RASSEGNA DELLE RECENTI NOVITÀ NORMATIVE
DI INTERESSE NOTARILE
Primo semestre 2010
IDENTIFICAZIONE CATASTALE E REGISTRI IMMOBILIARI
CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI – NORMATIVA REGIONALE
CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI – NORMATIVA EUROPEA
INCENTIVI PER L'ACQUISTO DI IMMOBILI AD ALTA EFFICIENZA ENERGETICA
MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE
PRESTAZIONE DEI SERVIZI IN AMBITO COMUNITARIO
SOPPRESSIONE DEL RUOLO DEGLI AGENTI D'AFFARI IN MEDIAZIONE
INTERESSI DI MORA - RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI
REGOLAMENTO PER I MUTUI INPDAP
RIUTILIZZO DI DOCUMENTI NEL SETTORE PUBBLICO E RIUTILIZZO DELLE VISURE IPOTECARIE E CATASTALI
ESPROPRIAZIONI IMMOBILIARI TELEMATICHE
AGEVOLAZIONI PER LA PICCOLA PROPRIETÀ CONTADINA
REGISTRAZIONE DI CONTRATTI DI LOCAZIONE, AFFITTO E COMODATO
MODIFICHE ALL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
COMUNICAZIONI TELEMATICHE DI OPERAZIONI IVA
COMUNICAZIONI TELEMATICHE A FINI DI CONTRASTO ALLE FRODI FISCALI INTERNAZIONALI
RITENUTA D'ACCONTO SULLE SPESE PER RISTRUTTURAZIONE
ALIENAZIONI SIMULATE ED ATTI FRAUDOLENTI
PROROGA DI TERMINI PER IL PAGAMENTO DI IMPOSTE
REVISIONE LEGALE E COLLEGIO SINDACALE
REGISTRO DELLE IMPRESE E RIFORMA DELLE CAMERE DI COMMERCIO
SOCIETÀ CON PARTECIPAZIONE PUBBLICA
SOCIETÀ PER LA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI
ELENCO EMITTENTI STRUMENTI FINANZIARI DIFFUSI
MODIFICA DEL REGOLAMENTO EMITTENTI
OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE ALLA CONSOB
OPERAZIONI CON PARTI CORRELATE
PARTECIPAZIONI NEL CAPITALE DELLE BANCHE
ALIENAZIONE DI AZIONI DI BANCHE POPOLARI
OBBLIGAZIONI BANCARIE GARANTITE
CESSIONI DI IMMOBILI DELLE BANCHE
ISTITUTI DI PAGAMENTO E SERVIZI DI PAGAMENTO
REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE
PUBBLICAZIONE DI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI
ANNULLAMENTO DI AGGIUDICAZIONE DI APPALTI PUBBLICI
CONTRATTO DI CONCESSIONE DI LAVORI PUBBLICI
AMMINISTRAZIONE DEI BENI CONFISCATI
LOCAZIONI PASSIVE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
ACQUISTO E VENDITA DI IMMOBILI DA PARTE DI ENTI PREVIDENZIALI
DISMISSIONE DI IMMOBILI MILITARI
SVOLGIMENTO DI FUNZIONI DEI COMUNI IN FORMA ASSOCIATA
COMPENSI DEGLI AMMINISTRATORI DI ENTI CON CONTRIBUTO DI ENTI PUBBLICI
INQUINAMENTO ACUSTICO NEI RAPPORTI TRA PRIVATI
CONTENUTO DEGLI ATTI PROCESSUALI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PRIVACY
REGOLAMENTO COMUNITARIO SUL RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE STRANIERE
LEGISLAZIONE REGIONALE – PRIMO SEMESTRE 2010
L'art. 19, comma 14, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), ha modificato l'art. 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, aggiungendovi (con decorrenza dal 1° luglio 2010, a norma del successivo comma 16), il seguente comma 1-bis:
"Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari".
La disposizione – che fa seguito a numerosi provvedimenti legislativi che dispongono l'utilizzo delle risultanze dei registri immobiliari a scopi pubblicistici, tributari e di altro genere – si inquadra nel contesto della più generale previsione dell'art. 19, che prevede l'attivazione dell'anagrafe immobiliare integrata, la quale "attesta, ai fini fiscali, lo stato di integrazione delle banche dati disponibili presso l'Agenzia del Territorio per ciascun immobile, individuandone il soggetto titolare di diritti reali". La disciplina in commento ha, quindi, finalità fiscale, la quale ultima è però raggiunta mediante l'individuazione, sul piano civilistico, del soggetto titolare dei diritti reali: compito, quest'ultimo, che è attribuito (inderogabilmente, trattandosi di prescrizione nell'interesse pubblico), al notaio, quale pubblico ufficiale istituzionalmente preposto alla formazione del titolo idoneo alla trascrizione (art. 2657 c.c.), ed a "curarne" la relativa esecuzione (art. 2671 c.c.), nonché a richiederne la voltura catastale (artt. 3 e 4 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 650), la quale peraltro ha luogo oggi automaticamente per effetto della presentazione delle note di trascrizione (art. 2 del D.M. 19 aprile 1994, n. 701).
La norma, come si dirà di seguito, richiede nel suo primo periodo l'accertamento positivo della "conformità oggettiva" tra dati catastali, planimetrie e stato di fatto; nel secondo periodo, quello della "conformità soggettiva" tra intestazione catastale e risultanze dei registri immobiliari.
1) - ATTI E VICENDE GIURIDICHE SOGGETTI ALLA DISCIPLINA.
Si tratta degli atti pubblici e delle scritture private autenticate (unici titoli idonei ai fini della trascrizione e della voltura catastale). Devono ritenervisi ricompresi tutti gli atti autentici, ricevuti o autenticati dal notaio (ed eventualmente da altri pubblici ufficiali autorizzati, ex artt. 2699 e 2703 c.c., come ad es., il console, o il segretario comunale, nei casi eccezionali previsti dalla legge).
Non vi rientrano espressamente gli atti giudiziari (sentenze, decreti di trasferimento); occorre tuttavia considerare che, nella misura in cui si tratti di titoli soggetti a trascrizione (es., art. 2643, nn. 6 e 14 c.c.), l'esclusione appare irragionevole, nella misura in cui si tratti sempre di acquisti a titolo derivativo. Si aggiunga che in alcuni casi potrebbe derivarne elusione della disciplina (ad es., scrittura privata non autenticata contenente una compravendita, cui segua l'accertamento giudiziale delle sottoscrizioni ex art. 2657 c.c., e quindi la trascrizione; ovvero esecuzione in forma specifica di preliminare con sentenza ex art. 2932 c.c.). La soluzione più ragionevole sarebbe quindi quella dell'intrascrivibilità dei titoli non idonei, compresi quelli giudiziari.
Quanto agli effetti giuridici prodotti dai suddetti atti, deve trattarsi di atti "aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti". La casistica è sostanzialmente corrispondente a quella di cui all'art. 46 del d.p.r. n. 380/2001 (ed agli artt. 17 e 40 della legge n. 47/1985), a cui può farsi rinvio. Con l'importante differenza della mancata esclusione, in questa sede, degli "atti costitutivi di diritti reali di garanzia e di servitù": ciò induce a ritenere ricompresi questi atti (che comunque hanno "ad oggetto" la costituzione di un diritto reale) nell'àmbito applicativo dell'art. 29, comma 1-bis.
Non è compreso nella disciplina in esame il contratto preliminare, ancorché stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata agli effetti dell'art. 2645-bis c.c. Appare peraltro assolutamente opportuno l'inserimento nel preliminare di apposita clausola, che regoli l'obbligo di pagamento delle eventuali spese necessarie per la regolarizzazione e l'allineamento richiesti dalla legge.
2) – CATEGORIE DI IMMOBILI.
L'art. 29, comma 1-bis, si applica – in entrambe le sue parti - ai "fabbricati già esistenti"; con riferimento alla sola prima parte (conformità oggettiva), viene fatto riferimento alle "unità immobiliari urbane". Queste ultime sono, per esclusione (a norma dell'art. 4, comma 1, del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652), quelle diverse dai fabbricati rurali (aventi i requisiti di ruralità, quali prescritti dall'art. 9, commi 3, 3-bis, 3-ter, 4 e 5, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in legge 26 febbraio 1994, n. 133, nel testo risultante dalle successive modificazioni intervenute).
Ai sensi dell'art. 5 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, "Si considera unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio": sono, quindi, unità immobiliari urbane tutti i fabbricati o porzioni di fabbricato che, in base alla vigente normativa, sono o devono essere iscritti nel catasto dei fabbricati con attribuzione di rendita (a norma del D.M. 2 gennaio 1998, n. 28), e con obbligo di presentazione di planimetria (e il cui possesso è rilevante ai fini fiscali).
Ciò significa che:
a) - l'accertamento di "conformità oggettiva" riguarda le sole unità immobiliari urbane, iscritte o da iscriversi nel catasto dei fabbricati con attribuzione di rendita; con esclusione dei fabbricati rurali aventi i requisiti di ruralità;
b) - l'accertamento di "conformità soggettiva" riguarda tutti i "fabbricati già esistenti", inclusi quindi i fabbricati rurali aventi i requisiti di ruralità, iscritti o da iscriversi nel catasto dei fabbricati.
La nozione di fabbricato "già" esistente esclude, in negativo, i fabbricati "non ancora esistenti": la norma deve essere, in questo punto, interpretata alla luce dell'art. 28, comma 1, del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, come modificato dall'art. 34-quinquies del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, convertito in legge 9 marzo 2006, n. 80, a norma del quale "I fabbricati nuovi ed ogni altra stabile costruzione nuova che debbono considerarsi immobili urbani, a norma dell'art. 4, devono essere dichiarati all'Ufficio tecnico erariale entro trenta giorni dal momento in cui sono divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati". In altri termini, deve ritenersi che la disposizione in commento si applichi ai soli fabbricati ultimati, per cui sussiste un obbligo di accatastamento: ne rimangono pertanto esclusi i fabbricati "esistenti ma non ultimati", per cui l'accatastamento è solo facoltativo (come dimostra anche la mancata modifica dell'art. 2826 c.c., richiamato dall'art. 2659, n. 4, c.c., con riferimento alla pubblicità immobiliare degli atti riguardanti fabbricati in corso di costruzione), avviene con mero scopo di identificazione catastale ed ha comunque luogo senza presentazione di planimetria e senza attribuzione di rendita, trattandosi quindi di fabbricato allo stato irrilevante ai fini fiscali.
Per le medesime ragioni, devono essere esclusi dalla disciplina in esame i fabbricati che ai soli fini della identificazione, a norma dell'art. 3, comma 2, del D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, "possono formare oggetto di iscrizione in catasto, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d'uso": si tratta, oltre che dei "fabbricati o loro porzioni in corso di costruzione o di definizione", di cui si è già detto, delle "costruzioni inidonee ad utilizzazioni produttive di reddito, a causa dell'accentuato livello di degrado" (c.d. unità collabenti), dei lastrici solari, e delle aree urbane.
Ancora, devono essere esclusi dal perimetro applicativo della disposizione in esame i fabbricati che – a norma dell'art. 3, comma 3, del D.M. 2 gennaio 1998, n. 28 – non costituiscono oggetto di inventariazione, "a meno di una ordinaria autonoma suscettibilità reddituale", e più precisamente: a) i manufatti con superficie coperta inferiore a otto metri quadri; b) le serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante sul suolo naturale; c) le vasche per l'acquacoltura o di accumulo per l'irrigazione dei terreni; d) i manufatti isolati privi di copertura; e) le tettoie, i porcili, i pollai, i casotti, le concimaie, i pozzi e simili, di altezza utile inferiore a metri 1,80, purché di volumetria inferiore a 150 metri cubi; f) i manufatti precari, privi di fondazione, non stabilmente infissi al suolo. L'eventuale "ordinaria autonoma suscettibilità reddituale" deve essere accertata dalle parti, eventualmente avvalendosi dell'ausilio di un esperto.
Sono infine esclusi tout court dall'obbligo di iscrizione, e pertanto dall'àmbito di applicazione del comma 1-bis in esame, i fabbricati indicati nella disposizione – da considerarsi ancora attuale – dettata dall'art. 6, comma 3, del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, e cioè i fabbricati costituenti le fortificazioni e loro dipendenze, i fabbricati destinati all'esercizio dei culti, i cimiteri con le loro dipendenze, i fabbricati di proprietà della Santa Sede.
Quanto ai fabbricati rurali:
A) - quelli che hanno perso i requisiti di ruralità sono vere e proprie unità immobiliari urbane, che quindi non possono formare oggetto degli atti in esame se non accatastati. Salvo, ovviamente, che si tratti di ruderi (unità collabenti), o comunque di fabbricati rientranti nell'elencazione di cui all'art. 3, comma 3, del D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, i quali possono essere oggetto degli atti in esame anche se non accatastati, e senza che si applichi la disciplina in oggetto;
B) - quelli con i requisiti di ruralità sono teoricamente esclusi dall'àmbito di applicazione del primo periodo del comma 1-bis (accertamento di conformità oggettiva). In pratica, la difficoltà di accertamento dei requisiti di ruralità può rendere aleatoria la validità dell'atto, se non vengono rispettate le prescrizioni in esame. Si aggiunga il caso che, nell'ipotesi in cui l'imprenditore agricolo ceda il fabbricato ad un soggetto non avente tali requisiti, per effetto dell'atto vengono meno i requisiti di ruralità, e quindi si rientra nell'àmbito di applicazione della norma (e della sanzione di nullità). È consigliabile, quindi, un atteggiamento di massima prudenza. In ogni caso, come già detto, se il fabbricato è censito nel catasto dei fabbricati, è necessario l'accertamento della conformità soggettiva.
3) – LE PRESCRIZIONI RIGUARDANTI LA CONFORMITÀ OGGETTIVA.
Il primo periodo del comma 1-bis dell'art. 29 richiede, a pena di nullità, l'indicazione in atto dei "dati di identificazione catastale" ed il "riferimento alle planimetrie depositate in catasto".
Quanto ai primi, si tratta dei dati menzionati dall'art. 1, comma 6, e dall'art. 2, comma 3, del D.M. 19 aprile 1994, n. 701, a norma dei quali i "parametri di identificazione definitivi" sono rappresentati da "sezione, foglio, numero di mappale e di eventuale subalterno".
Quanto al "riferimento alle planimetrie depositate in catasto", si tratta delle planimetrie la cui presentazione è obbligatoria a norma della vigente normativa catastale (art. 7 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, e successive modificazioni e integrazioni).
La disposizione richiede, come risulta chiaramente dalla sua lettera, il raffronto tra l'identificazione catastale e la planimetria depositata in catasto: occorre cioè la dichiarazione che la particella catastale, ed il relativo subalterno, identificano l'unità immobiliare raffigurata in quella determinata planimetria depositata in catasto. Strumenti idonei ai fini del "riferimento" alla planimetria sono l'allegazione, ovvero l'indicazione degli estremi di data e numero di protocollo (se identificativi di un'unica planimetria), ovvero ancora altri strumenti comunque idonei a tal fine (ad esempio, il riferimento ad un precedente atto a cui la planimetria è allegata).
La legge non specifica chi debba essere l'autore di tale riferimento: la lettera della legge consente di ritenere che possa senz'altro trattarsi delle parti dell'atto (non essendo peraltro escluso che, facoltativamente, la dichiarazione possa provenire – nel caso di atto pubblico, ma non nel caso di scrittura privata autenticata – anche dal notaio). Si consideri comunque che in base alla vigente disciplina, copia delle planimetrie può essere richiesta in catasto unicamente dal titolare del diritto reale, o da persona dallo stesso formalmente delegata (cfr. l'art. 2, comma 4, del Provvedimento del direttore dell'Agenzia del Territorio in data 12 ottobre 2006, relativo alle modalità di esecuzione delle visure catastali, pubblicato nella G.U. n. 243 del 18 ottobre 2006; e l'art. 15, comma 2, lett. d) ed e), del Provvedimento del direttore dell'Agenzia del Territorio in data 13 giugno 2007, in materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, pubblicato sulla G.U. n. 279 del 30 novembre 2007).
Ai fini di cui sopra, deve ritenersi peraltro che dalla ratio della disciplina in esame (comprensiva del secondo periodo della disposizione) emerga un preciso obbligo del notaio di accertamento delle risultanze catastali, oltre che di quelle ipotecarie, inderogabile in quanto richiesto nell'interesse pubblico. La nuova disciplina modifica quindi il quadro normativo di riferimento, riguardo all'obbligo notarile di esecuzione delle visure ipotecarie e catastali: deve ritenersi che, per effetto della nuova disciplina, non sia più ammessa alcuna dispensa ad opera delle parti. Quindi il notaio sarà tenuto – per quanto gli è possibile, alla luce della normativa suddescritta – a verificare la correttezza e veridicità delle dichiarazioni delle parti riguardo ai "dati di identificazione catastale", e solo in caso di "eccezionale e dichiarata urgenza" potrà procedere, giusta la previsione dell'art. 4, comma 2, del d.p.r. n. 650/1972, alla stipula in assenza di tale controllo (senza che però occorra o sia possibile, in tal caso, alcuna "dispensa"). Ferma comunque la necessità – giusta la disposizione appena richiamata – che in tale ipotesi gli estremi con i quali sono descritti gli immobili di cui si chiede la voltura, "benché desunti da certificati di data posteriore agli atti, identificano esattamente gli immobili sui quali si esercitano i diritti trasferiti": circostanza, quest'ultima, che deve in tal caso risultare espressamente dalla richiesta di voltura (ora adempimento unico).
Il secondo requisito richiesto – a pena di nullità – dal comma 1-bis dell'art. 29, è "la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie". A questo scopo, le parti devono raffrontare la reale situazione dell'unità immobiliare urbana sia con la planimetria che con i dati catastali. Con riferimento a questi ultimi, la legge adopera un'espressione più ampia di quella utilizzata nella prima parte della disposizione (identificazione catastale): nel concetto di "dato catastale" devono ritenersi ricompresi anche i "dati non identificativi", nella misura in cui ad essi possa essere riconosciuta rilevanza ai fini tributari: vanno considerati, quindi, anche l'indicazione del piano (che ai sensi dell'art. 8, comma 7, lett. g), del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, è elemento rilevante ai fini del classamento dell'unità immobiare urbana), e quella del numero dei vani o dei metri quadri (che contribuiscono a determinare la "consistenza"). Irrilevanti, invece, altri elementi non significativi, qual è ad esempio l'indirizzo.
In presenza, pertanto, di difformità che investano sia i dati emergenti dalla planimetria, sia i dati catastali sopra menzionati, l'intestatario che intenda alienare l'immobile ha l'onere di regolarizzare preventivamente la situazione catastale, presentando apposita denuncia di variazione al catasto dei fabbricati, corredata da nuova planimetria (a norma dell'art. 28, comma 3, del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652). Ciò anche quando la planimetria non si rinvenga in catasto (vecchi accatastamenti, planimetria smarrita e non reperibile, ecc.). In mancanza, la conformità non può essere dichiarata, e l'atto eventualmente stipulato sarebbe nullo.
Non è invece necessario presentare una nuova planimetria in caso di lievi difformità, o lavori interni di portata irrilevante ai fini della consistenza e quindi del calcolo della rendita (es., spostamento di parete interna, o di un'apertura), come si desume dall'art. 20 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, a norma del quale occorre presentare detta denunzia, corredata da una planimetria delle unità variate, nei soli "casi di mutazioni che implichino variazioni nella consistenza delle singole unità immobiliari". L'art. 17 dello stesso decreto attribuisce, d'altra parte, rilevanza alle sole le mutazioni che avvengono "nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe". In tal senso, espressamente, la Circ. Min. Fin. 14 ottobre 1989, n. 3405, e la Circ. Agenzia Territorio 26 novembre 2001, n. 9/T, § 4.
Per quanto riguarda l'autore della dichiarazione, relativa alla conformità tra stato di fatto, planimetrie e dati catastali, la legge parla di "intestatario" (non "intestatario catastale"): normalmente questi coincide con il titolare del diritto reale e quindi con l'alienante-disponente; nel caso di non coincidenza (es., alienazione a non domino), deve ritenersi che la dichiarazione debba comunque essere resa dall'alienante.
La nullità prevista dalla norma ha carattere formale, ed è comminata per il caso di assenza dei riferimenti e dichiarazioni richiesti, non nei casi in cui la dichiarazione sia mendace, o comunque non corrispondente al vero, e neanche per i casi in cui l'identificazione catastale sia erronea. Si tratta di nullità assoluta ed insanabile, disciplinata dalle regole generali contenute negli artt. 1418 ss. c.c. In caso di inesatta o mendace dichiarazione di conformità ad opera dell'alienante, questi deve ritenersi civilmente responsabile nei confronti dell'acquirente, potendo configurarsi la fattispecie di "mancanza delle qualità promesse", con le conseguenze previste dall'art. 1497 c.c. (salva l'emersione di possibili abusi edilizi, e le sanzioni amministrative previste per la violazione dell'obbligo di presentazione di nuova planimetria).
4) – LE PRESCRIZIONI RIGUARDANTI LA CONFORMITÀ SOGGETTIVA.
Ai sensi del secondo periodo del comma 1-bis dell'art. 29, "Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari".
Occorre innanzitutto precisare che oggetto delle prescrizioni di legge è unicamente il diritto oggetto dell'atto. Ciò significa, ad esempio, che se questo riguarda una quota di comproprietà, non è richiesta al notaio la verifica della titolarità e dell'intestazione catastale riguardo alle altre quote. Parimenti, se l'atto ha ad oggetto un diritto di nuda proprietà, il notaio non deve verificare la titolarità e l'intestazione del diritto di usufrutto.
L'intestazione catastale a cui si riferisce la norma è la "ditta catastale", la quale identifica – in base alla vigente normativa – i titolari di diritti reali su beni immobili (a norma dell'art. 41 del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142). Nessun rilievo deve attribuirsi, ai fini catastali, ad eventuali annotazioni di riserva o di passaggi intermedi da verificare (salvo l'obbligo di verifica diligente, da parte del notaio, della titolarità del diritto reale).
Le "risultanze dei registri immobiliari" non si esauriscono nella trascrizione dell'ultimo titolo di provenienza a favore dell'alienante (che è inefficace, a norma dell'art. 2650 c.c., in mancanza di trascrizioni dei precedenti acquisti, e quindi isolatamente considerata non ha alcun significato), ma comprendono l'accertamento della continuità delle trascrizioni, e della relativa priorità rispetto ad eventuali formalità confliggenti. Accertamento che deve ritenersi comunque circoscritto al ventennio, come risulta da altre disposizioni normative, prima tra le quali quella dettata dall'art. 567, comma 2, c.p.c. (che pure parla di "risultanze dei registri immobiliari", e fa espresso riferimento a tale ventennio). Per il resto, la legge non distingue tra pubblicità dichiarativa e pubblicità notizia: anche la trascrizione della sentenza di usucapione, quindi, in quanto esista la relativa sentenza, deve ritenersi necessaria ai fini in esame. È invece necessario che la trascrizione sia obbligatoria (non lo è, ed è quindi irrilevante ai fini in oggetto, la trascrizione degli atti di mutamento di denominazione sociale e della sede sociale, o degli atti di fusione). Non è obbligatoria (e non si ritiene da molti possibile) la trascrizione a favore del coniuge in comunione legale non intervenuto all'atto di acquisto: la "conformità soggettiva" deve qui ritenersi sussistente, nonostante ciò, sulla base dell'incrocio con le risultanze dei registri di stato civile.
Ai fini di cui sopra, il notaio deve eseguire le visure ipotecarie ventennali, senza alcuna possibilità di dispensa ad opera delle parti, come già chiarito.
La disciplina preesistente imponeva, in sede di trascrizione e quindi di voltura automatica, la verifica della concordanza "tra la situazione dei soggetti titolari del diritto di proprietà o di altri diritti reali e le corrispondenti scritture catastali" (art. 2, comma 4, del d.m. n. 701/1994), con obbligo, in caso negativo, di indicazione nell'apposito "foglio informativo" degli estremi dei passaggi intermedi, ma non obbligava a regolarizzare le eventuali volture non presentate, né a regolarizzare le eventuali trascrizioni mancanti. La vigente disciplina, invece, impone al notaio la verifica della "conformità", non più con "la situazione dei soggetti titolari del diritto", bensì con le "risultanze dei registri immobiliari", e ciò "prima della stipula".
Il "preallineamento", attività diversa dalla verifica, deve essere eseguito a cura del notaio (anche eventualmente sollecitando le parti ad effettuarlo), anteriormente alla trasmissione del c.d. adempimento unico. La possibilità di realizzare l'allineamento – sulla base della "previa" verifica – anche successivamente all'atto, purché entro il momento della relativa trascrizione, consente di ritenere pienamente rispettato il dettato normativo nei casi di "apparente disallineamento", conseguente ad esempio a stipula contestuale di più vendite a catena, ovvero di compravendita e contemporanea concessione di ipoteca da parte del compratore: tutte ipotesi nelle quali la normale esecuzione delle formalità, dipendenti dai singoli atti, condurrà senz'altro all'allineamento richiesto dalla legge.
