. 1).

- gli ufficiali giudiziari, i segretari o delegati della pubblica amministrazione e gli altri pubblici ufficiali di cui all’art. 10, lett. b), del t.u. in materia di imposta di registro (d.p.r. n. 131/1986) possono utilizzare il modello unico informatico, per gli adempimenti relativi agli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati, a partire dalla data fissata con successivo provvedimento interdirigenziale contenente le modalità di abilitazione per la trasmissione telematica dell'adempimento unico e di pagamento da parte degli stessi soggetti (in precedenza, l’art. 2, comma 2, del provvedimento dell’Agenzia del Territorio del 6 dicembre 2006 prevedeva la data del 1° gennaio 2008).

Per l'analisi del panorama normativo risultante dai Provvedimenti interdirigenziali in data 6 dicembre 2006 e 14 marzo 2007, cfr. le Rassegne relative al secondo semestre 2006 ed al primo semestre 2007, reperibili in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

TRACCIABILITÀ DEI PAGAMENTI AI PROFESSIONISTI

L’art. 32, comma 3, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, ha abrogato – con la suddetta decorrenza – i commi 12 e 12-bis dell’art. 35 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

Il comma 12 dell’art. 35 imponeva ai professionisti di tenere uno o più conti correnti bancari o postali in cui far affluire, obbligatoriamente, le somme riscosse nell’esercizio dell’attività professionale e da cui prelevare le somme necessarie per il pagamento delle relative spese; stabiliva inoltre che i compensi in denaro a favore dei professionisti oltre una certa misura dovevano essere riscossi esclusivamente con mezzi “tracciabili” (assegni non trasferibili, bonifici, sistemi di pagamento elettronico). Il comma 12-bis prevedeva scadenze temporali per la progressiva diminuzione dell’importo di cui sopra da 1.000 a 100 euro. A seguito dell’abrogazione di tali disposizioni:

a)il professionista può far affluire i compensi su qualsiasi conto corrente, e non è più obbligato a versarli su un conto prima di utilizzare le relative somme per il pagamento delle spese;

b)i compensi dei professionisti possono essere pagati anche in contanti o con assegni trasferibili per importi (riferiti alla voce “compenso”) inferiori ad euro 12.500;

c) – ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, “Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”. Applicando tale principio alla fattispecie in esame, ne deriva che l’eventuale mancato utilizzo esclusivo, in passato, del “conto dedicato” allo studio professionale, ovvero l’eventuale pagamento in contanti o con assegno trasferibile, dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 223/2006, per somme superiori a 1.000 euro non può essere sanzionato.

In conseguenza della previsione dell’art. 32, comma 3, del D.L. n. 112/2008, implicitamente abrogato anche il D.M. 3 ottobre 2007 (in G.U. n. 260 del giorno 8.11.2007), che aveva individuato alcuni soggetti esonerati dall'obbligo della tracciabilità dei pagamenti ai professionisti (persone fisiche con redditi minimi; persone fisiche non residenti; soggetti diversamente abili).

Sulla previgente disciplina, cfr. le Rassegne relative al primo semestre 2006 ed al secondo semestre 2007, reperibili in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO

L’art. 32, comma 1, lett. a), del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, ha elevato da euro 5.000 ad euro 12.500 il limite – previsto dall’art. 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13, del D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, relativo all’utilizzo del contante, alla tracciabilità dei pagamenti effettuati con assegni bancari o postali, all’utilizzo di libretti di deposito, bancari o postali, al portatore.

Pertanto, ai sensi dell'art. 49 del D. Lgs. n. 231/1007 – come modificato dall’art. 32, comma 1, del D.L. n. 112/2008:

1) – a decorrere dal 25 giugno 2008 è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore dell'operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o superiore a 12.500 euro (soglia già fissata in euro 5.000 per il periodo dal 30 aprile al 24 giugno 2008);

2) – il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.;

3) – gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 12.500 euro dovranno recare l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità;

4) –  il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o superiore a 12.500 euro.

Da ricordare che – ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. m), del D. Lgs. n. 231/2007, per «operazione frazionata» si intende un'operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni, ferma restando la sussistenza dell'operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale.

A norma dell’art. 32, comma 2, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, resta fermo quanto stabilito dall’art. 66, comma 7, del D. Lgs. n. 231/2007 (“Il Ministro dell'economia e delle finanze può con proprio decreto modificare i limiti di importo stabiliti dall'articolo 49”).

L’art. 32, comma 1, lett. b), del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, ha abrogato l’ultimo periodo del comma 10 dell’art. 49 del D. Lgs. n. 231/2007. Pertanto non è più necessario che la girata degli assegni – di importo inferiore ad euro 12.500 – rechi il codice fiscale del girante.

Rimane invariata la disciplina relativa agli obblighi di adeguata verifica della clientela, che i notai, come gli altri professionisti, devono adempiere nello svolgimento della propria attività professionale, ai sensi dell'art. 16, comma 1, del D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, nei seguenti casi:

a) quando la prestazione professionale ha ad oggetto mezzi di pagamento, beni od utilità di valore pari o superiore a 15.000 euro. Pertanto mentre il limite di utilizzo del denaro contante e degli assegni trasferibili è fissato in euro 12.500, gli obblighi di adeguata verifica scattano soltanto a partire dalla soglia di euro 15.000.

b) quando vengono eseguite prestazioni professionali occasionali che comportino la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro. Anche in questo caso, la soglia in oggetto di 15.000 euro attiene agli obblighi di adeguata verifica della clientela, non al limite di utilizzo del contante, per cui vale il limite di 12.500 euro.

L'art. 62 del D. Lgs. n. 231/2007 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2008, il trasferimento alla Banca d'Italia (Unità di informazioni finanziaria – UIF) delle competenze e poteri, con le relative risorse strumentali, umane e finanziarie, già attribuiti all'Ufficio italiano dei cambi (UIC). Ogni riferimento all'Ufficio italiano dei cambi contenuto nelle leggi o in atti normativi si intende effettuato alla Banca d'Italia. L'Ufficio italiano dei cambi è quindi soppresso. Peraltro, fino all'emanazione del regolamento attuativo, i compiti e le funzioni attribuiti alla UIF sono esercitati, in via transitoria, dal Servizio antiriciclaggio del soppresso Ufficio italiano dei cambi.

In attuazione di tale previsione, con Provvedimento della Banca d’Italia in data 21 dicembre 2007 (in G.U. n. 12 del 15.1.2008), in vigore dal 1° gennaio 2008, sono state dettate le disposizioni relative al trasferimento alla Banca d'Italia delle competenze e dei poteri dell'Ufficio italiano dei cambi. In particolare, il provvedimento prevede l'applicazione delle disposizioni emanate dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia in relazione alle funzioni trasferite; restano quindi in vigore, in quanto non espressamente abrogati dalle presenti disposizioni, tutti i regolamenti, le circolari e ogni altro atto normativo adottati dall'Ufficio italiano dei cambi, indicati negli artt. 2 e seguenti.

Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 21 dicembre 2007 (in G.U. n. 7 del 9.1.2008), in vigore dal 1° gennaio 2008, è stato approvato il regolamento per l'organizzazione e il funzionamento della Unità di informazione finanziaria (UIF), ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231. L'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (UIF) è istituita presso la Banca d'Italia dal 1° gennaio 2008 (art. 1). Da rilevare che per lo svolgimento dei compiti indicati al comma 1, la UIF, tra l’altro, acquisisce dati e informazioni presso i soggetti tenuti alle segnalazioni, e consulta pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque (quindi anche le risultanze dei registri immobiliari) (art. 8, comma 2). Ove ne ricorrano i presupposti e con le modalità previste dalla legge, la UIF sospende o archivia le operazioni segnalate. La UIF verifica, anche attraverso accessi ispettivi, il rispetto delle disposizioni in tema di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo con riguardo alle segnalazioni di operazioni sospette e ai casi di omessa segnalazione (art. 8, commi 3 e 4).

I compiti e le funzioni attribuiti alla UIF continuano a essere esercitati dalle divisioni del Servizio antiriciclaggio del soppresso Ufficio italiano dei cambi fino alla nomina dei titolari delle unità operative e all'assegnazione del restante personale (art. 12, comma 2).

Sulla disciplina dettata dal D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, cfr. le precedenti Rassegne relative al secondo semestre 2007, e per alcuni aspetti tuttora rilevanti al primo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

TRASFERIMENTO ALL’ESTERO DI DENARO CONTANTE

Con D.M. 22 aprile 2008 (pubblicato in G.U. n. 117 del 20.5.2008) è stato adottato il modello unico di dichiarazione di trasferimento al seguito di denaro contante, titoli e/o valori mobiliari, di importo complessivo pari o superiore al controvalore di euro 10.000,00.

Il suddetto limite di euro 10.000 (stabilito sia per i trasferimenti intracomunitari che per quelli extracomunitari di denaro contante, ai sensi del Regolamento CE n. 1889/2005, e del D.M. 15 giugno 2007), è rimasto invariato, anche a seguito dell’innalzamento ad euro 12.500 del limite per i pagamenti in contanti ai fini antiriciclaggio (art. 32, comma 1, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112).

 

DIVIETO DI CESSIONE A TITOLO ONEROSO DI IMMOBILI A STRANIERI IRREGOLARMENTE SOGGIORNANTI

L’art. 5 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92 (in G.U. n. 122 del 26.5.2008), in vigore dal 27 maggio 2008, ha inserito, nell’art. 5 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, il seguente nuovo comma 5-bis: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cede a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilità ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato”. La disposizione – plausibilmente applicabile anche alle locazioni, nonostante la disposizione utilizzi il concetto di “cessione” – comporta:

a) – la qualificazione come reato dell’attività di cessione a titolo oneroso di immobili a cittadini stranieri “irregolarmente soggiornanti”;

b) – la possibile qualificazione come “concorso nel reato” – sussistendone i presupposti oggettivi e soggettivi – del comportamento del notaio che riceva o autentichi il suddetto atto di cessione a titolo oneroso;

c) – la nullità del contratto di cessione a titolo oneroso per violazione di norma imperativa (art. 1418 c.c.), con conseguente applicabilità del divieto di ricevimento o autenticazione dell’atto, ex art. 28, comma 1, della legge n. 89/1913. Cfr. sul punto DI AMATO, Contratto e reato. Profili civilistici, in Trattato di diritto civile del Consiglio nazionale del notariato, diretto da Perlingieri, Napoli, 2004; PEDICINI, Contratto e reato, in Digesto discipline privatistiche, sez. civ., Aggiornamento, Torino, 2007, ***, I, p. 374; D'ARCANGELO, Il contratto concluso in violazione di una norma penale, in Obbligazioni e contratti, 2007, p. 533.

La disposizione in esame rende necessario individuare, sulla base delle previsioni del D. Lgs. n. 286/1998, le condizioni di regolarità del soggiorno degli stranieri in Italia. A questo fine, la norma non distingue tra cittadini comunitari ed extracomunitari (parlando in generale di “cittadino straniero”).

 

SOGGIORNO DI STRANIERI IN ITALIA

Il D. Lgs. 9 gennaio 2008, n. 17 (in G.U. n. 31 del 6 febbraio 2008), in vigore dal 21 febbraio 2008, attua la Direttiva 2005/71/CE, relativamente alla procedura per l’ammissione di cittadini di Paesi terzi a fini di ricerca scientifica, e modifica alcune disposizioni del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico sull’immigrazione).

In particolare, ai sensi del nuovo art. 27-ter, comma 7, del D. Lgs. n. 286/1998, il rilascio del permesso di soggiorno per ricerca scientifica consente lo svolgimento della relativa attività “nelle forme di lavoro subordinato, di lavoro autonomo o borsa di addestramento alla ricerca”; con la precisazione che “nell'attesa del rilascio del permesso di soggiorno è comunque consentita l'attività di ricerca”. Per le finalità di cui all'articolo 9 (condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), ai titolari di permesso di soggiorno per ricerca scientifica rilasciato sulla base di una borsa di addestramento alla ricerca si applicano le disposizioni previste per i titolari di permesso per motivi di studio o formazione professionale. Ai sensi del comma 8 dell’art. 27-ter, ai familiari è rilasciato un permesso di soggiorno di durata pari a quello del ricercatore.

Da ricordare che già il D. Lgs. 10 agosto 2007, n. 154, in vigore dal 2 ottobre 2007, aveva attuato la Direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di Paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.

Da evidenziare che, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, come sostituito dall'art. 1 del D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, l'accertamento della condizione di reciprocità "non è richiesto per i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico, nonché per i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l'esercizio di un'impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari e per motivi di studio, e per i relativi familiari in regola con il soggiorno". Si ricorda, altresì, che il D. Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, ha sostituito la “carta di soggiorno” con il “permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo”.

Il Regolamento CE n. 380/2008 del Consiglio in data 18 aprile 2008 ha dettato – modificando il Regolamento CE n. 1030/2002 – disposizioni sul modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi.

Con D. Lgs. 28 febbraio 2008, n. 32 (in G.U. n. 52 del giorno 1.3.2008), in vigore dal 2 marzo 2008, sono state apportate modifiche ed integrazioni al D. Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, riguardo al diritto dei cittadini dell’Unione europea e loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, al fine di ottimizzare il monitoraggio della presenza dei cittadini di altri Stati europei e rendere più efficaci le misure di allontanamento nei confronti dei cittadini comunitari che abusino del diritto di soggiorno. In particolare, ai sensi del nuovo art. 20, comma 1, del D. Lgs. n. 30/2007, “il diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, può essere limitato con apposito provvedimento solo per: motivi di sicurezza dello Stato; motivi imperativi di pubblica sicurezza; altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza” (cfr. anche i successivi commi 6 e 7). Ai sensi del comma 13, il destinatario del provvedimento di allontanamento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso; durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale. Ai sensi del novellato art. 21, comma 1, “Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell'interessato”.

L’art. 37, comma 2, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, ha modificato l’art. 1, comma 2, del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), stabilendo che detto testo unico “non si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, salvo quanto previsto dalle norme di attuazione dell'ordinamento comunitario”.

Sulla disciplina del soggiorno di stranieri in Italia, cfr. anche le precedenti Rassegne relative al primo semestre 2007 ed al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RIFUGIATI

Il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 (in G.U. n. 40 del 16.2.2008), in vigore dal 2 marzo 2008, attua la Direttiva 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Da rilevare che, a norma dell’art. 32, comma 4, il rigetto, l’inammissibilità o il ritiro della domanda da parte dell’interessato comportano alla scadenza del termine per l'impugnazione l'obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale, salvo che gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo. Ai sensi dell’art. 34, “La rinuncia espressa allo status di rifugiato o di soggetto ammesso alla protezione sussidiaria determina la decadenza dal medesimo status”.

Il D. Lgs. 19 novembre 2007, n. 251 (in G.U. n. 3 del 4.1.2008), in vigore dal 19 gennaio 2008, attua la Direttiva 2004/83/CE, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona bisognosa di protezione internazionale (c.d. protezione sussidiaria), nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e), si intende per “rifugiato” il “cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione di cui all'articolo 10”.

Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. g), si intende per “persona ammissibile alla protezione sussidiaria” il “cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese”.

Ai sensi dell’art. 23, il permesso di soggiorno per asilo rilasciato ai titolari dello status di rifugiato ha validità quinquennale ed è rinnovabile. Ai titolari dello status di protezione sussidiaria è rilasciato un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria con validità triennale rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni che hanno consentito il riconoscimento della protezione sussidiaria; tale permesso di soggiorno per protezione sussidiaria consente l'accesso al lavoro e allo studio ed è convertibile per motivi di lavoro, sussistendone i requisiti. A norma dell’art. 25, comma 1, “I titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno diritto di godere del medesimo trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di lavoro subordinato, lavoro autonomo, per l'iscrizione agli albi professionali, per la formazione professionale e per il tirocinio sul luogo di lavoro”. Ai sensi dell’art. 26, “I minori titolari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria hanno accesso agli studi di ogni ordine e grado, secondo le modalità previste per il cittadino italiano. I maggiorenni, titolari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, hanno diritto di accedere al sistema di istruzione generale e di aggiornamento e perfezionamento professionale nei limiti e nei modi stabiliti per gli stranieri regolarmente soggiornanti”. Ai sensi dell’art. 29, comma 1, “i titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria possono circolare liberamente sul territorio nazionale”; per l’art. 29, comma 3, “L'accesso all'alloggio è consentito ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria secondo quanto disposto dall’articolo 40, comma 6, del citato D. Lgs. n. 286 del 1998” (ossia “diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione”). Ai sensi dell’art. 34, comma 5, “Ai titolari del permesso di soggiorno umanitario di cui al comma 4 sono riconosciuti i medesimi diritti stabiliti dal presente decreto a favore dei titolari dello status di protezione sussidiaria”. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è disciplinato dall’art. 5, comma 6, del D. Lgs. n. 286/1998, e dall’art. 11, comma 1, lett. c-ter), del D.P.R. n. 394/1999, e rimane distinto da quello per protezione sussidiaria.

Si ricorda, ancora, che con D. Lgs. 30 maggio 2005, n. 140, erano state emanate le norme relative all'accoglienza degli stranieri richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato nel territorio nazionale.

In definitiva:

1) – relativamente ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, come ai titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari (art. 1, comma 2, del d.p.r. n. 394/1999), non è necessario l’accertamento della condizione di reciprocità (ai sensi del D. Lgs. n. 251/2007; dell’art. 16, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (che assimila il rifugiato al cittadino italiano per il godimento dei diritti civili); e dell’art. 7 della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo statuto dei rifugiati, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722 (che prevede la dispensa dalla condizione di reciprocità per il rifugiato che abbia mantenuto la residenza nello Stato per tre anni, salve altre disposizioni più favorevoli), Cfr. sul punto CALÒ, Diritti dei rifugiati e condizione di reciprocità, in Studi e Materiali, a cura del Consiglio nazionale del notariato, II, Milano 1990, p. 312);

2) – dal D. lgs. n. 251/2007, in particolare art. 29, comma 1, e dagli altri provvedimenti sopra citati, si evince che i titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria sono da considerare “regolarmente soggiornanti” in Italia, anche agli effetti del divieto di cessione a titolo oneroso di cui all’art. 5, comma 5-bis, del D. Lgs. n. 286/1998, come introdotto dall’art. 5 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

 

CONVENZIONI URBANISTICHE

Con Determinazione in data 2 aprile 2008, n. 4/2008, dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (in G.U. n. 89 del 15.4.2008), sono state fornite precisazioni in ordine alla realizzazione di opere pubbliche da parte di privati nell'ambito di convenzioni urbanistiche stipulati con le amministrazioni, in particolare nell'ambito della disciplina dei piani di riqualificazione urbana (legge 4 dicembre 1993, n. 493), dei piani integrati di intervento (legge 17 febbraio 1992, n. 179), ed in generale delle convenzioni di lottizzazione (art. 28 della legge n. 1150/1942), con le quali i privati si impegnano a realizzare, quale controprestazione in favore dell'amministrazione, opere di pubblico interesse.

Sulla base della sentenza della Corte di giustizia europea del 12 luglio 2001 (causa C399-98), in materia di esecuzione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione oggetto delle convenzioni di lottizzazione, la realizzazione delle opere di urbanizzazione di cui trattasi è da ricondurre al genus «appalto pubblico di lavori», con assoggettamento quindi alla relativa disciplina (in particolare, l'obbligo di esperire procedure ad evidenza pubblica secondo la normativa comunitaria).

L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con la Determinazione in esame, aderisce a tale orientamento, precisando altresì che l'affidamento dell'esecuzione delle suddette opere soggiace alla disciplina contenuta negli artt. 32, comma 1, lett. g), 121, comma 1, e 122, comma 8, del D. Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), salvo il caso in cui le amministrazioni procedenti abbiano esperito preventivamente una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del privato sottoscrittore del relativo accordo convenzionale.

Di tale orientamento occorre tener conto nella redazione delle clausole delle convenzioni urbanistiche che disciplinano l’esecuzione di opere pubbliche da parte di privati.

 

MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DEI BENI CULTURALI

Con D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 62 (in G.U. n. 84 del 9 aprile 2008), in vigore dal 24 aprile 2008, sono state dettate disposizioni integrative e correttive del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali.

Sono state innanzitutto modificate diverse disposizioni del Codice dei beni culturali al fine di ricomprendere, tra i beni soggetti a tutela, quelli appartenenti agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti (artt. 1, comma 5, 10, comma 1, 30, comma 2, 56, comma 1, lett. b), del Codice). Ciò perché l’espressione “persone giuridiche private senza fine di lucro”, utilizzata dal Codice in luogo di quella “enti ed istituti legalmente riconosciuti”, già utilizzata dalla legge n. 1089 del 1939, e successivi provvedimenti, aveva dato luogo a dubbi circa l’estensione ai suddetti enti ecclesiastici della disciplina in oggetto (Cons. Stato, sez. consultiva, parere in data 17 gennaio 2007).