Nonostante la norma in esame si riferisca espressamente soltanto al notaio, è ragionevole ritenere che l'àmbito di applicazione della stessa si estenda anche ai pubblici ufficiali eccezionalmente autorizzati a norma degli artt. 2699 e 2703 c.c.; inoltre, essendo identica la vicenda traslativa, argomentando anche analogicamente dall'art. 2, comma 4, del d.m. n. 701/1994 (che in presenza di discordanza tra titolarità reale e intestazione catastale poneva un obbligo di menzione dei titoli intermedi in capo "al notaio ed agli altri pubblici ufficiali che ricevono atti o autenticano firme su atti civili, giudiziari e amministrativi, che danno origine a variazione di diritti censiti in catasto"), sembra doversi ritenere che gli obblighi sancìti dal nuovo comma 1-bis dell'art. 29 si estendano anche all'autorità giudiziaria o amministrativa, autrice del provvedimento da cui discendano i medesimi effetti traslativi o costitutivi di diritti reali, o di scioglimento della comunione.
La legge non richiede – riguardo all'adempimento degli obblighi notarili in oggetto – alcuna menzione nell'atto pubblico, e tantomeno nell'autentica della scrittura privata. Una menzione in atto appare peraltro opportuna, al fine di consentire la verifica dell'assolvimento dell'obbligo.
L'intera disciplina riguardante l'accertamento della "conformità soggettiva" presuppone che possano sussistere titoli non trascritti e/o non volturati; la relativa ratio consiste, come già detto, nel sollecitare – a seguito della verifica notarile preventiva – la regolarizzazione degli adempimenti mancanti. La norma non contempla, invece, le ipotesi in cui manchi lo stesso titolo legale di provenienza: ad esempio, in caso di usucapione non dichiarata, di vendita di cosa altrui, di concessione di ipoteca su beni altrui ex art. 2822 c.c., ed art. 585, comma 3, c.p.c. In questi ultimi casi, è evidentemente impossibile "preallineare", se non esiste alcun titolo legale da trascrivere e volturare, né può ritenersi possibile che una norma avente uno scopo fiscale possa limitare l'autonomia privata, impedendo la stipula di tali atti. Deve, pertanto, ritenersi che in questi casi l'atto possa essere stipulato, dando semplicemente conto nel medesimo del disallineamento dipendente dall'assenza di titoli legali.
Deve essere invece sempre regolarizzata l'eventuale mancata trascrizione di acquisti mortis causa a norma dell'art. 2648 c.c.; anche nel caso di acquisto ex lege dell'eredità a norma dell'art. 485 c.c., deve ritenersi possibile (e necessaria ai fini in esame) la trascrizione dell'accettazione tacita (sulla base dell'atto da stipularsi; ovvero, trattandosi di provenienza intermedia nel ventennio, sulla base di titolo anteriore. Salva l'eventuale trasmissione del diritto di accettare ex art. 479 c.c., che dà luogo ad unica trascrizione a carico del de cuius ed a favore del destinatario della trasmissione ex art. 479, menzionando nella nota la vicenda a norma dell'art. 2662 c.c.).
Quanto alle sanzioni, per il caso di inottemperanza all'obbligo notarile in oggetto, esclusa certamente l'applicazione dell'art. 28, n. 1, l. not., vanno applicate le sanzioni disciplinari previste dagli artt. 135 e 147 l. not., ricorrendone i rispettivi presupposti; oltre all'eventuale responsabilità civile del notaio per i danni arrecati.
Per un approfondimento dell'intera problematica in oggetto, v. PETRELLI, Le nuove regole in materia di aggiornamento delle risultanze catastali e di allineamento del catasto con le risultanze dei registri immobiliari, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Sono state pubblicate, nel primo semestre 2010, le seguenti disposizioni legislative e regolamentari regionali:
– Lazio:
- Deliberazione Giunta Regionale 5 febbraio 2010, n. 72 – Legge regionale 27 maggio 2008, n. 6. Presa d’atto del documento denominato Schema di Regolamento regionale «Sistema per la Certificazione di sostenibilità ambientale degli interventi di bioedilizia e l’accreditamento dei soggetti certificatori» (in Suppl. ord. n. 60 al B.U.R. n. 10 del 13.3.2010).
– Lombardia:
- Decreto Direttoriale 15 dicembre 2009, n. 14009 – Approvazione della procedura operativa per la realizzazione dei controlli sulla conformità degli attestati di certificazione energetica (in B.U.R. n. 1 del 4.1.2010).
- Decreto Direttoriale 15 dicembre 2009, n. 14006 – Precisazioni in merito all’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di certificazione energetica degli edifici e modifiche al D. Dirett. reg. 11 giugno 2009, n. 5796 (in B.U.R. n. 1 del 4.1.2010), in vigore dal 15 gennaio 2010.
In detto provvedimento si precisa:
- che l'autocertificazione prevista dalle Linee guida nazionali, con cui il proprietario dichiara che l’edificio oggetto di compravendita è di classe energetica G ed i costi per la gestione energetica dello stesso sono molto alti, non sostituisce l’attestato di certificazione energetica prevista da Regione Lombardia;
- che la validità dell'attestato di certificazione energetica non viene meno a seguito dell’aggiornamento delle disposizioni regionali per l’efficienza energetica in edilizia.
– Marche.
- Deliberazione Giunta Regionale 1 marzo 2010, n. 361 – Art. 4 lett. e) della legge regionale n. 14/2008 – D.G.R. n. 760/2009 allegato 3 – D.G.R. n. 1499/2009 – Piano di formazione e procedure per l’accreditamento dei certificatori della sostenibilità energetica e ambientale degli edifici, modifiche e integrazioni (in B.U.R. n. 25 del 12.3.2010).
- Deliberazione Giunta Regionale 1 marzo 2010, n. 359 – Art. 6 della legge regionale n. 14/1008 – D.G.R. n. 1141/2009 – Procedure regionali del sistema di certificazione della sostenibilità energetica e ambientale degli edifici, approvazione procedure integrative e relativa modulistica (in B.U.R. n. 25 del 12.3.2010).
In quest'ultimo provvedimento si precisa, tra l'altro, che il Certificato della sostenibilità energetico-ambientale dell'edificio ricomprende l'attestato di certificazione energetica come previsto nell'art. 6, comma 2, della legge regionale n. 14/2008.
– Puglia.
- Regolamento 10 febbraio 2010, n. 10 – Regolamento per la certificazione energetica degli edifici ai sensi del D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 (in Suppl. al B.U.R. n. 27 del 10.2.2010), in vigore dal giorno 11 aprile 2010.
Da quest'ultima data pertanto – ai sensi dell'art. 3, commi 2 e 3, del precedente Regolamento regionale 27 settembre 2007, n. 24 – l'attestato di certificazione energetica sostituisce, in Puglia, l'attestato di qualificazione energetica; gli AQE redatti anteriormente conservano tuttavia validità fino al giorno 11 aprile 2011.
- Deliberazione Giunta Regionale 25 marzo 2010, n. 924 – Certificazione di sostenibilità degli edifici a destinazione residenziale ai sensi della legge regionale “Norme per l’abitare sostenibile (artt. 9 e 10 l.r. n. 13/2008) – Specificazioni in merito alla D.G.R. n. 2272/2009 (in B.U.R. n. 73 del 23.4.2010), in vigore dal 13 maggio 2010.
- Determinazione 16 aprile 2010, n. 68 – Reg. 10 febbraio 2010, n. 10 – “Regolamento per la certificazione energetica degli edifici ai sensi del D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 –Accreditamento Certificatori Energetici degli Edifici Regione Puglia. Approvazione Linee Guida Procedura Telematica (in B.U.R. n. 72 del 22.4.2010).
- Deliberazione Giunta Regionale 13 aprile 2010, n. 1008 – D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 – “Attuazione della direttiva 2000/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”. Regolamento per la certificazione energetica degli edifici, 10 febbraio 2010, n. 10. Corsi di Formazione Professionale. Procedure per l’autorizzazione. Approvazione (in B.U.R. n. 81 del 5.5.2010), in vigore dal 20 maggio 2010.
- Deliberazione Giunta Regionale 13 aprile 2010, n. 1009 – D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 – “Attuazione della direttiva 2000/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”. Regolamento per la certificazione energetica degli edifici, 10 febbraio 2010, n. 10. Armonizzazione con la Certificazione di sostenibilità ambientale e ulteriori provvedimenti. Linee Guida di prima applicazione del Regolamento. Approvazione (in B.U.R. n. 81 del 5.5.2010), in vigore dal 20 maggio 2010.
Quest'ultimo provvedimento prevede, al § 6, che "fino a tutto il 30 settembre 2010, con riferimento agli edifici di superficie utile inferiore o uguale a 1000 mq ubicati nel territorio della regione Puglia, è consentita la possibilità di fare ricorso alla autocertificazione di cui al paragrafo 9 delle Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica degli edifici approvate con D.M. 26 giugno 2009 (in GU n. 158 del 10.7.2009), alle condizioni e prescrizioni ivi previste".
– Toscana.
- Decreto Presidente Giunta Regionale 25 febbraio 2010, n. 17/R – Regolamento di attuazione dell’articolo 23-sexies della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 39 (Disposizioni in materia di energia) Disciplina della certificazione energetica degli edifici. Attestato di certificazione energetica (in B.U.R. n. 12, parte prima, del 3.3.2010), in vigore dal 18 marzo 2010.
L'art. 3 del decreto prevede ipotesi di esclusione dall'obbligo di certificazione energetica, aggiuntive rispetto a quelle previste dalla legislazione nazionale. L'art. 19 prevede la trasmissione dell'attestato da parte del certificatore attraverso il sistema informativo regionale, e la registrazione in quest'ultimo con numero di identificazione progressivo.
A norma dell'art. 20:
"1. Prima della stipula dell’atto di trasferimento a titolo oneroso o prima della stipula del contratto di locazione, il soggetto certificatore incaricato dall’alienante o dal locatore trasmette l’attestato di certificazione energetica attraverso il sistema informativo regionale sull’efficienza energetica.
2. Agli attestati di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 19, commi 2 e 3.
3. Dell’attestato di certificazione energetica è fatta menzione nell’atto di trasferimento o nel contratto di locazione. In detti atti è indicato il numero di identificazione del sistema informativo sull’efficienza energetica attribuito all’attestato".
– Valle d'Aosta.
- Legge regionale 2 marzo 2010, n. 8 – Modificazioni alla legge regionale 18 aprile 2008, n. 21 (Disposizioni in materia di rendimento energetico nell’edilizia) (in B.U.R. n. 12 del 23 marzo 2010), in vigore dal 7 aprile 2010.
Il nuovo testo dell'art. 7, commi 9, 10 e 11, della legge regionale n. 21/2008, come sostituito dalla legge regionale n. 8/2010, ammette l'autocertificazione relativa all'appartenenza alla classe "G"; esso infatti recita:
"9. Nel caso di trasferimento di proprietà a titolo oneroso di un intero edificio o di singole unità immobiliari, l’attestato di certificazione energetica è messo a disposizione dell’acquirente a cura del venditore.
10. Ai fini di cui al comma 9, per gli edifici la cui superficie utile sia inferiore o uguale a 1000 metri quadrati, il proprietario può rilasciare all’acquirente una dichiarazione in cui attesta:
a) la scadente qualità energetica dell’immobile e i costi elevati per la gestione energetica dello stesso;
b) l’appartenenza dell’edificio alla classe energetica più bassa.
11. La dichiarazione di cui al comma 10 deve essere trasmessa, entro quindici giorni dalla data dell’atto di trasferimento di proprietà, al Centro osservazione e attività sull’energia (COA energia) di cui all’articolo 3 della legge regionale 3 gennaio 2006, n. 3 (Nuove disposizioni in materia di interventi regionali per la promozione dell’uso razionale dell’energia)".
Per lo stato attuale complessivo della normativa regionale (oltre che nazionale), cfr. PETRELLI, Certificazione energetica degli edifici. Prospetto sinottico nazionale e regionale (26 giugno 2010), in http://www.gaetanopetrelli.it.
La Direttiva 19 maggio 2010, n. 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla prestazione energetica nell'edilizia (in G.U.U.E. n. L153 del 18 giugno 2010) ha sostituito la Direttiva 2002/91/CE, con modifiche sostanziali rispetto alla disciplina di quest'ultima. L'art. 29 prevede, appunto, l'abrogazione della precedente direttiva con effetto dal 1° febbraio 2012, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale previsti all'art. 28, di cui infra.
Viene innanzitutto precisato che l'obiettivo del nuovo "attestato di prestazione energetica" è quello di fornire ai potenziali acquirenti e locatari di un edificio o di un'unità immobiliare dati corretti sulla prestazione energetica dell'edificio e consigli pratici per migliorare tale rendimento ("considerando" n. 22), allo scopo di introdurre "un elemento di trasparenza sul mercato immobiliare dell'Unione, a beneficio dei potenziali acquirenti o utilizzatori dell'immobile" ("considerando" n. 27). L'art. 11, comma 1, ribadisce che "L'attestato di prestazione energetica comprende la prestazione energetica di un edificio e valori di riferimento quali i requisiti minimi di prestazione energetica al fine di consentire ai proprietari o locatari dell'edificio o dell'unità immobiliare di valutare e raffrontare la prestazione energetica".
L'«attestato di prestazione energetica» viene definito dall'art. 2, n. 12, come il "documento riconosciuto da uno Stato membro o da una persona giuridica da esso designata in cui figura il valore risultante dal calcolo della prestazione energetica di un edificio o di un'unità immobiliare effettuato seguendo una metodologia adottata in conformità dell'articolo 3".
Il contenuto dell'attestato è disciplinato in dettaglio dall'art. 11, che detta inoltre prescrizioni differenziate per la certificazione di singole unità immobiliari o di abitazioni monofamiliari, e fissa in dieci anni la durata massima di validità dell'attestato.
Ai sensi dell'art. 17, comma 1, gli Stati membri garantiscono che la certificazione della prestazione energetica degli edifici sia effettuata in maniera indipendente da esperti qualificati e/o accreditati, operanti in qualità di lavoratori autonomi o come dipendenti di enti pubblici o di imprese private.
A norma dell'art. 12, comma 1, gli Stati membri provvedono affinché un attestato di prestazione energetica sia rilasciato, tra l'altro, per gli edifici o le unità immobiliari costruiti, venduti o locati ad un nuovo locatario.
Ai sensi dell'art. 12, commi 2, 3 e 4:
"2. Gli Stati membri dispongono che, in caso di costruzione, vendita o locazione di edifici o unità immobiliari, l'attestato di prestazione energetica (o copia dello stesso) sia mostrato al potenziale acquirente o nuovo locatario e consegnato all'acquirente o al nuovo locatario.
3. In caso di vendita o locazione di un edificio prima della sua costruzione, gli Stati membri possono disporre, in deroga ai paragrafi 1 e 2, che il venditore fornisca una valutazione della futura prestazione energetica dell'edificio; in tal caso, l'attestato di prestazione energetica è rilasciato entro la fine della costruzione dell'edificio.
4. Gli Stati membri dispongono che, in caso di offerta in vendita o in locazione di:
- edifici aventi un attestato di prestazione energetica,
- unità immobiliari in edifici aventi un attestato di prestazione energetica, e
- unità immobiliari aventi un attestato di prestazione energetica
l'indicatore di prestazione energetica che figura nell'attestato di prestazione energetica dell'edificio o dell'unità immobiliare, secondo il caso, sia riportato in tutti gli annunci dei mezzi di comunicazione commerciali".
Viene quindi disciplinata – a differenza della precedente direttiva – anche la fase precontrattuale, comprensiva della vendita o promessa in vendita di edifici futuri. Ciò comporta l'estensione dell'obbligo di certificazione energetica già in sede di contratto preliminare di compravendita.
In base al combinato disposto degli artt. 4, comma 2, e 12, comma 6, gli Stati membri possono escludere le seguenti categorie edilizie dall'applicazione, tra l'altro, dei paragrafi 1, 2 e 4 dell'art. 12, sopra descritti, riguardo all'attestato di prestazione energetica; e quindi possono decidere di non assoggettare a certificazione energetica le seguenti categorie edilizie:
a) edifici ufficialmente protetti come patrimonio designato o in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, nella misura in cui il rispetto di determinati requisiti minimi di prestazione energetica implichi un'alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto;
b) edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose;
c) fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali a basso fabbisogno energetico, nonché edifici agricoli non residenziali utilizzati in un settore disciplinato da un accordo nazionale settoriale sulla prestazione energetica;
d) edifici residenziali che sono utilizzati o sono destinati ad essere utilizzati meno di quattro mesi all'anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell'anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo che risulterebbe dall'utilizzazione durante l'intero anno;
e) fabbricati indipendenti con una metratura utile totale inferiore a 50 metri quadri.
Ai sensi dell'art. 27, gli Stati membri stabiliscono le norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in forza della direttiva e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Pertanto, l'attuale legislazione nazionale italiana, che non prevede alcuna sanzione per la mancata consegna all'acquirente o al locatario dell'attestato di certificazione energetica, deve essere modificata, al fine dell'adeguamento alla direttiva comunitaria.
L'art. 18 dispone in ordine ai controlli ed alle verifiche sugli attestati di prestazione energetica, con obbligo per gli Stati membri di disporre che gli attestati di prestazione energetica e i rapporti di ispezione di cui al paragrafo 1 siano messi a disposizione delle autorità o degli organismi competenti che ne fanno richiesta.
A norma dell'art. 28, gli Stati membri:
- devono adottare e pubblicare, entro e non oltre il 9 luglio 2012, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 2 a 18 e agli articoli 20 e 27 (entro tale data devono quindi emanare le disposizioni riguardanti la dotazione e consegna degli attestati di prestazione energetica);
- devono applicare le disposizioni relative agli articoli 2, 3, 9, 11, 12, 13, 17, 18, 20 e 27 al più tardi a decorrere dal 9 gennaio 2013 (entro questa data, quindi, le disposizioni riguardanti la dotazione e consegna degli attestati di prestazione energetica devono entrare in vigore).
Con D.M. 26 marzo 2010 (in G.U. n. 79 del 6.4.2010), in vigore dal 6 aprile 2010, di seguito "decreto", sono state approvate le modalità di erogazione delle risorse del Fondo, previsto per l'acquisto di immobili ad alta efficienza energetica dall'articolo 4 del D.L. 25 marzo 2010, n. 40 (in G.U. n. 71 del 26.3.2010), in vigore dal 26 marzo 2010, convertito in legge 22 maggio 2010, n. 73 (in G.U. n. 120 del 25.5.2010).
Dal combinato disposto dell'art. 2, comma 1, e dell'art. 3 del decreto, si desume che per l'acquisto di immobili gli incentivi sono erogati direttamente all'acquirente (mentre gli altri incentivi sono praticati sotto forma di "sconto" da parte del venditore, il quale poi richiede gli incentivi). Interpretazione, questa, che è stata avallata dal Ministero dello sviluppo economico (in tal senso si esprimono chiaramente le istruzioni diffuse sul sito: "http://incentivi2010.sviluppoeconomico.gov.it/".
Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. s), del decreto, il contributo è pari a:
A) – 83 euro per metro quadrato di superficie utile e nel limite massimo di 5000 euro, per l'acquisto di immobili di nuova costruzione, come prima abitazione della famiglia (non è però richiesto che ricorrano i requisiti ai fini delle agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa), con fabbisogno di energia primaria migliore almeno del 30% rispetto ai valori di cui all'allegato C, n. 1, della Tabella 1.3 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni (classe energetica "B");
B) – 116 euro per metro quadrato di superficie utile e nel limite massimo di 7000 euro, per l'acquisto di immobile (che sembra, dalla lettera della norma, poter essere anche immobile diverso dalla prima abitazione della famiglia, mentre il requisito della "nuova costruzione" sembra necessario anche in questo caso, a norma dell'art. 3 del decreto. Peraltro le istruzioni ministeriali parlano per tutti i casi di "prima casa") con fabbisogno di energia primaria migliore almeno del 50% rispetto ai valori di cui all'allegato C, n. 1, della Tabella 1.3 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni (classe energetica "A").
Il raggiungimento delle prestazioni energetiche di cui sopra (classi "A" e "B" deve essere certificato da un soggetto accreditato con l'attestato di certificazione energetica, di cui al d. lgs. n. 192/2005 (e corrispondente normativa regionale).
I contributi di cui sopra sono corrisposti in dipendenza di atti di vendita stipulati a partire dal 6 aprile 2010 ed entro il 31 dicembre 2010, fino ad esaurimento dei fondi disponibili (art. 2, comma 2, del decreto).
I medesimi contributi sono cumulabili con altri benefici previsti sul medesimo bene dalle vigenti disposizioni (in particolare, con il beneficio della detrazione per interventi di ristrutturazione edilizia) (art. 2, comma 5, del decreto).
A norma dell'art. 3 del decreto, presupposti per la concessione del contributo sono i seguenti:
1) – il preliminare di compravendita deve essere stipulato, con atto di data certa (mediante la registrazione, o altro modo ex art. 2704 c.c.) successiva al 6 aprile 2010;
2) – all'atto di compravendita, ai soli fini dell'ottenimento dei contributi, deve essere allegato l'attestato di certificazione energetica, rilasciato da un soggetto accreditato (anche, quindi, laddove la legge regionale non preveda l'obbligo di allegazione); dall'attestato deve risultare l'appartenenza alle classi energetiche "A" o "B";
3) – l'incentivo deve essere "prenotato" dal venditore, in possesso dell'attestato di certificazione energetica, "entro venti giorni precedenti la stipula del contratto definitivo di compravendita", "nei confronti del soggetto di cui all'art. 4";
4) – la volontà di usufruire dell'incentivo, e quindi la prenotazione, deve essere "confermata in sede di stipula del contratto di compravendita", mediante apposita dichiarazione (che è opportuno venga resa da entrambe le parti) da inserirsi nel medesimo atto definitivo di compravendita;
5) - entro quarantacinque giorni dalla stipula l'acquirente deve trasmettere al soggetto indicato dall'art. 4 del decreto copia autentica dell'atto munita degli estremi della registrazione.
Dalle istruzioni, diffuse tramite il sito internet del Ministero dello sviluppo economico, si desume quanto segue:
1) - i soggetti interessati possono acquistare i beni con gli incentivi dal 15 aprile 2010;
2) - i venditori devono farsi carico della verifica della disponibilità dei fondi e della prenotazione prevista per l'acquisto del bene;
3) – a partire dal 6 aprile i venditori possono registrarsi per l'erogazione degli incentivi chiamando il numero verde 800 556 670;
4) – per registrarsi occorre fornire:
- Codice fiscale
- Codice REA e provincia
- CAP e località della sede dell'esercizio;
5) – al termine della registrazione viene fornito il Codice identificativo del venditore da utilizzare per le prenotazioni;
6) – la registrazione non dà nessuna priorità sulla prenotazione dei contributi, ma ha il solo scopo di fornire a ciascun venditore un codice identificativo da utilizzare, a partire dal 15 aprile, per la prenotazione dei contributi stessi;
7) – per l'acquisto di immobili non viene praticata la riduzione di prezzo. La prenotazione sarà a cura del costruttore/venditore; il contributo sarà riconosciuto direttamente all'acquirente;
8) – la prenotazione deve essere effettuata disponendo dei dati seguenti:
- settore di appartenenza dell'immobile;
- tipologia di immobile (classe "A", o classe "B");
- superficie utile sulla quale viene calcolato il contributo;
- estremi dell'acquirente (codice fiscale e dati bancari);
- prezzo base (al lordo di IVA);
9) – a cura dell'acquirente, deve essere inviata la seguente documentazione:
- richiesta di rimborso contenente la ricevuta di registrazione e l'autodichiarazione firmata in formato Check list dei documenti allegati (compilabile e scaricabile dal portale);
- copia di documento identità dell'acquirente;
- codice fiscale dell'acquirente;
- dati bancari dell'acquirente;
- copia del contratto definitivo di compravendita "che dovrà riportare l'indicazione dell'incentivo";
8) – per informazioni:
- incentivi2010.sviluppoeconomico.gov.it
- www.poste.it
- Call center: 800 123 450 da rete fissa (gratuito) - 199 123 450 da rete mobile.
Le norme in vigore richiedono, nell'atto notarile definitivo, unicamente la "conferma della prenotazione dell'incentivo".
Può essere tuttavia opportuno (anche se non obbligatorio) indicare gli estremi esatti della prenotazione dell'incentivo, nonché la superficie utile dell'abitazione acquistata, unitamente alla espressa dichiarazione che si tratta di nuova costruzione e di "prima abitazione della famiglia", nonché la precisazione dell'onere in capo all'acquirente di trasmettere copia autentica dell'atto, munita degli estremi di registrazione, unitamente alla restante documentazione richiesta dalle istruzioni, entro quarantacinque giorni dalla stipula.
Il D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 (in G.U. n. 53 del 5.3.2010), in vigore dal 20 marzo 2010, ha dettato disposizioni in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, in attuazione della delega contenuta nell'art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
- CARATTERI DELLA MEDIAZIONE.
Caratteristiche della mediazione, come disciplinata dal d. lgs. n. 28/2010, sono:
a) – la finalizzazione della stessa alla conciliazione stragiudiziale, ossia alla composizione delle controversie civili e commerciali (art. 1, lett. c), con esclusione di qualsiasi potere del mediatore di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio (art. 1, lett. b). Pertanto, la mediazione è il mezzo e la conciliazione è il fine;
b) – l'imparzialità e terzietà del mediatore rispetto alle parti in lite (art. 1, lett. a);
c) – la natura "ibrida" del modello di mediazione accolto, che per un verso è finalizzato "ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia" (c.d. mediazione facilitativa), per altro verso può sfociare "nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa" (art. 1, lett. a);
d) – l'oggetto della controversia deve avere ad oggetto "diritti disponibili" (art. 2, comma 1).
- FUNZIONE DI MEDIATORE E ORGANISMO DI MEDIAZIONE.
La funzione di mediatore è svolta da una o più persone fisiche, individualmente o collegialmente (art. 1, lett. b), nominate dall'organismo di mediazione, scelto dalle parti (art. 3, comma 1)
A norma dell'art. 16, comma 1, gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione. L'organismo deve essere iscritto nell'apposito registro previsto dall'art. 16 (transitoriamente, a norma dell'art. 1, lett. e), nel registro degli organismi di conciliazione istituito dal d.m. 23 luglio 2004, n. 222).
L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati (art. 16, comma 3).
Gli organismi costituiti presso i consigli degli ordini professionali, e quelli istituiti dalle camere di commercio, sono iscritti nel registro a semplice domanda (art. 19).
Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell'opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti (art. 14, comma 1).
L'art. 22 estende al mediatore gli obblighi previsti dal d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (viene aggiunto il numero 5-bis all'art. 10, comma 2, lett. e) di detto decreto), in materia di contrasto del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo, con esclusione degli obblighi di identificazione e di registrazione.
- ACCESSO E PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE.
L'avvocato, a cui la parte in lite si rivolge, ha l'obbligo, a pena di annullabilità del contratto d'opera professionale, di informare la stessa della possibilità di mediazione, delle relative agevolazioni fiscali e dell'eventuale natura di condizione di procedibilità della stessa (art. 4, comma 3).
Il giudice, al di fuori dei casi di improcedibilità, può invitare le parti a procedere alla mediazione, prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni (art. 5, comma 2).
Il procedimento di mediazione si svolge senza formalità (art. 8, comma 2), ed è disciplinato dal regolamento dell'organismo di mediazione (art. 3). Esso ha durata non superiore a quattro mesi (art. 6). La scadenza del termine autorizza, probabilmente, le parti ad abbandonare il tentativo di mediazione, e rappresenta giustificato motivo di rifiuto della proposta tardiva del mediatore.
Il contenuto del regolamento di mediazione è rimesso all'autonomia privata, salvo che per alcuni vincoli disciplinati dalla legge: in particolare, il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell'art. 9, nonché modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l'imparzialità e l'idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico (art. 3, comma 2); il regolamento deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti (art. 8, comma 4); il regolamento deve determinare le formule ai fini della dichiarazione di imparzialità del mediatore (art. 14, comma 2, lett. a); il regolamento individua la diversa competenza a decidere sull'istanza, quando la mediazione è svolta dal responsabile dell'organismo (art. 14, comma 3); nel regolamento devono essere previste le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati, e al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati (art. 16, comma 3).
All'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda (art. 8, comma 1).
Il procedimento si svolge presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell'organismo (art. 8, comma 2). Ciò significa che la mediazione può aver luogo presso lo studio professionale del mediatore solo se il regolamento lo prevede espressamente.
Sussiste specifico obbligo di riservatezza del mediatore (art. 9): nel caso in cui il procedimento si svolga secondo la tecnica delle "sessioni separate", l'obbligo di riservatezza vale anche nei confronti delle altre parti. Per di più, le dichiarazioni rese durante il procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel successivo giudizio, salvo consenso della parte interessata, e vige l'obbligo di segreto professionale (art. 10).
- ORGANISMO DI MEDIAZIONE COMPETENTE.
Per quanto, specificamente, riguarda l'individuazione dell'organismo di mediazione competente, occorre distinguere due situazioni:
1) – Nel caso in cui le parti non hanno stipulato alcuna clausola di mediazione o conciliazione, né alcun accordo successivo alla stipula del contratto di cui si tratta, ovvero se detta clausola o detto accordo non indicano l'organismo competente, vale il "principio della prevenzione": la mediazione si svolge davanti all'organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda (artt. 4, comma 1, e 5, comma 5). Questa disposizione potrebbe dar luogo ad abusi (ad esempio, ricorso ad organismi di mediazione graditi all'istante e lontani dal luogo di residenza della controparte), ad ovviare ai quali occorrerà verificare la sufficienza della generale clausola di buona fede (oltre, eventualmente, ad una estensione analogica di disposizioni particolari, quali quella del foro del consumatore): il tutto al fine di escludere che dalla mancata partecipazione alla mediazione – in queste ipotesi di abuso – possano ricavarsi elementi di prova a carico del soggetto in questione.
2) – Nel caso in cui il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione, la quale individua l'organismo competente, la mediazione si svolge presso quest'ultimo, al quale va presentata la relativa domanda. Nell'ipotesi in cui, nonostante la clausola, venga iniziato un processo civile senza esperire il tentativo di conciliazione, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine per la conclusione della mediazione (art. 5, comma 5).
- LA MEDIAZIONE COME CONDIZIONE DI PROCEDIBILITÀ.
A norma dell'art. 5, comma 1, e dell'art. 24, a decorrere dal 20 marzo 2011 l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale con riferimento alle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
In particolare, è compresa tra le ipotesi di improcedibilità l'intera materia dei diritti reali. Ai fini di una esatta delimitazione di questa categoria di controversie, è utile la giurisprudenza formatasi nell'interpretazione dell'art. 22 c.p.c.: è necessario che la controversia abbia ad oggetto l’accertamento, positivo o negativo, di un diritto reale su un bene immobile, dei modi di costituzione dello stesso ovvero delle posizioni soggettive, attive o passive, che direttamente ne derivano, con esclusione delle azioni personali – ad esempio, domande di restituzione, conseguenti a patologie negoziali – che non hanno natura reale (cfr. Cass. 3 settembre 2007, n. 18554; Cass. 8 giugno 2006, n. 13353).
È, ancora, compresa la materia delle successioni mortis causa (ivi incluse, ad es., le controversie conseguenti a lesione di legittima, o invalidità testamentarie), mentre è esclusa la materia dei rapporti di famiglia (ed anche dei regimi matrimoniali).
Non è inoltre compresa tra le ipotesi di improcedibilità l'intera materia contrattuale: sono contemplati solamente alcuni contratti tipici (locazione, comodato, affitto di azienda, patto di famiglia, contratti bancari, finanziari e assicurativi). Relativamente agli altri contratti (es., cessione di azienda, cessione di partecipazioni sociali, contratto preliminare), ed alle azioni personali relative a contratti traslativi e costitutivi di diritti reali (es., azione di nullità, annullamento, risoluzione), la mediazione non costituisce condizione di procedibilità della domanda.
Con la precisazione che, sempre ai sensi del comma 1 dell'art. 5:
1) – trattandosi di controversie derivanti da contratti di investimento, insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori, deve essere esperita la procedura di conciliazione disciplinata dal d. lgs. 8 ottobre 2007, n. 179. Con Deliberazione Consob 4 marzo 2010, n. 17204 (in G.U. n. 67 del 22.3.2010) è stato approvato lo statuto della Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob. Con Deliberazione Consob 4 marzo 2010, n. 17205 (in G.U. n. 67 del 22 marzo 2010) è stato approvato il codice deontologico dei conciliatori e degli arbitri iscritti negli elenchi tenuti dalla Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob;
2) – trattandosi di altri contratti bancari e finanziari, si applica la procedura conciliativa disciplinata dall'art. 128-bis del d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385.
L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
- LA MEDIAZIONE COME OBBLIGO DELLE PARTI. CLAUSOLE DI CONCILIAZIONE.
Sia nei casi in cui la mediazione è prevista come condizione di procedibilità, sia in tutti gli altri casi, le parti possono pattuire – con apposita clausola di mediazione o conciliazione, da inserirsi nel contratto, nell'atto costitutivo o nello statuto, ovvero con apposito accordo successivo al contratto – l'obbligo di esperire un tentativo di mediazione. In questa ipotesi, l'inizio di un processo, in violazione di tale obbligo, integra gli estremi dell'inadempimento contrattuale.
A norma dell'art. 5, comma 5, "se il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6". Questa disposizione generalizza la "vincolatività" della clausola di conciliazione, e fa venir meno qualunque dubbio in ordine alla compatibilità della mediazione con la disciplina della giurisdizione (e con il principio di indisponibilità dei presupposti processuali).
La clausola di conciliazione è quindi sempre opportuna:
a) – al fine di esperire il tentativo di mediazione nei casi in cui questa altrimenti non avrebbe luogo, non essendo condizione di procedibilità dell'azione;
b) – nei casi in cui la mediazione è condizione di procedibilità, al fine di scegliere l'organismo di conciliazione competente, e – a parte le conseguenze processuali, previste dall'art. 5, comma 5 – al fine di assoggettare la parte che tenti di sottrarvisi alle conseguenze dell'inadempimento dell'obbligazione.
La clausola di conciliazione può, d'altra parte, prevedere un termine più breve di quello, massimo, fissato dall'art. 6 (prevedendo ad esempio il ricorso all'arbitrato una volta decorso tale termine). Nulla esclude che la stessa clausola di conciliazione detti disposizioni in ordine al procedimento di mediazione, nei limiti di compatibilità con gli artt. 3 ss. del d. lgs. n. 28/2010.
- MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE IN MATERIA SOCIETARIA.
L'art. 23, comma 1, ha abrogato gli articoli da 38 a 40 del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, che disciplinavano specificamente la conciliazione in materia societaria; precisa che i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del d. lgs. n. 28/1010.
Pertanto, a partire dal 20 marzo 2010, la conciliazione in materia societaria è interamente regolata dalla disciplina generale, dettata per la mediazione e conciliazione dal d. lgs. n. 28/2010.
La materia societaria non rientra tra quelle per le quali l'art. 5, comma 1, prevede la mediazione come condizione di procedibilità. Conseguentemente, la previsione nel contratto sociale o nello statuto di una clausola di conciliazione appare opportuna, ogni qualvolta si intenda avvalersi della possibilità della mediazione scegliendo preventivamente l'organismo competente.
Rimangono invece in vigore le disposizioni del d. lgs. n. 5/2003 in materia di arbitrato societario.
- MEDIAZIONE E ARBITRATO.
Nessun nesso è stabilito tra la legge tra la procedura di mediazione e quella eventuale di arbitrato.
Sono legittime ed anzi possono risultare opportune clausole c.d. multi-step, che prevedano il ricorso all'arbitrato nell'ipotesi in cui la mediazione non conduca alla conciliazione entro il termine stabilito.
- CONSEGUENZE DELLA MANCATA PARTECIPAZIONE ALLA MEDIAZIONE.
A norma dell'art. 8, comma 5, "Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile".
Inoltre, se le parti si sono obbligate ad esperire un tentativo di mediazione, si applicano le disposizioni del codice civile sull'inadempimento delle obbligazioni.
- RAPPORTI TRA MEDIAZIONE E DOMANDA GIUDIZIALE.
A norma dell'art. 5, comma 3, lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale. Ciò significa:
- che la parte interessata può sempre esperire procedimenti monitori (al fine di ottenere decreto ingiuntivo) e cautelari (es., sequestro conservativo);
- che la parte, che abbia interesse ad opporre ai terzi la sentenza o il lodo, nell'ipotesi in cui il tentativo di mediazione non andasse a buon fine, ha comunque l'onere di notificare citazione in giudizio alla controparte (pur senza iscriverla a ruolo), trascrivendo quindi la relativa domanda giudiziale.
La domanda di mediazione produce inoltre, dal momento della comunicazione alle altre parti, gli effetti della domanda giudiziale sulla prescrizione (e impedisce la decadenza, per una sola volta) (art. 5, comma 6).
- MANCATA CONCILIAZIONE E PROPOSTA DI CONCILIAZIONE.
Se, a seguito della mediazione, l'accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. A norma dell'art. 11, comma 4, se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale negativo, con l'indicazione dell'eventuale proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento (art. 11, comma 1). La proposta si intende rifiutata, in caso di mancata risposta nel termine (art. 11, comma 2).
Il mediatore è obbligato a formulare le proposte di conciliazione nel rispetto del limite dell'ordine pubblico e delle norme imperative (art. 14, comma 2, lett. c).
Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile (art. 13).
- ACCORDO DI CONCILIAZIONE.
Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell'accordo medesimo (art. 11, comma 1). Il processo verbale deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere (art. 11, comma 3, primo periodo). La "certificazione dell'autografia" non costituisce autentica delle sottoscrizioni: nessuna disposizione impone che la sottoscrizione venga apposta in presenza del mediatore, né attribuisce a quest'ultimo qualifica di pubblico ufficiale, imponendogli gli obblighi di controllo di legalità che la legge sancisce in relazione all'autentica delle sottoscrizioni; inoltre, nessuna formalità è prescritta per tale "certificazione di autografia", che ha pertanto luogo ai soli fini procedimentali della mediazione.
L'accordo di conciliazione è un negozio giuridico di diritto privato, in tutto e per tutto soggetto alla relativa disciplina. Il relativo contenuto può essere il più vario, così come la relativa causa negoziale: escluso in ogni caso che possa configurarsi una autonoma "causa di conciliazione", può trattarsi di una transazione, di una divisione, di una compravendita, di una permuta, di un contratto atipico con causa meritevole di tutela, ecc.
Deve in ogni caso trattarsi di negozio giuridico non in contrasto con l'ordine pubblico o con norme imperative. E devono essere rispettate le prescrizioni di legge che impongono determinati contenuti e/o forme, a pena di invalidità. Si pensi in particolare – allorché l'accordo abbia ad oggetto diritti reali su beni immobili – agli obblighi di allegazione di certificati di destinazione urbanistica (ex art. 30 del d.p.r. n. 380/2001), o di attestati di certificazione energetica (quando previsti dalla legislazione regionale), agli obblighi di dichiarazione previsti in relazione ai fabbricati dall'art. 46 del d.p.r. n. 380/2001, agli obblighi di dichiarazione riguardo all'identificazione catastale, da ultimo imposti dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78/2010.
A norma dell'art. 12 del d.lgs. n. 28/2010, "Il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all'ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del Presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo". Nelle controversie transfrontaliere di cui all'art. 2 della Direttiva 2008/52/CE, il verbale è omologato dal Presidente del tribunale nel cui circondario l'accordo deve avere esecuzione. Detto verbale costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
- PUBBLICITÀ LEGALE ED AUTENTICITÀ DELL'ACCORDO DI CONCILIAZIONE.
Ai sensi dell'art. 11, comma 3, secondo periodo, "Se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato". La disposizione contempla, espressamente, la trascrizione immobiliare "tipica", richiedendo a tal fine l'intervento di un notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ai fini dell'autentica delle sottoscrizioni delle parti, e quindi della formazione del titolo idoneo alla trascrizione (artt. 2703 e 2657 c.c.). Ciò in quanto il notaio è tenuto, a differenza del mediatore che non ha qualifica di pubblico ufficiale, e può non avere la necessaria competenza tecnica, al controllo di legalità dell'accordo (art. 28 l. not.), all'accertamento dell'identità personale (art. 49 l. not.), della legittimazione delle parti (art. 54 reg. not.), della relativa volontà e capacità (art. 47 l. not.).
La formulazione letterale della norma – che alla stregua di "sineddoche" contempla solo la fattispecie considerata come principale – deve essere tuttavia interpretata estensivamente e sistematicamente. Pertanto:
1) – sebbene la disposizione si limiti a far cenno all'autenticazione delle sottoscrizioni, deve ammettersi la possibilità che l'"accordo amichevole" sia formalizzato per atto pubblico (art. 2699 c.c.), che ai sensi del vigente codice deontologico notarile costituisce la modalità primaria di intervento del notaio;
2) – sono ipotizzabili diverse modalità alternative di formalizzazione dell'accordo:
2a) – l'atto pubblico può essere formato anteriormente al verbale di conciliazione, ed essere quindi allegato ad esso a norma dell'art. 11, comma 1, del d. lgs. n. 28/2010;
2b) – l'accordo di conciliazione può essere redatto in forma di scrittura privata non autenticata, e quindi essere "ripetuto" in forma pubblica dinanzi al notaio;
2c) – l'accordo di conciliazione, redatto in forma di scrittura privata non autenticata, può essere allegato a verbale di deposito, redatto dal notaio, sottoscritto da tutte le parti le quali possono confermare la propria volontà, dando luogo in tal modo ad un titolo idoneo ai fini della pubblicità legale;
2d) – l'accordo di conciliazione può essere redatto in forma di scrittura privata, ed essere sottoscritto per la prima volta dinanzi al notaio, che ne autentica le sottoscrizioni;
2e) – la funzione di mediatore può essere occasionalmente svolta dal notaio, il quale può quindi intervenire nelle due rispettive vesti di mediatore e pubblico ufficiale rogante o autenticante (dovendo peraltro essere distinti, in tali ipotesi, i due diversi ruoli assunti, ciascuno dei quali è autonomo e regolato da norme distinte);
3) – l'obbligo di registrazione fiscale dell'accordo di conciliazione grava sul notaio, nell'ipotesi in cui lo stesso accordo abbia forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata; negli altri casi grava sulle parti, non essendo sancìto alcun obbligo del mediatore al riguardo;
4) – nonostante la legge faccia riferimento espresso alla sola trascrizione ex art. 2643 c.c., devono ritenersi ricomprese nella previsione tutte le fattispecie di trascrizioni (es., di contratti preliminari ex art. 2645-bis, di vincoli di destinazione ex art. 2645-ter, di convenzioni matrimoniali ex art. 2647, di divisioni ex art. 2646, ecc.);
5) – alla stessa regola di autenticità devono ritenersi sottoposte anche le altre ipotesi in cui l'accordo di conciliazione sia soggetto a pubblicità in un registro, per cui vale il principio di autenticità (si pensi all'iscrizione nel registro delle imprese, alla trascrizione nei registri della proprietà industriale, alla trascrizione degli atti relativi a beni mobili registrati, ecc.).
- AGEVOLAZIONI FISCALI.
Ai sensi dell'art. 17, comma 2, "Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura". L'espressione "tassa" è atecnica, come dimostra del resto l'attributo "di qualsiasi specie e natura". L'espressione "spesa" appare idonea a ricomprendere anche diritti di segreteria, di cancelleria, ed altre simili, la cui natura di tassa o imposta può essere dubbia. Conseguentemente, l'accordo di conciliazione deve ritenersi esente da imposte di bollo, ipotecarie e catastali, da tassa di archivio, da diritti di segreteria per l'iscrizione nel registro delle imprese, e in genere – salva l'eccezione del successivo comma 3 – da qualsiasi tassa ed imposta.
A norma dell'art. 17, comma 3, "Il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l'imposta è dovuta per la parte eccedente". La previsione del comma 3 costituisce quindi eccezione alla regola generale di esenzione prevista dal comma 2, e come tale va interpretata restrittivamente: con riferimento alla sola imposta di registro, l'esenzione è stabilita solo entro la soglia di valore di 50.000 euro.
Alle parti che corrispondono l'indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d'imposta commisurato all'indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d'imposta è ridotto della metà (art. 20, comma 1).
Cfr., sulla disciplina dettata dal d. lgs. n. 28/2010, BRUNELLI, La mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, in FederNotizie, 2010, 3, p. 109; FABIANI-LEO, Il nuovo procedimento di mediazione di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28: note a prima lettura, in Cnn Notizie del 10 maggio 2010; ZUCCONI GALLI FONSECA, La nuova mediazione nella prospettiva europea: note a prima lettura, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, p. 653; BOVE, La mancata comparizione innanzi al mediatore, in Società, 2010, p. 759; AMBROSI-D'AURIA, La mediazione per la conciliazione delle controversie civili e commerciali, in Famiglia, persone e successioni, 2010, p. 477; PAGNI-ARMONE-PORRECA, Mediazione e processo nelle controversie civili e commerciali: risoluzione negoziale delle liti e tutela giudiziale dei diritti, in Società, 2010, p. 619.
Sulla Direttiva 2008/52/CE in materia di mediazioni transfrontaliere, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 94 del 23.4.2010), in vigore dal giorno 8 maggio 2010, ha dettato disposizioni attuative della Direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno.
Le disposizioni del decreto si applicano a qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale (art. 1, comma 1). A norma dell'art. 8, comma 1, lett. a), per servizio si intende "qualsiasi prestazione anche a carattere intellettuale svolta in forma imprenditoriale o professionale, fornita senza vincolo di subordinazione e normalmente fornita dietro retribuzione; i servizi non economici non costituiscono servizi ai sensi del presente decreto".
Le norme del decreto non trovano, invece, applicazione alle attività connesse con l'esercizio di pubblici poteri, quando le stesse implichino una partecipazione diretta e specifica all'esercizio del potere pubblico e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato e delle altre collettività pubbliche (art. 2, comma 1, lett. a).
L'art. 7, lett. f), dispone poi espressamente che le disposizioni del decreto non si applicano ai servizi forniti dai notai.
Nei limiti indicati dal decreto, l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie (art. 10, comma 1); l'art. 11 elenca le restrizioni vietate alla libera prestazione dei servizi.
A norma dell'art. 12, nei casi in cui sussistono motivi imperativi di interesse generale, l'accesso e l'esercizio di una attività di servizio possono, nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione, essere subordinati, tra l'altro, al rispetto di requisiti quali: restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori; requisiti che impongono al prestatore di avere un determinato statuto giuridico; tariffe obbligatorie minime o massime che il prestatore deve rispettare.
Fatte salve le disposizioni istitutive e relative ad ordini, collegi e albi professionali, regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo (art. 14, comma 1).
La prestazione temporanea e occasionale di servizi è consentita ai cittadini comunitari e agli altri prestatori aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale all'interno dell'Unione europea, quando sono stabiliti in uno Stato membro (art. 20, comma 1). L'art. 21 enumera i requisiti che non possono essere richiesti ai prestatori di servizi (es., l'obbligo del prestatore di essere stabilito in Italia, le restrizioni alla libera prestazione di servizi, ecc.), salvo che siano giustificati da motivi imperativi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell'ambiente, in conformità con i principi di non discriminazione e proporzionalità. L'art. 22, lett. n), dispone peraltro l'inapplicabilità dei suddetti artt. 20 e 21 agli "agli atti per i quali la legge richiede l'intervento di un notaio". La lettera q) del medesimo art. 22 ne prevede l'inapplicabilità anche alle disposizioni riguardanti obblighi contrattuali e non contrattuali, compresa la forma dei contratti, determinate in virtù delle norme di diritto internazionale privato.
A norma dell'art. 27, nei casi in cui è prescritto a un prestatore o a un destinatario di fornire un certificato, un attestato o qualsiasi altro documento comprovante il rispetto di un requisito, costituisce documentazione idonea quella rilasciata da un altro Stato membro che abbia finalità equivalenti o dalla quale risulti che il requisito in questione è rispettato. Documenti rilasciati da un altro Stato membro sotto forma di originale, di copia conforme o di traduzione autenticata possono essere richiesti solo nei casi previsti da altre disposizioni di attuazione di norme comunitarie o per motivi imperativi d'interesse generale. Queste disposizioni non si applicano agli atti relativi a società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata per i quali sia prescritta o consentita la pubblicità nel registro delle imprese.
A norma dell'art. 31, i prestatori di servizi devono fornire al destinatario in modo chiaro e senza ambiguità, in tempo utile prima della stipula del contratto o in ogni caso prima della prestazione del servizio, alcune informazioni, tra le quali: nome, status e forma giuridica, indirizzo postale al quale sono stabiliti e tutti i dati necessari per entrare rapidamente in contatto e comunicare con i prestatori direttamente e, se del caso, per via elettronica; ove siano iscritti in un registro commerciale o altro registro pubblico analogo, la denominazione di tale registro e il numero di immatricolazione o mezzi equivalenti atti ad identificarli in tale registro; ove esercitino un'attività soggetta all'IVA, il numero di partita IVA; per quanto riguarda le professioni regolamentate, gli ordini professionali, albi o collegi presso i quali sono iscritti, la qualifica professionale e lo Stato membro nel quale è stata acquisita; eventuali clausole e condizioni generali applicate dal prestatore; esistenza di eventuali clausole contrattuali utilizzate dal prestatore relative alla legge applicabile al contratto o alla giurisdizione competente; prezzo del servizio, laddove esso è predefinito dal prestatore per un determinato tipo di servizio.
Qualora per ottemperare a una decisione giudiziaria sia necessaria una garanzia finanziaria, sono riconosciute le garanzie equivalenti costituite presso un istituto di credito o un assicuratore stabilito in un altro Stato membro e autorizzato ai sensi della normativa comunitaria in vigore (art. 32, comma 4).