È stato modificato l’art. 54 del Codice, chiarendo che tra i beni culturali demaniali inalienabili sono compresi gli immobili dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera d) (e cioè “le cose immobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose”).

È stato altresì modificato l’art. 55 del Codice. Vi si stabilisce che i beni culturali immobili appartenenti al demanio culturale e non rientranti tra quelli elencati nell'articolo 54, comma 1, non possono essere alienati senza l'autorizzazione del Ministero. Il nuovo comma 2 precisa in dettaglio il contenuto della richiesta di autorizzazione; il nuovo comma 3 stabilisce il contenuto dell’autorizzazione. Ulteriori disposizioni concernenti il rilascio dell’autorizzazione, il relativo contenuto, la sdemanializzazione che ne consegue, sono contenute nei nuovi commi da 3-bis a 3-sexies.

Ai sensi del nuovo art. 55-bis del Codice, “Le prescrizioni e condizioni contenute nell'autorizzazione di cui all'articolo 55 sono riportate nell'atto di alienazione, del quale costituiscono obbligazione ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile ed oggetto di apposita clausola risolutiva espressa. Esse sono anche trascritte, su richiesta del soprintendente, nei registri immobiliari. Il soprintendente, qualora verifichi l'inadempimento, da parte dell'acquirente, dell'obbligazione di cui al comma 1, fermo restando l'esercizio dei poteri di tutela, dà comunicazione delle accertate inadempienze alle amministrazioni alienanti ai fini della risoluzione di diritto dell'atto di alienazione”. La trascrizione delle prescrizioni era prevista nel precedente testo dell’art. 57 del Codice, ma non era ivi collegata ad alcuna clausola risolutiva espressa; sorge quindi il problema, alla luce della nuova disposizione, in ordine all’efficacia da attribuirsi alla trascrizione (se, cioè, alla stessa possa assegnarsi efficacia dichiarativa ai fini dell’opponibilità della causa di risoluzione ai terzi subacquirenti).

È stato poi modificato l’art. 56 (che disciplina le alienazioni, soggette ad autorizzazione, dei beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali, e diversi da quelli indicati negli articoli 54, comma 1, e 55, comma 1; e dei beni culturali appartenenti a soggetti pubblici diversi da quelli indicati alla lettera a) o a persone giuridiche private senza fine di lucro ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti). Si precisa ora che “Relativamente ai beni appartenenti ad enti privati, l'autorizzazione può essere rilasciata a condizione che dalla alienazione non derivi danno alla conservazione e alla pubblica fruizione dei beni medesimi” (comma 4-bis); e che “Le prescrizioni e condizioni contenute nell'autorizzazione sono riportate nell'atto di alienazione e sono trascritte, su richiesta del soprintendente, nei registri immobiliari (comma 4-ter). È stata spostata nel comma 4-quinquies la previsione per cui “La disciplina dettata ai commi precedenti si applica anche alle costituzioni di ipoteca e di pegno ed ai negozi giuridici che possono comportare l'alienazione dei beni culturali ivi indicati”.

Ai sensi del novellato art. 57, “Gli atti che comportano alienazione di beni culturali a favore dello Stato, ivi comprese le cessioni in pagamento di obbligazioni tributarie, non sono soggetti ad autorizzazione”.

Molto importante è la previsione contenuta nel nuovo art. 57-bis del Codice:

«Articolo 57-bis (Procedure di trasferimento di immobili pubblici).

1. Le disposizioni di cui agli articoli 54, 55 e 56 si applicano ad ogni procedura di dismissione o di valorizzazione e utilizzazione, anche a fini economici, di beni immobili pubblici di interesse culturale, prevista dalla normativa vigente e attuata, rispettivamente, mediante l'alienazione ovvero la concessione in uso o la locazione degli immobili medesimi.

2. Qualora si proceda alla concessione in uso o alla locazione di immobili pubblici di interesse culturale per le finalità di cui al comma 1, le prescrizioni e condizioni contenute nell'autorizzazione sono riportate nell'atto di concessione o nel contratto di locazione e sono trascritte, su richiesta del soprintendente, nei registri immobiliari. L'inosservanza, da parte del concessionario o del locatario, delle prescrizioni e condizioni medesime, comunicata dal soprintendente alle amministrazioni cui i beni pertengono, dà luogo, su richiesta delle stesse amministrazioni, alla revoca della concessione o alla risoluzione del contratto, senza indennizzo”.

Come si chiarisce nella Relazione al D. Lgs. n. 62/2008, l’assoggettamento alla disciplina dell’autorizzazione ad alienare per le dismissioni di immobili pubblici risponde all’esigenza, da più parti segnalata, “di mettere a punto una più stringente disciplina di controllo, da attuarsi anche attraverso il recupero dell’impianto normativo del d.p.r. n. 283/2000, in caso di attivazione, da parte di enti pubblici o privati non perseguenti scopo di lucro, di procedimenti di dismissione o comunque di utilizzazione del patrimonio culturale di proprietà”.

Sono, quindi, soggette ad autorizzazione – a differenza di quanto si riteneva in passato, anche le alienazioni che concretizzano “dismissione” di beni immobili da parte di un ente pubblico (ad esempio, quelle poste in essere dagli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati in base alla legislazione regionale): anche queste alienazioni – laddove si tratti di immobili realizzati da oltre cinquanta anni – richiederanno quindi la previa procedura di verifica del carattere culturale del bene, o in alternativa la prescritta autorizzazione, a pena di nullità (artt. 12, comma 1, 56, comma 1, e 164 del Codice).

I riferimenti alla valorizzazione ed utilizzazione mediante concessione in uso o locazione dei suddetti immobili pubblici si sono resi necessari – come chiarisce la Relazione al D. Lgs. n. 62/2008 – “anche in ragione di quanto statuito ai commi 210, 259 e 262 della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.

Il nuovo comma 4 dell’art. 62 disciplina gli effetti della denuncia tardiva ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione: “Nei casi in cui la denuncia sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, il termine indicato al comma 2 è di novanta giorni ed i termini stabiliti al comma 3, primo e secondo periodo, sono, rispettivamente, di centoventi e centottanta giorni. Essi decorrono dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa ai sensi dell'articolo 59, comma 4”.

Cfr. anche, per il commento ai precedenti provvedimenti in materia di beni culturali:

- per il D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 156, la Rassegna relativa al primo semestre 2006;

- per il D.P.R. 4 febbraio 2005, n. 78, la Rassegna relativa al primo semestre 2005;

- per il D.P.R. 10 giugno 2004, n. 173, la Rassegna relativa al secondo semestre 2004;

- per il D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali, la Rassegna relativa al primo semestre 2004,

tutte in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DEI BENI PAESAGGISTICI

Con D. Lgs. 26 marzo 2008, n. 63 (in G.U. n. 84 del 9.4.2008), in vigore dal 24 aprile 2008, sono state dettate disposizioni integrative e correttive del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), in relazione ai beni paesaggistici.

Il novellato art. 131 del Codice fornisce la nuova definizione di paesaggio.

L’art. 133 disciplina la cooperazione tra amministrazioni pubbliche (Stato, Regioni, altri enti territoriali), per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio. L’art. 135 prevede al proposito che l'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d). La disciplina dei piani paesaggistici è contenuta nel nuovo art. 143: vi si precisa, tra l’altro, che “A far data dall'adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all'articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici”. L’art. 146 disciplina il relativo regime autorizzatorio: la competenza al rilascio delle autorizzazioni spetta alla Regione, la quale però può delegarne l'esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull'ordinamento degli enti locali, ovvero a comuni. L'autorizzazione paesaggistica diventa efficace decorsi trenta giorni dal suo rilascio. Presso ogni amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è istituito un elenco delle autorizzazioni rilasciate.

L’art. 139, a proposito della dichiarazione di notevole interesse pubblico dei beni del paesaggio prevista dall’art. 138, dispone che la relativa proposta sia “corredata di planimetria redatta in scala idonea alla puntuale individuazione degli immobili e delle aree che ne costituiscono oggetto”.

A norma dei nuovi commi 2 e 3 dell’art. 140, “La dichiarazione di notevole interesse pubblico detta la specifica disciplina intesa ad assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti e caratteri peculiari del territorio considerato. Essa costituisce parte integrante del piano paesaggistico e non è suscettibile di rimozioni o modifiche nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo. La dichiarazione di notevole interesse pubblico, quando ha ad oggetto gli immobili indicati alle lettere a) e b) dell'articolo 136, comma 1, è notificata al proprietario, possessore o detentore, depositata presso ogni comune interessato e trascritta, a cura della regione, nei registri immobiliari. Ogni dichiarazione di notevole interesse pubblico è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione”.

Ai sensi del nuovo art. 141, “Le disposizioni di cui agli articoli 139 e 140 si applicano anche ai procedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 138, comma 3. In tale caso i comuni interessati, ricevuta la proposta di dichiarazione formulata dal soprintendente, provvedono agli adempimenti indicati all'articolo 139, comma 1, mentre agli adempimenti indicati ai commi 2, 3 e 4 del medesimo articolo 139 provvede direttamente il soprintendente. Il Ministero, valutate le eventuali osservazioni presentate ai sensi del detto articolo 139, comma 5, e sentito il competente Comitato tecnico-scientifico, adotta la dichiarazione di notevole interesse pubblico, a termini dell'articolo 140, commi 1 e 2, e ne cura la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione. Il soprintendente provvede alla notifica della dichiarazione, al suo deposito presso i comuni interessati e alla sua trascrizione nei registri immobiliari, ai sensi dell'articolo 140, comma 3. La trasmissione ai comuni del numero della Gazzetta Ufficiale contenente la dichiarazione, come pure la trasmissione delle relative planimetrie, è fatta dal Ministero, per il tramite della soprintendenza, entro dieci giorni dalla data di pubblicazione del numero predetto. La soprintendenza vigila sull'adempimento, da parte di ogni comune interessato, di quanto prescritto dall'articolo 140, comma 4, e ne dà comunicazione al Ministero. Se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non è adottato nei termini di cui all'articolo 140, comma 1, allo scadere dei detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1”.

A norma del nuovo art. 141-bis, “Il Ministero e le regioni provvedono ad integrare le dichiarazioni di notevole interesse pubblico rispettivamente adottate con la specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2. Qualora le regioni non provvedano alle integrazioni di loro competenza entro il 31 dicembre 2009, il Ministero provvede in via sostitutiva. La procedura di sostituzione è avviata dalla soprintendenza ed il provvedimento finale è adottato dal Ministero, sentito il competente Comitato tecnico-scientifico. I provvedimenti integrativi adottati ai sensi dei commi 1 e 2 producono gli effetti previsti dal secondo periodo del comma 2 dell'articolo 140 e sono sottoposti al regime di pubblicità stabilito dai commi 3 e 4 del medesimo articolo”.

 

NORME IN MATERIA AMBIENTALE

Con D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 (in G.U. n. 24 del 29.1.2008), in vigore dal 13 febbraio 2008, sono state dettate disposizioni correttive ed integrative del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

In particolare:

- l’art. 29, comma 1, dispone che “La valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere ed interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge”;

- l’art. 2, comma 24-bis, modifica l’art. 190, comma 6, del D. Lgs. n. 152/2006, disponendo che i registri di carico e scarico, da tenersi da parte dei soggetti che trattano i rifiuti ed ai fini della comunicazione annuale alle camere di commercio, di cui al precedente art. 189, comma 3, “sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti”. Per la vidimazione di questi registri è quindi esclusa la competenza del notaio.

 

TASSI USURARI

La rilevazione dei tassi medi ai fini dell’applicazione della legge sull’usura è stata effettuata, da ultimo:

- con D.M. 18 marzo 2008 (in G.U. n. 75 del 29.3.2008);

- con D.M. 23 giugno 2008 (in G.U. n. 151 del 30.6.2008).

A seguito di quest’ultimo provvedimento, si distingue, limitatamente ai mutui, tra tasso fisso e tasso variabile; il limite di liceità degli interessi pattuiti sarà quindi – dal 1° luglio al 30 settembre 2008:

- relativamente ai mutui a tasso fisso, dell’8,985 %;

- relativamente ai mutui a tasso variabile, dell’8,94 %;

- relativamente alle aperture di credito in conto corrente, sarà invece – oltre l’importo di 5.000 euro – del 14,805 %.

Si richiamano le istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio, dettate con Provvedimento della Banca d’Italia in data 8 gennaio 2003 (in G.U. n. 5 dell’8.1.2003); nonché - per la rilevazione delle categorie omogenee di operazioni ai fini della rilevazione dei tassi effettivi globali medi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari, il decreto ministeriale 16 settembre 2004 (in G.U. n. 230 del 30.9.2004), il decreto ministeriale 20 settembre 2005 (in G.U. n. 224 del 26.9.2005), il Provvedimento della Banca d'Italia del 29 marzo 2006 (in G.U. n. 74 del 29.3.2006) (in quest'ultimo, in particolare, al punto C4 vengono definite le componenti da considerare ai fini dell'individuazione del tasso effettivo globale medio). Cfr. anche il Provvedimento dell'Ufficio italiano cambi in data 4 maggio 2006 (in G.U. n. 102 del 4.5.2006), il D.M. 20 settembre 2006 (in G.U. n. 227 del 29.9.2006), e da ultimo il D.M. 18 settembre 2007 (in G.U. n. 226 del 28.9.2007), che individua all'art. 1 categorie omogenee di operazioni ai fini di cui sopra.

L’art. 1, comma 2, del D.M. 20 dicembre 2007 precisa che i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata (commissione oggetto di autonoma rilevazione nella tabella allegata, attualmente pari a 0,66 punti percentuali in media).

Ai sensi dell’art. 3, comma 4, del suddetto decreto “i tassi effettivi globali medi di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento. L'indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano dei cambi ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”. Ciò significa che il tasso di mora per i mutui (di durata superiore a cinque anni) è pari mediamente:

- quanto ai mutui a tasso fisso, al 12,135 %;

- quanto ai mutui a tasso variabile, al 12,09 %.

 

INTERESSI DI MORA - RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI

Giusta il comunicato del Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 11 febbraio 2008 (in G.U. n. 35 del giorno 11.2.2008), il saggio d'interesse di cui al comma 1 dell’art. 5 del D. Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, al netto della maggiorazione ivi prevista, è pari al 4,20 % per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2008. Dovendosi applicare, ai sensi del suddetto 1° comma dell’art. 5, la maggiorazione del 7%, il tasso d’interesse di mora applicabile è pari all’11,20 %.

 

TUTELA DEGLI ACQUIRENTI DI IMMOBILI DA COSTRUIRE

L’art. 18-bis del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. n. 302 del 31.12.2007), come aggiunto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 51 del 29.2.2008), ha apportato alcune modifiche al D. Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, ed in particolare alle disposizioni (artt. 12, 13 e 18) che disciplinano il Fondo di solidarietà per gli acquirenti di beni immobili da costruire. Più precisamente:

- ai fini dell'accesso alle prestazioni del Fondo, devono risultare nei confronti del costruttore procedure implicanti una situazione di crisi non concluse in epoca antecedente al 31 dicembre 1993 né aperte in data successiva all'applicabilità della disciplina in tema di garanzia fideiussoria, prevista dall'articolo 5 del presente decreto;

- l'accesso alle prestazioni del Fondo è inoltre consentito nei casi in cui l'acquirente, a seguito dell'insorgenza di una situazione di crisi per effetto dell'insolvenza del costruttore, abbia dovuto versare, in aggiunta al prezzo originariamente convenuto, somme ulteriori per ottenere, dopo la stipula dell'atto di compravendita o di assegnazione, la rinuncia da parte degli organi della procedura concorsuale a promuovere o coltivare l'azione revocatoria fallimentare, o la liberazione dell'immobile dall'ipoteca iscritta a garanzia del finanziamento concesso al costruttore di cui l'acquirente non si sia reso accollante, ovvero da altro vincolo pregiudizievole iscritto o trascritto in danno del costruttore. In tali casi l'indennizzo è determinato nella misura pari alle predette somme ulteriori, fino a concorrenza delle somme versate e del valore dei beni corrisposti al costruttore;

- il termine di cui al comma 1 dell’art. 18 del D. Lgs. n. 122/2005 è differito al 30 giugno 2008. Di conseguenza, la domanda di accesso alle prestazioni del Fondo doveva essere presentata dagli aventi diritto, a pena di decadenza, entro il suddetto termine del 30 giugno 2008.

 

DEFINIZIONE DI ALLOGGIO SOCIALE – EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA E AGEVOLATA

Con D.M. 22 aprile 2008 (in G.U. n. 146 del 24.6.2008) è stata fornita la definizione di “alloggio sociale”, ai fini dell’esenzione dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli artt. 87 e 88 del Trattato CE; il tutto in esecuzione del disposto dell’art. 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, e della Decisione della Commissione europea in data 28 novembre 2005, n. 2005/842/CE (in G.U.C.E.  n. L312 del 29.11.2005).

Ai sensi dell’art. 1 del D.M. 22 aprile 2008, è definito “alloggio sociale” l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale, in locazione per almeno otto anni o in proprietà, al fine di ridurre il disagio abitativo di persone svantaggiate, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. Si tratta di alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici o privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche, ivi inclusi le agevolazioni fiscali e l’assegnazione di aree. Detti alloggi costituiscono standards urbanistici aggiuntivi, da assicurare mediante cessione gratuita di aree o di alloggi.

Il riferimento alle “agevolazioni fiscali”, oltre che ai “contributi o agevolazioni pubbliche”, ed alla “assegnazione di aree”, fa sì che la disciplina in commento debba ritenersi applicabile sia agli alloggi di edilizia residenziale agevolata che a quelli di edilizia residenziale pubblica.

Ai sensi dell’art. 2, comma 5, le Regioni fissano i requisiti per beneficiari delle agevolazioni per l’accesso alla proprietà, e stabiliscono modalità e criteri per la determinazione del prezzo di vendita stabilito nella convenzione con il Comune per il trasferimento dei benefici agli acquirenti, anche successivi al primo.

A norma dell’art. 2, comma 7, l’alloggio sociale deve essere “adeguato”, considerandosi tale quello avente un numero di vani abitabili tendenzialmente non inferiore ai componenti del nucleo familiare, e comunque non superiore a cinque, oltre ai vani accessori quali bagno e cucina.

 

PIANI PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA - DISMISSIONI

L’art. 11 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, prevede l’approvazione, da parte del CIPE, di un piano nazionale di edilizia abitativa, rivolto all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale, destinati prioritariamente a prima casa per categorie sociali svantaggiate nell'accesso al libero mercato degli alloggi in locazione. Il Piano nazionale ha ad oggetto la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente o di costruzione di nuovi alloggi ed è articolato attraverso una serie di interventi, tra i quali la costituzione di fondi immobiliari, l’incremento del patrimonio abitativo di edilizia sociale con le risorse derivanti dalla alienazione di alloggi di edilizia pubblica, la previsione di agevolazioni, anche amministrative, in favore di cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi in esame, potendosi anche prevedere termini di durata predeterminati per la partecipazione di ciascun socio, in considerazione del carattere solo transitorio dell'esigenza abitativa.

Ai fini della realizzazione degli interventi di cui all’art. 11 del D.L. n. 112/1988 l'alloggio sociale, in quanto servizio economico generale, è identificato, ai fini dell'esenzione dell'obbligo della notifica degli aiuti di Stato, di cui agli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, sulla base delle disposizioni contenute nel comma 6 del suddetto art. 11, nonché del D.M. 22 aprile 2008 (in G.U. n. 146 del 24.6.2008), commentato nel precedente paragrafo.

L’art. 13 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, prevede che – al fine di valorizzare gli immobili residenziali costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e di favorire il soddisfacimento dei fabbisogni abitativi – debba essere promossa, in sede di conferenza unificata tra Stato, Regioni ed enti locali, la conclusione di accordi aventi ad oggetto la semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili di proprietà dei predetti Istituti. Ai fini della conclusione dei suddetti accordi, la determinazione del prezzo di vendita delle unità immobiliari è effettuata in proporzione al canone di locazione. Inoltre, deve essere riconosciuto un diritto di opzione all'acquisto in favore dell'assegnatario unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni, ovvero, in caso di rinunzia da parte dell'assegnatario, in favore del coniuge in regime di separazione dei beni, o, gradatamente, del convivente more uxorio, purché la convivenza duri da almeno cinque anni, dei figli conviventi, dei figli non conviventi.

 

DISMISSIONE DI IMMOBILI DEGLI ENTI LOCALI

L’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, detta disposizioni finalizzate alla ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali.

Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, ciascun ente con delibera dell'organo di Governo (quindi della Giunta) individua, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il Piano delle Alienazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione (art. 58, comma 1).

L'inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica; la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del Piano delle Alienazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale (art. 58, comma 2).

Gli elenchi degli immobili suindicati, da pubblicare mediante le forme previste per ciascuno di tali enti, hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni, e producono gli effetti previsti dall'articolo 2644 del codice civile, nonché effetti sostitutivi dell'iscrizione del bene in catasto. Gli uffici competenti provvedono, se necessario, alle conseguenti attività di trascrizione, intavolazione e voltura (art. 58, commi 3 e 4).

Gli enti proprietari degli immobili inseriti negli elenchi di cui al presente articolo possono conferire i propri beni immobili anche residenziali a fondi comuni di investimento immobiliare ovvero promuoverne la costituzione secondo le disposizioni degli artt. 4 ss. del d.l. n. 351/2001. Ai conferimenti ed alle dismissioni degli immobili inclusi negli elenchi si applicano le disposizioni dell’art. 3, commi 18 e 19, del d.l. n. 351/2001 (art. 58, commi 8 e 9).

 

SICUREZZA SUL LAVORO

Con il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 101 del 30 aprile 2008), in vigore dal 15 maggio 2008, è stata attuata la delega contenuta nell’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, ed è stato quindi approvato il nuovo testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il quale si applica “a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio” (art. 3, comma 1), ed “a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati” (art. 3, comma 4). Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26 (art. 3, comma 11).

L’art. 2 contiene le definizioni, tra le quali risalta quella di «lavoratore» (persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione).

Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il t.u. fa discendere particolari obblighi (ad esempio, ai fini della redazione del documento programmatico sulla sicurezza, dell’utilizzo di procedure standardizzate per la valutazione del rischio, per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi) non sono computati, tra gli altri, i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi, i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, in sostituzione di altri prestatori di lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro (in particolare, maternità), i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile (art. 4).

La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco (art. 13, comma 1).

L’art. 15 individua in dettaglio le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

L’art. 16 prevede la possibilità di delega da parte del datore di lavoro delle funzioni ad esso attribuite, con atto scritto avente data certa, a soggetto in possesso dei richiesti requisiti di professionalità ed esperienza e che accetti con atto scritto; salvo comunque l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro. A norma dell’art. 17, il datore di lavoro non può delegare la valutazione dei rischi, e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

L’art. 18 elenca gli obblighi del datore di lavoro, il quale in particolare deve: nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria; designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza; adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni; adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento; consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all’art. 17, comma 1, lettera a), nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r); adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro; aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi; comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; fornire al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente le informazioni prescritte. Altri obblighi sono previsti a carico del datore di lavoro, relativamente ai luoghi di lavoro, dall’art. 64.

L’art. 25 individua gli obblighi del medico competente, tra i quali quello di custodia, sotto la propria responsabilità, di una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria; quello di consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, della documentazione sanitaria in suo possesso; quello di consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, della documentazione sanitaria in suo possesso. È richiesta l’iscrizione nell'elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero della salute (art. 38, comma 4). La sorveglianza sanitaria prevede una visita medica preventiva e visite mediche periodiche, da effettuarsi a cura e spese del datore di lavoro (art. 41).

Ai sensi dell’art. 28, comma 1, la valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza.

A conclusione della valutazione dei rischi il datore deve redigere un documento, che deve avere data certa ed avere il contenuto specificato all’art. 28, comma 2. Il documento è redatto in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente (art. 29, comma 1), e previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 29, comma 2). La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere rielaborati, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o dell'organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità (art. 29, comma 3). Peraltro, i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all’art. 6, comma 8, lettera f) (che dovranno essere elaborate, a cura degli organi competenti, entro e non oltre il 31 dicembre 2010). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all’art. 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi.

Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Il datore di lavoro che intende svolgere i suddetti compiti deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro, entro il 15 maggio 2009, secondo le modalità definite mediante accordo in sede di Conferenza permanente; fino alla pubblicazione di tale accordo, conserva validità la formazione precedentemente effettuata ai sensi dell’art. 3 del d.m. 16 gennaio 1997. Il datore di lavoro che svolge i compiti suddetti è altresì tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto previsto nell'accordo di cui sopra (art. 34).

Se non svolge direttamente i suddetti compiti, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione all'interno della propria organizzazione, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacità e i requisiti professionali richiesti. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio. 4. Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell’organizzazione siano in possesso dei requisiti di cui all’art. 32. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia (art. 31).

Le capacità ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. È necessario a tal fine il possesso di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente periodo, è necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato (art. 32).

Il datore di lavoro deve indire riunioni periodiche, almeno annuali, solo se occupa più di quindici lavoratori (art. 15).

L’art. 36 disciplina l’adeguata informazione dei lavoratori. Ai sensi dell’art. 37, il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza; la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente da adottarsi entro il 15 maggio 2009. Per i lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza, in attesa dell'emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell’art. 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al D.M. 10 marzo 1998. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti; le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale; la durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento.

Ai fini della gestione delle emergenze, il datore di lavoro, per la prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, e per il caso di pericolo grave e immediato, organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza; designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza; informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare; programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori; adotta i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato, possa prendere le misure adeguate (art. 43).

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è eletto o designato da parte di qualsiasi datore di lavoro; se sono occupati fino a 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. In ogni caso, il numero minimo è dato da un rappresentante nelle realtà sino a 200 lavoratori (art. 47).

La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o amministrazioni pubbliche, comunque previste dal decreto possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel formato e con le modalità indicati dalle strutture riceventi (art. 54).

I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV al decreto (art. 63); in particolare, vengono dettate specifiche prescrizioni riguardo a stabilità e solidità degli ambienti di lavoro; altezza, cubatura e superficie; pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari; vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi;  vie e uscite di emergenza; scale; posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni; microclima; illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro; locali di riposo e refezione; servizi igienico assistenziali; pacchetto di medicazione; cassetta di pronto soccorso; mezzi di pronto soccorso e di profilassi. In particolare, per quanto riguarda le vie e uscite di emergenza, il numero, la distribuzione e le dimensioni delle stesse devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi; qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona; le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave quando sono presenti lavoratori in azienda; le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi. I presidi indispensabili per il primo soccorso sono obbligatori solo nelle aziende industriali, commerciali e agricole in cui venga superato un determinato numero di lavoratori (25 per le aziende commerciali, 5 per quelle agricole).

Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto (art. 70, comma 1, art. 71, comma 1, art. 80, comma 1, 81, 84). Il datore di lavoro provvede, affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell'uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione adeguata in rapporto alla sicurezza (art. 73, comma 1). L’allegato VI al decreto disciplina in dettaglio l’uso delle attrezzature di lavoro.

Gli artt. 161 e seguenti stabiliscono le prescrizioni per la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, da adottarsi quando, anche a seguito della valutazione effettuata in conformità all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva (art. 163, comma 1). L’allegato XXIV al decreto contiene le “Prescrizioni generali per la segnaletica di sicurezza”; l’allegato XXV le “Prescrizioni generali per i cartelli segnaletici”; l’allegato XXVII le “Prescrizioni per la segnaletica destinata ad identificare e ad indicare l'ubicazione delle attrezzature antincendio”; l’allegato XXVIII le “Prescrizioni per la segnalazione di ostacoli e di punti di pericolo e per la segnalazione delle vie di circolazione”; l’allegato XXIX le “Prescrizioni per i segnali luminosi”.

Gli artt. 172 e seguenti (titolo VII) disciplinano le attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali. Il lavoratore ha diritto ad una interruzione della attività svolta a videoterminale – anche mediante svolgimento di diverse mansioni – mediante pause ovvero cambiamento di attività. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione suddetta, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale (art. 175). I lavoratori addetti ai videoterminali sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria; salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicità delle visite di controllo è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attività svolta, quando l'esito delle visite mediche ne evidenzi la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione (art. 176). Le prescrizioni relative alle caratteristiche ed all’utilizzo dei videoterminali sono dettagliate nell’allegato XXXIV al decreto, richiamato dall’art. 174, comma 3 (con particolar riguardo a schermo; tastiera e dispositivi di puntamento; piano di lavoro; sedile di lavoro; computer portatili; spazio; illuminazione; rumore; parametri microclimatici; radiazioni; software;principi di ergonomia).

Gli artt. 55, 68, 87, 165, 178 dispongono le sanzioni a carico del datore di lavoro.

 

RAPPORTI DI LAVORO SUBORDINATO

L’art. 39, comma 1, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, dispone che il datore di lavoro privato deve istituire e tenerein luogo dei libri precedentemente prescritti, che sono soppressi ad opera del successivo comma 10 – il libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Ai sensi del suddetto art. 39, comma 5, con la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro il datore di lavoro adempie agli obblighi di consegna delle c.d. buste paga, di cui alla legge n. 4/1953.

A norma dell’art. 40, comma 1, del D.L. n. 112/2008 – che sostituisce l’art. 5 della legge n. 12/1979 – i documenti dei datori di lavoro possono essere tenuti presso lo studio dei consulenti del lavoro o degli altri professionisti ivi indicati. I datori di lavoro che intendono avvalersi di questa facoltà devono comunicare preventivamente alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio le generalità del soggetto al quale è stato affidato l'incarico, nonché il luogo ove sono reperibili i documenti.

Ai sensi dell’art. 2 del D.L. 27 maggio 2008, n. 93 (in G.U. n. 124 del 28.5.2008), in vigore dal 29 maggio 2008, salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, nel periodo dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2008, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, le somme erogate a livello aziendale, tra l’altro, per prestazioni di lavoro straordinario effettuate nel periodo suddetto, o in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico.

 

TRATTAMENTO DEI DATI SENSIBILI E GIUDIZIARI DA PARTE DELL’AGENZIA DEL TERRITORIO

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Territorio in data 30 aprile 2008, pubblicato sul sito Internet dell’Agenzia del Territorio in data 9 maggio 2008 (ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244; pubblicazione risultante dal Comunicato in data 15 maggio 2008, in G.U. n. 113 del 15.5.2008), in vigore dal 10 maggio 2008, è stato approvato il regolamento attuativo, per l’Agenzia del Territorio, degli artt. 20 e 21 del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali).

Si tratta dei dati sensibili e giudiziari, il cui trattamento da parte dei soggetti pubblici è subordinato – da parte dei suddetti artt. 20 e 21 – solo in presenza di una disposizione di legge che specifichi “le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite”; rilevante interesse pubblico riconosciuto, per quanto riguarda la conservazione dei registri immobiliari ed all’inventario e qualificazione degli immobili (quindi il catasto), dall’art. 66, comma 2, del medesimo D. Lgs. n. 196/2003. Occorre inoltre, sempre ai sensi degli artt. 20 e 21, in mancanza di una disposizione di legge che specifichi “i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili”, un atto regolamentare che tali tipi di dati e di operazioni individui (atto regolamentare che quindi l’Agenzia del Territorio ha emanato con il suddetto provvedimento in data 30 aprile 2008).

In particolare, nella scheda n. 2 allegata al provvedimento, si fa riferimento alla conservazione dei registri immobiliari ed al catasto, precisandosi che il trattamento dei dati personali sensibili e giudiziari, consiste nella “formazione, tenuta ed aggiornamento delle banche dati ipotecarie e catastali e relativi accessi”. I tipi di dati trattati sono quelli rivelanti l'origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche e d'altro genere, convinzioni politiche e sindacali, lo stato di salute (patologie attuali, patologie pregresse, terapie in corso e anamnesi familiare), la vita sessuale, nonché dati di carattere giudiziario.

Si precisa, altresì, che “dati di natura sensibile e giudiziaria possono essere contenuti negli atti che costituiscono titolo per l'esecuzione delle formalità ipotecarie e delle volture catastali, nonché indicati dal richiedente le formalità ipotecarie nella relativa nota. Ai sensi dell'articolo 2673 c.c. e dell’art. 20 della legge n. 52/1985, chiunque può chiedere la visione dei dati e dei documenti contenuti nei pubblici registri immobiliari, nonché il rilascio di copia delle formalità e, ove previsto, di atti. Le banche dati sono consultabili anche in via telematica. L'accesso agli atti è realizzato con misure atte a consentire il rispetto, da parte dei richiedenti, dei principi di pertinenza, non eccedenza e indispensabilità sanciti dal Codice, in relazione alla finalità specifica dell'accesso ai registri immobiliari. Il trattamento dei dati sensibili e giudiziari è effettuato, altresì, laddove indispensabile all'applicazione della normativa fiscale nel settore ipotecario e catastale”.

 

AVVISI DI VENDITA FORZATA E PRIVACY

Con Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali in data 7 febbraio 2008 (in G.U. n. 47 del 25.2.2008), è stata analizzata la problematica della pubblicazione in appositi siti Internet (da eseguirsi a norma degli artt. 490 e 570 c.p.c., dell’art. 173 disp. att. c.p.c., e del d.m. 31 ottobre 2006) degli atti attraverso cui viene data notizia delle vendite giudiziarie.

Il problema è sorto in dipendenza della pubblicazione negli appositi siti internet di copia dell'ordinanza del giudice che dispone sulla vendita forzata, nonché della relazione di stima dei beni da espropriare, in assenza di opportuni accorgimenti volti a tutelare la riservatezza degli interessati. Nei casi segnalati al Garante, talvolta le copie dell'ordinanza e della relazione di stima pubblicate contenevano le generalità del debitore e di eventuali altri soggetti, quali i proprietari di porzioni immobiliari confinanti con il bene dell'esecutato, non direttamente interessati dalla procedura esecutiva.

Premesso che il Codice in materia di  protezione dei dati personali (D. Lgs. n. 196/2003) ha modificato il codice di procedura civile, prevedendo che sia omessa l’indicazione del debitore negli avvisi pubblicati, salva la possibilità per i soli interessati all’acquisto di ottenere maggiori informazioni presso la cancelleria del tribunale (artt. 490, comma 3, e 570 c.p.c., come modificati dagli artt. 174, commi 9 e 10, del suddetto Codice), il Garante ha disposto quanto segue:

- al fine di mantenere effettiva la tutela dei soggetti sottoposti a esecuzione forzata, come garantita dal codice in materia di protezione dei dati personali e dallo stesso art. 490 c.p.c., che gli uffici giudiziari e i professionisti delegati alle operazioni di vendita ai sensi dell'art. 591-bis c.p.c. omettano l'indicazione del debitore e di ogni altro dato personale idoneo a rivelarne l'identità, oltre che nell'avviso di vendita, anche nelle copie dell'ordinanza del giudice e della relazione di stima;

- che nelle copie pubblicate di tali atti non siano riportati i dati personali di soggetti estranei alla procedura esecutiva (in particolare, i proprietari confinanti) ove ciò non sia previsto da una specifica norma di legge, trattandosi di informazioni eccedenti e non pertinenti rispetto alle finalità cui è preordinato il procedimento espropriativo. Ciò, al fine di assicurare il rispetto del principio di proporzionalità nel trattamento dei dati posto dall’art. 11, comma 1, lett. d), del D. Lgs. n. 196/2003, applicabile anche ai trattamenti effettuati «per ragioni di giustizia» ai sensi del successivo art. 47.

 

VISURE IPOTECARIE E CATASTALI PER VIA TELEMATICA

Con Decreto del direttore dell’Agenzia del Territorio in data 6 giugno 2008 (pubblicato in data 11.6.2008 sul sito Internet dell’Agenzia del Territorio, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge n. 244/2007), è stato approvato il nuovo schema di convenzione per l’accesso al sistema telematico dell’Agenzia per la consultazione delle banche dati ipotecaria e catastale (schema che sostituisce quello allegato al decreto direttoriale del 6 novembre 2007).

Ai sensi, infatti, dell'art. 5 del Decreto direttoriale in data 4 maggio 2007, dal 1° gennaio 2008 l'accesso telematico alle banche dati ipotecaria e catastale su base convenzionale è consentito dall'Agenzia del territorio, su istanza di parte, mediante la stipulazione di apposita convenzione, conforme allo schema di cui all'allegato B dello stesso decreto.

Nel nuovo schema di convenzione, è previsto tra l’altro:

- la necessità del rispetto da parte dell’utente della disciplina in materia di protezione dei dati personali e di riutilizzazione commerciale dei dati estratti, a pena di sospensione del collegamento telematico o di risoluzione della convenzione;

- la facoltà dell’Agenzia del Territorio di variare la base informativa in relazione alle proprie esigenze istituzionali e strutturali ed alle innovazioni tecniche relative al proprio sistema informatico, esclusa ogni responsabilità della stessa per le suddette variazioni, e per eventuali sospensioni od interruzioni del servizio;

- che, al fine di garantire la fruibilità del servizio a tutti gli utenti, qualora si verificassero picchi anomali ed imprevedibili delle richieste, anche in relazione alla capacità elaborativa del sistema ed alle esigenze del servizio, l’Agenzia del Territorio può introdurre limiti al numero di interrogazioni giornaliere per ogni singolo utente.

 

ACCESSO ALLA BANCA DATI CATASTALE E IPOTECARIA DA PARTE DEI COMUNI

Con Decreto del direttore dell’Agenzia del Territorio in data 29 febbraio 2008 (pubblicato in data 29.2.2008 sul sito Internet dell’Agenzia del Territorio, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge n. 244/2007), è stata disposta la proroga al 31 marzo 2008 del termine per la stipula delle convenzioni speciali (di cui al decreto direttoriale 18 dicembre 2007) per l'accesso al servizio di consultazione telematica della banca dati catastale ed ipotecaria da parte di comuni, comunità montane ed aggregazioni di comuni.

Con Provvedimento del direttore dell’Agenzia del Territorio in data 16 giugno 2008 (pubblicato sul sito Internet dell’Agenzia del Territorio in data 19.6.2008, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono state determinate le modalità di fruizione da parte dei Comuni delle informazioni inerenti la banca dati ipotecaria utili alla partecipazione all'attività di accertamento fiscale di cui all’art. 1 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. In particolare, ai sensi dell’art. 1, l’Agenzia del territorio rende disponibili per via telematica ai Comuni che ne facciano richiesta i dati contenuti nelle note di trascrizione degli atti che comportano la modifica della titolarità dei diritti reali su beni immobili, siti nel territorio comunale, che non sono stati oggetto di voltura in catasto. I suddetti dati sono riferiti alle formalità trascritte a decorrere dalla data di informatizzazione di ciascuna conservatoria dei registri immobiliari fino al 31 dicembre 2007. Successivamente saranno resi disponibili i flussi periodici delle medesime informazioni relative ad atti trascritti dopo il 1° gennaio 2008. Il Comune, qualora in seguito alle attività di accertamento svolte rilevi disallineamenti nelle intestazioni, inoltra periodicamente, per via telematica, specifiche comunicazioni all’Agenzia del territorio. Si ricorda che, ai sensi dell'art. 12, comma 3, del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate in data 3 dicembre 2007 (in G.U. n. 292 del 17.12.2007), l'Agenzia del territorio facilita l'accesso ai Comuni, nell'ambito delle relative attività istituzionali di accertamento, alla consultazione della banca dati delle conservatorie dei registri immobiliari e, nel rispetto della vigente normativa, predispone le procedure di estrazione dei dati, da rendere disponibili ai Comuni che ne faranno richiesta, utili per lo svolgimento dei controlli fiscali.

Con Provvedimento del direttore dell’Agenzia del Territorio in data 16 aprile 2008 (in G.U. n. 96 del 23.4.2008) sono state determinate le modalità dirette a garantire ai comuni, anche in forma associata, o attraverso le comunità montane e le unioni di comuni, l'accessibilità e l'interoperabilità applicativa per la gestione della banca dati catastale. Precondizione dell’accesso è la stipula della specifica convenzione (art. 4).