L'art. 34 detta disposizioni riguardo alla pubblicità dei professionisti: limitazioni al libero impiego delle comunicazioni commerciali da parte dei prestatori di servizi che esercitano una professione regolamentata devono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generate nel rispetto dei principi di non discriminazione e proporzionalità. I codici deontologici assicurano che le comunicazioni commerciali relative ai servizi forniti dai prestatori che esercitano una professione regolamentata sono emanate nel rispetto delle regole professionali in conformità del diritto comunitario, riguardanti, in particolare, l'indipendenza, la dignità e l'integrità della professione, nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali sono non discriminatorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generate e proporzionate.
L'art. 35 regola le attività multidisciplinari: i prestatori di servizi possono essere assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l'esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse, trattandosi di professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l'indipendenza e l'imparzialità. Nei casi in cui è consentito lo svolgimento delle attività multidisciplinari: a) sono evitati i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività; b) sono garantite l'indipendenza e l'imparzialità che talune attività richiedono; c) è assicurata la compatibilità delle regole di deontologia professionale e di condotta relative alle diverse attività, soprattutto in materia di segreto professionale.
A norma dell'art. 46, fermi i requisiti abilitativi stabiliti per ciascuna professione dal rispettivo ordinamento, costituisce titolo di iscrizione in albi, registri o elenchi per Ìesercizio delle professioni regolamentate, il decreto di riconoscimento della qualifica professionale rilasciato ai sensi del Titolo III del d. lgs. 9 novembre 2007, n. 206. I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea sono equiparati ai cittadini italiani ai fini dell'iscrizione o del mantenimento dell'iscrizione in albi, elenchi o registri per Ìesercizio delle professioni regolamentate. Il domicilio professionale è equiparato alla residenza.
L'iscrizione in albi, elenchi o registri, per l'abilitazione all'esercizio di professioni regolamentate, è consentita ad associazioni o società di uno Stato membro dell'Unione europea nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla legislazione nazionale vigente (art. 47).
Cfr. anche, a chiarimento di alcuni aspetti della suddescritta disciplina, la Circolare del Ministero dello sviluppo economico in data 6 maggio 2010, n. 3635/C.
Sulla Direttiva n. 2006/123/CE, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L'art. 73 del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 94 del 23.4.2010), in vigore dal giorno 8 maggio 2010, ha soppresso il ruolo degli agenti d'affari in mediazione, di cui all'art. 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39. Ai sensi del comma 3, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura verifica il possesso dei requisiti e iscrive i relativi dati nel registro delle imprese, se l'attività è svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA).
Ai sensi del successivo comma 6 dell'art. 73, "ad ogni effetto di legge, i richiami al ruolo contenuti nella legge 3 febbraio 1989, n. 39, si intendono riferiti alle iscrizioni previste dal presente articolo nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA)".
L'art. 80 del d. lgs. n. 59/2010 demanda ad un decreto (da emanarsi da parte del Ministro dello sviluppo economico entro il giorno 8 novembre 2010), la disciplina delle modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi e ruoli di cui all'art. 73 suddescritto, nonché le nuove procedure di iscrizione.
La Circolare del Ministero dello sviluppo economico in data 6 maggio 2010, n. 3635/C, al § 13, ha chiarito il regime transitorio: l'applicazione dell'art. 73 deve essere contemperata con la previsione dell'art. 80; ed ha disposto che in via assolutamente transitoria, e cioè nel periodo intercorrente tra la data dell’8 maggio 2010 e la data di applicazione delle disposizioni da adottarsi ai sensi del citato articolo 80, coloro i quali intendono svolgere le attività di agente d’affari in mediazione verranno iscritti provvisoriamente nei soppressi ruoli, anche al fine di mantenere aggiornata la base su cui dovrà successivamente operarsi il passaggio nel Registro delle imprese o nel REA; ai medesimi fini i predetti ruoli ed elenchi soppressi saranno gestiti dinamicamente, curandone gli adempimenti, anche per quanto riguarda revisioni, sospensioni e cancellazioni, secondo la disciplina vigente. Il ruolo degli agenti di affari in mediazione è, quindi, transitoriamente esistente; i relativi estremi di iscrizione vanno quindi ancora, provvisoriamente, indicati nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio da inserirsi negli atti di cessione di diritti su beni immobili, prescritta dall'art. 35, commi 22 e seguenti, del d.l. n. 223/2006, come modificato dall'art. 1, comma 48, della legge n. 296/2006. A partire dall'emanazione delle disposizioni attuative, invece, la dichiarazione in atto dovrà avere ad oggetto gli estremi dell'iscrizione nel registro delle imprese.
Sul contenuto della suddetta dichiarazione sostitutiva di atto notorio, cfr. anche la Rassegna relativa al secondo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L'art. 20 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, ha modificato l'art. 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13 del d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231, abbassando da euro 12.500 ad euro 5.000 la soglia a partire dalla quale è vietato l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore, ed è obbligatoria la clausola di non trasferibilità negli assegni.
È stato quindi fissato al 30 giugno 2011 il termine entro il quale – a norma dell'art. 49, comma 13, del d. lgs. n. 231/2007 – devono essere estinti i libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 5.000 euro.
È, inoltre, disposto al nuovo comma 7-bis dell'art. 58 del d. lgs. n. 231/2007, che per le violazioni previste dal medesimo art. 58, in relazione ai divieti di utilizzo del contante o alla necessaria apposizione della clausola di non trasferibilità agli assegni, la sanzione amministrativa pecuniaria non può comunque essere inferiore nel minimo all'importo di tremila euro. Per le violazioni di cui al comma 1 che riguardano importi superiori a cinquantamila euro la sanzione minima è aumentata di cinque volte. Per le violazioni di cui ai commi 2, 3 e 4 che riguardano importi superiori a cinquantamila euro le sanzioni minima e massima sono aumentate del cinquanta per cento.
Con D.M. 16 aprile 2010 (in G.U. n. 101 del 3.5.2010) sono stati determinati gli indicatori di anomalia al fine di agevolare l'individuazione di operazioni sospette di riciclaggio da parte di talune categorie di professionisti e dei revisori contabili.
Tra i destinatari del decreto sono menzionati tra gli altri "professionisti", all'art. 2, comma 1, lett. c), i notai quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:
1) il trasferimento a qualsiasi titolo di diritti reali su beni immobili o attività economiche;
2) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;
3) l'apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
4) l'organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all'amministrazione di società;
5) la costituzione, la gestione o l'amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi.
Ai sensi dell'art. 3, commi 1 e 2, gli indicatori di anomalia sono forniti al fine di agevolare l'attività di valutazione dei professionisti in ordine agli eventuali profili di sospetto delle operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo; essi sono volti a ridurre i margini di incertezza connessi con valutazioni soggettive o con comportamenti discrezionali e sono improntati all'esigenza di contribuire al contenimento degli oneri e al corretto e omogeneo adempimento degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette. Si tratta, quindi, di una elencazione meramente esemplificativa e non tassativa di operazioni sospette, come espressamente chiarito dal comma 3 dell'art. 3.
Dalla natura degli indicatori di anomalia, come sopra illustrata, discende che:
- l'impossibilità di ricondurre operazioni o comportamenti della clientela ad uno o più degli indicatori previsti nell'allegato 1 al presente decreto può non essere sufficiente ad escludere che l'operazione sia sospetta. I professionisti valutano pertanto con la massima attenzione ulteriori comportamenti e caratteristiche dell'operazione che, sebbene non descritti negli indicatori, rilevino in concreto profili di sospetto (art. 3, comma 4);
- la mera ricorrenza di operazioni o comportamenti descritti in uno o più indicatori di anomalia non è motivo di per sé sufficiente per l'individuazione e la segnalazione di operazioni sospette, per le quali è necessario valutare in concreto la rilevanza dei comportamenti della clientela (art. 3, comma 5).
Nell'Allegato 2 sono indicate istruzioni operative ai fini dell'adempimento dell'obbligo di segnalazione di operazioni sospette.
L'Allegato 1 elenca, invece, gli indicatori di anomalia, distinti in diverse categorie:
A) - Indicatori di anomalia connessi al cliente:
- tra le ipotesi elencate, quelle in cui il cliente si mostra riluttante a fornire ovvero rifiuta di fornire informazioni, dati e documenti comunemente acquisiti per l'esecuzione dell'operazione; il cliente, alla richiesta di fornire informazioni sull'operazione o sulla prestazione, rinuncia immotivatamente ad eseguirla; il cliente rifiuta di fornire indicazioni sulle modalità di pagamento; il cliente mostra una inusuale familiarità con i presidi previsti dalla normativa in tema di adeguata verifica della clientela, di registrazione dei dati e di segnalazione di operazioni sospette, ovvero pone ripetuti quesiti in ordine alle modalità di applicazione di tali presidi; il cliente è accompagnato da altre persone - il cui ruolo non è stato accertato in occasione di contatti con il professionista - che sembrano avere un interesse diretto in merito alle modalità di esecuzione della prestazione;
B) - Indicatori di anomalia connessi alle modalità di esecuzione delle prestazioni professionali:
- tra gli altri, i casi in cui vi sia richiesta di prestazioni professionali o del compimento di operazioni aventi oggetto ovvero scopo non compatibile con il profilo economico-patrimoniale o con l'attività del cliente ovvero con il profilo economico-patrimoniale; acquisto di disponibilità a diverso titolo di beni, anche di lusso, di elevato valore, a fronte di un patrimonio, anche di gruppo, di importo ridotto; frequenti operazioni di acquisizione di partecipazioni o di altri diritti su imprese o aziende, non giustificate dal profilo economico-patrimoniale o dall'attività del cliente; transazioni finanziarie di notevole importo, specie se richieste da società di recente costituzione, non giustificate dall'oggetto della società, dall'attività del cliente o da altri ragionevoli motivi; frequente rilascio da parte di persone fisiche di deleghe o procure al fine di evitare contatti diretti con il professionista.
C) - Indicatori di anomalia relativi alle modalità di pagamento dell'operazione:
- vi sono compresi, tra l'altro, il ricorso per importi rilevanti al contante; la proposta di regolare i pagamenti secondo modalità tali da suscitare il dubbio che si intenda ricorrere a tecniche di frazionamento del valore economico dell'operazione, in assenza di ragionevoli motivi; la richiesta, in assenza di ragionevoli motivi, di modificare le modalità di pagamento già convenute.
D) - Indicatori di anomalia relativi alla costituzione e alla amministrazione di imprese, società, trust ed enti analoghi:
- vi rientrano i frequenti e ingiustificati cambiamenti nella titolarità o nella denominazione di società e aziende; il rilascio di procure a gestire, amministrare e/o cedere beni, soprattutto se in un momento immediatamente successivo all'acquisto del bene; i conferimenti o apporti di capitale in società o altri enti mediante beni in natura per importi palesemente sproporzionati a quelli di mercato.
E) – Indicatori di anomalia relativi ad operazioni aventi a oggetto beni immobili o mobili registrati:
- vi sono compresi l'acquisto di beni a un prezzo molto elevato rispetto al profilo economico-patrimoniale del cliente; l'acquisto o vendita di beni a un prezzo palesemente sproporzionato rispetto al valore di mercato degli stessi in assenza di ragionevoli motivi o di specifiche esigenze; l'investimento in beni immobili in assenza di qualsivoglia legame con la località di ubicazione degli stessi e/o di convenienza economica dell'investimento; l'acquisto di beni senza disporre di, ovvero senza acquisire, adeguate informazioni sulla localizzazione o sullo stato degli stessi, ovvero sull'equità delle condizioni contrattuali; la richiesta di consulenza in merito alla possibilità di acquistare o vendere beni in contanti per importi molto rilevanti.
L'art. 36 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, modifica alcune disposizioni del d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231, e precisamente:
1) - il nuovo comma 7-bis dell'art. 28 dispone l'individuazione – con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze – di una black list di Paesi in ragione del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni anche in materia fiscale;
2) - il nuovo comma 7-ter dell'art. 28 pone a carico dei soggetti individuati dal decreto, tra i quali i notai, l'obbligo di astenersi dall'instaurare un rapporto continuativo e dall'eseguire operazioni o prestazioni professionali, ovvero di porre fine al rapporto continuativo o alla prestazione professionale già in essere di cui siano direttamente o indirettamente parte società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore aventi sede nei Paesi facenti parte della suddetta black list;
3) - ai sensi dell'art. 41, comma 1, ultimo periodo, del d. lgs. n. 231/2007, come aggiunto dall'art. 36 in commento, è un elemento di sospetto il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti di cui all'articolo 49, e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro;
4) - ai sensi del nuovo comma 1-ter dell'art. 57 del d. lgs. n. 231/2007, alla violazione della disposizione di cui all'articolo 28, comma 9 (rectius, comma 7-ter), riguardante l'obbligo di astensione da rapporti continuativi o prestazioni professionali con soggetti aventi sede nei Paesi compresi nella black list, di importo fino ad euro 50.000 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 5.000 euro, mentre per quelle di importo superiore a 50.000 euro si applica una sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 per cento al 40 per cento dell'importo dell'operazione. Nel caso in cui l'importo dell'operazione non sia determinato o determinabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 250.000 euro.
Con Provvedimento della Banca d'Italia in data 23 dicembre 2009 (in G.U. n. 102 del 4.5.2010) sono state emanate disposizioni attuative per la tenuta da parte degli intermediari finanziari dell'archivio unico informatico, e per le modalità semplificate di registrazione, di cui all'art. 37, commi 7 e 8, del d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231. Dette disposizioni si applicano ai rapporti continuativi (individuati dall'art. 3) ed alle operazioni (di cui all'art. 4), posti in essere a partire dal 1° giugno 2010 (art. 16). Di rilievo, tra le altre disposizioni, quella dettata – a proposito delle operazioni frazionate – dall'art. 5, comma 2, a norma del quale "I destinatari devono adottare misure organizzative per conoscere le operazioni eseguite dal cliente presso tutti i punti operativi, in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni. Nel caso di ordini di pagamento o di accreditamento, ciascun intermediario effettua le aggregazioni con riferimento al cliente per il quale interviene". Gli artt. 6 e seguenti disciplinano gli obblighi di registrazione e le relative modalità. L'art. 15 disciplina le vicende dell'archivio unico informatico in caso di operazioni straordinarie riguardanti l'intermediario finanziario.
Cfr. anche in materia KROGH-VALIA, Manovra economica: le novità in materia di antiriciclaggio, in Cnn Notizie del 24 giugno 2010.
Gli artt. 320 e seguenti del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, Codice dell'ordinamento militare (in Suppl. ord. alla G.U. n. 106 del giorno 8.5.2010), in vigore dal 5 ottobre 2010, disciplinano le c.d. servitù militari, ossia le limitazioni a beni e attività altrui nell’interesse della difesa.
Gli artt. 333 e seguenti disciplinano le limitazioni per intere categorie di beni e attività. È particolarmente importante la previsione dell'art. 335, che si trascrive letteralmente:
"1. Tutti gli atti di alienazione totale o parziale dei beni immobili sono sottoposti all'approvazione del prefetto della provincia se tali immobili sono ubicati nelle zone del territorio nazionale dichiarate di importanza militare, individuate con il regolamento, sul quale per tale parte è acquisito il concerto del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia.
2. L'approvazione è necessaria anche per l'aggiudicazione di tali beni a seguito di vendita in via esecutiva.
3. Il prefetto, previo parere dell'autorità militare, provvede in materia entro sei mesi dalla presentazione della domanda. L'approvazione non può essere data in difformità del parere dell'autorità militare.
4. In mancanza di tale approvazione, gli atti sopraindicati sono privi di efficacia giuridica. I conservatori dei registri immobiliari non procedono alla trascrizione degli atti previsti se non è esibita la prova dell'intervenuta approvazione prefettizia.
5. L'autorizzazione del prefetto e il parere dell'autorità militare non sono richiesti per gli atti di alienazione totale o parziale ai cittadini dell'Unione europea o alle amministrazioni dello Stato, ivi comprese le aziende autonome, ai comuni, alle province e agli altri enti locali, alle regioni, agli enti pubblici economici, nonché a ogni altra persona giuridica pubblica o privata, avente la sede principale delle proprie attività nel territorio dell'Unione europea.
6. Ove non ricorrano le condizioni di cui al comma 5, il decreto di autorizzazione prefettizia è emanato entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda. In tale termine è computato anche quello di quarantacinque giorni concesso all'autorità militare competente per esprimere il proprio parere in ordine alle istanze di autorizzazione. Trascorso il predetto termine di quarantacinque giorni, se l'autorità militare non ha fatto pervenire al prefetto il richiesto parere, lo stesso si intende favorevolmente dato.
7. L'autorizzazione del prefetto, da allegare in originale all'atto di alienazione, perde efficacia se non si procede alla stipulazione dell'atto entro sei mesi dal giorno in cui è stata rilasciata.
8. Il diniego di autorizzazione è motivato. Gli atti di alienazione di immobili e le relative trascrizioni presso le conservatorie immobiliari eseguiti tra il 12 gennaio 1977 e il 31 dicembre 1984 sono riconosciuti giuridicamente validi a tutti gli effetti.
9. Gli atti compiuti per interposta persona sono nulli.
10. Il responsabile è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 41,00 a euro 207,00".
Disposizioni attuative sono dettate dagli artt. 408 e 409 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (in Suppl. ord. alla G.U. n. 140 del 18 giugno 2010), che entreranno in vigore il 5 ottobre 2010.
L'art. 443 del Regolamento chiarisce che le disposizioni dell’articolo 335 del codice si applicano nelle seguenti isole del territorio nazionale, che sono dichiarate di importanza militare: Arcipelago toscano; Pontine; Flegree; Capri; Tremiti; Eolie; Ustica; Egadi; Pantelleria; Pelagie; Arcipelago della Maddalena; Asinara; Tavolara; San Pietro; Sant’Antioco.
L'art. 333, commi 7, 8 e 9 del Codice individua Comuni militarmente importanti, Comuni costieri militarmente importanti, zone costiere e isole, ai soli fini delle restrizioni e delle autorizzazioni richieste dai precedenti commi dell'art. 333, e non agli effetti dell'art. 335, sopra riportato. Ne consegue che l'approvazione prefettizia degli atti di alienazione è richiesta unicamente con riguardo alle isole di importanza militare indicate nell'art. 443 del Regolamento.
A norma dell'art. 444 del Regolamento, "Ai fini dell’articolo 335 del codice, per gli atti di alienazione totale o parziale di immobili a soggetti che non siano cittadini italiani, le parti contraenti presentano domanda in carta libera al prefetto della provincia ove si trova l'immobile. Se l'immobile è situato nel territorio di più province, la domanda è presentata al prefetto della provincia in cui si trova la maggiore estensione di esso".
Sui beni immobili, comprese le grotte e cavità sotterranee, l'autorità militare esercita una continua vigilanza. A tale scopo gli uffici dei registri immobiliari segnalano all’autorità militare tutti gli atti relativi ai passaggi di proprietà e quelli costitutivi di diritti reali sui beni medesimi (art. 344 del Codice).
A norma dell'art. 320, in vicinanza delle opere e installazioni permanenti e semipermanenti di difesa, di segnalazione e riconoscimento costiero, delle basi navali, degli aeroporti, degli impianti e installazioni radar e radio, degli stabilimenti nei quali sono fabbricati, manipolati o depositati materiali bellici o sostanze pericolose, dei campi di esperienze e dei poligoni di tiro, il diritto di proprietà e di impresa può essere soggetto a limitazioni – il cui contenuto è precisato nell'art. 321 – stabilite nella durata massima di cinque anni. Ogni cinque anni dall'imposizione delle limitazioni si procede a revisione generale per accertare se le limitazioni stesse sono ancora necessarie per le esigenze della difesa nazionale; in caso affermativo è possibile l'adozione di decreto di proroga (art. 331).
Le zone soggette a limitazioni e le limitazioni stesse sono indicate su mappe catastali da allegare al decreto impositivo, nelle quali devono risultare individuate le singole proprietà assoggettate (art. 323, comma 5). Il decreto di imposizione delle limitazioni, corredato di mappe, è pubblicato mediante deposito, per sessanta giorni consecutivi, nell'ufficio di ciascun comune; esso diviene esecutivo decorso il novantesimo giorno dalla data di deposito nell'ufficio comunale (art. 324). Ai proprietari degli immobili assoggettati alle limitazioni spetta un indennizzo annuo; a richiesta dell'amministrazione militare, le conservatorie dei registri immobiliari, gli uffici tavolari e le Agenzie del territorio comunicano i dati necessari per la determinazione della misura degli indennizzi (art. 325).
È fatto obbligo al proprietario di comunicare all'amministrazione militare l'eventuale cessione del bene (art. 325, comma 14).
Sulla previgente disciplina in materia di trasferimenti di immobili siti nelle zone di confine, e di servitù militari, cfr. BERGAMO, Note a margine su recenti interventi legislativi concernenti il trasferimento di immobili siti in zone di confine, in Riv. dir. civ., 2002, II, p. 869; BARONE-CALÒ, Trasferimento d'immobili in zone di confine, in Studi e materiali, 2002, 2, p. 619; CALÒ, Trasferimenti immobiliari in zona di confine, in Notariato, 2000, p. 383; AVAGLIANO, Gli acquisti immobiliari dei cittadini comunitari concernenti beni situati in zone di confine, in Studi e materiali, 5.1., Milano, 1998, p. 181; LIGUORI, Zone di confine (trasferimento di immobili in), in FALZONE-ALIBRANDI, Dizionario Enciclopedico del Notariato, IV, Roma, 1993, p. 855; TONDO, Nuova normativa sui trasferimenti di immobili in zone di confine, in Studi e materiali, 3, Milano, 1992, p. 202; PADOVINI, La nuova disciplina sugli acquisti di immobili posti in zone di confine o gravate da servitù militari, in Vita not., 1991, p. 352; TONDO, Sui trasferimenti di immobili in zone di confine, in Studi e materiali, I, Milano, 1986, p. 186; FALZONE-ALIBRANDI, Confine (zone di), in Dizionario Enciclopedico del Notariato, I, Roma, 1973, p. 628; C.N.N., Trasferimenti di immobili in zone di confine, in Studi su argomenti di interesse notarile, I, Roma, 1969, p. 35; LUCIANI, Servitù militari, in Enc. giur. Treccani, XXVIII, Roma, 1992; SPATAFORA, Frontiera (zona di), in Enc. giur. Treccani, XIV, Roma, 1989; LANDI, Zona militarmente importante, in Novissimo dig. it., XX, Torino, 1975, p. 1136; CESAREO, Confine (zone di), in Enc. dir., VIII, Milano 1961, p. 945.
La rilevazione dei tassi medi ai fini dell’applicazione della legge sull’usura è stata effettuata, da ultimo:
- con D.M. 26 marzo 2010 (in G.U. n. 74 del 30.3.2010);
- con D.M. 18 giugno 2010 (in:
A seguito di quest’ultimo provvedimento, si distingue, limitatamente ai mutui, tra tasso fisso e tasso variabile; il limite di liceità degli interessi pattuiti sarà quindi – dal 1° luglio al 30 settembre 2010:
- relativamente ai mutui a tasso fisso, del 7,485 %;
- relativamente ai mutui a tasso variabile, del 3,84 %;
- relativamente alle aperture di credito in conto corrente, sarà invece – oltre l’importo di 5.000 euro – del 13,71 %.
Ai sensi dell’art. 3, comma 4, del suddetto decreto, “I tassi effettivi globali medi di cui all'articolo 1, comma 1, del presente decreto non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento. L'indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano dei cambi ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”.
Ciò significa che il tasso di mora per i mutui (di durata superiore a cinque anni) è pari mediamente:
- quanto ai mutui a tasso fisso, al 10,635 %;
- quanto ai mutui a tasso variabile, al 6,99 %.
Con D.M. 25 marzo 2010 (in G.U. n. 74 del 30.3.2010) è stata approvata la classificazione delle operazioni creditizie per categorie omogenee ai fini della rilevazione dei tassi effettivi globali medi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari.
Sulle Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura, dettate con Provvedimento della Banca d’Italia in data 29 agosto 2009 (in G.U. n. 200 del 29.8.2009), cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Giusta il comunicato del Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 18 febbraio 2010 (in G.U. n. 40 del 18.2.2010), il saggio d'interesse di cui al comma 1 dell’art. 5 del D. Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, al netto della maggiorazione ivi prevista, è pari all’1 % per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2010. Dovendosi applicare, ai sensi del suddetto 1° comma dell’art. 5, la maggiorazione del 7%, il tasso d’interesse di mora applicabile è pari all’8,00 %.
Con regolamento in data 13 aprile 2010 (in G.U. n. 85 del 13.4.2010) è stata disciplinata l'erogazione di mutui e prestiti agli iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali istituita presso l'INPDAP.
L'art. 44 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (in Suppl. ord. n. 138/L alla G.U. n. 146 del 25.6.2010), in vigore dal 10 luglio 2010, modifica alcune disposizioni del D. Lgs. 24 gennaio 2006 n. 36, attuativo della direttiva 2003/98/CE, in materia di riutilizzo di documenti nel settore pubblico.