Con Decreto Direttoriale in data 18 dicembre 2007 (in G.U. n. 296 del 21.12.2007) era stato precedentemente regolamentato l'accesso al servizio di consultazione telematica della banca dati catastale ed ipotecaria da parte di comuni, comunità montane ed aggregazioni di comuni, in funzione del processo di decentramento delle funzioni catastali, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

 

ACCATASTAMENTO DI FABBRICATI RURALI

L’art. 26-bis del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. n. 302 del 31.12.2007), come aggiunto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 51 del 29.2.2008), ha prorogato il termine concesso ai titolari di diritti reali su fabbricati già rurali, e che abbiano perso i requisiti di ruralità, per procedere al relativo accatastamento. Più precisamente, ai sensi del novellato art. 2, comma 36, del D.L. n. 262/2006, detto obbligo deve essere adempiuto entro sette mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del comunicato dell’Agenzia del Territorio che rende nota la disponibilità, per ciascun comune, dell'elenco degli immobili interessati (se gli interessati non ottemperano alla richiesta entro il suddetto termine di sette mesi gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto). Inoltre, ai sensi del novellato comma 38 dell’art. 2 del suddetto D.L. n. 262/2006, i fabbricati per i quali a seguito del disposto del comma 37 sono venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità (cioè i fabbricati posseduti da soggetti non in possesso della qualifica di imprenditore agricolo iscritto nel registro delle imprese) devono essere dichiarati al catasto entro e non oltre il 31 ottobre 2008, fermo restando che gli effetti fiscali decorrano dal 1° gennaio 2007.

Su questa disciplina, cfr. PISCHETOLA, La circolazione dei fabbricati rurali anche alla luce delle indicazioni dell'Agenzia del Territorio (circolare n. 7 del 15 giugno 2007), in Riv. not., 2008, p. 223; LUCIFERO, Ruralità e strumentalità dei fabbricati e loro implicazioni nell'azienda agraria. brevi note a margine della disciplina introdotta dal D.L. n. 262/2006 sull'accatastamento degli edifici rurali, in Giur. it., 2008, 5, p. 1303.

 

DECENTRAMENTO DI FUNZIONI CATASTALI AI COMUNI

Con D.P.C.M. 27 marzo 2008 (in G.U. n. 128 del 3.6.2008) sono state dettate disposizioni in materia di decentramento delle funzioni catastali ai comuni.

Per le altre fonti normative in materia, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

MODELLO UNICO INFORMATICO CATASTALE

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Territorio in data 14 febbraio 2008 (in G.U. n. 46 del 23.2.2008), è stata disposta l’estensione del servizio di trasmissione telematica del modello unico informatico catastale – di cui all'articolo 1, comma 374, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 – ad altre tipologie di atti di aggiornamento geometrico (Pregeo) – denunzie di nuova costruzione, tipi di frazionamento – di cui all’art. 8 della legge n. 679/1969, ed agli artt. 5 e 7 del d.p.r. n. 650/1972.

Pertanto, ai sensi dell’art. 1, il servizio di trasmissione telematica del modello unico informatico catastale è esteso, a livello nazionale con esclusione delle province di Trento e Bolzano, a tutte le tipologie di atti di aggiornamento geometrico (Pregeo), ad eccezione di quelli esenti da tributi.

L’elenco degli atti di aggiornamento catastale per cui è utilizzabile il suddetto modello unico informatico è contenuto nell’art. 2 del Provvedimento dell’Agenzia del Territorio in data 22 marzo 2005. Come si desume anche dal Provvedimento dell’Agenzia del Territorio in data 22 dicembre 2006 (in G.U. n. 1 del 2.1.2007), che ha approvato le specifiche tecniche per la procedura “Pregeo”, tra i suddetti atti di aggiornamento non è ancora compresa la voltura catastale.

Sul modello unico informatico catastale, cfr. anche le precedenti Rassegne relative al primo semestre 2005 ed al secondo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

REGISTRO DELLE IMPRESE

Con Decreto direttoriale in data 6 febbraio 2008 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 48 del 26.2.2008) sono state approvate le specifiche tecniche per la creazione di programmi informatici finalizzati alla compilazione delle domande e delle denunce da presentare all'ufficio del registro delle imprese per via telematica o su supporto informatico, in attuazione del disposto dell’art. 44, comma 8, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dall’art. 1, comma 374, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che prevede l'integrazione della modulistica in uso con gli elementi indispensabili per l'attivazione automatica dell'iscrizione agli Enti previdenziali, secondo le indicazioni dagli stessi Enti fornite.

Ai sensi dell’art. 2, comma 4, del decreto, a decorrere dalla scadenza del periodo transitorio previsto dall’art. 9, comma 9, del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito in legge 2 aprile 2007, n. 40 (cioè a partire dal 5 settembre 2008), tutte le iscrizioni, variazioni e cancellazioni a fini previdenziali delle imprese individuali sono operate esclusivamente telematicamente o su supporto informatico mediante l'utilizzo della modulistica I1 e I2, e la compilazione dei relativi campi AC.

Si ricorda che il modello di comunicazione unica per la nascita dell’impresa – previsto dall’art. 9, comma 9, del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito in legge 2 aprile 2007, n. 40 – è stato approvato con D.M. 2 novembre 2007 (in G.U. n. 296 del 21.12.2007), in vigore dal 5 gennaio 2008; e che – ai sensi del suddetto art. 9, commi 8 e 9, a partire dal 5 marzo 2008 e fino al 5 settembre 2008, gli interessati possono presentare alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa previgente, le comunicazioni necessarie per tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al registro delle imprese, ai fini previdenziali, assistenziali e fiscali, nonché per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA. Su tale comunicazione unica, cfr. la Circolare del Ministero dello sviluppo economico – Dipartimento regolazione del mercato, n. 3616/C del 15 febbraio 2008, in http://www.sviluppoeconomico.gov.it.

 

DIRITTI DI SEGRETERIA PER IL REGISTRO DELLE IMPRESE

Con Decreto Direttoriale in data 16 giugno 2008 (in G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 1° luglio 2008, sono state approvate le nuove tabelle “A” e “B” dei diritti di segreteria relativi ai servizi svolti dalle camere di commercio.

Nelle note a margine si precisa che:

- Nel caso di presentazione di più domande o denunce con il medesimo atto, si applica unicamente il diritto di importo più elevato. Nessun diritto è dovuto per l'eventuale autenticazione di firma. Il diritto di prima iscrizione e di iscrizione successiva è comprensivo del costo della visura spedita;

- i diritti di segreteria pari a 90 euro si applicano a tutti i soggetti collettivi iscritti nella sezione ordinaria del registro delle imprese, con esclusione delle società semplici costituite ai sensi dell'articolo 2251 ss. del C.C. alle quali si applicano i diritti di cui alla voce 4 (quelli, cioé, previsti per le imprese individuali);

- per le cooperative sociali gli importi sono ridotti del 50%;

- il diritto di euro 90, previsto per gli atti di costituzione e modifica si applica anche per l'iscrizione di sede secondaria, ancorché ubicata in provincia diversa da quella della sede principale e per gli atti di trasferimento di quote di s.r.l.;

- il medesimo diritto di euro 90 si applica nel caso di deposito dello statuto aggiornato separato dalla iscrizione della relativa delibera di modifica;

- il diritto di euro 30, previsto alla voce n. 3, si applica anche, tra l'altro, alle cessioni ed affitti di azienda;

- per le imprese di installazione impianti, le imprese di autoriparazione, di pulizia, di facchinaggio, il diritto di segreteria è maggiorato per un importo pari a € 15,00.

 

DIRITTO ANNUALE PER LE CAMERE DI COMMERCIO

Con D.M. 1 febbraio 2008 (in G.U. n. 54 del 4.3.2008) è stata determinata la misura del diritto annuale dovuto per l’anno 2008 dalle imprese alle camere di commercio, ai sensi dell’art. 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.

 

FUSIONI TRANSFRONTALIERE

Il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 108 (in G.U. n. 140 del 17.6.2008), in vigore dal 2 luglio 2008, ha attuato la Direttiva 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 26 ottobre 2005 (in G.U.C.E. n. L310 del 25.11.2005), relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali.

Per quanto concerne le società partecipanti alla fusione, la disciplina in esame si applica, quanto alle società italiane, alle società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, cooperative, nonché alla società europea ed alla società cooperativa europea; e quanto alle società degli altri Stati europei, alle società di capitali individuate dall’art. 1 della Direttiva 68/151/CEE; nonché a qualsiasi altra società di uno Stato membro che abbia personalità giuridica, sia dotata di capitale sociale, risponda solo con il proprio patrimonio delle obbligazioni sociali e sia soggetta, in virtù della legislazione nazionale ad essa applicabile, alle disposizioni della Direttiva 68/151/CEE dettate per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (art. 1, lett. a).

La disciplina del D. Lgs. n. 108/2008 si applica:

a) – alla fusione transfrontaliera cui partecipano una o più società di capitali italiane ed una o più società di capitali di altro Stato membro (la cui sede sociale o amministrazione centrale o centro di attività principale sia stabilito nella Comunità europea), dalla quale risulti una società di capitali italiana o di altro Stato membro, con esclusione dei trasferimenti di parte dell'azienda (art. 1, lett. d), e art. 2, comma 1);

b) – alle fusioni transfrontaliere alle quali partecipino o risultino società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non abbiano nella Comunità europea né la sede statutaria, né l'amministrazione centrale, né il centro di attività principale, purché l'applicazione della disciplina di recepimento della Direttiva 2005/56/CE a tali fusioni transfrontaliere sia parimenti prevista dalla legge applicabile a ciascuna delle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione medesima; non si applica peraltro in questo caso l’art. 19 (sulla partecipazione dei lavoratori) se non partecipano alla fusione transfrontaliera società di diritto europeo di cui al comma 1 (art. 2, comma 2). Anche alle società diverse da quelle di capitali si applica infatti la disciplina comunitaria della libertà di stabilimento (cfr. Corte Giustizia CE 13 dicembre 2005, causa C-411/03, cd. Sevic);

c) – nelle altre ipotesi (laddove, cioè, la legge applicabile alle società partecipanti non preveda l'applicazione della disciplina di recepimento della Direttiva 2005/56/CE alla fusione), si applicano solo alcune disposizioni del decreto legislativo, e precisamente gli articoli 3, commi 1 e 2 (condizioni della fusione), 4 (disciplina italiana applicabile), 5 (recesso), 6 (progetto di fusione), 7 (pubblicazione nella Gazzetta ufficiale), 8 (relazione degli amministratori), 9 (relazione degli esperti) e 18 (fusione semplificata) (art. 2, comma 3).

Da rilevare che – a norma dell’art. 1 della Direttiva 2005/56/CE – la disciplina comunitaria della fusione transfrontaliera si applica a condizione che almeno due delle società partecipanti siano soggette alla legge di Stati membri diversi.

La fusione transfrontaliera è consentita solo tra tipi di società alle quali la legge applicabile permette di fondersi (art. 3, comma 1; cfr. anche l’art. 25, comma 3, della legge n. 218/1995). Non può partecipare a tale fusione la società cooperativa a mutualità prevalente (in quanto detta fusione equivarrebbe ad una sorta di trasformazione e quindi, ex art. 2545-decies c.c., ad un utilizzo vietato delle riserve indivisibili. Possono invece partecipare alla fusione le cooperative a mutualità non prevalente) (art. 3, comma 2). Per le società sottoposte alla legge italiana, la fusione transfrontaliera attuata a norma del D. Lgs. n. 108/2008 soddisfa il requisito di cui all’art. 25, comma 3, della legge n. 218/1995, che richiede che la fusione sia consentita da tutte le leggi applicabili alle società partecipanti (art. 3, comma 3).

Ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b), della Direttiva 2005/56/CE, ciascuna società che partecipa alla fusione transfrontaliera rispetta le disposizioni procedurali e le formalità della legge nazionale a cui è soggetta (in particolare, ai sensi dell’art. 4, comma 2, della Direttiva, il processo decisionale, la protezione dei creditori, degli obbligazionisti e possessori di strumenti finanziari, dei lavoratori).

Quanto alla disciplina italiana applicabile alla fusione, per quanto non disposto dal D. Lgs. n. 108/2008 si applica la disciplina del codice civile. Nelle ipotesi di incompatibilità tra le leggi applicabili alle diverse società, prevale quella applicabile alla società risultante dalla fusione. Si applicano altresì la disciplina a tutela dei lavoratori (art. 2112 c.c. e art. 47 della legge n. 428/1990), nonché le normative speciali per alcuni tipi di società (banche e intermediari finanziari) (art. 4).

Per quanto concerne la società risultante dalla fusione transfrontaliera, ad essa deve ritenersi applicabile la legge dello Stato in cui viene stabilita la relativa sede statutaria (che di fatto coinciderà con quella dello Stato in cui si perfeziona il procedimento di costituzione). Nella Relazione al D. Lgs. n. 108/2008 si precisa, peraltro, che la legge applicabile “non si ricaverebbe dalla sola indicazione della sede statutaria quando il criterio di collegamento applicabile dovesse non dipendere da tale elemento” (anche se la mancata coincidenza appare ipotesi marginale). L’art. 6, comma 1, lett. a), del D. Lgs. n. 108/2008 dispone comunque che dal progetto comune di fusione deve risultare la legge regolatrice sia di ciascuna delle società partecipanti, sia della società risultante dalla fusione (disposizione che non può peraltro essere interpretata come riferita ad una professio iuris in senso tecnico).

Nel caso in cui la società risultante dalla fusione transfrontaliera sia una società di altro Stato membro, i soci consenzienti della società italiana partecipante alla fusione hanno diritto di recesso (art. 5).

L’art. 6 disciplina le indicazioni aggiuntive che – oltre a quelle previste dal codice civile – deve contenere il progetto di fusione. L’art. 7 richiede – in ottemperanza alla previsione dell’art. 6, comma 2, della Direttiva 2005/56/CE – la previa pubblicazione in Gazzetta ufficiale – almeno trenta giorni prima della data dell'assemblea convocata per la deliberazione della fusione transfrontaliera – di alcune informazioni riferite a ciascuna società partecipante. Gli artt. 8 e 9 disciplinano, rispettivamente, la relazione degli amministratori e la relazione degli esperti, l’art. 10 la decisione sulla fusione transfrontaliera. Da rilevare che l’art. 8, comma 4, della Direttiva 2005/56/CE, prevede la possibilità di rinuncia da parte di tutti i soci delle società partecipanti alla relazione degli esperti (mentre analoga rinuncia non è prevista per la relazione degli amministratori).

A norma degli artt. 10, comma 1, e 11, comma 1, della Direttiva 2005/56/CE, ogni Stato membro designa il notaio o l’organo giurisdizionale o altra autorità competente ad effettuare il controllo di legittimità della fusione transfrontaliera per la parte della procedura relativa alle società partecipanti soggette alla sua legge nazionale, nonché per la parte di procedura relativa alla realizzazione della fusione. Il notaio o l’altra autorità designata rilasciano un certificato attestante l’adempimento regolare degli atti e formalità preliminari alla fusione (art. 10, comma 2, della Direttiva). Per quanto riguarda le società italiane, a richiesta della società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera, il notaio rilascia senza indugio il certificato attestante il regolare adempimento, in conformità alla legge, degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione della fusione; certificato che entro sei mesi è trasmesso, unitamente al progetto comune di fusione, all’autorità competente per il controllo di legittimità della fusione (art. 11).

L’atto di fusione deve avere la forma dell’atto pubblico; se la società risultante dalla fusione è di diritto italiano, il notaio italiano che riceve l’atto effettua il controllo di legittimità sulla fusione di cui all’art. 13, comma 1 (il notaio, entro trenta giorni dal ricevimento, da parte di ciascuna delle società partecipanti alla fusione transfrontaliera, dei certificati preliminari e della delibera di approvazione del progetto comune di fusione transfrontaliera, espleta quindi il controllo di legittimità sulla attuazione della fusione transfrontaliera, operando le verifiche richieste dall’art. 13, e rilasciandone apposita attestazione). Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società di altro Stato comunitario l'atto pubblico di fusione è redatto dall'autorità straniera competente dello Stato la cui legge è applicabile alla società risultante dalla fusione o, qualora tale legge non preveda che la fusione transfrontaliera risulti da atto pubblico, dal notaio (art. 12).

Se la società risultante dalla fusione è una società italiana, entro trenta giorni, l'atto di fusione, unitamente all'attestazione notarile ed ai certificati preliminari, è depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese del luogo dove ha sede ciascuna delle società italiane partecipanti alla fusione transfrontaliera e la società risultante dalla fusione medesima. Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società di altro Stato comunitario, entro trenta giorni dall'espletamento del controllo di legittimità da parte dell’autorità straniera, l'atto pubblico di fusione, unitamente all'attestazione dell'espletamento del suddetto controllo, è depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese dove ha sede la società italiana partecipante alla fusione (art. 14). L’attestazione del controllo di legittimità sostituisce quindi il deposito presso gli atti di un notaio italiano, in deroga all’art. 106, n. 4, della legge notarile.

Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società italiana la fusione transfrontaliera ha effetto con l'iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese del luogo ove ha sede tale società. Nella fusione per incorporazione può essere stabilita una data successiva. Quando la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società di altro Stato membro, la data dalla quale la fusione ha effetto è determinata dalla legge applicabile a tale società. In quest’ultimo caso la società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera è cancellata dal registro delle imprese soltanto dopo la comunicazione, da parte del registro delle imprese in cui è iscritta la società risultante dalla fusione transfrontaliera, che questa ha acquistato efficacia, purché si sia provveduto all'iscrizione (art. 15, che riprende l’art. 13, comma 2, della Direttiva).

L’art. 16 rinvia, quando alla individuazione degli effetti della fusione, all’art. 2504-bis, comma 1, c.c. È peraltro da verificare, sotto questo profilo, l’incidenza della disciplina comunitaria, secondo la quale la società incorporata o partecipante alla fusione “si estingue”, e l’intero patrimonio “è trasferito” alla società incorporante o partecipante alla fusione (art. 14 della Direttiva 2005/56/CE): secondo la Relazione al D. Lgs. n. 108/2008, peraltro, la Direttiva non avrebbe preso posizione sul punto se la fusione integri o meno una successione a titolo universale.

Una volta che la fusione transfrontaliera abbia acquistato efficacia, non può esserne pronunciata l’invalidità (art. 17, che riprende l’art. 17 della Direttiva).

L’art. 18 disciplina la fusione semplificata. L’art. 19 regola la partecipazione dei lavoratori alla società risultante dalla fusione e gli aspetti procedurali relativi al loro coinvolgimento nella decisione di fusione (sotto questo aspetto, occorre considerare che, in base all’art. 16, comma 1, della Direttiva 2005/56/CE, la società derivante dalla fusione transfrontaliera è soggetta alle disposizioni in materia di partecipazione dei lavoratori vigenti nello Stato membro in cui è situata la sua sede sociale).

Cfr. anche, sulla materia, RESCIO, Dalla libertà di stabilimento alla libertà di concentrazione: riflessioni sulla direttiva 2005/56/CE in materia di fusione transfrontaliera, in Studi e materiali, a cura del Consiglio nazionale del notariato, 2007, 1, p. 399; BENEDETTELLI, Le fusioni transfrontaliere, in Il nuovo diritto delle società, IV, diretto da Abbadessa e Portale, Torino, 2007, p. 365.

 

CONFIDI (COOPERATIVE DI GARANZIA)

Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 28 marzo 2008 (in G.U. n. 74 del 28.3.2008) sono state dettate istruzioni di vigilanza per i Confidi, iscritti nell’elenco speciale.

In particolare:

- sono tenuti a richiedere l'iscrizione nell'elenco speciale i confidi il cui volume di attività finanziaria sia pari o superiore a 75 milioni di euro;

- entro i 60 giorni successivi al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 2, comma 3, del D.M. 9 novembre 2007, (superamento della soglia relativa al volume di attività finanziaria) i confidi presentano domanda di iscrizione nell'elenco speciale;

- i confidi iscritti nell'elenco speciale svolgono in misura prevalente l'attività di garanzia collettiva dei fidi;

- i confidi iscritti nell'elenco speciale possono svolgere le attività riservate agli altri intermediari finanziari iscritti nel medesimo elenco (esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi) entro un limite pari al 20 per cento del totale dell'attivo;

- i confidi iscritti nell'elenco speciale possono svolgere attività connesse o strumentali, nel rispetto delle riserve di attività previste dalle vigenti disposizioni. Le attività connesse e strumentali rappresentano attività accessorie che consentono di sviluppare l'attività esercitata (es.: la prestazione del servizio di informazione commerciale) e attività che hanno carattere ausiliario a quella esercitata (es.: studio ricerca e analisi in materia economica e finanziaria, gestione di immobili a uso funzionale). Sono ricomprese in tali attività anche le attività di informazione, di consulenza e di assistenza alle imprese consorziate o socie per il reperimento e il miglior utilizzo delle fonti finanziarie, nonché le prestazioni di servizi per il miglioramento della gestione finanziaria delle stesse imprese;

- i confidi iscritti nell'elenco speciale sono costituiti da piccole e medie imprese (PMI). Secondo la Banca d’Italia, rientrano tra i soci dei confidi anche i soggetti iscritti in albi professionali e le associazioni professionali, nella misura in cui svolgono un'attività economica e sempre che rispettino i limiti dimensionali relativi alle PMI. Si tratta peraltro di posizione discutibile, tenuto conto che l’equiparazione dei professionisti alle imprese, nel diritto comunitario, ha luogo solamente sulla base di norme speciali per particolari profili (in particolare, il diritto della concorrenza), e quindi non in via generalizzata, mentre l’art. 13 del D.L. n. 269/2003 fa esclusivo riferimento alle imprese;

- ai confidi possono partecipare anche imprese di maggiori dimensioni rientranti nei limiti dimensionali determinati dall'Unione Europea ai fini degli interventi agevolati della Banca europea per gli investimenti (BEI) a favore delle PMI purché complessivamente non rappresentino più di un sesto della totalità delle imprese consorziate o socie. Gli enti pubblici e privati e le imprese di maggiori dimensioni che non possono far parte dei confidi possono sostenere l'attività dei confidi stessi attraverso contributi e garanzie non finalizzati a singole operazioni; questi soggetti non diventano consorziati o soci né fruiscono delle attività sociali, ma i loro rappresentanti possono partecipare agli organi elettivi dei confidi con le modalità stabilite dagli statuti, purché la nomina della maggioranza dei componenti di ciascun organo resti riservata all'assemblea dei soci.

Sulla disciplina dei Confidi, cfr. anche la Rassegna del secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it, nonché PETRELLI, I confidi costituiti in forma di società cooperativa, in Studi e materiali, 2005, 2, p.  1663, in Studi e materiali, 2006, 1, p. 735, ed in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

BANCHE DI GARANZIA COLLETTIVA DEI FIDI

Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 28 febbraio 2008 (in G.U. n. 89 del 15.4.2008) sono state dettate disposizioni di vigilanza riguardanti le Banche di garanzia collettiva dei fidi. Dette Banche, espressamente previste dall’art. 13 del D.L. n. 269/2003, trovano la propria disciplina in parte nel suddetto art. 13, in parte nel testo unico bancario (disposizioni generali, e disposizioni specifiche riguardanti le banche di credito cooperativo), in parte nella disciplina generale delle società cooperative (normative, queste, che necessitano di essere coordinate tra loro).

In particolare:

A) – secondo il provvedimento in commento, alle banche di garanzia collettiva si applicano le seguenti disposizioni dell’art. 13 del D.L. n. 269/2003:

1) il comma 29, recante norme di carattere generale in materia di forma giuridica, denominazione e operatività delle banche di garanzia collettiva;

2) il comma 30, che dichiara applicabili, in quanto compatibili, talune disposizioni dello stesso art. 13 (commi da 5 a 11 e da 19 a 28) e del TUB (D. Lgs. n. 385/1993, articoli da 33 a 37);

3) il comma 31, che attribuisce alla Banca d'Italia il potere di dettare disposizioni di attuazione della stessa legge, tenuto conto delle specifiche caratteristiche operative delle banche di garanzia collettiva;

4) i commi 5 e 6, concernenti l'uso di denominazioni riferite all'attività di garanzia collettiva dei fidi;

5) il comma 7, che dichiara applicabile, in quanto compatibile, l’art. 145 del TUB (concernente la procedura sanzionatoria);

6) i commi 8, 9, 10 e 11, nei quali sono individuate le categorie di soggetti che possono costituire il confidi ovvero parteciparvi, nonché di quelli che possono sostenerne l'attività senza essere consorziati o soci;

7) i commi da 19 a 24, concernenti la devoluzione e la contribuzione ai Fondi di garanzia interconsortile o, in mancanza, al Ministero dell'economia e delle finanze, nonché il trattamento fiscale dei relativi contributi.

B) – le disposizioni del TUB richiamate dalla «legge confidi» riguardano i seguenti profili della disciplina delle banche di credito cooperativo:

1) la forma giuridica, il valore nominale delle azioni e la nomina degli organi sociali (art. 33, commi 1, 3 e 4 fatto salvo quanto stabilito dal comma 10 dell’art. 13 del D.L. n. 269/2003);

2) i soci (art. 34);

3) l'esercizio del credito prevalentemente a favore dei soci (art. 35, comma 1) e la disciplina statutaria, sulla base dei criteri fissati dalla Banca d'Italia, delle attività, delle operazioni di impiego e di raccolta e della competenza territoriale (art. 35, comma 2);

4) le fusioni con banche di diversa natura (art. 36);

5) la ripartizione degli utili (art. 37).

C) – si applicano altresì le seguenti disposizioni previste per le banche di credito cooperativo dal Titolo VII, Capitolo 1, della Circolare n. 229 del 21 aprile 1999 (Istruzioni di Vigilanza per le banche):

1) attività esercitabili (Sezione III, paragrafo 3);

2) partecipazioni detenibili (Sezione III, paragrafo 4);

3) deleghe in materia di erogazione del credito (Sezione IV);

4) destinazione degli utili (sezione V). Peraltro, in forza del combinato disposto dei commi 19 e 30 dell’art. 13 del D.L. n. 269/2003, non si applica alle banche di garanzia collettiva l'obbligo di corrispondere ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione una quota degli utili annuali pari al 3%.

La denominazione sociale delle banche di garanzia collettiva contiene l'espressione «confidi», «garanzia collettiva dei fidi» o entrambe. In relazione al carattere «locale» di tali banche, esse adottano nella propria denominazione riferimenti utili a identificare la banca nelle specifiche aree di mercato in cui la stessa opera.

Le banche di garanzia collettiva adottano la forma giuridica di società cooperativa per azioni. Il capitale sociale è formato da un numero variabile di azioni nominative; nello statuto è indicato il valore nominale di ciascuna azione che non può essere inferiore a 25 euro né superiore a 500 euro.

Le banche di garanzia collettiva indicano nel proprio statuto la zona di competenza territoriale.

Le banche di garanzia collettiva indicano nel proprio statuto l'eventuale adesione a fondi di garanzia interconsortile.

Possono essere soci delle banche di garanzia collettiva le piccole e medie imprese. Secondo la Banca d’Italia, possono essere soci dei confidi anche i soggetti iscritti in albi professionali e le associazioni professionali, sempre che svolgano un'attività economica e rispettino i limiti dimensionali relativi alle PMI. Si tratta peraltro di posizione discutibile, tenuto conto che l’equiparazione dei professionisti alle imprese, nel diritto comunitario, ha luogo solamente sulla base di norme speciali per particolari profili (in particolare, il diritto della concorrenza), e quindi non in via generalizzata, mentre l’art. 13 del D.L. n. 269/2003 fa esclusivo riferimento alle imprese.

Possono partecipare alle banche di garanzia collettiva anche imprese di maggiori dimensioni rientranti nei limiti dimensionali determinati dall'Unione Europea ai fini degli interventi agevolati della Banca Europea per gli investimenti (BEI) a favore delle piccole e medie imprese; tale categoria di soci non può rappresentare più di un sesto del numero totale dei soci. Possono diventare soci e clienti di banche di garanzia collettiva i soggetti residenti, aventi sede o operanti con carattere di continuità nella zona di competenza territoriale delle banche medesime. Per le persone giuridiche si tiene conto dell'ubicazione della sede legale, della direzione, degli stabilimenti o di altre unità operative. Le banche possono prevedere nel proprio statuto limitazioni o riserve a favore di particolari categorie di soggetti tra i quali esse intendono acquisire i propri soci.

Il numero dei soci non può essere inferiore a 200 e ogni socio non può possedere azioni per un valore nominale complessivo superiore a 50.000 euro.

Lo statuto indica le altre ipotesi in cui il socio può esercitare la facoltà di recesso. In questa ipotesi, lo statuto prevede che il recesso è subordinato a una deliberazione dell'organo di amministrazione che viene adottata tenendo conto della situazione economico-patrimoniale della banca. Sempre al fine di garantire certezza nei rapporti sociali, lo statuto indica i casi di esclusione dei soci in modo tassativo, evitando previsioni generiche e indeterminate. In tale ambito, lo statuto prevede tra le cause di esclusione l'ipotesi in cui il socio sia gravemente inadempiente alle obbligazioni derivanti dal contratto sociale e a quelle assunte quale cliente della banca.

Lo statuto delle banche di garanzia collettiva prevede che le stesse esercitano prevalentemente l'attività di garanzia collettiva dei fidi (a differenza dei normali confidi, caratterizzati da mutualità pura e non solo prevalente). Lo statuto indica le modalità con cui la banca intende dare attuazione al principio della «prevalenza».

Lo statuto delle banche di garanzia collettiva prevede che le esposizioni non destinate ai soci sono assunte nei confronti di soggetti che siano comunque residenti o operanti nella zona di competenza territoriale. Lo statuto può prevedere che una quota non superiore al 5% del totale delle esposizioni sia assunta al di fuori della zona di competenza territoriale. Le banche di garanzia collettiva non possono assumere, direttamente o indirettamente, esposizioni verso i soggetti sostenitori ex art. 13, comma 10, del D.L. n. 269/2003.

Salvo quanto diversamente previsto nelle disposizioni in commento, alla costituzione di banche di garanzia collettiva si applicano le istruzioni di vigilanza in materia di autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria. Il capitale minimo iniziale richiesto per la costituzione di una banca di garanzia collettiva è pari a due milioni di euro e deve essere rappresentato unicamente da capitale sociale interamente versato e da riserve pienamente disponibili.

Sulle banche confidi, cfr. PETRELLI, I confidi costituiti in forma di società cooperativa (paragrafo 6), in Studi e materiali, 2005, 2, p.  1663, in Studi e materiali, 2006, 1, p. 735, ed in http://www.gaetanopetrelli.it.

Sulle banche cooperative, cfr. PETRELLI, Le banche cooperative nella riforma del diritto societario, in Studi e materiali, 2005, 1, p. 403; PETRELLI, Il regime fiscale delle banche cooperative, in Studi e materiali, 2005, 1, p. 514; entrambi anche in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

BANCHE POPOLARI

L’art. 27 del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. n. 302 del 31.12.2007), come aggiunto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 51 del 29.2.2008), dispone che “per i soggetti che alla data del 31 dicembre 2007 detenevano una partecipazione al capitale sociale di banche popolari superiore alla misura prevista al comma 2 dell'articolo 30 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al D. lgs. 1 settembre 1993, n. 385, è differito di un anno il termine per l'alienazione delle azioni eccedenti di cui al citato comma 2 del medesimo articolo”.

 

GOLDEN SHARE NELLE SOCIETÀ CON PARTECIPAZIONE PUBBLICA

L’art. 13, comma 1, della legge 25 febbraio 2008, n. 34 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 56 del 6.3.2008), in vigore dal 21 marzo 2008, modifica l’art. 2449 del codice civile, relativo alle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici.

La nuova disciplina, a differenza della precedente, distingue tra società per azioni che fanno, o meno, ricorso al mercato del capitale di rischio (cfr. sul punto, per l’individuazione delle due categorie di società, e la definizione di “emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante”, l’art. 2325-bis c.c., l’art. 111-bis disp. att. c.c., e l’art. 2-bis del Regolamento emittenti della Consob, approvato con delibera in data 14 maggio 1999, n. 11971, e successive modificazioni).

È stato, innanzitutto, modificato l’art. 2449, comma 1, c.c., disponendosi che “Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci, ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale”. La previgente disciplina consentiva la nomina di “uno o più” amministratori o sindaci, e ciò – dando luogo alla possibilità di una partecipazione agli organi di amministrazione e controllo non proporzionale al conferimento – era stato ritenuto illegittimo dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia CE 6 dicembre 2007, cause riunite C-463/04 e C-464/04).

Al secondo comma, ultimo periodo, dell’art. 2449 c.c. si precisa, ora, che “Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica”. Anche al terzo comma si precisa che “I sindaci, ovvero i componenti del consiglio di sorveglianza, restano in carica per tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della loro carica”.

Il quarto comma dell’art. 2449 c.c. dispone, poi, che “Alle società che fanno ricorso al capitale di rischio si applicano le disposizioni del sesto comma dell'articolo 2346. Il consiglio di amministrazione può altresì proporre all'assemblea, che delibera con le maggioranze previste per l'assemblea ordinaria, che i diritti amministrativi previsti dallo statuto a favore dello Stato o degli enti pubblici siano rappresentati da una particolare categoria di azioni. A tal fine è in ogni caso necessario il consenso dello Stato o dell'ente pubblico a favore del quale i diritti amministrativi sono previsti”.

Ai sensi dell’art. 13, comma 2, della legge n. 34/2008, “Il consiglio di amministrazione, nelle società che ricorrono al capitale di rischio e nelle quali sia prevista la nomina di amministratori ai sensi dell'articolo 2449 del codice civile, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, adegua lo statuto entro otto mesi da tale data, prevedendo che i diritti amministrativi siano rappresentati da strumenti finanziari, non trasferibili e condizionati alla persistenza della partecipazione dello Stato o dell'ente pubblico, ai sensi dell'articolo 2346, sesto comma, del codice civile. Scaduto il predetto termine di otto mesi, perdono efficacia le disposizioni statutarie non conformi alle disposizioni dell'articolo 2449, come sostituito dal comma 1”.

 

CAPITALE MINIMO DELLE SOCIETÀ CONCESSIONARIE DELLA RISCOSSIONE

Con D.M. 20 dicembre 2007 (in G.U. n. 11 del 14.1.2008), in vigore dal 29 gennaio 2008, è stato disposto l’aumento delle misure minime di capitale (interamente versato) richiesto per l’iscrizione nell’albo dei concessionari della riscossione, di cui all’art. 53 del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.

Dette misure minime – per il triennio 2007-2009 – sono determinate rispettivamente in:

a) settecentosettantacinquemila euro, per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e delle altre entrate nei comuni fino a 10.000 abitanti, con un numero di comuni contemporaneamente gestiti che, in ogni caso, non superino complessivamente i 100.000 abitanti;

b) duemilionicinquecentottantatremila euro, per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.

Il tutto secondo la previsione dell'art. 6, comma 1, del D.M. 11 settembre 2000, n. 289, come modificato dal D.M. 20 dicembre 2007. Il termine per l’adeguamento del capitale è stato fissato in sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame.

 

IMPRESA SOCIALE

Con D.M. 24 gennaio 2008 (in G.U. n. 86 del giorno 11.4.2008) sono stati individuati gli atti che devono essere depositati presso il registro delle imprese da parte delle organizzazioni che esercitano l’impresa sociale (disciplinata dal D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155). Si tratta (art. 2, comma 1) dei seguenti atti e documenti:

a) l'atto costitutivo, lo statuto e ogni successiva modificazione;

b) un documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale ed economica dell'impresa;

c) il bilancio sociale, di cui all’art. 10, comma 2, del D. Lgs. n. 155/2006;

d) per i gruppi di imprese sociali, i documenti in forma consolidata, di cui alle lettere b) e c), oltre all'accordo di partecipazione e ogni sua modificazione;

e) ogni altro atto o documento previsto dalla vigente normativa.

Detto deposito deve essere effettuato entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento (art. 2, comma 3).

In caso di operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione di azienda, sono depositati, oltre ai documenti previsti dalla normativa civilistica, i documenti previsti dal decreto del Ministro della solidarietà sociale di cui all’art. 13, comma 2, del D. Lgs. n. 155/2006, nel termine di trenta giorni dalla delibera di trasformazione, fusione e scissione o dall'avvenuta cessione (art. 2, comma 4).

Con D.M. 24 gennaio 2008 (in G.U. n. 86 del giorno 11.4.2008) sono state adottate le linee guida per le operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione d'azienda, poste in essere da organizzazioni che esercitano l'impresa sociale. In particolare:

1) - gli organi di amministrazione dell'organizzazione che esercita l'impresa sociale sono tenuti a notificare, con atto scritto di data certa, al Ministero della solidarietà sociale l'intenzione di procedere ad una delle operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione di azienda, allegando la documentazione prescritta;

2) - l'autorizzazione del Ministero della solidarietà sociale, sentita l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, si intende concessa decorsi novanta giorni dalla ricezione della notificazione;

3) - nel caso di trasformazione, fusione e scissione, gli amministratori dell'organizzazione che esercita l'impresa sociale che pone in essere l'operazione straordinaria devono notificare al Ministero della solidarietà sociale, almeno novanta giorni prima della data di convocazione dell'assemblea chiamata a deliberare sull'operazione straordinaria, con atto scritto di data certa, l'intenzione di procedere all'operazione, allegando, oltre ad una relazione degli amministratori, una situazione patrimoniale di ciascuno degli enti coinvolti, aggiornata a non più di 120 giorni prima; situazione patrimoniale da redigersi secondo uno schema da approvarsi dall’Agenzia per le Onlus; se l’ultimo esercizio è chiuso da non più di sei mesi, può essere allegato in sostituzione il relativo bilancio (in questo caso però gli amministratori dovranno fornire un supplemento di informativa);

4) - nel caso di cessione di azienda, gli amministratori dell'organizzazione che esercita l'impresa sociale cedente devono notificare al Ministero della solidarietà sociale l'intenzione di procedere all'operazione, allegando, oltre ad una relazione degli amministratori, una situazione patrimoniale dell'ente, redatta con le modalità di cui sopra, riferita ad una data non anteriore di oltre 120 giorni rispetto alla data in cui avviene la cessione.

L'ufficio del registro delle imprese che riceve la domanda di deposito ne verifica la completezza formale prima di procedere all'iscrizione nella apposita sezione (art. 3, comma 1).

Con altro D.M. in data 24 gennaio 2008 (in G.U. n. 86 del giorno 11.4.2008) sono state adottate le linee guida per la redazione del bilancio sociale da parte delle organizzazioni che esercitano l'impresa sociale.

Con D.M. 24 gennaio 2008 (in G.U. n. 86 del giorno 11.4.2008) sono stati definiti i criteri quantitativi e temporali per il computo della percentuale del settanta per cento dei ricavi complessivi dell'impresa sociale, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 (percentuale rilevante al fine di individuare l’attività principale dell’impresa sociale, che deve essere, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del medesimo D. Lgs. n. 155/2006, un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale).

Sulla disciplina dell’impresa sociale, cfr. anche la Rassegna relativa al primo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

CENTRI AUTORIZZATI DI ASSISTENZA AGRICOLA

Con D.M. 27 marzo 2008 (in G.U. n. 106 del 7.5.2008), sono state dettate disposizioni in tema di riforma dei centri autorizzati di assistenza agricola (Caa).

Ai sensi dell’art. 3, lo statuto delle società di capitali costituite dai soggetti abilitati all'istituzione dei centri autorizzati di assistenza agricola deve prevedere, nelle disposizioni riguardanti l'oggetto sociale, lo svolgimento delle attività di cui all’art. 2, lettera a), cioè le attività di servizio di cui all’art. 3-bis, comma 1, lett. a), b) e c) del decreto n. 165/1999. Le altre attività previste nell'oggetto sociale e quelle effettivamente svolte devono comunque essere, per contenuto e per funzione, compatibili con lo svolgimento delle funzioni del Caa.

A norma dell’art. 4, il capitale sociale delle società di capitali costituite dai soggetti abilitati all'istituzione dei centri autorizzati di assistenza agricola non può essere inferiore a 51.646 euro a meno che il codice civile o altra legge speciale prevedano, in funzione di diversi presupposti legislativi riferibili alle società predette, un capitale minimo di maggiore importo. In ogni caso il capitale deve risultare interamente versato. Le quote o le azioni del Caa e delle società di cui esso si avvale possono essere trasferite, applicando la vigente disciplina del codice civile, solo tra soggetti abilitati alla costituzione dei Caa. Le operazioni di fusione e di scissione societaria relative al Caa possono essere attuate solo tra società in possesso della qualifica di Caa.

Per lo svolgimento delle attività previste, il Caa può avvalersi di società di servizi il cui capitale sociale sia interamente posseduto dalle organizzazioni ed associazioni che hanno costituito il Caa o dalle loro organizzazioni territoriali (art. 12).

 

ORGANIZZAZIONI DI PRODUTTORI ORTOFRUTTICOLI

Con D.M. 28 marzo 2008 (in G.U. n. 122 del 26.5.2008) sono state dettate disposizioni per il riconoscimento e controllo delle Organizzazioni dei produttori e delle associazioni dei produttori del settore ortofrutticolo, di cui al Regolamento CE n. 2200/96, ed al Regolamento CE n. 1182/2007.

Ai fini del riconoscimento delle organizzazioni di produttori, da parte delle regioni e delle province autonome, il numero minimo di produttori è fissato a cinque (art. 2, comma 1).