Vengono innanzitutto fatte salve le disposizioni legislative in materia di utilizzo dei dati a fini statistici.
Viene poi modificato l'art. 2, comma 1, lett. i), del d. lgs. n. 36/2006, precisando che "titolare del dato" deve considerarsi "la pubblica amministrazione o l'organismo di diritto pubblico che ha originariamente formato per uso proprio o commissionato ad altro soggetto pubblico o privato il documento che rappresenta il dato, o che ne ha la disponibilità".
Viene modificata la previsione dell'art. 6, comma 1: "Il titolare del dato mette a disposizione i documenti richiesti nella forma in cui sono stati prodotti o in qualsiasi altra forma gli stessi siano comunque disponibili".
Con riferimento alle disposizioni in materia di riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecarie, viene abrogato l'art. 4, comma 1, lett. d), che faceva salve le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 367 a 373, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Viene invece aggiunto nell'art. 7 (in materia di tariffe), alla fine del comma 1, la previsione secondo cui "Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 370, 371 e 372, della legge 30 dicembre 2004, n. 311". In particolare:
- non viene più fatto salvo il comma 367, a norma del quale "A fini di contrasto di fenomeni di elusione fiscale e di tutela della fede pubblica, salvo quanto previsto nel comma 371, è vietata la riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali ed ipotecari, che risultino acquisiti, anche per via telematica in via diretta o mediata, dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari, tenuti dagli uffici dell'Agenzia del territorio". Ciò significa che è stato eliminato anche formalmente – dopo che con le modifiche apportate dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, era stato eliminato "sostanzialmente" – il divieto di riutilizzazione commerciale delle visure ipo-catastali;
- non sono più fatti salvi il comma 368, che dettava una nozione autonoma di riutilizzazione commerciale per le visure ipo-catastali, né il comma 369, che richiedeva ai fini dell'esonero dal divieto un preventivo atto scritto di incarico.
In pratica, la previsione di salvezza riguarda ora esclusivamente le tasse ipotecarie ed i tributi speciali applicabili; mentre per il resto al riutilizzo delle visure ipotecarie e catastali – commerciale e non commerciale – si applica integralmente la disciplina dettata dal d. lgs. n. 36/2006. La modifica della disciplina si è resa necessaria in considerazione delle pronunce che avevano dichiarato la stessa contrastante con il diritto comunitario.
Sulla disciplina del riutilizzo di documenti nel settore pubblico, cfr. anche la Rassegna relativa al primo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it/; nonché SOLDA KUTZMANN, Circolazione dell'informazione del settore pubblico, in Digesto discipline privatistiche, sez. civ., Aggiornamento, Torino, 2007, ***, I, p. 173; MENTI, Il riutilizzo per fini commerciali dei documenti, dati e informazioni catastali e ipotecari e il pagamento delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali catastali (nota ad App. Bologna 7.4.2005), in Dir. e pratica trib., 2006, II, p. 755; MEZZETTI, Dati pubblici ed abuso di posizione dominante, nota ad App. Milano 2 maggio 2005 ed App. Milano 5 luglio 2005, in Giur. it., 2006, p. 548; T.A.R. Lazio-Roma, sezione III, con sentenza del 6 giugno 2006 n. 4339, in Fisconline; PERRUCCI, Il «riutilizzo» dei dati ipotecari e catastali, in Boll. trib., 2005, p. 1115; PALMIERI, Riutilizzazione commerciale di informazioni pubbliche e abuso (legalizzato) di posizione dominante (nota ad App. Torino 8.6.2005), in Foro it., 2005, I, c. 2515; PETRELLI, Divieto di riutilizzazione commerciale di visure ipocatastali, in Studi e materiali, 2005, 1, p. 809.
L'art. 5 del D.L. 25 marzo 2010, n. 40 (in G.U. n. 71 del 26.3.2010), in vigore dal 26 marzo 2010, convertito in legge 22 maggio 2010, n. 73 (in G.U. n. 120 del 25.5.2010), ha sostituito l'art. 6 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico dell'edilizia), ampliando l'àmbito degli interventi edilizi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo.
È, innanzitutto, esclusa la necessità di titoli abilitativi
per le seguenti attività, indicate al comma 1: a) gli interventi di
manutenzione ordinaria; b) gli interventi volti all’eliminazione di
barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di
ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio;
c) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano
carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e
che siano eseguite in aree esterne al centro edificato;
d) i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività
agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti
idraulici agrari; e) le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture
in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola.
In secondo luogo, previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo i seguenti interventi, indicati al comma 2: a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici; b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni; c) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati; d) i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
Limitatamente agli interventi di manutenzione straordinaria, l’interessato, unitamente alla comunicazione di inizio dei lavori, trasmette all’amministrazione comunale una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a firma di un tecnico abilitato, il quale dichiari preliminarmente di non avere rapporti di dipendenza con l’impresa né con il committente e che asseveri, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo.
La mancata comunicazione dell’inizio dei lavori ovvero la mancata trasmissione della relazione tecnica comportano la sanzione pecuniaria pari a 258 euro.
L'art. 4, comma 8, del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), per effetto delle modificazioni apportate dalla legge di conversione 22 febbraio 2000, n. 24 (in G.U. n. 47 del 26.2.2010), ha inserito nell'art. 569 c.p.c., dopo il terzo comma, la previsione in base alla quale, con l'ordinanza di vendita, "il giudice può stabilire che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti e, nei casi previsti, l’incanto, nonché il pagamento del prezzo, siano effettuati con modalità telematiche"
È stato anche modificato l'art. 591-bis, comma 1, c.p.c., inserendovi il richiamo al nuovo quarto comma dell'art. 569 c.p.c., come sopra introdotto: pertanto anche il professionista delegato può stabilire, nell'avviso di vendita, che le suddette operazioni siano effettuate con modalità telematiche.
L'art. 4, comma 8-bis, ha inserito alcuni nuovi articoli nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. Più precisamente:
- a norma del nuovo art. 161-ter disp. att. c.p.c. (vendite con modalità telematiche), "il Ministro della giustizia stabilisce con proprio decreto le regole tecnico-operative per lo svolgimento della vendita di beni mobili e immobili mediante gara telematica nei casi previsti dal codice, nel rispetto dei principi di competitività, trasparenza, semplificazione, efficacia, sicurezza, esattezza e regolarità delle procedure telematiche. Con successivi decreti le regole tecnico-operative di cui al primo comma sono adeguate all’evoluzione scientifica e tecnologica";
- ai sensi dell'art. 169-quater disp. att. c.p.c. (ulteriori modalità del pagamento del prezzo di acquisto), "Il prezzo di acquisto può essere versato con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento con moneta elettronica disponibili nei circuiti bancario e postale";
- a norma dell'art. 173-quinquies disp. att. c.p.c. (Ulteriori modalità di presentazione delle offerte d’acquisto, di prestazione della cauzione e di versamento del prezzo), "Il giudice, con l’ordinanza di vendita di cui all’articolo 569, terzo comma, del codice, può disporre che la presentazione dell’offerta d’acquisto e la prestazione della cauzione ai sensi degli articoli 571, 579, 580 e 584 del medesimo codice possano avvenire con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento con moneta elettronica disponibili nei circuiti bancario e postale e mediante la comunicazione, a mezzo di telefax o posta elettronica, di una dichiarazione contenente le indicazioni prescritte dai predetti articoli, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici teletrasmessi. Il versamento del prezzo può essere effettuato con le stesse modalità di cui al primo comma".
È scaduto il 31 dicembre 2009 il termine per usufruire delle agevolazioni tributarie per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, quali originariamente previste dalla legge 6 agosto 1954, n. 604 (applicabili anche agli acquisti dell’imprenditore agricolo professionale, iscritto nell’apposita gestione previdenziale). Termine che era stato da ultimo prorogato dall’art. 2, comma 8, della legge 22 dicembre 2008, n. 203.
L'agevolazione è stata reintrodotta, con nuova disciplina, dall'art. 2, comma 4-bis, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 (in G.U. n. 48 del 27 febbraio 2010), in vigore dal 28 febbraio 2010.
Ai sensi della nuova disposizione, sopra citata, "Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2010, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonché all'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni".
La disposizione trova quindi applicazione per gli atti stipulati tra il 28 febbraio 2010 e il 31 dicembre 2010.
L'amministrazione finanziaria (Ris. Agenzia Entrate 17 maggio 2010, n. 36/E) ha chiarito trattarsi di una nuova agevolazione, rispetto a quella già disciplinata dalla legge n. 604/1954 (che non è infatti richiamata dalla norma in commento), con autonomi presupposti soggettivi, oggettivi e di decadenza. Infatti:
a) - sotto il profilo soggettivo, assume ora "primaria rilevanza l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale tenuta presso l’INPS del beneficiario dell’agevolazione" (sia coltivatore diretto che imprenditore agricolo professionale); a differenza del regime previgente, in cui l’individuazione dei soggetti che potevano fruire delle disposizioni in materia di piccola proprietà contadina veniva, invece, effettuata dalla precedente disciplina (articolo 2 della legge n. 604 del 1954) in considerazione dell’attività manuale di lavorazione della terra resa dal beneficiario, prescindendo, quindi, dalla iscrizione nella relativa gestione previdenziale;
b) - sotto il profilo oggettivo, "risultano interessati solo gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base agli strumenti urbanistici vigenti", mentre la legge n. 604 del 1954 consentiva la fruizione delle agevolazioni per una serie di atti posti in essere per la formazione o per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina (articolo 1 della legge n. 604 del 1954) senza porre attenzione alla onerosità dell’atto né alla circostanza che il terreno oggetto del trasferimento fosse qualificato agricolo in base agli strumenti urbanistici vigenti;
c) – ai fini della decadenza dalle agevolazioni, esse consistono ora esclusivamente:
- nell’alienazione volontaria dei terreni entro i cinque anni dall’acquisto;
- nella cessazione della conduzione e/o della coltivazione diretta del terreno entro i cinque anni dall’acquisto.
Per effetto del richiamo all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, operato dall'art. 2, comma 4-bis, del d.l. n. 194/2009, non incorre nella decadenza dei benefici il contribuente che durante il quinquennio dall’acquisto, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o lo conceda in godimento a favore del coniuge, di parenti entro il 3° grado e di affini entro il 2° grado, che esercitano l’attività di imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile, nonché in ogni caso di alienazione conseguente all’attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l’insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore. Giusta il richiamo dell'art. 2 del d. lgs. n. 99/2004, sono fatte salve le disposizioni in materia di società agricole, alle quali competono quindi le agevolazioni in esame, alle condizioni ivi previste.
d) – chiarisce ancora la Ris. Agenzia Entrate n. 36/E del 2010 che "ai fini della fruizione delle agevolazioni di cui trattasi, non è più richiesta la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 2, nn. 1), 2) e 3), previste dalla citata legge n. 604 del 1954 (quali la qualità dell’acquirente che deve dedicare abitualmente la propria attività alla lavorazione della terra, l’idoneità del fondo alla formazione e all’arrotondamento della piccola proprietà contadina, la mancata alienazione nel biennio precedente di fondi rustici di oltre un ettaro). Conseguentemente viene meno anche la funzione della certificazione prevista dai successivi articoli 3 e 4 della richiamata legge n. 604 del 1954, da parte dell’ispettorato provinciale agrario competente, che attesti la sussistenza dei richiamati requisiti e, pertanto, ai fini del riconoscimento del regime agevolato in esame, non si rende più necessaria tale certificazione".
La norma fa riferimento alla natura agricola del terreno, in base agli strumenti urbanistici vigenti. Ipotizzando però che dallo strumento adottato emerga l'edificabilità del terreno, sussistendo il presupposto soggettivo l'atto sarà soggetto ad imposta sul valore aggiunto, secondo le regole ordinarie.
Sono in vigore anche le altre agevolazioni per l’agricoltura; tra le altre, in particolare, le agevolazioni previste per l’imprenditore agricolo professionale (cfr. l’art. 1 della tariffa allegata al d.p.r. n. 131/1986), quelle per il compendio unico (art. 7 del d. lgs. n. 99/2004), e quelle per i territori montani, riguardanti “i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali” (art. 9, comma 2, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601).
Da evidenziare che le agevolazioni per l'imposta di bollo (art. 21 della tabella, allegato "B", al d.p.r. n. 642/1972) e per i territori montani (art. 9 del d.p.r. n. 601/1973) sono riferite agli atti stipulati da "imprese agricole diretto-coltivatrici", ovvero "a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate": ai fini di queste ultime agevolazioni, non è quindi richiesta l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale tenuta presso l’INPS.
V. anche sul punto PETTERUTI-PODETTI, Agevolazioni per il coltivatore diretto e per lo IAP a seguito del c.d. decreto Milleproroghe del 2010, in Cnn Notizie del 23 aprile 2010.
L'art. 19, comma 15, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 1° luglio 2010, dispone che la richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, deve contenere anche l'indicazione dei dati catastali degli immobili. La mancata o errata indicazione dei dati catastali è considerata fatto rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro ed è punita con la sanzione prevista dall'art. 69 del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131.
In attuazione di tale previsione, con Provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate in data 25 giugno 2010, n. 2010/83561, è stato approvato il nuovo modello per la richiesta di registrazione degli atti (modello 69), ed il nuovo modello di comunicazione dei dati catastali per le cessioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione o affitto di beni immobili (modello CDC).
Più precisamente, il nuovo “modello 69” deve essere utilizzato per la richiesta di registrazione di tutti gli atti (esclusi soltanto quelli giudiziari); esso contiene, oltre a nuove istruzioni e modifiche di carattere grafico, il "Quadro D", denominato “Dati degli immobili”, predisposto per consentire la comunicazione dei dati catastali dei beni immobili, situati nel territorio dello Stato, oggetto di contratti di locazione, locazione finanziaria, affitto, ed anche comodato. Detto modello 69” è presentato all’Agenzia delle entrate, secondo le vigenti modalità, per le richieste di registrazione, effettuate a partire dal 1° luglio 2010, di contratti di locazione, affitto e comodato di beni immobili.
Va evidenziato che – come risulta dalle istruzioni – il "Quadro D" deve essere compilato unicamente per i negozi relativi a locazioni, locazioni finanziarie, affitti e comodati di beni immobili: vanno ivi indicati i dati catastali dei terreni e dei fabbricati iscritti nel catasto terreni e nel catasto fabbricati. I dati degli immobili da riportare sono quelli ricavabili dalla documentazione catastale. Nel caso che detti estremi siano individuati da un identificativo graffato, costituito da più stringhe informative, ciascuna composta da comune, sezione, foglio, particella e subalterno, occorre riportare tutti i dati, di seguito, negli appositi campi.
Tra i contratti di affitto sono compresi quelli di fondi rustici, nonché – giusta quanto risulta dalle istruzioni annesse al modello – gli affitti di azienda comprendenti immobili, registrati ai sensi dell’articolo 35, comma 10-quinquies, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223.
Il “modello CDC” di cui al punto 1.3. è utilizzato per la comunicazione dei dati catastali relativi a beni immobili oggetto di cessione, risoluzione e proroga di contratti di locazione o affitto già registrati al 1° luglio 2010; esso è presentato in forma cartacea presso l’ufficio dell’Agenzia delle entrate presso il quale è stato registrato il relativo contratto, nel termine di 20 giorni, dalla data del versamento attestante la cessione, risoluzione e proroga dei contratti di locazione o affitto di beni immobili ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131. Il modello può anche essere trasmesso per via telematica contestualmente al versamento.
L'art. 38, comma 5, ultimo periodo, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, ha modificato l'art. 3-ter del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, aumentando da trenta a sessanta giorni il termine entro il quale gli uffici dell'Agenzia delle Entrate e del Territorio – controllata la regolarità dell'autoliquidazione e del versamento delle imposte, quando sulla base degli elementi desumibili dall'atto, risulti dovuta una maggiore imposta – notificano, anche per via telematica, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, apposito avviso di liquidazione per l'integrazione delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e bollo versate, a titolo di imposta principale (per il cui pagamento è responsabile anche il notaio). Pertanto, dopo la modifica in commento, l'imposta è suppletiva – con responsabilità delle sole parti per il relativo pagamento – solo se notificata dopo il termine di sessanta giorni.
Con Provvedimento interdirigenziale del 18 dicembre 2009 (in G.U. n. 8 del 12.1.2010), è stato esteso – a decorrere dal 15 gennaio 2010 – l'utilizzo delle procedure telematiche di cui all'art. 3-bis del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 463 (c.d. adempimento unico) agli agenti della riscossione, come previsto dall'art. 1, comma 3, del d.l. 10 gennaio 2006, n. 2, e dal provvedimento interdirigenziale del 6 dicembre 2006. Più precisamente, la suddetta disciplina si applica alle società di riscossione, di cui all'art. 3, commi 7 e 29-bis, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248. L'art. 3 del decreto estende alle società di riscossione l'adempimento unico per trascrizioni, iscrizioni ed annotazioni, ed in particolare, ai sensi dell'art. 4, la nota di trascrizione dell'avviso di vendita di cui all'art. 78, la nota di iscrizione dell'ipoteca ex art. 77, e le richieste di cancellazione di ipoteche e pignoramenti, di cui agli artt. 47 e 53 del d.p.r. n. 602/1973. Gli artt. 5 e 6 disciplinano la trasmissione dei files, sottoscritti con firma digitale da parte del rappresentante, che deve essere designato con atto autentico.
A norma dell'art. 38, comma 6, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, "data la valenza del codice fiscale quale elemento identificativo di ogni soggetto, da indicare in ogni atto relativo a rapporti intercorrenti con la Pubblica Amministrazione" l'Amministrazione finanziaria rende disponibile a chiunque, con servizio di libero accesso, la possibilità di verificare, mediante i dati disponibili in Anagrafe Tributaria, l'esistenza e la corrispondenza tra il codice fiscale e i dati anagrafici inseriti.
Tenuto inoltre conto che i rapporti tra Pubbliche amministrazioni e quelli intercorrenti tra queste e altri soggetti pubblici o privati devono essere tenuti sulla base del codice fiscale, per favorire la qualità delle informazioni presso la Pubblica Amministrazione, l'Amministrazione finanziaria rende accessibili alle pubbliche amministrazioni nonché alle società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione individuate dall'Istat, nonché ai concessionari e gestori di pubblici servizi ed, infine, ai privati che cooperano con le attività dell'Amministrazione finanziaria, il codice fiscale registrato nell'Anagrafe tributaria ed i dati anagrafìci ad esso correlati, al fine di verificarne l'esistenza e la corrispondenza, oltre che consentire l'acquisizione delle corrette informazioni ove mancanti. Tali informazioni sono rese disponibili, previa stipula di apposita convenzione, anche con le modalità della cooperazione applicativa.
Il D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18 (in G.U. n. 41 del 19.2.2010) ha attuato le Direttive 2008/8/CE, 2008/9/CE e 2008/117/CE, che modificano la Direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi, il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi stabiliti in altro Stato membro, nonché il sistema comune dell'IVA per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie. Il tutto mediante modifica del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633.
Il principio generale su cui si basano le nuove regole di territorialità dell'IVA, in conformità alla normativa comunitaria, è quello secondo cui:
- per quanto riguarda i servizi prestati a soggetti passivi, la regola generale relativa al luogo delle prestazioni di servizi è basata sul luogo in cui è stabilito il destinatario;
- per quanto riguarda i servizi prestati a persone che non sono soggetti passivi, la regola generale è quella secondo cui il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo in cui è stabilito il prestatore dei servizi.
A norma del nuovo art. 7-bis del d.p.r. n. 633/1972 (Territorialità - Cessioni di beni), le cessioni di beni si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso.
A norma dell'art. 7-ter (Territorialità - Prestazioni di servizi):
"Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato:
a) quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;
b) quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.
2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni relative al luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi, si considerano soggetti passivi per le prestazioni di servizi ad essi rese:
a) i soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni; le persone fisiche si considerano soggetti passivi limitatamente alle prestazioni ricevute quando agiscono nell’esercizio di tali attività;
b) gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni di cui all'articolo 4, quarto comma, anche quando agiscono al di fuori delle attività commerciali o agricole;
c) gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni, non soggetti passivi, identificati ai fini dell'imposta sul valore aggiunto".
A norma dell'art. 7-quater (Territorialità - Disposizioni relative a particolari prestazioni di servizi), in deroga a quanto stabilito dall'articolo 7-ter, comma 1, si considerano effettuate nel territorio dello Stato, tra le altre, le prestazioni di servizi relativi a beni immobili, e la concessione di diritti di utilizzazione di beni immobili e le prestazioni inerenti alla preparazione e al coordinamento dell'esecuzione dei lavori immobiliari, quando l'immobile è situato nel territorio dello Stato.
A norma dell'art. 7-septies (Territorialità - Disposizioni relative a talune prestazioni di servizi rese a non soggetti passivi stabiliti fuori della Comunità), in deroga a quanto stabilito dall'articolo 7-ter, comma 1, lettera b), non si considerano effettuate nel territorio dello Stato, quando sono rese a committenti non soggetti passivi domiciliati e residenti fuori della Comunità, tra l'altro le prestazioni di consulenza e assistenza tecnica o legale.
Pertanto, di regola:
1) – se il notaio italiano svolge la propria opera professionale a favore di un soggetto IVA avente sede, domicilio o residenza in altro Stato comunitario, non addebita l’imposta sul valore aggiunto sui propri onorari, ma il servizio si intenderà prestato nello Stato comunitario della sede, domicilio o residenza del cliente, il quale provvederà quindi ivi al pagamento dell’imposta;
2) – in deroga a quanto sopra, se la prestazione del notaio italiano riguarda beni immobili situati in Italia (ad es., atti traslativi o costitutivi di diritti reali sugli stessi), il servizio si intenderà prestato in Italia, e il notaio dovrà quindi addebitare al cliente l’imposta sul valore aggiunto, anche se quest’ultimo è un soggetto Iva avente sede, domicilio o residenza in altro Stato comunitario;
3) – se il notaio italiano svolge la propria opera professionale a favore di un “privato” (non soggetto IVA), il servizio si intenderà prestato in Italia, e il notaio dovrà quindi addebitare al cliente l’imposta sul valore aggiunto;
4) – la prestazione di consulenza legale professionale resa dal notaio italiano ad un soggetto (privato o soggetto IVA) avente sede, domicilio o residenza in altro Stato comunitario – in quanto non abbia ad oggetto beni immobili (es., cessione di partecipazioni sociali) – si intende resa nello Stato estero della sede, domicilio, residenza, e quindi il notaio non dovrà addebitare l’IVA sui propri onorari, ma sarà il cliente a dover pagare l’imposta in detto Stato.
A norma dell'art. 21, comma 2, lett. f), del d.p.r. n. 633/1972, nella fattura deve essere indicato "il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento del cessionario o committente, per le operazioni effettuate nei confronti di soggetti stabiliti nel territorio di un altro Stato membro della Comunità".
A norma dell'art. 46, comma 2, primo periodo, del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con legge 29 ottobre 1993, n. 427, «Per le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41 deve essere emessa fattura numerata a norma dell'articolo 21 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, con l'indicazione, in luogo dell'ammontare dell'imposta, che trattasi di operazione non imponibile, con la specificazione della relativa norma». A norma del successivo comma 5, «Il cessionario di un acquisto intracomunitario di cui all'articolo 38, commi 2 e 3, lettere b) e c), che non ha ricevuto la relativa fattura entro il mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione deve emettere entro il mese seguente, in unico esemplare, la fattura di cui al comma 1 con l'indicazione anche del numero di identificazione, attribuito agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, al cedente dallo Stato membro di appartenenza; se ha ricevuto una fattura indicante un corrispettivo inferiore a quello reale deve emettere fattura integrativa entro il quindicesimo giorno successivo alla registrazione della fattura originaria».
A norma dell'art. 5 del d. lgs. n. 18/2010, le disposizioni sopra menzionate si applicano alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2010. La disciplina come sopra descritta appare quindi coerente, anche sotto il profilo della sua decorrenza, con la normativa comunitaria. Infatti sono entrate in vigore in data 1° gennaio 2010 le modifiche, apportate dalla Direttiva 2008/8/CE del Consiglio in data 12 febbraio 2008 (in G.U.U.E. n. L44 del 20.2.2008), e alla Direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo della prestazione di servizi. Sull’immediata applicazione della disciplina comunitaria 2006/112/CE, anche per il periodo anteriore all'entrata in vigore del d. lgs. n. 18/2010, v. le istruzioni fornite con Circ. Agenzia Entrate 31 dicembre 2009, n. 58/E.
Sulla disciplina della Direttiva comunitaria, v. la Rassegna relativa al secondo semestre 2009 ("Luogo della prestazioni di servizi ai fini Iva"), in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L'art. 21 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, demanda ad un provvedimento da emanarsi da parte del Direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione di modalità e termini per la comunicazione telematica di tutte le operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, di importo non inferiore a euro tremila; prevedendo nel contempo l'applicazione della sanzione di cui all'art. 11 del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, per il caso di violazione.