Ai sensi dell’art. 4, la durata minima dell'adesione di un socio nell'ambito di una organizzazione di produttori non può essere inferiore ad un anno. Tuttavia, in caso di presentazione di un programma operativo, nessun aderente all'O.P. può liberarsi dagli obblighi derivanti da detto programma nel corso della sua attuazione, salvo autorizzazione dell'organizzazione di produttori. Il recesso dell'aderente viene comunicato per iscritto all'organizzazione di produttori almeno sei mesi prima ed ha decorrenza dalla chiusura dell'esercizio finanziario. Il recesso del socio, quando finalizzato al conferimento di uno specifico prodotto verso un'altra O.P., deve essere espressamente autorizzato dalla O.P. di appartenenza, a norma dello statuto e/o regolamento, qualora presente.

Una persona fisica o giuridica che non sia un produttore, come definito dall’art. 21, comma 1, lett. a), del Regolamento CE n. 1580/2007, può essere accolta come aderente ad una organizzazione di produttori, nel rispetto delle condizioni stabilite dall’art. 32, comma 3, del medesimo Regolamento. I soci non produttori non possono possedere, complessivamente, più del 10% delle quote sociali con diritto di voto dell'OP. Tale previsione deve essere statutariamente prevista. In ogni caso, i soci non produttori non possono partecipare al voto per le decisioni relative al fondo di esercizio e non devono svolgere attività concorrenziali con quelle dell'O.P (art. 8).

Ferma restando la necessità che l'organizzazione dei produttori assicuri ai soci produttori il controllo democratico delle decisioni da attuare in materia di gestione e funzionamento della organizzazione di produttori ed in conformità con la legislazione societaria vigente, un unico socio non può detenere più del 35% delle quote sociali con diritto di voto dell'OP e/o dei diritti di voto dell'O.P. (art. 9).

Sulla disciplina delle organizzazioni di produttori ortofrutticoli, cfr. anche PETRELLI, Formulario notarile commentato, IV, 2, Milano, 2006, formula IV.307.27.

 

SOCIETÀ QUOTATE

A norma dell’art. 16-bis del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. n. 302 del 31.12.2007), come aggiunto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 51 del 29.2.2008), “per le società con azioni quotate in mercati regolamentati, con partecipazione anche indiretta dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici, inferiore al 50 per cento, nonché per le loro controllate, la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti è regolata dalle norme del diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario”.

Con Deliberazione Consob in data 18 giugno 2008, n. 16515 (in G.U. n. 146 del 24.6.2008), sono state approvate modificazioni al “Regolamento emittenti” (approvato con delibera in data 14 maggio 1999, n. 11971).

Con Deliberazione Consob 25 giugno 2008, n. 16530 (in G.U. n. 151 del 30.6.2008), sono state approvate modificazioni al “Regolamento mercati” (approvato con delibera in data 29 ottobre 2007, n.  16191).

 

SOCIETÀ BANCARIE

Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 4 marzo 2008 (in G.U. n. 68 del 20.3.2008) sono  state dettate disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche.

 

SOCIETÀ DI ASSICURAZIONE

Con Provvedimento ISVAP in data 18 febbraio 2008, n. 14 (in G.U. n. 61 del 12.3.2008), in vigore dal 27 marzo 2008, è stato approvato il regolamento concernente la definizione delle procedure di approvazione delle modifiche statutarie e delle modifiche al programma di attività, di autorizzazione dei trasferimenti di portafoglio e delle fusioni e scissioni di cui al titolo XIV del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209. La procedura di approvazione delle modifiche allo statuto è disciplinata dagli artt. 4 e seguenti; l’autorizzazione ai trasferimenti di portafoglio dagli artt. 11 e seguenti; l’autorizzazione delle fusioni e scissioni dagli artt. 23 e seguenti.

Con Provvedimento ISVAP in data 11 marzo 2008, n. 17 (in G.U. n. 65 del 17.3.2008), in vigore dal 18 marzo 2008, è stato approvato il regolamento concernente la disciplina dell'esercizio congiunto dei rami vita e danni, ex artt. 11 e 348 del D. Lgs. n. 209/2005. L’art. 5 prescrive una serie di indicazioni da riportare nello statuto;  ai sensi dell’art. 14, comma 3, le imprese multiramo si adeguano alle disposizioni di cui all’art. 5 in occasione della prima assemblea straordinaria successiva all'entrata in vigore del presente regolamento e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2008.

Con Provvedimento ISVAP in data 20 febbraio 2008, n. 15 (in G.U. n. 61 del 12.3.2008), in vigore dal 13 marzo 2008, è stato approvato il regolamento concernente il gruppo assicurativo. Di rilievo la previsione dell’art. 8 (che disciplina il contenuto dello statuto della società capogruppo) e dell’art. 20 (ai sensi del quale “le società appartenenti al gruppo assicurativo indicano negli atti e nella corrispondenza l'iscrizione nell'albo dei gruppi assicurativi”).

Con Provvedimento ISVAP in data 27 maggio 2008 (in G.U. n. 129 del 4.6.2008), in vigore dal 5 giugno 2008, è stato approvato il regolamento concernente la vigilanza sulle operazioni infragruppo.

Con Provvedimento ISVAP in data 4 aprile 2008, n. 22 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 100 del 29.4.2008) sono stati previsti disposizioni e schemi per la redazione del bilancio di esercizio e della relazione semestrale delle imprese di assicurazione e di riassicurazione.

 

CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI

L’art. 1 del D.L. 30 giugno 2008, n. 113 (in G.U. n. 151 del 30.6.2008), in vigore dal 30 giugno 2008, ha prorogato al 31 dicembre 2008 il termine per l’iscrizione all’albo delle persone fisiche consulenti finanziari, quale previsto dall’art. 19, comma 14, del D. Lgs. 17 settembre 2007, n. 164, che aveva attuato la Direttiva 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari.

Si ricorda che il nuovo art. 18-bis del Testo unico della finanza (D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), introdotto dal suddetto D. Lgs. n. 164/2007, dispone che la riserva di attività in materia di intermediazione finanziaria non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob, di prestare la consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. È a tal fine istituito l'albo delle persone fisiche consulenti finanziari. A norma dell'art. 19, comma 14, del decreto in commento, fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al suddetto art. 18-bis, e comunque non oltre il 31 dicembre 2008, la riserva di attività di cui all'articolo 18 del medesimo decreto non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestavano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), del T.U.F., senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti".

Cfr. anche, sul punto (“Mercati degli strumenti finanziari”), la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

SGR, SICAV E SIM

Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 27 febbraio 2008 (in G.U. n. 60 del giorno 11.3.2008) sono state dettate disposizioni di semplificazione di procedimenti amministrativi relativi a SGR, SICAV e SIM.

 

SOCIETÀ DI GESTIONE DEI SISTEMI DI GARANZIA

Con Provvedimento della Banca d’Italia e della Consob in data 22 febbraio 2008 (in G.U. n. 54 del 4.3.2008), in vigore dal 5 marzo 2008, è stata dettata la disciplina dei servizi di gestione accentrata, di liquidazione, dei sistemi di garanzia e delle relative società di gestione. Più precisamente:

- gli artt. 1 ss. contengono la disciplina comune in materia di vigilanza regolamentare;

- gli artt. 9 e 10 disciplinano le società di gestione accentrata; gli artt. 11 ss. il servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari (individuando le tipologie di strumenti finanziari, le categorie di intermediari ammessi, le certificazioni e comunicazioni per l’intervento in assemblea, le annotazioni nel libro soci dell’emittente, la costituzione di vincoli sugli strumenti finanziari, la dematerializzazione dei suddetti strumenti);

- gli artt. 41 ss. disciplinano la società di gestione dei servizi di liquidazione; gli artt. 46 ss. i servizi di liquidazione;

- gli artt. 50 ss. disciplinano le società di gestione dei sistemi di garanzia; gli artt. 54 ss. i suddetti sistemi di garanzia;

- gli artt. 65 ss. disciplinano la vigilanza informativa;

- gli artt. 80 ss. disciplinano la liquidazione delle insolvenze di mercato.

 

INTERVENTI A SOSTEGNO DI IMPRESE AGRICOLE

Il D.Lgs. 18 aprile 2008, n. 82 (in G.U. n. 104 del 5.5.2008), in vigore dal 20 maggio 2008, modifica il D. Lgs. 29 marzo 2004, n. 102, recante interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole.

In particolare, viene previsto (nel nuovo art. 2, comma 1, del D. Lgs. n. 102/2004) che lo Stato concede contributi sui premi assicurativi, in conformità a quanto previsto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, agli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile solo se iscritti nel registro delle imprese o nell'anagrafe delle imprese agricole istituita presso le Province autonome (analoga modifica è effettuata all’art. 5, comma 1).

Sono infine dettate disposizioni modificative della disciplina dei consorzi di difesa, quale contenuta negli artt. 11 e 12 del D. Lgs. n. 102/2004.

 

CLASS ACTION (AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA A TUTELA DEI CONSUMATORI)

L’art. 36 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, ha disposto la proroga di ulteriori sei mesi della disciplina in materia di “class action”, contenuta nell'art. 2, commi 445 e seguenti, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244.

La relativa disciplina entrerà quindi in vigore, salve ulteriori modifiche, il 1° gennaio 2009.

Cfr. anche, sul punto, la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

IMPOSTA DI REGISTRO SUI CONTRATTI DI LOCAZIONE NEI GRUPPI BANCARI E FINANZIARI

L’art. 82, commi 14 e 15, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, ha modificato la disciplina dell’imposta di registro sui contratti di locazione nell’ambito dei gruppi bancari e finanziari. Più precisamente, ai sensi del comma 14:

- viene modificato l’art. 5, comma 2, del d.p.r. n. 131/1986, precisandosi che non si considerano soggette ad IVA – e sono quindi soggette a registrazione in termine fisso – anche le scritture private non autenticate relative a contratti di locazione di immobili esenti ai sensi dell’art. 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e dell'articolo 10, secondo comma, del d.p.r. n. 633 del 1972;

- viene modificato l’art. 40, comma 1, del d.p.r. n. 131/1986, precisandosi che non si considerano soggette ad IVA – e sono quindi soggette al pagamento dell’imposta proporzionale di registro – anche le “locazioni di immobili esenti ai sensi dell’articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e dell'articolo 10, secondo comma, del medesimo decreto n. 633 del 1972”.

Ai fini di quanto sopra:

1) – le locazioni esenti di cui all’art. 6 della legge n. 133/1999 sono quelle concluse nell’ambito dei gruppi bancari, assicurativi, e gruppi di imprese che svolgono prevalentemente operazioni esenti. L’esenzione da IVA per le suddette locazioni è abrogata con effetto dal 1° gennaio 2009 (art. 82, comma 16 del D.L. n. 112/2008; art. 1, comma 262, della legge n. 244/2007);

2) – le locazioni esenti di cui all’art. 10, comma 2, del d.p.r. n. 633/1972 (come introdotto dall’art. 1, comma 261, della legge n. 244/2007) sono quelle effettuate nei confronti dei consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, alle condizioni ivi previste.

L’imposta di registro sui suddetti contratti di locazione è applicata con l’aliquota dell’1% per i fabbricati strumentali, e del 2% per gli altri immobili (art. 5 della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131/1986, come modificato dall’art. 35, comma 10, del d.l. n. 223/2006, nel testo risultante dalla legge di conversione).

Ai sensi del comma 15, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabiliti le modalità e i termini degli adempimenti e del versamento dell'imposta commisurata ai canoni di locazione maturati a decorrere dal 25 giugno 2008 per i contratti di locazione in corso alla medesima data e per quelli stipulati successivamente.

 

VALORE DEI DIRITTI DI USUFRUTTO, USO E ABITAZIONE

Con D.M. 7 gennaio 2008 (in G.U. n. 9 dell'11.1.2008) è stata approvata la nuova tabella dei coefficienti per l'adeguamento delle modalità di calcolo dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni in materia di imposta di registro e di imposta sulle successioni e donazioni, al nuovo saggio legale del 3% (così fissato dal D.M. 17 dicembre 2007): il decreto prevede che dette nuove modalità si applichino a decorrere dal 1° gennaio 2008.

Ai sensi dell’art. 3, comma 164, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, "Il valore del multiplo dell'annualità indicato nell'articolo 46, comma 2, lettere a) e b), del citato testo unico approvato con D.P.R. n. 131 del 1986, e successive modificazioni, nonché il prospetto dei coefficienti allegato a quest'ultimo sono variati, in ragione della modificazione della misura del saggio legale degli interessi, con decreto del ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 dicembre dell'anno in cui detta modifica è avvenuta. Le variazioni di cui al periodo precedente hanno efficacia anche, ai fini della determinazione della base imponibile relativamente alle rendite ed alle pensioni, per le successioni aperte e le donazioni fatte a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui è pubblicato il decreto di variazione".

 

IMPOSTA COMUNALE SUGLI IMMOBILI (ICI)

Ai sensi dell’art. 1 del D.L. 27 maggio 2008, n. 93 (in G.U. n. 124 del 28.5.2008), in vigore dal 29 maggio 2008, a decorrere dall'anno 2008 è esclusa dall'imposta comunale sugli immobili l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo. Per unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, nonché quelle ad esse assimilate dal Comune con regolamento vigente alla data del 29 maggio 2008, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9. L'esenzione si applica altresì nei casi previsti dall’art. 6, comma 3-bis, e dall’art. 8, comma 4, del D. Lgs. n. 504/1992. Sono abrogati il comma 4 dell’art. 6 ed i commi 2-bis e 2-ter dell’art. 8 del D. Lgs. n. 504/1992.

Con Decreto direttoriale in data 23 aprile 2008 (in G.U. n. 102 del 2.5.2008) è stato approvato il modello di dichiarazione ICI per l’anno 2007, con le relative istruzioni. Vi si precisa, tra l’altro:

- che la dichiarazione ICI deve essere presentata in presenza di cause di riduzione dell'imposta, e nei casi in cui le modificazioni soggettive ed oggettive che danno luogo ad una diversa determinazione degli importi dovuti dipendano da atti per i quali non è utilizzabile il modello unico informatico di cui all’art. 3-bis del D. Lgs. n. 463/1997 (art. 1, comma 1);

- che la dichiarazione ICI deve essere altresì presentata in tutti gli altri casi in cui gli elementi rilevanti ai fini dell'imposta comunale sugli immobili non sono acquisibili da parte dei comuni attraverso la consultazione della banca dati catastale (art. 1, comma 2).

Negli altri casi, è venuto meno l'obbligo di dichiarazione ai fini ICI, a decorrere dal 18 dicembre 2007, ogni qualvolta l'atto che dà luogo al mutamento sia registrato, trascritto e volturato mediante il c.d. modello unico informatico (cfr. la Determinazione del Direttore dell'Agenzia del Territorio in data 18 dicembre 2007, e l’art. 37, comma 53, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248).

Pertanto, la dichiarazione ICI deve essere in ogni caso presentata nelle seguenti fattispecie:

1) – gli immobili godono di riduzioni di imposta (artt. 8, comma 1, e 9 del D. Lgs. n. 504/1992); segnatamente, per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati; e per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale e dai medesimi condotti;

2) – gli immobili sono stati oggetto di atti per i quali non è stato utilizzato il modello unico informatico;

3) – il Comune non è comunque in possesso delle informazioni necessarie per verificare il corretto adempimento dell’obbligazione tributaria. Le fattispecie più significative, elencate nelle istruzioni, sono le seguenti:

- l’immobile è stato oggetto di locazione finanziaria;

- l’immobile è stato oggetto di un atto di concessione amministrativa su aree demaniali;

- l’atto costitutivo, modificativo o traslativo del diritto ha avuto ad oggetto un’area fabbricabile;

- il terreno agricolo è divenuto area fabbricabile o viceversa;

- l’area è divenuta edificabile in seguito alla demolizione del fabbricato;

- l’immobile è assegnato al socio della cooperativa edilizia (non a proprietà indivisa), in via provvisoria;

- l’immobile è assegnato al socio della cooperativa edilizia a proprietà indivisa oppure è variata la destinazione ad abitazione principale dell’alloggio;

- l’immobile è stato concesso in locazione dagli istituti autonomi per le case popolari (IACP) e dagli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità, istituiti in attuazione dell’art. 93 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;

- l’immobile ha perso oppure ha acquistato il diritto all’esenzione o all’esclusione dall’ICI;

- l’immobile ha acquisito oppure ha perso la caratteristica della ruralità;

- per il fabbricato classificabile nel gruppo catastale “D”, non iscritto in catasto, ovvero iscritto, ma senza attribuzione di rendita, interamente posseduto da imprese e distintamente contabilizzato;

- l’immobile, già censito in catasto in una categoria del gruppo “D”, interamente posseduto da imprese e distintamente contabilizzato, è stato oggetto di attribuzione di rendita d’ufficio;

- l’immobile è stato oggetto in catasto di dichiarazione di nuova costruzione ovvero di variazione per modifica strutturale oppure per cambio di destinazione d’uso (DOC-FA);

- è intervenuta, relativamente all’immobile, una riunione di usufrutto;

- è intervenuta, relativamente all’immobile, un’estinzione del diritto di enfiteusi o di superficie;

- l’immobile è di interesse storico o artistico ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42;

- le parti comuni dell’edificio indicate nell’art. 1117, n. 2 del codice civile sono accatastate in via autonoma;

- l’immobile è oggetto di diritti di godimento a tempo parziale di cui al D. Lgs. 9 novembre 1998, n. 427 (multiproprietà);

- l’immobile è posseduto, a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento, da persone giuridiche, interessate da fusione, incorporazione o scissione;

- si è verificato l’acquisto o la cessazione di un diritto reale sull’immobile per effetto di legge (ad esempio l’usufrutto legale dei genitori);

- l’immobile è stato oggetto di vendita all’asta giudiziaria;

- l’immobile è stato oggetto di vendita nell’ambito delle procedure di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa.

Ai sensi dell'art. 15, comma 2, della legge n. 383/2001, "per gli immobili inclusi nella dichiarazione di successione l'erede ed i legatari non sono obbligati a presentare la dichiarazione ai fini dell'imposta comunale sugli immobili (ICI). L'ufficio presso il quale è presentata la dichiarazione di successione ne trasmette una copia a ciascun comune nel cui territorio sono ubicati gli immobili".

 

DETRAZIONE IRPEF PER LA RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI

Con D.M. 7 aprile 2008 (in G.U. n. 97 del 24.4.2008) sono state dettate disposizioni in materia di detrazione per le spese di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, ai sensi dell’art. 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Sono stati, in particolare, modificati alcuni articoli del D.M. 19 febbraio 2007. Tra l’altro, ai sensi del nuovo art. 4, comma 1-bis, del suddetto D.M. 19 febbraio 2007, per le spese sostenute a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, comprese quelle concernenti la prosecuzione di interventi iniziati nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007, i soggetti che intendono avvalersi della detrazione, fermo restando quanto previsto al comma 1, lettere a), c) e d), sono tenuti ad acquisire l'attestato di certificazione energetica, ovvero l'attestato di qualificazione energetica nei casi e con le modalità di cui all'art. 5. Ai sensi del comma 1-quater, il contribuente che non è in possesso della documentazione di cui al presente articolo, in quanto l'intervento è ancora in corso di realizzazione, può usufruire della detrazione spettante per le spese sostenute in ciascun periodo d'imposta, a condizione che attesti che i lavori non sono ultimati. Ai sensi del nuovo art. 5, comma 1, per gli interventi realizzati a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, l'attestato di certificazione energetica degli edifici, ove richiesto, è prodotto, successivamente alla esecuzione degli interventi”.

Ai sensi del nuovo art. 9-bis del D.M. 19 febbraio 2007, il contribuente opera irrevocabilmente la scelta della ripartizione della detrazione, spettante, a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, in un numero di quote annuali di pari importo non inferiore a tre e non superiore a dieci, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui la spesa è stata sostenuta. “In caso di trasferimento per atto tra vivi dell'unità immobiliare residenziale sulla quale sono stati realizzati gli interventi di cui all'art. 1, commi da 2 a 5, le relative detrazioni non utilizzate in tutto o in parte dal cedente spettano, per i rimanenti periodi d'imposta, all'acquirente persona fisica dell'unità immobiliare. In caso di decesso dell'avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all'erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene. In tali casi l'acquirente, ovvero gli eredi, possono rideterminare il numero di quote in cui ripartire la detrazione residua”.

Cfr. anche la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

ACCESSO AGLI ELENCHI DEI CONTRIBUENTI

Con Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali in data 6 maggio 2008 (in G.U. n. 107 del giorno 8.5.2008), sono state dettate misure in ordine alla pubblicazione in Internet di dati relativi alle dichiarazioni dei redditi. In particolare, il Garante ha precisato che l’Agenzia delle Entrate non può pubblicare i suddetti elenchi, ma unicamente stabilire «i termini e le modalità» per la formazione degli elenchi dei contribuenti. La conoscibilità di questi ultimi è infatti regolata direttamente dalla legge (art. 69 del d.p.r. n. 600/1973; art. 66-bis del d.p.r. n. 633/1972), che prevede, quale unica modalità, la distribuzione di tali elenchi ai soli uffici territorialmente competenti dell'Agenzia, e la loro trasmissione, anche mediante supporti magnetici ovvero sistemi telematici, ai soli comuni interessati, in entrambi i casi in relazione ai soli contribuenti dell'ambito territoriale interessato. Ciò, ai fini del loro deposito per la durata di un anno e della loro consultazione da parte di chiunque. L’Agenzia delle Entrate non può quindi diffondere in Internet i predetti elenchi, in carenza di un’idonea base normativa e della preventiva consultazione del Garante (artt. 143, comma 1, lettera c) e 154, comma 1, lettere a), b) e d), del D. Lgs. n. 196/2003)

Il Garante ha inoltre precisato che coloro che hanno ottenuto i dati dei contribuenti provenienti, anche indirettamente, dal menzionato sito Internet, non possono metterli ulteriormente in circolazione; che tale ulteriore loro messa in circolazione - in particolare mediante reti telematiche o altri supporti informatici - configura un fatto illecito che, ricorrendo determinate circostanze, può avere anche natura di reato (artt. 11, commi 1, lettera a) e 2, 13, 23, 24, 161 e 167 del D. Lgs. n. 196/2003); che restano tuttavia impregiudicate le altre forme di legittimo accesso agli elenchi consultabili da chiunque presso comuni interessati e uffici dell'Agenzia competenti territorialmente, ai fini di un loro legittimo utilizzo anche per finalità giornalistiche.

L’art. 42 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, ha modificato l’art. 69 del d.p.r. n. 600/1973, e l’art. 66-bis del d.p.r. n. 633/1972, disponendo:

- che a seguito del deposito per un anno presso l’ufficio fiscale ed i comuni interessati, è ammessa solo nel suddetto periodo la visione e l’estrazione di copia degli elenchi dei contribuenti, ma esclusivamente “nei modi e con i limiti stabiliti dalla disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi”;

- che fuori dai casi sopra previsti, la comunicazione o diffusione, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, degli elenchi dei contribuenti o di dati personali ivi contenuti, ove il fatto non costituisca reato, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquemila euro a trentamila euro; somma che può essere aumentata sino al triplo quando risulta inefficace in ragione delle condizioni economiche del contravventore.

 

CONTRIBUENTI MINIMI

Con D.M. 2 gennaio 2008 (in G.U. n. 9 del giorno 11.1.2008) sono state dettate modalità applicative per il regime dei contribuenti minimi, in attuazione dell’art. 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Cfr. anche la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

DISPOSIZIONI FISCALI IN MATERIA DI COOPERATIVE

L’art. 82, commi da 25 a 29, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, detta alcune disposizioni modificative del regime fiscale delle società cooperative. Più precisamente:

- le cooperative a mutualità prevalente di cui all'articolo 2512 del codice civile che presentano in bilancio un debito per finanziamento contratto con i soci superiore a 50 milioni di euro, sempre che tale debito sia superiore al patrimonio netto contabile, comprensivo dell'utile d'esercizio, così come risultante alla data di approvazione del bilancio d'esercizio, destinano il 5 per cento dell'utile netto annuale al fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti (limitatamente agli utili evidenziati nei bilanci relativi all'esercizio in corso al 25 giugno 2008, e a quello successivo);

- viene modificato il comma 3 dell’art. 6 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, convertitoi n legge 15 giugno 2002, n. 112, disponendosi che sugli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, relativamente ai prestiti erogati alle condizioni stabilite dall’art. 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, si applica una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 20 per cento (in luogo del precedente 12,50%);

- viene modificata la disciplina fiscale riguardante la detassazione delle riserve indivisibili, contenuta nell’art. 12 della legge n. 904/1977, precisandosi che la stessa non si applica alle cooperative a mutualità prevalente, “per la quota del 55 per cento degli utili netti annuali delle società cooperative di consumo e loro consorzi” (innalzandosi così la percentuale delle riserve tassabili, precedentemente stabilita anche per le cooperative di consumo nel 30%).

Sul regime fiscale delle cooperative, cfr. anche PETRELLI, La disciplina fiscale delle cooperative a seguito della riforma del diritto societario, in Studi e materiali in tema di riforma delle società cooperative, Milano, 2005, p. 245 ss.

 

SOCIETÀ DI COMODO

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate in data 14 febbraio 2008 (pubblicato sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate in data 14.2.2008, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono state individuate determinate situazioni oggettive in presenza delle quali è consentito disapplicare le disposizioni sulle società di comodo di cui all’art. 30 della legge n. 724/1994, e successive modificazioni, senza dover assolvere all'onere di presentare istanza di interpello.

Vi rientrano, tra le altre:

a) – le società in stato di liquidazione, cui non risulti applicabile la disciplina dello scioglimento o trasformazione agevolata di cui all’art. 1, comma 129, della legge n. 244/2007, che con impegno assunto in dichiarazione dei redditi richiedono la cancellazione dal registro delle imprese a norma degli articoli 2312 e 2495 del codice civile entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi successiva;

b)le società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria e di liquidazione coatta amministrativa; società in concordato preventivo e in amministrazione straordinaria. La disapplicazione opera con riferimento ai periodi d'imposta precedenti all'inizio delle predette procedure, i cui termini di presentazione delle dichiarazioni dei redditi scadono successivamente all'inizio delle procedure medesime.

Le situazioni oggettive individuate dal presente provvedimento consentono la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo, senza necessità di presentare istanza di interpello, a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007.

 

GARANZIE PER LA RATEIZZAZIONE DI IMPOSTE ISCRITTE A RUOLO

L’art. 83, comma 23, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, modifica l’art. 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 1, comma 145, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, eliminando la necessità di prestare fideiussione per ottenere la rateizzazione delle somme iscritte a ruolo, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà del contribuente.

Non è stato tuttavia modificato l'art. 1, comma 144, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, che aveva aggiunto l'art. 3-bis al D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, disponendo che le somme dovute a titolo di imposte, sanzioni ed accessori a titolo di imposta, iscritte nei ruoli della riscossione, possano essere rateizzate; e che - in caso di somme dovute superiori a 50.000 euro - debba essere prestata idonea garanzia, in forma di polizza fideiussoria, fideiussione bancaria, o fideiussione rilasciata da Confidi. In alternativa, la garanzia può essere costituita da ipoteca volontaria di primo grado su beni immobili di esclusiva proprietà del concedente, per un importo pari al doppio delle somme dovute; a tal fine, il valore dell'immobile è determinato ai sensi dell'art. 52, comma 4, del d.p.r. n. 131/1986, ovvero sulla base di perizia giurata di stima. Detta ipoteca non è soggetta ad azione revocatoria.

 

ELENCO CLIENTI E FORNITORI

L’art. 33, comma 3, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, abroga i commi 4-bis e 6 dell’art. 8-bis del d.p.r. 22 luglio 1998, n. 322, come aggiunti e sostituiti dal d.l. n. 223/2006. In conseguenza di tale abrogazione, è eliminato l’obbligo di trasmissione annuale dell’elenco clienti e fornitori.

Ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, “Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”. Applicando tale principio alla fattispecie in esame, ne deriva che l’eventuale omessa o irregolare trasmissione dell’elenco clienti e fornitori negli esercizi precedenti non è più sanzionabile.

 

STUDI DI SETTORE

L’art. 33, comma 1, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, modifica l’art. 1, comma 1, del d.p.r. n. 195/1999, riguardo alle modalità di utilizzazione degli studi di settore in caso di accertamento, disponendo che le relative disposizioni – contenute nell’art. 10, commi da 1 a 6, della legge n. 146/1998, si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d'imposta nel quale entrano in vigore gli studi di settore. A partire dall'anno 2009 gli studi di settore devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana entro il 30 settembre del periodo d'imposta nel quale entrano in vigore. Per l'anno 2008 il termine di pubblicazione è fissato al 31 dicembre.

Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 18 marzo 2008 (pubblicato sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate in data 2.4.2008, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge n. 244/2007), sono stati approvati n. 206 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore relativi, tra l’altro, alle attività professionali (tra di essi è ricompreso lo studio di settore TK01U (attività degli studi notarili).

 

PROROGHE DI TERMINI PER LE DICHIARAZIONI FISCALI

Con D.L. 3 giugno 2008, n. 97 (in G.U. n. 128 del 3.6.2008), sono stati prorogati, tra l’altro (art. 3), i termini per le dichiarazioni fiscali da presentarsi nell’anno 2008.

 

CLAUSOLE COMPROMISSORIE NEI CONTRATTI PUBBLICI

L’art. 8 del D.L. 30 giugno 2008, n. 113 (in G.U. n. 151 del 30.6.2008), in vigore dal 30 giugno 2008, ha differito i termini già previsti dall’art. 15 del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito in legge 28 febbraio 2008, n. 31, relativamente al divieto – previsto dall'art. 3, commi da 19 a 21, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 – alle pubbliche amministrazioni, agli enti pubblici economici, nonché alle società interamente possedute o partecipate maggioritariamente dalle medesime amministrazioni ed enti, di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi (divieto esteso alla sottoscrizione di compromessi). I termini sono differiti fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni di legge di attuazione della devoluzione delle competenze ivi prevista.

Cfr., su tale disciplina, CAPPONI, La legge finanziaria per il 2008 e il divieto di arbitrato, in Giur. it., 2008, p. 1312.

 

RIORDINO DELLE IPAB

L’art. 51-ter del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. n. 302 del 31.12.2007), come aggiunto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 51 del 29.2.2008), proroga al 31 dicembre 2008 il termine – previsto dall’art. 4, comma 4, del D. Lgs. 4 maggio 2001, n. 207, per usufruire delle agevolazioni fiscali previste per gli atti delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che procedano al riordino in aziende di servizi o in persone giuridiche di diritto privato (esenzione dalle imposte di registro, ipotecarie e catastali).

 

TRASFORMAZIONE DI UNIVERSITÀ IN FONDAZIONI

L’art. 16 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, prevede la facoltà delle Università pubbliche di deliberare la propria trasformazione in fondazioni di diritto privato. La delibera di trasformazione è adottata dal Senato accademico a maggioranza assoluta ed è approvata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. La trasformazione opera a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di adozione della delibera. 2. Le fondazioni universitarie subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella titolarità del patrimonio dell'Università. Al fondo di dotazione delle fondazioni universitarie è trasferita, con decreto dell'Agenzia del demanio, la proprietà dei beni immobili già in uso alle Università trasformate. Gli atti di trasformazione e di trasferimento degli immobili e tutte le operazioni ad essi connesse sono esenti da imposte e tasse. Gli onorari notarili relativi agli atti di donazione a favore delle fondazioni universitarie sono ridotti del 90 per cento. Contestualmente alla delibera di trasformazione vengono adottati lo statuto e i regolamenti di amministrazione e di contabilità delle fondazioni universitarie, i quali devono essere approvati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.  Lo statuto può prevedere l'ingresso nella fondazione universitaria di nuovi soggetti, pubblici o privati.

 

CONSORZI DI BONIFICA

L’art. 27 del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. n. 302 del 31.12.2007), come sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 51 del 29.2.2008), dispone che le regioni possono procedere al riordino, anche mediante accorpamento o eventuale soppressione di singoli consorzi, dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario di cui al capo I del titolo V del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni. Sono fatti salvi le funzioni e i compiti attualmente svolti dai medesimi consorzi e le relative risorse, ivi inclusa qualsiasi forma di contribuzione di carattere statale o regionale; i contributi consortili devono essere contenuti nei limiti dei costi sostenuti per l'attività istituzionale.

L’art. 10 del D.L. 30 giugno 2008, n. 113 (in G.U. n. 151 del 30.6.2008), in vigore dal 30 giugno 2008, ha prorogato al 31 dicembre 2008 il termine per procedere al riordino dei suddetti consorzi.

 

SOPPRESSIONE DI ENTI PUBBLICI

L’art. 26 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, dispone la soppressione degli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle 50 unità, nonché di quelli di cui all’art. 2, comma 636, della legge n. 244/2007, con esclusione degli ordini professionali e le loro federazioni, delle federazioni sportive e degli enti non inclusi nell'elenco ISTAT pubblicato in attuazione dell’art. 1,comma 5, della legge n. 311/2004, nonché degli enti parco e degli enti di ricerca. La soppressione avrà luogo al sessantesimo giorno a decorrere dal 25 giugno 2008, ad eccezione di quelli confermati con decreto interministeriale, da emanarsi entro quaranta giorni dal 25 giugno 2008, e di quelli le cui funzioni sono attribuite, con lo stesso decreto, ad organi diversi dal Ministero che riveste competenza primaria nella materia. Le funzioni da questi esercitate sono attribuite all'amministrazione vigilante e le risorse finanziarie ed umane sono trasferite a quest'ultima, che vi succede a titolo universale in ogni rapporto, anche controverso. Nel caso in cui gli enti da sopprimere sono sottoposti alla vigilanza di più Ministeri, le funzioni vengono attribuite al Ministero che riveste competenza primaria nella materia. Nei successivi novanta giorni i Ministri vigilanti comunicano ai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa gli enti che risultano soppressi. Sono, altresì, soppressi tutti gli altri enti pubblici non economici di dotazione organica superiore a quella di cui al comma 1 che, alla scadenza del 31 dicembre 2008 non sono stati individuati dalle rispettive amministrazioni al fine della loro conferma, riordino o trasformazione ai sensi dell’art. 2, comma 634, della legge n. 244/2007; a decorrere dalla stessa data, le relative funzioni sono trasferite al Ministero vigilante.

 

PAGAMENTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Con D.M. 18 gennaio 2008, n. 40 (in G.U. n. 63 del 14.3.2008), sono state dettate modalità di attuazione dell’art. 48-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, contenente "Disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni", come modificato dall’art. 19 del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

Ai sensi del comma 1 dell’art. 48-bis del D.P.R. n. 602/1973, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento da emanarsi dal Ministero dell'economia e delle finanze, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (e quindi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 300), nonché le società a prevalente partecipazione pubblica, "prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo".

L’art. 1 del D.M. n. 40/2008 circoscrive l’ambito di applicazione del regolamento alle sole pubbliche amministrazioni ed alle società a totale partecipazione pubblica; l’art. 6 del decreto rinvia ad un successivo emanando provvedimento la disciplina riguardante le società a prevalente partecipazione pubblica.

L’art. 1, lett. e), del D.M. n. 40/2008 precisa che si ha inadempimento rilevante ai fini in esame in presenza di mancato assolvimento da parte del beneficiario del pagamento, nel termine di sessanta giorni previsto dall’art. 25, comma 2, del D.P.R. n. 602/1973, dell'obbligo di versamento di un ammontare complessivo pari almeno a 10.000 euro, derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° gennaio 2000. Ai sensi dell’art. 2, i soggetti pubblici, prima di effettuare il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, procedono alla verifica inoltrando apposita richiesta a Equitalia Servizi S.p.A., la quale controlla, avvalendosi del sistema informativo, se risulta un inadempimento a carico del beneficiario e ne dà comunicazione al soggetto pubblico richiedente entro i cinque giorni feriali successivi alla ricezione della richiesta. Se Equitalia Servizi S.p.A. risponde alla richiesta comunicando che non risulta un inadempimento, ovvero se non fornisce alcuna risposta nel suddetto termine previsto dal medesimo di cinque giorni feriali, il soggetto pubblico procede al pagamento a favore del beneficiario delle somme ad esso spettanti.

Cfr. anche, sul punto, MAZZEO, Novità applicative in materia di pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni (nota a Circ. 4.9.2007 n. 29), in Obbligazioni e contratti, 2007, p. 940.

 

DURATA E RINNOVO DELLA CARTA DI IDENTITÀ

L’art. 31 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (in Suppl. ord. n. 152 alla G.U. n. 147 del 25.6.2008), in vigore dal 25 giugno 2008, prolunga da cinque a dieci anni il periodo di validità della carta di identità (previsto dall’art. 3, comma 2, del r.d. n. 773/1931, disponendo che tale prolungamento di durata trova applicazione anche alle carte d'identità in corso di validità alla data del 25 giugno 2008.

 

CARTA D’IDENTITÀ ELETTRONICA

L’art. 35 del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. n. 302 del 31.12.2007), come modificato dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 51 del 29.2.2008), dispone la proroga al 31 dicembre 2008 del termine massimo – previsto dall’art. 64, comma 3, del D. Lgs. n. 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale) – oltre il quale non sarà più possibile accedere ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni, con strumenti diversi dalla carta d'identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi (ferma restando la disciplina riguardante le trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalle agenzie fiscali). Con la precisazione che la fissazione dei termini può essere effettuata con uno o più decreti del presidente del Consiglio dei ministri in relazione a categorie omogenee di soggetti e a specifici servizi.

 

DIRITTI DI PROTESTO

Con D.M. 18 marzo 2008 (in G.U. n. 86 del giorno 11.4.2008) sono stati adeguati i diritti di protesto e le indennità di accesso relativi alla levata dei protesti cambiari.

 

CONTRIBUTI ALLA CASSA DEL NOTARIATO

Come risulta dal Comunicato in data 24 gennaio 2008 (in G.U. n. 20 del 24.1.2008), con provvedimento ministeriale n. 24/IX/0019765/NOT-L-30 del 21 dicembre 2007 è stata approvata, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, la delibera n. 192 adottata dal consiglio di amministrazione della Cassa nazionale del notariato in data 12 ottobre 2007, concernente l'aumento dell'aliquota contributiva a carico dei notai dal 25% al 28% con decorrenza dal 1° gennaio 2008.

 

DONAZIONI DI ORGANI A SCOPO DI TRAPIANTO

Con D.M. 11 marzo 2008 (in G.U. n. 80 del 4.4.2008) sono state emanate disposizioni integrative del D.M. 8 aprile 2000, in tema di ricezione delle dichiarazioni di volontà dei cittadini circa la donazione di organi a scopo di trapianto.

A seguito dell’intervento normativo, le suddette dichiarazioni di volontà – da consegnarsi prioritariamente alle aziende ospedaliere, ad aziende unità sanitarie locali territorialmente incompetenti, agli ambulatori dei medici di medicina generale, e da questi trasmesse alle aziende unità sanitarie locali di residenza dei pazienti – possono essere ricevute anche dai comuni, singoli od associati, previa convenzione con l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente. La conservazione e la trasmissione delle dichiarazioni di volontà può avvenire tramite l'utilizzo di supporti informatici.

 

ELENCO DELLE PROFESSIONI NON REGOLAMENTATE

Con D.M. 28 aprile 2008 (in G.U. n. 122 del 26.5.2008) sono stati disciplinati i requisiti per la individuazione e l'annotazione degli enti di cui all’art. 26 del D. Lgs. 9 novembre 2007, n. 206, nell'elenco delle associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni regolamentate per le quali non esistono ordini, albi o collegi, nonché dei servizi non intellettuali e delle professioni non regolamentate.

I suddetti enti sono inseriti, a domanda, nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia quando sono rappresentativi a livello nazionale in base al possesso, tra l’altro, dei seguenti requisiti:

A) l'ente sia stato costituito per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero mediante scrittura privata registrata;

B) il relativo statuto assicuri:

1) la finalità dell'ente sia la tutela della specifica attività svolta dai professionisti o esercenti arti e mestieri;

2) garanzie di democraticità sia per il funzionamento degli organismi deliberativi, sia per il conferimento delle cariche sociali, anche attraverso la previsione della durata degli incarichi e di un limite alla reiterazione, sia per la prevenzione di situazioni di conflitto di interessi o di incompatibilità;

3) la necessaria trasparenza degli assetti organizzativi;

4) una struttura adeguata all'effettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione;

5) la partecipazione all'associazione soltanto di chi abbia conseguito titoli professionali nello svolgimento della rispettiva attività o abbia conseguito una scolarizzazione adeguata rispetto alle attività professionali oggetto della associazione;

6) l'assenza di scopo di lucro;

7) l'obbligo degli appartenenti di procedere all'aggiornamento professionale costante e la predisposizione di strumenti idonei ad accertare l'effettivo assolvimento di tale obbligo.