A norma dell'art. 1, comma 1, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40 (in G.U. n. 71 del 26.3.2010), in vigore dal 26 marzo 2010, convertito in legge 22 maggio 2010, n. 73 (in G.U. n. 120 del 25.5.2010), i soggetti passivi all'imposta sul valore aggiunto comunicano telematicamente all'Agenzia delle entrate, secondo modalità e termini da definirsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list di cui al d.m. 4 maggio 1999, ed al d.m. 21 novembre 2001. Tra questi Paesi sono compresi – tra i numerosi altri – Svizzera, Liechtenstein, San Marino, Monaco, Cipro, Malta. Si prevede anche che l'obbligo può essere esteso anche a Paesi cosiddetti non black list, nonché a specifici settori di attività e a particolari tipologie di soggetti.
Le norme – che si applicano evidentemente anche ai servizi resi dai notai – hanno riguardo unicamente a residenza, domicilio o sede dei clienti-committenti, non alla cittadinanza: pertanto, ad esempio, esse si applicano anche ai cittadini italiani residenti nei suddetti Paesi.
Il coordinamento tra il decreto del 1999 e quello del 2001 presenta delle difficoltà: non è chiaro, infatti, laddove vi siano delle differenze, se il decreto del 2001 prevalga senz'altro, ovvero se il primo si applichi comunque al di fuori dei casi previsti dal secondo (es., a tutte le persone fisiche). Ad esempio:
- il d.m. del 1999 si riferisce genericamente ai soggetti residenti in Svizzera, quello del 2001 solamente alle "società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e «di domicilio»", aventi sede in Svizzera;
- il d.m. del 1999 si riferisce genericamente ai soggetti residenti nel Principato di Monaco, e quello del 2001 esclude le "società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato".
Occorre ricordare che a norma dell'art. 12, comma 2, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, "In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate".
All'art. 1, comma 1, del D.L. n. 40/2010 è stata data attuazione con il D.M. 30 marzo 2010 (in G.U. n. 88 del 16.4.2010). A norma dell'art. 1, i soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto comunicano all'Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni seguenti, effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio negli Stati compresi nelle suddette black lists: a) cessioni di beni; b) prestazioni di servizi rese; c) acquisti di beni; d) prestazioni di servizi ricevute. Quindi, ad esempio, il notaio che presta servizi a soggetti aventi sede, residenza o domicilio in Svizzera, Monaco, San Marino (salva la soluzione dei problemi interpretativi, sopra evidenziati), deve eseguire la predetta comunicazione, con riferimento al soggetto committente (ossia al soggetto a cui viene effettuata la fattura per la prestazione professionale).
I dati di cui al comma 1 sono comunicati tramite apposito modello (il quale, con le relative istruzioni per la compilazione, è stato approvato con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate in data 28 maggio 2010, pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 28 maggio 2010, ai sensi dell'art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244).
Il modello di comunicazione è presentato all’Agenzia delle entrate per via telematica entro l’ultimo giorno del mese successivo al "periodo di riferimento" (art. 3 del d.m. 30 marzo 2010; art. 1, comma 2, del Provvedimento del 28 maggio 2010).
Quanto al suddetto "periodo di riferimento", il modello di comunicazione è presentato con riferimento a periodi trimestrali, per i soggetti che hanno realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un ammontare totale trimestrale non superiore a 50.000 euro; a periodi mensili, per i soggetti che non si trovano nelle suddette condizioni (art. 2 del d.m. 30 marzo 2010).
I soggetti che presentano la dichiarazione per via telematica direttamente o attraverso gli intermediari abilitati, devono trasmettere i dati contenuti nel modello, secondo le specifiche tecniche approvate con successivo provvedimento (art. 5, comma 1, del Provvedimento del 28 maggio 2010).
L'art. 4 del d.m. 30 marzo 2010 elenca dettagliatamenti i contenuti delle comunicazioni per le singole operazioni.
Le suddette disposizioni si applicano alle operazioni effettuate dal 1° luglio 2010. Pertanto, considerato che nella maggior parte dei casi il "periodo di riferimento" sarà di durata trimestrale, le prime comunicazioni devono essere effettuate entro il 31 ottobre 2010.
A norma dell'art. 1, comma 4, del D.L. n. 40/2010, con decorrenza dal 1° maggio 2010, anche la comunicazione relativa alle deliberazioni di modifica degli atti costitutivi per trasferimento all'estero della sede sociale delle società nonché tutte le comunicazioni relative alle altre operazioni straordinarie, quali conferimenti d’azienda, fusioni e scissioni societarie, sono obbligatorie, da parte dei soggetti tenuti, mediante la comunicazione unica, nei confronti degli Uffici del Registro imprese, dell'Agenzia delle entrate, dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
L'art. 25 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, dispone che a decorrere dal 1° luglio 2010 le banche e le Poste Italiane SPA operano una ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa, all'atto dell'accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta. Le ritenute sono versate con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 2007, n. 241. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono individuate le tipologie di pagamenti nonché le modalità di esecuzione degli adempimenti relativi alla certificazione e alla dichiarazione delle ritenute operate.
L'art. 29, comma 4, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, ha modificato la disciplina della sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, ed ha quindi sostituito l'art. 11 del d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il quale oggi punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
Rientrano, quindi, nella disciplina penale sia la simulazione assoluta che l'alienazione in frode ai creditori, in quanto idonei a sottrarre fraudolentemente imposte al fisco. Il notaio, che consigli quindi il compimento di tali atti di alienazione, può essere imputato per concorso nel reato in oggetto.
Con D.P.C.M. 10 giugno 2010 (in G.U. n. 141 del 19.6.2010) sono stati differiti i termini di effettuazione dei versamenti dovuti dai soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore nonché il differimento del termine per la trasmissione in via telematica delle dichiarazioni modello 730/2010. I termini sono stati stabiliti:
a) entro il 6 luglio 2010, senza alcuna maggiorazione;
b) dal 7 luglio 2010 al 5 agosto 2010, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.
Il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 27 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 53 del 5.3.2010), in vigore dal 20 marzo 2010, ha attuato la Direttiva 2007/36/CE, relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate. Il decreto in realtà modifica diverse disposizioni del codice civile e del d. lgs. n. 58/1998 (testo unico della finanza), adeguando correlativamente la disciplina generale, riferita anche alle altre società per azioni.
È innanzitutto modificato l'art. 2366 c.c. (formalità per la convocazione): la disciplina della convocazione dell'assemblea per le società, diverse dalle società cooperative, che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, è estrapolata dal medesimo art. 2366 c.c. e viene fatto rinvio alle leggi speciali.
È modificato l'art. 2367 c.c. (convocazione dell'assemblea su richiesta della minoranza dei soci): il quorum dei soci, necessario per richiedere la convocazione dell'assemblea, è ora stabilito nel ventesimo del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, e nel decimo del capitale sociale nelle altre, fatta sempre salva la minore percentuale eventualmente prevista nello statuto.
Sono modificate alcune disposizioni del codice civile (artt. 2368, 2369, commi 3, 5 e 7, 2370, 2372, 2373, comma 1, c.c.) che facevano, inesattamente, riferimento ai soli soci al fine di individuare i titolari dei diritti di intervento e voto in assemblea (tra i quali possono essere invece compresi altri soggetti, es., l'usufruttuario e il creditore pignoratizio). Viene ora fatto, più correttamente, riferimento ai titolari del diritto di voto.
È modificato l'art. 2369 c.c. (seconda convocazione e convocazioni successive); in particolare, il primo comma è sostituito dal seguente: «Se all'assemblea non è complessivamente rappresentata la parte di capitale richiesta dall'articolo precedente, l'assemblea deve essere nuovamente convocata. Lo statuto delle società, diverse dalle società cooperative, che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può escludere il ricorso a convocazioni successive alla prima disponendo che all'unica convocazione si applichino, per l'assemblea ordinaria, le maggioranze indicate dal terzo e dal quarto comma, nonché dall'articolo 2368, primo comma, secondo periodo, e, per l'assemblea straordinaria, le maggioranze previste dal settimo comma del presente articolo». È quindi prevista la possibilità di prevedere statutariamente un'unica convocazione con quorum ridotti corrispondenti a quelli ordinariamente applicabili per la seconda convocazione delle assemblee ordinarie, e per le convocazioni successive alla seconda delle assemblee straordinarie.
È modificato l'art. 2370 c.c. (Diritto d'intervento all'assemblea ed esercizio del voto), come segue:
"Possono intervenire all'assemblea coloro ai quali spetta il diritto di voto.
Lo statuto delle società le cui azioni non sono ammesse alla gestione accentrata, può richiedere il preventivo deposito delle azioni presso la sede sociale o presso le banche indicate nell'avviso di convocazione, fissando il termine entro il quale debbono essere depositate ed eventualmente prevedendo che non possano essere ritirate prima che l'assemblea abbia avuto luogo. Qualora le azioni emesse dalle società indicate al primo periodo siano diffuse fra il pubblico in misura rilevante il termine non può essere superiore a due giorni non festivi.
Se le azioni sono nominative, le società di cui al secondo comma provvedono all'iscrizione nel libro dei soci di coloro che hanno partecipato all'assemblea o che hanno effettuato il deposito.
Lo statuto può consentire l'intervento all'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l'espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il voto per corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto all'assemblea.
Resta fermo quanto previsto dalle leggi speciali in materia di legittimazione all'intervento e all'esercizio del diritto di voto nell'assemblea nonché in materia di aggiornamento del libro soci nelle società con azioni ammesse alla gestione accentrata". Viene pertanto estrapolata dal codice la disciplina delle società le cui azioni sono ammesse alla gestione accentrata, e viene ammesso espressamente il voto in via elettronica (per posta elettronica, ecc.), che peraltro si ammetteva pacificamente, per via interpretativa, anche nella disciplina previgente.
È modificato l'art. 2372 c.c. (Rappresentanza nell'assemblea); in particolare:
a) - è sostituito il primo comma, come segue: «Coloro ai quali spetta il diritto di voto possono farsi rappresentare nell'assemblea salvo che, nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e nelle società cooperative, lo statuto disponga diversamente. La rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati dalla società». È, quindi, ora possibile che lo statuto delle società per azioni "chiuse" e delle società cooperative vieti la rappresentanza in assemblea;
b) - è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Le disposizioni del quinto e del sesto comma non si applicano alle società con azioni quotate nei mercati regolamentati diverse dalle società cooperative. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 2539». Quindi le disposizioni relative al divieto di farsi rappresentare da amministratori e membri di organi di controllo, o che prevedono un numero massimo di deleghe conferibili allo stesso soggetto, non si applicano alle società per azioni quotate (ma continuano ad applicarsi a tutte le cooperative, ancorché quotate).
L'art. 2 del d. lgs. n. 27/2010 modifica il Titolo II della Parte III del d. lgs. n. 58/1998 (t.u.f.), relativo alla gestione accentrata di strumenti finanziari.
L'attività di gestione accentrata di strumenti finanziari ha carattere di impresa ed è esercitata nella forma di società per azioni, anche senza fine di lucro. Le società di gestione accentrata hanno per oggetto esclusivo la prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari, ai sensi del capo II del presente titolo. Esse possono svolgere attività connesse e strumentali (art. 80 t.u.f.).
Gli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati italiani non possono essere rappresentati da titoli, ai sensi e per gli effetti della disciplina di cui al titolo V, libro IV, del codice civile (art. 83-bis t.u.f.).
Il trasferimento dei suddetti strumenti finanziari, nonché l'esercizio dei relativi diritti patrimoniali, possono effettuarsi soltanto tramite gli intermediari (art. 83-quater).
Effettuata la registrazione, il titolare del conto ha la legittimazione piena ed esclusiva all'esercizio dei diritti relativi agli strumenti finanziari in esso registrati, secondo la disciplina propria di ciascuno di essi e le norme del presente titolo. Il titolare può disporre degli strumenti finanziari registrati nel conto in conformità con quanto previsto dalle norme vigenti in materia. Colui il quale ha ottenuto la registrazione in suo favore, in base a titolo idoneo e in buona fede, non è soggetto a pretese o azioni da parte di precedenti titolari. Salvo quanto previsto all'articolo 83-sexies, la legittimazione all'esercizio dei diritti indicati nel comma 1 è attestata dall'esibizione di certificazioni rilasciate in conformità alla proprie scritture contabili dagli intermediari e recanti l'indicazione del diritto sociale esercitabile. Le certificazioni non conferiscono altri diritti oltre alla legittimazione sopra indicata. Sono nulli gli atti di disposizione aventi a oggetto le certificazioni suddette (art. 83-quinquies).
La legittimazione all'intervento in assemblea e all'esercizio del diritto di voto è attestata da una comunicazione all'emittente, effettuata dall'intermediario, in conformità alle proprie scritture contabili, in favore del soggetto a cui spetta il diritto di voto. Nelle società italiane con azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione italiani o di altri Paesi dell'Unione europea con il consenso dell'emittente, la comunicazione è effettuata dall'intermediario sulla base delle evidenze relative al termine della giornata contabile del settimo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l'assemblea in prima o unica convocazione. Le registrazioni in accredito e in addebito compiute sui conti successivamente a tale termine non rilevano ai fini della legittimazione all'esercizio del diritto di voto nell'assemblea (c.d. regola della record date). Lo statuto delle società diverse da quelle sopra indicate può richiedere che le azioni oggetto di comunicazione siano registrate nel conto del soggetto a cui spetta il diritto di voto a partire da un termine prestabilito, eventualmente prevedendo che esse non possano essere cedute fino alla chiusura dell'assemblea. Nelle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante il termine non può essere superiore a due giorni non festivi. Qualora lo statuto non impedisca la cessione delle azioni, l'eventuale cessione delle stesse comporta l'obbligo per l'intermediario di rettificare la comunicazione precedentemente inviata (art. 83-sexies).
I vincoli di ogni genere sugli strumenti finanziari disciplinati dalla presente sezione, ivi compresi quelli previsti dalla normativa speciale sui titoli di debito pubblico, si costituiscono unicamente con le registrazioni in apposito conto tenuto dall'intermediario (art. 83-octies).
Il deposito delle certificazioni rilasciate dall'intermediario sostituisce, ad ogni effetto di legge, il deposito del titolo previsto da disposizioni vigenti (art. 83-novies).
Gli emittenti azioni aggiornano il libro dei soci in conformità alle comunicazioni e alle segnalazioni effettuate dagli intermediari, entro trenta giorni dal ricevimento delle medesime. Fermo restando l'articolo 2421 del codice civile, anche qualora il libro soci non sia formato o tenuto con strumenti informatici, le risultanze del medesimo libro sono messe a disposizione dei soci, a loro richiesta, anche su supporto informatico (art. 83-undecies).
Ove previsto dallo statuto, le società con azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati possono chiedere, in qualsiasi momento e con oneri a proprio carico, agli intermediari, tramite una società di gestione accentrata, i dati identificativi degli azionisti che non abbiano espressamente vietato la comunicazione degli stessi, unitamente al numero di azioni registrate sui conti ad essi intestati. Nel caso in cui lo statuto preveda la suddetta facoltà, la società è tenuta ad effettuare la medesima richiesta su istanza di tanti soci che rappresentino la metà della quota minima di partecipazione stabilita dalla Consob (art. 83-duodecies).
L'art. 3 del d. lgs. n. 27/2010 modifica alcune disposizioni della Parte IV (disciplina degli emittenti) del d. lgs. n. 58/1998. In particolare:
1) – all'art. 116, è aggiunto il seguente comma 2-ter: "Agli emittenti azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante si applicano le disposizioni degli articoli 125-bis, commi 1 e 3, e, in quanto compatibile, 4, 125-ter, 125-quater, 126, 126-bis e 127. La Consob può estendere, con regolamento, in tutto o in parte, gli obblighi previsti negli articoli 125-bis, 125-ter e 125-quater agli emittenti strumenti finanziari, diversi dalle azioni, diffusi tra il pubblico in misura rilevante. La Consob può dispensare dall'osservanza delle suddette disposizioni gli emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati di altri Paesi dell'Unione europea o in mercati di Paesi extracomunitari, in considerazione degli obblighi informativi a cui sono tenuti in forza della quotazione";
2) – è inserito il nuovo art. 125-bis (avviso di convocazione dell'assemblea delle società quotate), il quale prevede, tra l'altro, che "L'assemblea è convocata entro il trentesimo giorno precedente la data dell'assemblea mediante avviso pubblicato sul sito Internet della società nonché con le altre modalità previste dalla Consob con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 113-ter, comma 3. Nel caso di assemblea convocata per l'elezione dei componenti degli organi di amministrazione e controllo, il termine per la pubblicazione dell'avviso di convocazione è anticipato al quarantesimo giorno precedente la data dell'assemblea. Per le assemblee previste dagli articoli 2446, 2447 e 2487 del codice civile, il termine indicato nel comma 1 è posticipato al ventunesimo giorno precedente la data dell'assemblea". Sono inoltre dettate, nel medesimo articolo, modalità dettagliate per l'informazione degli azionisti aventi diritto a partecipare all'assemblea;
3) – è inserito il nuovo art. 125-ter, a norma del quale l'organo di amministrazione entro il termine di pubblicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea mette a disposizione del pubblico presso la sede sociale, sul sito Internet della società, e con le altre modalità previste dalla Consob con regolamento, una relazione sulle materie all'ordine del giorno;
4) – è inserito il nuovo art. 125-quater, che individua i documenti e le informazioni che entro il termine di pubblicazione dell'avviso di convocazione devono essere messi a disposizione sul sito Internet della società;
5) – sono modificate, in coerenza con la nuova disciplina del codice civile, le disposizioni contenute negli artt. 126 (convocazioni dell'assemblea successive alla prima), 126-bis (integrazione dell'ordine del giorno dell'assemblea), 127 (voto per corrispondenza o in via elettronica), ed è inserito il nuovo 127-ter (diritto di porre domande prima dell'assemblea);
6) – è inserito il nuovo art. 127-quater (maggiorazione del dividendo), il quale prevede che gli statuti possono disporre che ciascuna azione detenuta dal medesimo azionista per un periodo continuativo indicato nello statuto, e comunque non inferiore ad un anno, attribuisca il diritto ad una maggiorazione non superiore al 10 per cento del dividendo distribuito alle altre azioni. Gli statuti possono subordinare l'assegnazione della maggiorazione a condizioni ulteriori;
7) – sono aggiunti i nuovi artt. da 135 a 135-duodecies, che contengono una nuova disciplina delle società cooperative quotate.
A norma dell'art. 7, comma 2, del d. lgs. n. 27/2010, la regola della "record date" introdotta dall'art. 2, e le disposizioni dell'art. 3, che modificano il codice civile ed il t.u.f., si applicano alle assemblee il cui avviso di convocazione sia pubblicato dopo il 31 ottobre 2010. Fino a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni sostituite od abrogate dalle corrispondenti disposizioni del d. lgs. n. 27/2010.
Cfr. anche, in tema, BUSANI, Più partecipazione all'assemblea delle società, in Società, 2010, p. 401; ATLANTE-STELLA RICHTER, Il recepimento in Italia della direttiva sui diritti degli azionisti e le modificazioni statutarie conseguenti, in Cnn Notizie del 14 maggio 2010; DE LUCA, La nuova disciplina della gestione accentrata e della legittimazione degli azionisti, in Banca, borsa e titoli di credito, 2010, I, p. 254. Sulla Direttiva comunitaria 2007/36/CE, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 68 del 23.3.2010), in vigore dal 7 aprile 2010, ha attuato la Direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati.
Ai sensi dell'art. 1, lett. m), si intende per «revisione legale» la revisione dei conti annuali o dei conti consolidati effettuata in conformità alle disposizioni del presente decreto legislativo; per «revisore legale» si intende una persona fisica abilitata a esercitare la revisione legale ai sensi del codice civile e delle disposizioni del presente decreto legislativo e iscritta nel Registro (art. 1, lett. n); per «società di revisione legale» si intende una società abilitata a esercitare la revisione legale ai sensi delle disposizioni del presente decreto legislativo e iscritta nel Registro (art. 1, lett. q).
L’esercizio della revisione legale è riservato ai soggetti iscritti nel Registro; l’iscrizione nel Registro dà diritto all'uso del titolo di revisore legale. Per le società semplici di revisione si osservano le modalità di pubblicità previste dall'articolo 2296 del codice civile (art. 2).
Da rilevare che, nella nuova disciplina, è stato eliminato il requisito dell'esclusività dell'oggetto sociale delle società di revisione (prima necessariamente limitato alla revisione e all'organizzazione contabile di aziende); il controllo dell'indipendenza del revisore è oggi affidato ad altri strumenti, in particolare all'attività di vigilanza ed agli obblighi dei revisori.
Le informazioni rilevanti riguardo ai revisori legali ed alle società di revisione legale sono conservate nel Registro in forma elettronica, e sono accessibili gratuitamente sul sito Internet del Ministero dell’economia e delle finanze o dell'ente pubblico o privato convenzionato, che è il soggetto incaricato della tenuta del Registro ai sensi dell’art. 21 (art. 7, comma 5).
A norma dell'art. 10, il revisore legale e la società di revisione legale che effettuano la revisione legale dei conti di una società devono essere indipendenti da questa e non devono essere in alcun modo coinvolti nel suo processo decisionale. Il revisore legale e la società di revisione legale non effettuano la revisione legale dei conti di una società qualora tra tale società e il revisore legale o la società di revisione legale o la rete sussistano relazioni finanziarie, d’affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette, comprese quelle derivanti dalla prestazione di servizi diversi dalla revisione contabile, dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole trarrebbe la conclusione che l’indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale risulta compromessa. Qualora i rischi siano di tale rilevanza da compromettere l’indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale questi non effettuano la revisione legale. Di particolare rilievo la previsione dell'art. 10, comma 10, a norma del quale il corrispettivo per l’incarico di revisione legale è determinato in modo da garantire la qualità e l’affidabilità dei lavori: è legislativamente sancìto il principio di adeguatezza del corrispettivo al fine di favorire l'indipendenza e l'imparzialità del soggetto cui sono demandati importanti controlli di legalità.
La revisione legale è svolta in conformità ai principi di revisione adottati dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 26, paragrafi 1 e 2, della Direttiva 2006/43/CE, nonché alle ulteriori eventuali procedure di revisione o obblighi supplementari dettate dal Ministero dell'economia e delle finanze (art. 11).
Notevole rilievo assumono le previsioni dell'art. 13 (Conferimento, revoca e dimissioni dall’incarico, risoluzione del contratto). Salva la possibilità di nomina in sede di atto costitutivo, a norma dell’articolo 2328, secondo comma, n. 11), c.c., l’assemblea, su proposta motivata dell’organo di controllo, conferisce l’incarico di revisione legale dei conti e determina il corrispettivo spettante al revisore legale o alla società di revisione legale per l'intera durata dell'incarico e gli eventuali criteri per l’adeguamento di tale corrispettivo durante l’incarico. Pertanto, è necessario che la deliberazione collegiale del collegio sindacale che propone la nomina del suddetto revisore sia adottata anteriormente alla deliberazione dell'assemblea che nomina il revisore legale. L’incarico ha la durata di tre esercizi, con scadenza alla data dell'assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio dell'incarico. L’assemblea revoca l’incarico, sentito l’organo di controllo, quando ricorra una giusta causa, provvedendo contestualmente a conferire l’incarico a un altro revisore legale o ad altra società di revisione legale secondo le modalità di cui al comma 1. Non costituisce giusta causa di revoca la divergenza di opinioni in merito ad un trattamento contabile o a procedure di revisione. Il revisore legale o la società di revisione legale incaricati della revisione legale possono dimettersi dall’incarico, salvo il risarcimento del danno, nei casi e con le modalità definiti con regolamento dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Consob, e salva la prorogatio per un periodo massimo di sei mesi. La società sottoposta a revisione ed il revisore legale o la società di revisione legale informano tempestivamente il Ministero dell’economia e delle finanze e, per la revisione legale relativa agli enti di interesse pubblico, la Consob, in ordine alla revoca, alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del contratto, fornendo adeguate spiegazioni in ordine alle ragioni che le hanno determinate.
Disposizioni speciali sono dettate per gli enti di interesse pubblico dagli artt. 16 e seguenti: si tratta delle società emittenti valori mobiliari e strumenti finanziari, banche, imprese di assicurazione e di riassicurazione, società di gestione dei mercati regolamentati, società che gestiscono sistemi di compensazione e garanzia, società di gestione accentrata di strumenti finanziari; società di intermediazione mobiliare; società di gestione del risparmio (Sgr), società di investimento a capitale variabile (Sicav), istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, intermediari finanziari di cui all’art. 107 del t.u.b. Negli enti di interesse pubblico, nelle società controllate da enti di interesse pubblico, nelle società che controllano enti di interesse pubblico e nelle società sottoposte con questi ultimi a comune controllo, la revisione legale non può essere esercitata dal collegio sindacale (art. 16, comma 2). Correlativamente, è modificato l'art. 2409-bis c.c., ed è abrogata la speciale disciplina che si riferiva alle società "aperte", per confluire nella disciplina speciale degli enti di interesse pubblico. La Consob, d’intesa con la Banca d’Italia e l’Isvap, può individuare con regolamento le società controllate e quelle sottoposte a comune controllo di cui al comma 2 che non rivestono significativa rilevanza nell’ambito del gruppo, nelle quali, ai sensi dell’articolo 2409-bis, secondo comma, del codice civile, la revisione legale può essere esercitata dal collegio sindacale (art. 16, comma 3). Nei suddetti enti di interesse pubblico, l’incarico di revisione legale ha la durata di nove esercizi per le società di revisione e di sette esercizi per i revisori legali. Esso non può essere rinnovato o nuovamente conferito se non siano decorsi almeno tre esercizi dalla data di cessazione del precedente incarico (art. 17, comma 1).