 

TRASMISSIONE DEI DATI DEI CONTRATTI PUBBLICI

Con Comunicato dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture in data 21aprile 2008 (in G.U. n. 94 del 21.4.2008), sono state dettate modalità per la trasmissione all’Osservatorio centrale dei dati dei contratti pubblici di valore superiore a 150.000 euro, in attuazione dell’art. 7, comma 8, del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici).

 

SERVIZI DI COMUNICAZIONE ELETTRONICA E RETI PUBBLICHE DI COMUNICAZIONE

Con D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109 (in G.U. n. 141 del 18.6.2008), in vigore dal 3 luglio 2008, è stata attuata la Direttiva 2006/24/CE, riguardante la conservazione dei dati generati o trattati nell'ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico (ivi compresa la posta elettronica) o di reti pubbliche di comunicazione (ivi compresa la rete Internet).

Con D.P.C.M. 1 aprile 2008 (in G.U. n. 144 del 21.6.2008), sono state approvate le regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del Sistema pubblico di connettività previste dall'articolo 71, comma 1-bis del D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante il «Codice dell'amministrazione digitale».

 

CRIMINALITÀ INFORMATICA

Con legge 18 marzo 2008, n. 48 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 80 del 4.4.2008), in vigore dal 5 aprile 2008, è stata ratificata la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001. Sono state conseguentemente modificate diverse disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale. In particolare, sono state ridisciplinate alcune fattispecie criminose: “Falsa dichiarazione o attestazione al certificatore di firma elettronica sull'identità o su qualità personali proprie o di altri” (art. 495-bis c.p.); “Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico” (art. 615-quinquies c.p.); “Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici” (art. 635-bis c.p.); “Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità” (art. 635-ter c.p.); “Danneggiamento di sistemi informatici o telematici” (art. 635-quater c.p.); “Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità” (art. 635-quinquies c.p.); “Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica” (art. 640-quinquies c.p.).

 

PUBBLICAZIONE DI PROVVEDIMENTI SU SITI INTERNET

Ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 300 del 28.12.2007), in vigore dal 1° gennaio 2008, “la pubblicazione dei provvedimenti dei direttori di agenzie fiscali sui rispettivi siti internet tiene luogo della pubblicazione dei medesimi documenti, nella Gazzetta Ufficiale, nei casi in cui questa sia prevista da altre disposizioni di legge. I siti internet delle agenzie fiscali devono essere strutturati al fine di consentire la ricerca, la consultazione, l’estrazione e l’utilizzazione di tutti i documenti ivi pubblicati”.

La disposizione, si applica, quindi, limitatamente ai provvedimenti “direttoriali” (dei direttori delle Agenzie delle Entrate, del Territorio, del Demanio).

 

DELEGHE LEGISLATIVE IN MATERIA DI SOCIETÀ DI CAPITALI

L’art. 23 della legge 25 febbraio 2008, n. 34 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 56 del 6.3.2008), in vigore dal 21 marzo 2008, delega il Governo ad emanare un decreto legislativo per l'attuazione della Direttiva 2006/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 settembre 2006, relativamente alla costituzione delle società per azioni nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del capitale sociale, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) avvalersi, anche con riferimento alle operazioni di aumento di capitale, delle facoltà previste in tema di conferimenti in natura dall’art. 10-bis della Direttiva 77/91/CEE, introdotto dalla Direttiva 2006/68/CE, adottando quale periodo sufficiente di negoziazione un periodo non inferiore a sei mesi;

b) non avvalersi, con riguardo alle sole società che non fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio, della facoltà prevista dall'articolo 19, paragrafo 1, numeri da (i) a (v), della Direttiva 77/91/CEE, come modificato dalla Direttiva 2006/68/CE;

c) avvalersi, con riguardo alle società che fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio, della facoltà di cui all'articolo 19, paragrafo 1, numero (i), della Direttiva 77/91/CEE, confermando la durata massima di diciotto mesi e il limite del 10 per cento del capitale di cui, rispettivamente, ai commi secondo e terzo dell'articolo 2357 del codice civile;

d) consentire che le società anticipino fondi, accordino prestiti o forniscano garanzie per l'acquisto di proprie azioni da parte di un terzo o per la sottoscrizione da parte di un terzo di azioni emesse nel quadro di un aumento di capitale alle condizioni indicate all'articolo 23, paragrafo 1, e all’art. 23-bis della Direttiva 77/91/CEE, come modificato dalla Direttiva 2006/68/CE, mantenendo la deroga di cui all'articolo 2358, terzo comma, del codice civile e confermando, altresì, la disciplina della fusione a seguito di acquisizione con indebitamento di cui all'articolo 2501-bis del codice civile.

L’art. 24 della legge n. 34/2008 ha delegato il Governo per l'attuazione della Direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati; prevedendo, in particolare, la necessità di “individuazione delle società obbligate a sottoporre a revisione il bilancio, secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria”; di “definizione delle norme in materia di abilitazione e formazione continua”; di “disciplina del regime della responsabilità civile dei revisori”; di “disciplina dell'albo dei revisori e del sistema pubblico di vigilanza, secondo una ripartizione di competenze che tuteli efficacemente l'affidamento dei risparmiatori sulla revisione del bilancio”; di “coordinamento delle funzioni rispettive del revisore e del collegio sindacale”; di “previsione dell'applicazione obbligatoria di princìpi internazionali di revisione”.

 

CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE

Con Direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 21 maggio 2008 (in G.U.C.E. n. L136 del 24.5.2008), in vigore dal 13 giugno 2008, sono stati regolamentati determinati aspetti della “mediazione” (conciliazione stragiudiziale) in materia civile e commerciale.

La Direttiva premette:

- 10° “Considerando”: “La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai procedimenti in cui due o più parti di una controversia transfrontaliera tentino esse stesse di raggiungere volontariamente una composizione amichevole della loro controversia con l’assistenza di un mediatore. Essa dovrebbe applicarsi in materia civile e commerciale, ma non ai diritti e agli obblighi su cui le parti non hanno la facoltà di decidere da sole in base alla pertinente legge applicabile. Tali diritti e obblighi sono particolarmente frequenti in materia di diritto di famiglia e del lavoro”;

- 11° “Considerando”: “La presente direttiva non dovrebbe applicarsi alle trattative precontrattuali o ai procedimenti di natura arbitrale quali talune forme di conciliazione dinanzi ad un organo giurisdizionale, i reclami dei consumatori, l’arbitrato e la valutazione di periti o i procedimenti gestiti da persone od organismi che emettono una raccomandazione formale, sia essa legalmente vincolante o meno, per la risoluzione della controversia”;

- 12° “Considerando”: “La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai casi in cui un organo giurisdizionale deferisce le parti a una mediazione o in cui il diritto nazionale prescrive la mediazione”;

- 19° “Considerando”: “La mediazione non dovrebbe essere ritenuta un’alternativa deteriore al procedimento giudiziario nel senso che il rispetto degli accordi derivanti dalla mediazione dipenda dalla buona volontà delle parti. Gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che le parti di un accordo scritto risultante dalla mediazione possano chiedere che il contenuto dell’accordo sia reso esecutivo”;

- 20° “Considerando”: Il contenuto di un accordo risultante dalla mediazione reso esecutivo in uno Stato membro dovrebbe essere riconosciuto e dichiarato esecutivo negli altri Stati membri in conformità della normativa comunitaria o nazionale applicabile”.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, “La presente direttiva ha l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”. A norma dell’art. 1, comma 2, “La presente direttiva si applica, nelle controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale tranne per i diritti e gli obblighi non riconosciuti alle parti dalla pertinente legge applicabile. Essa non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii)”. Per l’art. 2, comma 1, “Ai fini della presente direttiva per controversia transfrontaliera si intende una controversia in cui almeno una delle parti è domiciliata o risiede abitualmente in uno Stato membro diverso da quello di qualsiasi altra parte” alla data rilevante.

“Per «mediazione» si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro” (art. 3, lett. a). “Per «mediatore» si intende qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione (art. 3, lett b).

Ai sensi dell’art. 5, “L’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia. La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario”.

L’articolo 6 della Direttiva disciplina l’importante profilo della esecutività dell’accordo risultante dalla mediazione: “Gli Stati membri assicurano che le parti, o una di esse con l’esplicito consenso delle altre, abbiano la possibilità di chiedere che il contenuto di un accordo scritto risultante da una mediazione sia reso esecutivo. Il contenuto di tale accordo è reso esecutivo salvo se, nel caso in questione, il contenuto dell’accordo è contrario alla legge dello Stato membro in cui viene presentata la richiesta o se la legge di detto Stato membro non ne prevede l’esecutività” (art. 6, comma 1).

Particolarmente importante è il disposto dei commi 2 e 3 dell’art. 6: “Il contenuto dell’accordo può essere reso esecutivo in una sentenza, in una decisione o in un atto autentico da un organo giurisdizionale o da un’altra autorità competente in conformità del diritto dello Stato membro in cui è presentata la richiesta. Gli Stati membri indicano alla Commissione gli organi giurisdizionali o le altre autorità competenti a ricevere le richieste conformemente ai paragrafi 1 e 2”. Pertanto, condizione imprescindibile dell’esecutività, per gli atti non giurisdizionali, è l’autenticità dell’atto contenente l’accordo (il notaio dovrebbe essere plausibilmente l’autorità competente designata nei sistemi di notariato latino).

A norma dell’art. 12, comma 1, “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 maggio 2011, fatta eccezione per l’articolo 10, per il quale tale data è fissata al più tardi al 21 novembre 2010”.

Su questa disciplina cfr. BRUNELLI, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio su alcuni aspetti della conciliazione in materia civile e commerciale, in Studi e materiali, 2005, 2, p. 1461, ed in Studi e materiali, 2005, 1, p. 608; AMBROSI, Cenni sulla proposta di direttiva europea relativa a determinati aspetti della mediazione per la risoluzione e la composizione amichevole extragiudiziale delle controversie in materia civile e commerciale, in Famiglia, Persone e Successioni, 2006, p. 276.

 

CONTRATTI DI CREDITO AL CONSUMO

Con Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 23 aprile 2008 (in G.U.C.E. n. L133 del 22.5.2008) sono state dettate disposizioni riguardanti i contratti di credito ai consumatori (con abrogazione della precedente Direttiva 87/102/CEE).

Ai sensi dell’art. 2, comma 2, della Direttiva, la stessa non si applica, tra l’altro, ai:

a) contratti di credito garantiti da un'ipoteca oppure da un'altra garanzia analoga comunemente utilizzata in uno Stato membro sui beni immobili o da un diritto legato ai beni immobili;

b) contratti di credito finalizzati all'acquisto o alla conservazione di diritti di proprietà su un terreno o un immobile costruito o progettato;

c) contratti di credito per un importo totale del credito inferiore a 200 EUR o superiore a 75 000 EUR;

d) contratti di locazione o di leasing che non prevedono obbligo di acquisto dell'oggetto del contratto né in virtù del contratto stesso né di altri contratti distinti; tale obbligo si ritiene sussistente se è così deciso unilateralmente dal creditore.

Ai sensi, peraltro, del 14° “Considerando”, “È opportuno escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva i contratti di credito aventi per oggetto la concessione di un credito in relazione al quale viene costituita una garanzia immobiliare. Questo tipo di credito è di natura molto specifica. È opportuno escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva anche i contratti di credito finalizzati all'acquisto o alla conservazione destinati principalmente all'acquisto o alla conservazione di diritti di proprietà su un terreno o un immobile costruito o da costruirsi. Non dovrebbero tuttavia essere esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva contratti di credito il cui unico fine sia la ristrutturazione o la valorizzazione di un edificio esistente”.

Pertanto:

- i contratti di finanziamento ipotecario sono in ogni caso esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva;

- la medesima direttiva si applica invece ai contratti di finanziamento non ipotecario, finalizzati esclusivamente alla ristrutturazione di edifici esistenti.

Ai sensi del 30° “Considerando”, “La presente direttiva non disciplina gli aspetti del diritto contrattuale relativi alla validità dei contratti di credito. Pertanto, in tale materia gli Stati membri possono mantenere o introdurre norme nazionali conformi al diritto comunitario”.

L’art. 3 della Direttiva fornisce le nozioni di «consumatore» (“una persona fisica che, nell'ambito delle transazioni disciplinate dalla presente direttiva, agisce per scopi estranei alla sua attività commerciale o professionale”), di «creditore» (“una persona fisica o giuridica che concede o s'impegna a concedere un credito nell'esercizio di un'attività commerciale o professionale”), e di «contratto di credito» (“un contratto in base al quale il creditore concede o s'impegna a concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria analoga, ad eccezione dei contratti relativi alla prestazione continuata di un servizio o alla fornitura di merci dello stesso tipo in base ai quali il consumatore versa il corrispettivo, per la durata della prestazione o fornitura, mediante pagamenti rateali”).

Gli artt. 4 e seguenti disciplinano le informazioni pubblicitarie e precontrattuali. L’art. 10 individua le “informazioni da inserire nei contratti di credito” (tra le quali figurano “un estratto sotto forma di tabella di ammortamento”, “se del caso, le spese di gestione di uno o più conti su cui sono registrati le operazioni di pagamento e i prelievi”, “se applicabili, le penali per inadempimento”, “un avvertimento relativo alle conseguenze dei mancati pagamenti”, “se del caso, l’indicazione delle spese notarili dovute”, “l’esistenza o l’assenza del diritto di recesso e il periodo durante il quale esso può essere esercitato e le altre condizioni per il suo esercizio”, “informazioni concernenti i diritti derivanti dall’articolo 15 nonché le condizioni del loro esercizio” (per i contratti di credito collegati), “il diritto al rimborso anticipato, la relativa procedura nonché, se del caso, le informazioni sul diritto del creditore a ottenere un indennizzo e le relative modalità di calcolo”, “la procedura da seguire per l’esercizio del diritto di scioglimento del contratto di credito”). Altre informazioni specifiche devono essere contenute nei contratti di credito nella forma di concessione di scoperto (comma 5).

Ai sensi dell’art. 14, il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni di calendario per recedere dal contratto di credito senza dare alcuna motivazione.

L’art. 16 disciplina in dettaglio il diritto del consumatore al rimborso anticipato, e l’indennizzo al quale ha diritto il creditore (che non può superare l’1% dell’importo del credito rimborsato in anticipo).

L’art. 19 disciplina il calcolo del tasso annuo effettivo globale (TAEG).

L’art. 24 prevede l’obbligo degli Stati membri di predisporre procedure adeguate ed efficaci per la risoluzione stragiudiziale delle controversie nella materia dei contratti di credito al consumo.

A norma dell’art. 22, “Nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite. Gli Stati membri provvedono affinché i consumatori non possano rinunciare ai diritti loro conferiti dalle disposizioni della legislazione nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva. Gli Stati membri provvedono inoltre affinché le disposizioni adottate per dare esecuzione alla presente direttiva non possano essere eluse attraverso l'impiego di forme particolari di contratti, in particolare includendo prelievi o contratti di credito che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva in contratti di credito la cui natura o finalità consenta di evitare l'applicazione della direttiva stessa. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i consumatori non siano privati della tutela accordata dalla presente direttiva a seguito della scelta della legge di uno Stato terzo quale legge applicabile al contratto di credito, se tale contratto presenta uno stretto legame con il territorio di uno o più Stati membri”.

Ai sensi dell’art. 27, “Gli Stati membri adottano e pubblicano anteriormente al 12 maggio 2010 le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Essi applicano queste disposizioni a decorrere dal 12 maggio 2010”.

 

IMPOSTE INDIRETTE SULLA RACCOLTA DI CAPITALI

Con Direttiva 2008/7/CE del Consiglio in data 12 febbraio 2008 (in G.U.C.E. n. L46 del 21.2.2008), sono state dettate nuove disposizioni in materia di imposte indirette sulla raccolta di capitali.

La Direttiva disciplina l’applicazione di imposte indirette ai conferimenti di capitale in società di capitali; alle operazioni di ristrutturazione riguardanti le suddette società; alla emissione di taluni titoli ed obbligazioni (art. 1). L’art. 3 precisa che si considera conferimento di capitale, tra l’altro, anche la trasformazione in società non di capitali. Alcune operazioni di ristrutturazione, indicate nell’art. 4, non sono invece considerate conferimenti di capitale.

A norma dell’art. 5, gli Stati membri non possono assoggettare le società di capitali ad alcuna imposta indiretta per le operazioni ivi indicate, tra cui i conferimenti di capitale e prestiti connessi, la registrazione in sede di costituzione e le successive modifiche dell’atto costitutivo ivi specificamente menzionate (trasformazione in società di capitali, trasferimento della sede da uno Stato membro ad un altro, modifica dell’oggetto sociale, proroga della durata), la creazione emissione e messa in circolazione di quote e titoli, l’emissione di obbligazioni o altri titoli negoziabili.

In deroga a quanto sopra, ed in via generalizzata, gli Stati membri possono percepire, tra l’altro, imposte sui trasferimenti di valori mobiliari, sul conferimento di beni immobili, sulla costituzione o cancellazione di ipoteche, e l’imposta sul valore aggiunto (art. 6).

Gli Stati membri che alla data del 1° gennaio 2006 applicavano un’imposta sui conferimenti di capitale possono continuare ad applicarla alle condizioni indicate agli artt. da 8 a 14 (art. 7, comma 1). In particolare, l’aliquota dell’imposta sui conferimenti non può essere superiore a quella applicata dallo Stato membro alla data del 1° gennaio 2006 (art. 8, comma 2), e comunque non può essere superiore all’1% (art. 8, comma 3). L’art. 11 disciplina la base imponibile dell’imposta sui conferimenti.

La Direttiva è in vigore dal 12 marzo 2008 (art. 18, comma 1). Gli articoli 1, 2, 6, 9, 10 e 11 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2009 (art. 18, comma 2). Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12, 13 e 14 entro il 31 dicembre 2008 (art. 15, comma 1). La direttiva 69/355/CEE, come successivamente modificata, è abrogata con effetto dal 1° gennaio 2009.

 

LUOGO DELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI AI FINI IVA

Con Direttiva 2008/8/CE del Consiglio in data 12 febbraio 2008 (in G.U.C.E. n. L44 del 20.2.2008), in vigore dal 20 febbraio 2008, sono state dettate disposizioni modificative della Direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo della prestazione di servizi.

La Direttiva 2008/8/CE premette:

- che “Per tutte le prestazioni di servizi il luogo di imposizione dovrebbe essere di norma il luogo in cui avviene il consumo effettivo” (3° “Considerando”);

- che “Per quanto riguarda i servizi prestati a soggetti passivi, la regola generale relativa al luogo delle prestazioni di servizi dovrebbe essere basata sul luogo in cui è stabilito il destinatario e non su quello in cui è stabilito il prestatore” (4° “Considerando”);

- che “Per quanto riguarda i servizi prestati a persone che non sono soggetti passivi, la regola generale dovrebbe rimanere quella secondo cui il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica” (5° Considerando”).

Conseguentemente, ai sensi del novellato art. 44 della Direttiva 2006/112/CE, “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo del domicilio o della residenza abituale del soggetto passivo destinatario dei servizi in questione”.

Ai sensi del nuovo art. 45 della Direttiva 2006/112/CE, “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a persone che non sono soggetti passivi è il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati da una stabile organizzazione del prestatore situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo del domicilio o della residenza abituale del prestatore”.

Ai sensi del nuovo art. 47 della Direttiva 2006/112/CE, “Il luogo delle prestazioni di servizi relativi a un bene immobile, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali i campi di vacanza o i terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile e le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori edili come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è il luogo in cui è situato il bene”.

Ai sensi del nuovo art. 59 della Direttiva 2006/112/CE, “Il luogo delle prestazioni dei seguenti servizi a una persona che non è soggetto passivo stabilita, domiciliata o abitualmente residente al di fuori della Comunità è il luogo in cui detta persona è stabilita, domiciliata o abitualmente residente: … c) prestazioni fornite da consulenti, ingegneri, uffici studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe, nonché elaborazione di dati e fornitura d’informazioni”.

 

RIMBORSI IVA INTRACOMUNITARI

Con Direttiva 2008/9/CE del Consiglio in data 12 febbraio 2008 (in G.U.C.E. n. L44 del 20.2.2008), sono state emanate norme dettagliate per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro.

 

BREVETTI EUROPEI

Con Comunicato in data 30 aprile 2008 (in G.U. n. 101 del 30.4.2008), è stata data notizia dell’entrata in vigore, in data 13 dicembre 2007, dell’Atto recante la revisione della Convenzione sul rilascio dei brevetti europei, fatto a Monaco il 29 novembre 2000, ratificato  con legge 29 novembre 2007, n. 224, a seguito del deposito dello strumento di ratifica.

 

 

Gaetano Petrelli