Il Ministero dell’economia e delle finanze provvede al controllo della qualità sui revisori legali e le società di revisione legale che non hanno incarichi di revisione legale su enti di interesse pubblico, nonché, tra l'altro, in merito alla iscrizione nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione legale, ed alla tenuta del Registro. Può, ai suddetti fini, avvalersi su base convenzionale di enti pubblici o privati per lo svolgimento di tali compiti. Nell'esercizio della vigilanza, il Ministero dell’economia e delle finanze può richiedere la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, eseguire ispezioni e assumere notizie e chiarimenti, richiedere notizie, dati o documenti sotto qualsiasi forma (art. 21). La Consob, direttamente ed eventualmente, in parte, mediante delega ad altro ente, vigila sull’organizzazione e sull’attività dei revisori legali e delle società di revisione legale che hanno incarichi di revisione legale su enti di interesse pubblico (art. 22). L'accertamento di irregolarità nello svolgimento dell'attività di revisione legale e nei casi di ritardata o mancata comunicazione delle informazioni può dar luogo all'applicazione di sanzioni amministrative, alla sospensione, revoca o cancellazione dal registro dei revisori (artt. 24 e 26).
Gli artt. 27 ss. disciplinano i reati connessi alla revisione legale; correlativamente, è abrogato l'art. 2624 c.c., e sono modificati gli altri articoli del codice civile che prevedevano reati dei revisori contabili. Di particolare rilievo la nuova previsione dell'art. 31 (Illeciti rapporti patrimoniali con la società assoggettata a revisione): "Gli amministratori, i soci responsabili della revisione legale e i dipendenti della società di revisione che contraggono prestiti, sotto qualsiasi forma, sia direttamente che per interposta persona, con la società assoggettata a revisione o con una società che la controlla, o ne è controllata, o si fanno prestare da una di tali società garanzie per debiti propri, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 206 a euro 2.065".
L'art. 37 modifica alcune disposizioni del codice civile. In particolare:
- in tutte le disposizioni contenenti il riferimento al "controllo contabile", quest'ultimo è sostituito dalla "revisione legale dei conti";
- nelle disposizioni in cui si fa riferimento al "registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia", questo riferimento è sostituito da quello all'"apposito registro" nel quale sono iscritti i revisori legali;
- i riferimenti ai "revisori contabili" sono sostituiti da quelli ai "revisori legali" iscritti nell’apposito registro ed alle "società di revisione legale";
- le superiori modifiche devono intendersi effettuate ex lege negli statuti vigenti (trattandosi di norme imperative che prevalgono per il futuro sulle clausole statutarie difformi, e che sostituiscono automaticamente dette clausole); valgono qui le medesime considerazioni pacificamente condivise a proposito della sostituzione legale delle clausole difformi dalle nuove norme imperative dettate con la riforma societaria del 2003;
- l’articolo 2409-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
«Articolo 2409-bis (Revisione legale dei conti). - La revisione legale dei conti sulla società è esercitata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro.
Lo statuto delle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro»;
- sono abrogati gli articoli 2409-ter, 2409-quater, 2409-quinquies, 2409-sexies del codice civile;
- l’articolo 2477 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Articolo 2477 (Collegio sindacale e revisione legale dei conti). - L’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un collegio sindacale o di un revisore.
La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni.
La nomina del collegio sindacale è altresì obbligatoria se la società:
a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’articolo 2435-bis.
L’obbligo di nomina del collegio sindacale di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.
Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per azioni; se l’atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal collegio sindacale.
L’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina del collegio sindacale. Se l’assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato».
L'art. 39, comma 2, lett. c), ha abrogato l'art. 52, comma 2-bis, del d. lgs. n. 385/1993 (t.u.b.), che consentiva alle banche di credito cooperativo di affidare il controllo contabile al collegio sindacale.
Cfr. sul tema GIUDICI, La nuova disciplina della revisione legale (commento al D.Lgs. 27.1.2010 n. 39), in Società, 2010, p. 533.
L'art. 64 del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 94 del 23.4.2010), in vigore dal giorno 8 maggio 2010, con riferimento agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, dispone innanzitutto, al comma 1, che l'apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, di cui alla legge n. 287/1991, è soggetta ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio. Invece, il trasferimento di sede e il trasferimento della gestione o della titolarità degli esercizi (rectius, cessione del godimento o della proprietà dell'azienda) sono soggetti a dichiarazione di inizio di attività da presentare allo sportello unico per le attività produttive del comune competente per territorio, a norma dell'art. 19, comma 2, primo e secondo periodo, della legge n. 241/1990.
Ai sensi del comma 4, "Il trasferimento della gestione o della titolarità di un esercizio di somministrazione per atto tra vivi o a causa di morte è subordinato all'effettivo trasferimento dell'attività e al possesso dei requisiti prescritti da parte del subentrante". La disposizione, sia pure in modo atecnico, sembra condizionare sospensivamente l'effetto dell'atto (traslativo della proprietà o del godimento dell'azienda) all'effettiva consegna dell'azienda ("effettivo trasferimento dell'attività"), nonché, congiuntamente, al possesso dei requisiti in capo al subentrante (per questi ultimi, v. l'art. 71, comma 6, del medesimo decreto).
Con D.Lgs. 15 febbraio 2010, n. 23 (in G.U. n. 46 del 25.2.2010), in vigore dal 13 marzo 2010 (salve le disposizioni di coordinamento e transitorie dettate dagli artt. 2 e 3), è stata approvata la riforma dell'ordinamento relativo alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in attuazione dell'art. 53 della legge 23 luglio 2009, n. 99. A tal fine, l'art. 1 detta una serie di modifiche alle disposizioni dettate dalla legge 29 dicembre 1993, n. 580.
Ai sensi dell'art. 2, comma 3, della legge n. 580/1993, le camere di commercio, nei cui registri delle imprese siano iscritte o annotate meno di 40.000 imprese, esercitano le funzioni di cui alle lett. g), h), i) e l) obbligatoriamente in forma associata.
A norma del comma 2 dell'art. 2, le camere di commercio, singolarmente o in forma associata, svolgono in particolare le funzioni e i compiti relativi alla tenuta del registro delle imprese, del Repertorio economico amministrativo (Rea), e degli altri registri ed albi attribuiti alle camere di commercio dalla legge.
Il comma 5 dello stesso art. 2 attribuisce alle camere di commercio la facoltà di costituire, in forma singola o associata, e secondo le disposizioni del codice civile, aziende speciali operanti secondo le norme del diritto privato, quali organismi strumentali dotati di soggettività tributaria.
L'art. 1, comma 10, sostituisce l'art. 8 della legge n. 580/1993, modificando le norme relative al registro delle imprese. In particolare, si dispone, al nuovo comma 2, che "Al fine di garantire condizioni di uniformità informativa su tutto il territorio nazionale e fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari in materia, nonché gli atti amministrativi generali da esse previsti, il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero della giustizia, sentita l'Unioncamere, emana direttive sulla tenuta del registro. La nuova potestà di emanare direttive incide notevolmente sull'autonomia del conservatore del registro delle imprese, ed interferisce con il potere-dovere di vigilanza del giudice del registro, previsto dall'art. 2188 c.c. e richiamato dal comma 3 dell'art. 8 in esame. Alla luce della nuova disposizione deve ritenersi che – a modifica del sistema finora vigente, secondo la dottrina prevalente – la vigilanza del giudice del registro potrà aver luogo soltanto mediante la decisione sui ricorsi avverso i provvedimenti del conservatore, mentre il potere di dettare direttive di contenuto generale ed astratto sia ormai sottratto al medesimo giudice del registro, in quanto incompatibile con quello sancìto dalla nuova disciplina.
Il nuovo art. 8, comma 6, rinvia poi all'art. 1-bis del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248, per quanto concerne la previsione di nuovi regolamenti che dovranno adeguare il regolamento istitutivo del registro delle imprese.
Con Decreto direttoriale 16 marzo 2010 (in G.U. n. 77 del 2.4.2010), efficace dal 24 marzo 2010, sono state approvate le integrazioni alle specifiche tecniche per la creazione di programmi informatici finalizzati alla compilazione delle domande e delle denunce da presentare all'ufficio del registro delle imprese per via telematica o su supporto informatico, approvate con d.m. 14 agosto 2009, come integrato dal d.m. 24 novembre 2009.
Con D.M. 23 marzo 2010 (in G.U. n. 78 del 3.4.2010) sono stati approvati nuovi modelli di certificati-tipo inerenti il Registro delle imprese previsti dall'art. 24 del d.p.r. 7 dicembre 1994, n. 581, ed è stato adottato un modello di ricevuta di accettazione di comunicazione unica per la nascita dell'impresa.
L'art. 48 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, modifica alcune disposizioni della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
Il nuovo art. 182-quater dispone che i crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche e intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 del d. lgs. n. 385/1993 (t.u.b.), in esecuzione di un concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis, sono prededucibili. Sono altresì prededucibili i crediti derivanti da finanziamenti effettuati dai suddetti soggetti in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all'articolo 160 o dall'accordo di ristrutturazione e purché il concordato preventivo o l'accordo siano omologati. In deroga agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, il regime di prededucibilità si applica anche ai finanziamenti effettuati dai soci, fino a concorrenza dell'ottanta per cento del loro ammontare.
Ai sensi dei commi 5-bis e seguenti dell'art. 182-bis, il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall'imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell'accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale la documentazione di cui all'articolo 161, primo e secondo comma, e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell'imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), circa la sussistenza delle condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L'istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese. II tribunale, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell'accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista.
A norma dell'art. 42 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le condizioni per il riscontro della sussistenza dei requisiti idonei a far riconoscere le imprese come appartenenti ad una delle reti di imprese di cui all'articolo 3, comma 4-ter e seguenti, del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33. Forme, modalità e termini di presentazione delle richieste per il riconoscimento dell'appartenenza ad una rete di imprese sono stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Alle imprese appartenenti ad una delle reti di imprese riconosciute ai sensi del comma 1 competono vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, nonché la possibilità di stipulare convenzioni con l'A.B.I. nei termini definiti con decreto ministeriale.
Sulle reti di imprese, v. anche la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/, e bibliografia ivi citata.
Ai sensi dell'art. 6, comma 6, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, nelle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istat a norma dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché nelle società possedute in misura totalitaria, alla data del 31 maggio 2010 dalle predette amministrazioni pubbliche, il compenso dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale è ridotto del 10 per cento.
A norma dell'art. 6, comma 19, al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle società pubbliche, le amministrazioni pubbliche individuate dall'Istat, ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.
A norma dell'art. 14, comma 32, fermo quanto previsto dall'art. 3, commi 27, 28 e 29 della legge 25 dicembre 2007, n. 244, i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire società. Entro il 31 dicembre 2010 i Comuni mettono in liquidazione le società già costituite alla data del 31 maggio 2010, ovvero ne cedono le partecipazioni. Questa disposizione non si applica alle società, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più Comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti; i Comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società; entro il 31 dicembre 2010 i predetti Comuni mettono in liquidazione le altre società già costituite.
Sui compensi degli amministratori di società con partecipazione pubblica, v. anche le Rassegne relative al secondo semestre 2006, al secondo semestre 2007, al primo semestre 2009 ed al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
A norma dell'art. 1 del D.L. 25 marzo 2010, n. 40 (in G.U. n. 71 del 26.3.2010), in vigore dal 26 marzo 2010, convertito in legge 22 maggio 2010, n. 73 (in G.U. n. 120 del 25.5.2010), a decorrere dal 26 maggio 2010, l’agente della riscossione non può iscrivere l’ipoteca di cui all’art. 77 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, se l’importo complessivo del credito per cui procede è inferiore complessivamente ad 8.000 euro.
A norma dell'art. 3-bis, per l’iscrizione all’albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, di cui all’art. 53, comma 1, del d. lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, sono richieste le seguenti misure minime di capitale interamente versato:
a) 1 milione di euro per l’effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività nei comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti, con un numero di comuni contemporaneamente gestiti che, in ogni caso, non superino complessivamente 100.000 abitanti;
b) 5 milioni di euro per l’effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di accertamento dei tributi e di quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate nei comuni con popolazione fino a 200.000 abitanti;
c) 10 milioni di euro per l’effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di accertamento dei tributi e di quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate nelle province e nei comuni con popolazione superiore a 200.000 abitanti.
Le società iscritte all’albo devono adeguare alle predette misure minime il proprio capitale sociale entro il 30 giugno 2010; in ogni caso, fino all’adeguamento non possono ricevere nuovi affidamenti o partecipare a gare indette a tale fine.
Cfr. anche le Rassegne relative al primo semestre 2008 ed al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Con Deliberazione Consob 13 maggio 2010, n. 17326 (in G.U. n. 116 del 20.5.2010) sono state approvate modifiche al regolamento concernente la disciplina degli emittenti, adottato con deliberazione Consob n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modificazioni e integrazioni, in attuazione del D. Lgs. n. 58/1998.
Le modifiche riguardano, principalmente, l'informazione societaria, la disciplina delle informazioni su operazioni straordinarie e alle esenzioni dagli obblighi di informazione periodica; la pubblicità dei patti parasociali; gli organi di amministrazione e controllo, con particolare riguardo ai criteri per la definizione delle quote di partecipazione per la presentazione delle liste di candidati, agli obblighi di pubblicità sui componenti degli organi sociali e agli obblighi di informativa sugli incarichi assunti dai componenti degli organi di controllo di emittenti quotati e diffusi; la semplificazione di alcuni obblighi in capo agli operatori; il chiarimento della portata di alcune disposizioni che hanno dato luogo a dubbi interpretativi; la previsione di un'entrata in vigore differita delle disposizioni relative agli obblighi di informativa sugli incarichi assunti dai componenti degli organi di controllo di emittenti quotati e diffusi, al fine di consentire ai soggetti interessati di provvedere al conseguente adeguamento.
Con Deliberazione Consob 28 aprile 2010, n. 17297 (in G.U. n. 120 del 25.5.2010), in vigore dal 1° luglio 2010, sono state dettate disposizioni concernenti gli obblighi di comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti da parte dei soggetti vigilati.
Con Deliberazione Consob 12 gennaio 2010, n. 17130 (in G.U. n. 20 del 26.1.2010) è stato adottato il regolamento recante norme di attuazione degli artt. 18-bis e 18-ter del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (testo unico della finanza), in materia di consulenti finanziari persone fisiche e società di consulenza finanziaria.
Gli artt. 2 ss. disciplinano la tenuta dell'albo delle persone fisiche consulenti finanziari di cui all'art. 18-bis, comma 2, del TUF, e la sezione dedicata alle società di consulenza finanziaria istituita ai sensi dell'art. 18-ter del medesimo TUF.
A norma dell'art. 6 sono iscritte all'albo le persone fisiche e le società di consulenza finanziaria in possesso dei requisiti indicati all'art. 8 (requisiti patrimoniali, di onorabilità, indipendenza, prove valutative, ecc.). L'albo aggiornato è messo a disposizione del pubblico con modalità idonee ad assicurarne la massima diffusione (art. 7).
Per quanto specificamente riguarda le società di consulenza finanziaria, le stesse devono essere costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, ed essere in possesso dei requisiti previsti dal regolamento ministeriale di cui all'art. 18-ter del TUF (art. 8, comma 2).
Gli artt. 12 e seguenti disciplinano l'attività dei consulenti finanziari. In particolare, l'art. 12 sancisce le regole generali di comportamento; tra l'altro, dispone all'ultimo comma che "I consulenti finanziari non possono ricevere procure speciali o generali per il compimento di operazioni o deleghe a disporre delle somme o dei valori di pertinenza dei clienti", e ciò a pena di radiazione dall'albo (art. 27, comma 2, n. 4). L'art. 13 disciplina le incompatibilità (delle quali è opportuno tener conto in sede di redazione degli oggetti sociali delle società di consulenza finanziaria). Gli artt. 15 e seguenti disciplinano l'attività informativa nei confronti dei clienti ed i contratti di consulenza.
L’art. 1, comma 14, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), come modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 (in G.U. n. 48 del 27 febbraio 2010), ha differito al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale la riserva di attività di cui all'articolo 18 del d. lgs. n. 58/1998 non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestavano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), del suddetto t.u.f. senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti (cfr. anche, sul punto, l’art. 23, comma 7, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, che ha modificato l’art. 19, comma 14, della legge 17 settembre 2007, n. 164).
Cfr. anche sul punto le Rassegne relative al secondo semestre 2007 (“Mercati degli strumenti finanziari”), al primo semestre 2008, al primo semestre 2009, ed al secondo semestre 2009 ("Consulenza in materia di investimenti"), in http://www.gaetanopetrelli.it; nonché PARACAMPO, Le società di consulenza finanziaria: una disciplina in itinere, in Società, 2009, p. 1459.
Con Deliberazione Consob 12 marzo 2010, n. 17221 (in G.U. n. 70 del 25.3.2010) è stato adottato il regolamento recante disposizioni in materia di operazioni con parti correlate, in attuazione dell'art. 2391-bis c.c. (che demanda alla potestà regolamentare della Consob la definizione di principi generali in tema di trasparenza e di correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate realizzate da società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio direttamente o tramite società controllate), nonché degli artt. 113-ter, 114, 115 e 154-ter del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (testo unico della finanza).
A tal fine è stato modificato l'art. 37 del regolamento concernente la disciplina dei mercati (Deliberazione Consob del 29 ottobre 2007, n. 16191), e sono state abrogate talune disposizioni del regolamento concernente la disciplina degli emittenti (Deliberazione Consob del 14 maggio 1999, n. 11971), in considerazione delle nuove disposizioni in materia di operazioni con parti correlate.
Le vere e proprie disposizioni regolamentari riguardanti le operazioni con parti correlate sono dettate dagli artt. 2 e seguenti del regolamento, e dagli allegati da 1 a 4.
Cfr. sulla materia BAGLIONI-GRASSO-SALAFIA, Operazioni con parti correlate: il regolamento Consob, in Società, 2010, p. 727.
L'art. 52 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, detta una norma interpretativa dell'art. 10, comma 1, del d. lgs. 17 maggio 1999, n. 153, stabilendo che, fino a che non è istituita, nell'ambito di una riforma organica, una nuova autorità di controllo sulle persone giuridiche private disciplinate dal titolo II del libro primo del codice civile, la vigilanza sulle fondazioni bancarie è attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze, indipendentemente dalla circostanza che le fondazioni controllino, direttamente o indirettamente società bancarie, o partecipino al controllo di esse tramite patti di sindacato o accordi in qualunque forma stipulati. Le fondazioni bancarie che detengono partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in società bancarie ovvero concorrono al controllo, diretto o indiretto, di dette società attraverso patti di sindacato o accordi di qualunque tipo continuano a essere vigilate dal Ministero dell'economia e delle finanze anche dopo l'istituzione dell'autorità di controllo sulle persone giuridiche private.
Il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 21 (in G.U. n. 44 del 23.2.2010), in vigore dal 10 marzo 2010, ha dettato disposizioni attuative della Direttiva 2007/44/CE, che modifica le direttive 92/49/CEE, 2002/83/CE, 2004/39/CE, 2005/68/CE e 2006/48/CE per quanto riguarda le regole procedurali e i criteri per la valutazione prudenziale di acquisizione e incrementi di partecipazione nel settore finanziario.
A norma dell'art. 1, comma 17-bis, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 (in G.U. n. 48 del 27 febbraio 2010), in vigore dal 28.2.2010, il termine di un anno dalla contestazione del superamento del limite dello 0,50 per cento, per l'adempimento del dovere di alienazione delle partecipazioni in banche popolari, sancìto dall'art. 30, comma 2, terzo periodo, del d. lgs. n. 385/1993, è differito al 31 dicembre 2011 per i soggetti che alla data del 31 dicembre 2008 detenevano una partecipazione al capitale sociale superiore ai limiti fissati dal primo periodo del citato comma 2, qualora il superamento del limite derivi da operazioni di concentrazione tra banche oppure tra investitori, fermo restando che tale partecipazione non potrà essere incrementata.
Con Provvedimento della Banca d'Italia del 24 marzo 2010 (in G.U. n. 102 del 4.5.2010) sono state disciplinate le obbligazioni bancarie garantite, quali previste dall'art. 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, come introdotto dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. Si tratta di obbligazioni che sono emesse a seguito di cessione da parte di una banca ad una società veicolo di attività costituite in patrimonio separato, finanziamento a favore della società veicolo da parte della banca cedente, e quindi prestazione da parte della società veicolo di garanzia a favore dei portatori di obbligazioni. Il provvedimento in commento stabilisce i requisiti delle banche emittenti, e pone limiti alla cessione degli attivi bancari, destinati al prioritario soddisfacimento dei portatori delle obbligazioni garantite.
V. sulla materia GUCCIONE, La legge italiana in materia di obbligazioni bancarie garantite, in Nuove leggi civ., 2006, p. 819; FAUCEGLIA, Le obbligazioni emesse dalle Banche, Milano, 2000.
Con Provvedimento della Banca d'Italia in data 11 maggio 2010 (in G.U. n. 131 del giorno 8.6.2010) sono state dettate disposizioni di vigilanza contenenti disciplina prudenziale delle cessioni di immobili ad uso funzionale delle banche e dei gruppi bancari. Si tratta di operazioni di dismissione di parte del patrimonio immobiliare di banche appartenenti ad un gruppo, a favore di fondi immobiliari o società consortili, seguite da restituzione in locazione alle banche cedenti per un lungo periodo di tempo (15 – 30 anni). Le dismissioni sono spesso accompagnate da clausole che consentono alle banche cedenti di incidere sulle decisioni gestionali dei soggetti cessionari, ad esempio sotto forma di diritti di veto negli atti dispositivi del patrimonio immobiliare, ovvero diritti di prelazione o altre clausole simili, che consentono all’intermediario cedente di riacquistare (in tutto o in parte) gli immobili ceduti decorso un certo tempo dall’inizio della locazione. A tali fini è assimilato alla locazione ogni altro schema negoziale o diritto reale che produca comunque l’effetto di ricondurre l’immobile ceduto nella disponibilità della banca o del gruppo cedente.
Il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11 (in G.U. n. 36 del 13.2.2010), in vigore dal 1° marzo 2010, ha dettato disposizioni di attuazione della Direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno. Il decreto si applica ai servizi di pagamento prestati in euro o nella valuta ufficiale di uno Stato membro non appartenente all’area dell’euro o di uno Stato appartenente allo Spazio economico europeo (art. 2, comma 1).
L'art. 33 ha inserito nel testo unico bancario (d. lgs. n. 385/1993) il Titolo V-ter (artt. 114-sexies ss.), dedicato agli Istituti di pagamento. A norma dell'art. 114-sexies, comma 1, la prestazione di servizi di pagamento è riservata alle banche, agli Istituti di moneta elettronica e agli Istituti di pagamento, questi ultimi iscritti nell'apposito albo disciplinato dall'art. 114-septies. Ai sensi dell'art. 114-novies, la Banca d'Italia autorizza gli Istituti di pagamento quando – tra l'altro – sia adottata la forma di società di capitali, la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica, il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d'Italia in relazione al tipo di servizio di pagamento prestato. A norma dell'art. 114-terdecies, gli Istituti di pagamento che svolgano anche attività imprenditoriali diverse dalla prestazione dei servizi di pagamento, autorizzati ai sensi dell’articolo 114-novies, comma 4, devono costituire un patrimonio destinato per la prestazione dei servizi di pagamento e per le relative attività accessorie e strumentali. A norma del nuovo comma 1-ter dell'art. 133 del t.u.b., l'uso, nella denominazione o in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, dell'espressione «istituto di pagamento» ovvero di altre parole o locuzioni, anche in lingua straniera, idonee a trarre in inganno sulla legittimazione allo svolgimento dell'attività di prestazione di servizi di pagamento è vietato a soggetti diversi dagli istituti di pagamento.
Con Provvedimento della Banca d'Italia in data 15 febbraio 2010 (in G.U. n. 49 del giorno 1.3.2010) sono state dettate disposizioni di vigilanza per gli Istituti di pagamento, di cui al Titolo V-ter (artt. 114-septies e seguenti) del d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (tub). Si dispone in particolare al Capitolo I, Sezione I, punto 3, tra gli altri requisiti la necessaria adozione della forma di società di capitali; la presenza della sede legale e della direzione generale dell'istituto di pagamento nel territorio della Repubblica italiana; l'esistenza di un capitale versato di ammontare non inferiore a quello indicato nella Sezione II (a seconda dei casi, da 20.000 a 150.000 euro), ovvero, nel caso di istituti di pagamento a operatività limitata, nel Capitolo VIII. A norma del punto 1 della sezione V, il rilascio dell'autorizzazione da parte della Banca d'Italia è condizione per l'iscrizione dell'istituto di pagamento nel registro delle imprese. Nell'atto costitutivo i soci nominano i membri degli organi aziendali dell'istituto di pagamento. Dopo la stipula dell'atto costitutivo e prima di dare corso al procedimento di iscrizione nel registro delle imprese, gli amministratori inoltrano la domanda di autorizzazione alla Banca d'Italia, allegando la documentazione prescritta al medesimo punto 1. La Banca d'Italia rilascia o nega l'autorizzazione entro novanta giorni dalla data di ricevimento della domanda. Nella Sezione I del Capitolo III sono disciplinate le partecipazioni qualificate; nella Sezione II i relativi obblighi di comunicazione. Nel Capitolo IV sono disciplinate le attività degli Istituti di pagamento; nel Capitolo V la disciplina prudenziale e patrimoniale; il Capitolo XI le comunicazioni ed informazioni (compresa la trasmissione delle modifiche statutarie.
Gli artt. da 1 a 32 del D. Lgs. n. 11/2010 disciplinano i servizi di pagamento. Se un’operazione di pagamento non comporta conversioni valutarie da parte del prestatore di servizi di pagamento del pagatore, il pagatore e il beneficiario sostengono ciascuno le spese applicate dal rispettivo prestatore di servizi di pagamento (art. 3, comma 2). I prestatori di servizi di pagamento che partecipano al trasferimento di fondi necessario all’esecuzione di un’operazione di pagamento trasferiscono la totalità dell’importo dell’operazione e non trattengono spese sull’importo trasferito. Il beneficiario e il prestatore di servizi di pagamento di cui si avvale possono però concordare che quest’ultimo trattenga le proprie spese sull’importo trasferito prima di accreditarlo al beneficiario (art. 18).
Quando tutte le condizioni previste dal contratto quadro sono soddisfatte, il prestatore di servizi di pagamento del pagatore non può rifiutare di eseguire un ordine di pagamento autorizzato (art. 16, comma 1). Un ordine di pagamento di cui sia stata rifiutata l’esecuzione per motivi obiettivamente giustificati non è considerato ricevuto (art. 16, comma 5).
Il consenso ad eseguire un’operazione di pagamento o una serie di operazioni di pagamento può essere revocato in qualsiasi momento, nella forma e secondo la procedura concordata nel contratto quadro o nel contratto relativo a singole operazioni di pagamento, purché prima che l’ordine di pagamento diventi irrevocabile ai sensi dell’art. 17 (art. 5, comma 4). Salvo quanto infra, una volta ricevuto dal prestatore di servizi di pagamento del pagatore l’ordine di pagamento non può essere revocato dall’utilizzatore; se l’operazione di pagamento è disposta su iniziativa del beneficiario o per il suo tramite, il pagatore non può revocare l’ordine di pagamento dopo averlo trasmesso al beneficiario o avergli dato il consenso ad eseguire l’operazione di pagamento. Nel caso di addebito diretto e fatti salvi i diritti di rimborso, il pagatore può revocare l’ordine di pagamento non oltre la fine della giornata operativa precedente il giorno concordato per l’addebito dei fondi. Decorsi i termini, l’ordine di pagamento può essere revocato solo con il mutuo consenso dell’utilizzatore e del suo prestatore di servizi di pagamento. In ogni caso, la revoca di un ordine di pagamento ha effetto solo nel rapporto tra il prestatore di servizi di pagamento e l’utilizzatore del servizio, senza pregiudicare il carattere definitivo delle operazioni di pagamento nei sistemi di pagamento. L’irrevocabilità di un ordine di pagamento non pregiudica il rimborso al pagatore dell’importo dell’operazione di pagamento eseguita in caso di controversia tra il pagatore e il beneficiario (art. 17).
Il prestatore di servizi di pagamento del pagatore assicura che dal momento della ricezione dell’ordine l’importo dell’operazione venga accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario entro la fine della giornata operativa successiva. Fino al 1° gennaio 2012 le parti di un contratto per la prestazione di servizi di pagamento possono concordare di applicare un termine di esecuzione diverso da quello previsto dal primo periodo ovvero di fare riferimento al termine indicato dalle regole stabilite per gli strumenti di pagamento dell’area unica dei pagamenti in euro che non può comunque essere superiore a tre giornate operative. Fino al 1° gennaio 2012, per le operazioni di pagamento disposte su supporto cartaceo, il termine massimo di cui al periodo precedente può essere prorogato di una ulteriore giornata operativa (art. 20). La data valuta dell’accredito sul conto di pagamento del beneficiario non può essere successiva alla giornata operativa in cui l’importo dell’operazione di pagamento viene accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario (art. 23, comma 1). L'art. 36, comma 3, modifica l'art. 2, comma 1, del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, stabilendo che, a decorrere dal 1° novembre 2009, la data di valuta per il beneficiario di assegni circolari e bancari tratti su una banca insediata in Italia non può superare, rispettivamente, uno e tre giorni lavorativi successivi alla data del versamento. Per i medesimi titoli, a decorrere dal 1° novembre 2009, la data di disponibilità economica per il beneficiario non può superare, rispettivamente, quattro e cinque giorni lavorativi successivi alla data del versamento. A decorrere dal 1° aprile 2010, la data di disponibilità economica non può superare i quattro giorni lavorativi per tutti i titoli. È nulla ogni pattuizione contraria.
L'art. 32 contempla le sanzioni per l'inadempimento degli obblighi sopra descritti. L'art. 34 disciplina la trasparenza nell'esecuzione dei servizi di pagamento, e modifica a tal fine il testo unico bancario.
Con Provvedimento della Banca d'Italia in data 15 febbraio 2010 (in G.U. n. 49 del giorno 1.3.2010) è stata emanata la disciplina di attuazione dei servizi di pagamento nel mercato interno, per le parti concernenti la trasparenza dei servizi e delle operazioni di pagamento e l'adesione dei prestatori di servizi di pagamento all'Arbitro Bancario Finanziario, con obbligo di adeguamento da parte degli intermediari entro il 30 aprile 2010. Sono state conseguentemente aggiornate le Istruzioni di vigilanza emanate dalla Banca d'Italia, e precisamente la sezione VI.
Con Regolamento ISVAP in data 10 marzo 2010, n. 33 (in G.U. n. 96 del 26.4.2010) sono stati disciplinati l'accesso e l'esercizio dell'attività di riassicurazione di cui ai Titoli V, VI, XIV, XVI del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 - Codice delle assicurazioni private (ivi compresi i requisiti societari necessari – anche in àmbito transnazionale – al fine di ottenere la relativa autorizzazione).
Con D.M. 13 gennaio 2010, n. 33 (in G.U. n. 56 del 9.3.2010), in vigore dal 10 marzo 2010, è stato approvato il regolamento di attuazione del Codice della proprietà industriale, adottato con d. lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.
In particolare, l'art. 40 disciplina la trascrizione degli atti, aventi ad oggetto diritti di proprietà industriale. Devono essere redatte in duplice esemplare, di cui uno viene restituito al richiedente con la dichiarazione dell’avvenuta trascrizione:
a) la domanda di trascrizione di cambiamento di titolarità, conseguente ad atti di cessione o ad atti societari di fusione, scissione, divisione o successione o a sentenze che dichiarano l’esistenza degli atti di cui alle lettere a), b) e c) dell’ articolo 138 del Codice ovvero la domanda di trascrizione di atti che costituiscono, modificano o estinguono diritti personali o reali di godimento o diritti di garanzia;
b) la domanda di trascrizione degli atti di pignoramento, aggiudicazione in seguito a vendita forzata, sospensione della vendita di parte dei diritti di proprietà industriale pignorati per essere restituiti al debitore, espropriazione per causa di pubblica utilità, nonché delle sentenze di rivendicazione di diritti di proprietà industriale e relative domande giudiziali, e delle sentenze che dispongono la conversione di titoli di proprietà industriale nulli e relative domande giudiziali.
L'art. 40, comma 2, richiede l'allegazione alla domanda di trascrizione di copia dell'atto che costituisce titolo della stessa. A norma del comma 3, "Nel caso in cui la domanda di trascrizione sia accompagnata da copia autentica dell’atto pubblico estero o dall’originale o copia autentica della scrittura privata autenticata all’estero, vanno anche osservate le norme della legge notarile sul deposito presso un notaio o un archivio notarile italiano". Per gli atti provenienti dall’estero la traduzione è sempre dovuta e si applica l’articolo 6. Ai sensi degli artt. 5 e 6, le domande, le istanze e i ricorsi non redatti in lingua italiana e non recanti la traduzione in lingua italiana prevista dall’art. 148, comma 5 del Codice, sono irricevibili. La traduzione in lingua italiana può essere dichiarata conforme dal richiedente o dal suo mandatario; peraltro l’Ufficio italiano brevetti e marchi ha facoltà di chiedere che sia prodotta una traduzione asseverata mediante giuramento di fronte al Tribunale.
Le suddette disposizioni si applicano anche alle domande di iscrizione nel registro internazionale di cambiamenti di titolarità ovvero di restrizioni del diritto del titolare di disporre della registrazione internazionale, in quanto compatibili con le norme internazionali. In questo caso le domande devono essere redatte in unico esemplare. Ad esse devono essere uniti il documento comprovante il pagamento della tassa prescritta e l’eventuale modulo di richiesta fornito dall’Ufficio internazionale, compilato in duplice esemplare.
L'art. 41 disciplina le annotazioni (relative a cambiamenti di nome e indirizzo del titolare del diritto di proprietà industriale, ovvero delle sentenze che pronunciano la nullità o la decadenza dal suddetto diritto). La domanda di annotazione deve essere redatta in un unico esemplare e deve contenere: a) le indicazioni per individuare il titolare del brevetto o del marchio; b) l’elezione del domicilio nello Stato da parte del richiedente o del suo mandatario per tutte le comunicazioni e notificazioni da farsi a norma del codice della proprietà industriale; c) gli estremi di brevettazione o di registrazione dei titoli di proprietà industriale oggetto della domanda; d) le variazioni, tassativamente previste dal codice della proprietà industriale, suscettibili di essere annotate. La domanda di annotazione di rinuncia totale o parziale ad un diritto di proprietà industriale deve essere accompagnata da una dichiarazione in bollo del titolare dello stesso avente natura di scrittura privata non autenticata soggetta alle norme della legge sul Registro ove occorra.
Quanto alle altre previsioni formali, l'art. 1 dispone che le domande, le istanze, gli atti, i documenti sono depositati presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e devono essere trasmessi a cura degli uffici riceventi, dopo aver svolto le formalità di cui ai commi 2, 3, 4 e 5, all’Ufficio italiano brevetti e marchi entro i dieci giorni successivi al deposito. Peraltro a norma dell'art. 2, il deposito delle domande, istanze, atti e documenti può essere effettuato anche per via telematica.
Sulla disciplina della trascrizione dettata dal Codice della proprietà industriale, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2005, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L’art. 2, comma 5, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 (in G.U. n. 48 del 27 febbraio 2010), in vigore dal 28 febbraio 2010, ha differito al 1° gennaio 2011 il termine a far data dal quale gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati (ai sensi dell’art. 32, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69).
Da tale data verrà in tal modo generalizzata ed estesa la previsione già dettata per i provvedimenti delle Agenzie fiscali dall’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. La medesima regola varrà per l’adempimento degli obblighi di pubblicazione già da effettuarsi sulla stampa quotidiana (riguardo a procedure ad evidenza pubblica e bilanci da parte delle p.a.). I suddetti adempimenti possono essere attuati, a norma dell’art. 32, comma 3, mediante utilizzo di siti informatici di altre amministrazioni ed enti pubblici obbligati, ovvero di loro associazioni. Ai suddetti fini il CNIPA realizza e gestisce un portale di accesso ai siti suindicati.
A decorrere dal 1° gennaio 2011 le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale, ferma restando la possibilità per le amministrazioni e gli enti pubblici, in via integrativa, di effettuare la pubblicità sui quotidiani a scopo di maggiore diffusione, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio. È fatta salva (art. 32, comma 7) la pubblicità nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e i relativi effetti giuridici.
Il D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53 (in G.U. n. 84 del 12.4.2010), in vigore dal 27 aprile 2010, ha dettato disposizioni in attuazione della Direttiva 2007/66/CE, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE, per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici.
Di particolare rilievo la disciplina delle conseguenze sull'efficacia del contratto dell'annullamento dell'aggiudicazione definitiva, dettata dai nuovi artt. 245-bis e seguenti del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163. In particolare, l'art. 245-bis individua i casi nei quali – in presenza di gravi violazioni – il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto. Viene comunque disposto che il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti.
A norma dell'art. 245-ter, fuori dei casi indicati dagli articoli 245-bis e 245-quater, comma 3, il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la relativa domanda sia stata proposta.
La disciplina in esame si colloca accanto a quella dettata – riguardo all'incidenza della revoca di atti deliberativi sui contratti della pubblica amministrazione – dal comma 1-ter all’art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall'art. 12, comma 1-bis, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133: v., su quest'ultima disciplina, la Rassegna relativa al secondo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Con Determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture in data 11 marzo 2010, n. 2 (in G.U. n. 79 del 6.4.2010), sono state dettate disposizioni riguardo alla disciplina applicabile all'esecuzione del contratto di concessione di lavori pubblici.
Con D.L. 4 febbraio 2010, n. 4 (in G.U. n. 28 del 4.2.2010), in vigore dal 4 febbraio 2010, convertito con modificati dalla legge 31 marzo 2010, n. 50 (in G.U. n. 78 del 3.4.2010), è stata istituita l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. L'Agenzia coadiuva l'autorità giudiziaria nell'amministrazione e custodia dei beni sequestrati.
Di particolare rilievo la modifica dell'art. 2-ter, quinto comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, ai sensi del quale, per i beni immobili sequestrati in quota indivisa, o gravati da diritti reali di godimento o di garanzia, i titolari dei diritti stessi possono intervenire nel procedimento con le medesime modalità al fine dell'accertamento di tali diritti, nonché della loro buona fede e dell'inconsapevole affidamento nella loro acquisizione.
Con il provvedimento con il quale dispone il sequestro previsto dagli articoli precedenti il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore. A norma del nuovo art. 2-septies della legge n. 575/1965, l'amministratore non può stare in giudizio, né contrarre mutui, stipulare transazioni, compromessi, fidejussioni, concedere ipoteche, alienare immobili e compiere altri atti di straordinaria amministrazione anche a tutela dei diritti dei terzi senza autorizzazione scritta del giudice delegato. Nei casi in cui l'amministrazione è affidata all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, la stessa richiede al giudice delegato il nulla osta al compimento degli atti di cui al primo periodo.
A norma dell'art. 2-undecies della legge n. 575/1965, I beni di cui non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse ivi contemplate, sono destinati con provvedimento dell'Agenzia alla vendita, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile. I beni immobili acquistati non possono essere alienati, nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto di vendita.
Cfr. anche la Rassegna relativa al secondo semestre 2008 ("Misure patrimoniali di prevenzione e confisca"), in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Il D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 (in G.U. n. 134 del giorno 11.6.2010), in vigore dal 26 giugno 2010, detta disposizioni finalizzate all'Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'art. 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
L'art. 1 demanda ad uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei Ministri l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
Gli enti locali in stato di dissesto finanziario ai sensi dell'art. 244 del d. lgs. n. 267/2000, fino a quando perdura lo stato di dissesto, non possono alienare i beni ad essi attribuiti, che possono essere utilizzati solo per finalità di carattere istituzionale (art. 2, comma 2).
I beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all'art. 58 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 (art. 2, comma 5).
A norma dell'art. 3, sono trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo ed i beni del demanio idrico; sono trasferiti alle Province, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio idrico, limitatamente ai laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola Provincia, e le miniere, che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze. I beni sono individuati ai fini dell'attribuzione ad uno o più enti appartenenti ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l'inserimento in appositi elenchi contenuti in uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo. I beni possono essere individuati singolarmente o per gruppi. Gli elenchi sono corredati da adeguati elementi informativi, anche relativi allo stato giuridico, alla consistenza, al valore del bene, alle entrate corrispondenti e ai relativi costi di gestione e acquistano efficacia dalla data della pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nella Gazzetta Ufficiale. I beni per i quali non è stata presentata la domanda di attribuzione confluiscono, in base ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato con la procedura di cui al comma 3, in un patrimonio vincolato affidato all'Agenzia del demanio o all'amministrazione che ne cura la gestione, che provvede alla valorizzazione e alienazione degli stessi beni.
I beni, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, salvo quanto previsto dall'articolo 111 del codice di procedura civile, entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, ad eccezione di quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione, dalle leggi regionali e statali e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza. Per i beni trasferiti che restano assoggettati al regime dei beni demaniali ai sensi del presente articolo, l'eventuale passaggio al patrimonio è dichiarato dall'amministrazione dello Stato ai sensi dell'articolo 829, primo comma, del codice civile. Sui predetti beni non possono essere costituiti diritti di superficie. Il trasferimento dei beni ha effetto dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 4).
I beni immobili statali e i beni mobili statali in essi eventualmente presenti che ne costituiscono arredo o che sono posti al loro servizio che, a titolo non oneroso, sono trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni sono i seguenti: a) i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall'articolo 822 del codice civile e dall'articolo 28 del codice della navigazione, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali; b) i beni appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore, ad esclusione: 1) dei fiumi di ambito sovraregionale; 2) dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un'intesa tra le Regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale; c) gli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze, diversi da quelli di interesse nazionale così come definiti dall'articolo 698 del codice della navigazione; d) le miniere e le relative pertinenze ubicate su terraferma; e) gli altri beni immobili dello Stato, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento. Fatto salvo quanto previsto al comma 4 per gli immobili del Ministero della Difesa, sono in ogni caso esclusi dal trasferimento: gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, agli enti pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo e alle Agenzie fiscali, e successive modificazioni; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore; i beni appartenenti al patrimonio culturale; i beni oggetto di accordi o intese con gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle stradali ed energetiche; le strade ferrate in uso di proprietà dello Stato; sono altresì esclusi dal trasferimento di cui al presente decreto i parchi nazionali e le riserve naturali statali (art. 5).
Ciascuna Regione o ente locale può procedere all'alienazione di immobili attribuiti ai sensi del presente decreto legislativo previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell'Agenzia del demanio o dell'Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze. L'attestazione è resa entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta (art. 9, comma 5).
Tutti gli atti, contratti, formalità e altri adempimenti necessari per l'attuazione del decreto sono esenti da ogni diritto e tributo (art. 9, comma 1).
Cfr. anche in tema PISCHETOLA, Il cd. federalismo demaniale: le regole di circolazione, in Cnn Notizie del 19 maggio 2010.
L'art. 1, comma 23-bis, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), come inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 (in G.U. n. 48 del 27 febbraio 2010), ha modificato il comma 222 dell’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, prorogando al 1° gennaio 2011 il termine, a partire dal quale è nullo ogni contratto di locazione di immobili non stipulato dall’Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Cfr. anche sul punto la Rassegna relativa al secondo semestre 2009 ("Dismissione di immobili pubblici"), in http://www.gaetanopetrelli.it/.
A norma dell'art. 8, comma 15, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, le operazioni dì acquisto e vendita di immobili da parte degli enti pubblici e privati che gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza, nonché le operazioni di utilizzo, da parte degli stessi enti, delle somme rivenienti dall'alienazione degli immobili o delle quote di fondi immobiliari, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle Finanze.
Gli artt. 306 e seguenti del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, Codice dell'ordinamento militare (in Suppl. ord. alla G.U. n. 106 del giorno 8.5.2010), in vigore dal 5 ottobre 2010, dettano disposizioni relative alla dismissione degli immobili in dotazione al Ministero della Difesa.
In particolare, è prevista (art. 307, commi 2 e 6) l'individuazione degli immobili non più utilizzati per le finalità istituzionali; detti immobili entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al d.l. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e alle altre procedure di dismissioni previste dalle norme vigenti, ovvero alla vendita a trattativa privata anche in blocco. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell'Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano. L'elenco degli immobili individuati e consegnati è sottoposto al Ministro per i beni e le attività culturali, il quale, nel termine di novanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto di individuazione, provvede, attraverso le competenti soprintendenze, a verificare quali tra detti beni siano soggetti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, dandone comunicazione al Ministro dell'economia e delle finanze. L'Agenzia del demanio apporta le conseguenti modifiche all'elenco degli immobili. Il Ministero della difesa - Direzione generale dei lavori e del demanio, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze - Agenzia del demanio, individua, con uno o più decreti, gli immobili militari, non compresi negli elenchi, da alienare secondo le procedure stabilite dal comma 10 dell'art. 307. A norma dell'art. 308, il Ministero della difesa è esonerato dalla consegna all'acquirente dei documenti previsti dalle norme vigenti relativi alla proprietà o al diritto sul bene immobile ceduto nonché alla regolarità urbanistica, tecnica e fiscale, necessari per la stipulazione dei contratti di alienazione, sostituiti da apposita dichiarazione.
Gli artt. 314 ss. disciplinano i Fondi comuni di investimento immobiliare per la valorizzazione e l’alienazione di immobili militari. Si prevede, tra l'altro, che con uno o più decreti del Ministro della difesa siano individuati gli immobili da trasferire o da conferire ai fondi, che possono costituire oggetto di appositi accordi di programma di valorizzazione con i comuni nel cui ambito essi sono ubicati. L’inserimento degli immobili nei citati decreti ne determina la classificazione come patrimonio disponibile dello Stato. Tali decreti, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni, e producono gli effetti previsti dall’articolo 2644 del codice civile, nonché effetti sostitutivi dell’iscrizione del bene in catasto. Gli uffici competenti provvedono, se necessario, alle conseguenti attività di trascrizione, intavolazione e voltura.
L'art. 14, commi da 25 a 30, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, disciplina l'esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali dei Comuni, quali individuate dall'art. 21, comma 3, della legge 5 maggio 2009, n. 42, e quindi, tra le altre, delle funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura ivi indicata, e delle funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia.
L'esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è obbligatorio per l'ente titolare. Le funzioni fondamentali dei comuni sono obbligatoriamente esercitate in forma associata, attraverso convenzione o unione, da parte dei Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti. Tali funzioni sono obbligatoriamente esercitate in forma associata, attraverso convenzione o unione, da parte dei Comuni, appartenenti o già appartenuti a comunità montane, con popolazione stabilita dalla legge regionale e comunque inferiore a 3.000 abitanti. I comuni capoluogo di provincia e i comuni con un numero di abitanti superiore a 100.000 non sono obbligati all'esercizio delle funzioni in forma associata.
I comuni non possono svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in forma associata. La medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa. La regione, nelle materie di cui all'artìcolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione (compresa quindi l'urbanistica) individua con propria legge la dimensione territoriale ottimale per lo svolgimento delle funzioni fondamentali.
L'art. 6, comma 2, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010), in vigore dal 31 maggio 2010, prevede il divieto di attribuzione di compensi ai componenti degli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, e quindi il carattere onorifico della titolarità di organi dei predetti enti, che può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera. La violazione di quanto previsto dal presente comma determina responsabilità erariale e gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli. Gli enti privati che non si adeguano a quanto disposto dal presente comma non possono ricevere, neanche indirettamente, contributi o utilità a carico delle pubbliche finanze.
Ai sensi del successivo comma 5, fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non già costituiti in forma monocratica, nonché il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti.
L'art. 15 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (in Suppl. ord. n. 138/L alla G.U. n. 146 del 25.6.2010), in vigore dal 10 luglio 2010, ha modificato l'art. 11, comma 5, della legge 7 luglio 2009, n. 88, ai sensi del quale – in attesa dell'emanazione dei decreti di cui alla legge n. 447/1995 – l'articolo 3, comma 1, lett. e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, si interpreta nel senso che "la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi, fermi restando gli effetti derivanti da pronunce giudiziali passate in giudicato e la corretta esecuzione dei lavori a regola d'arte asseverata da un tecnico abilitato".
L'art. 4, comma 8, del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), convertito con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2000, n. 24 (in G.U. n. 47 del 26.2.2010), ha modificato alcune disposizioni del codice di procedura civile (artt. 125, comma 1, 163, comma 3, n. 2, e 167, comma 1), disponendo che la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto devono indicate – oltre agli elementi già prescritti – anche il codice fiscale delle parti.
Con D.M. 17 febbraio 2010 (in G.U. n. 49 del giorno 1.3.2010) è stato approvato il modello di testimonianza scritta – prevista dall'art. 257-bis del codice di procedura civile, ed in attuazione dell'art. 103-bis disp. att. c.p.c. – e le relative istruzioni per la sua compilazione.
V. sull'argomento DE STEFANO, Gli strumenti di prova e la nuova testimonianza scritta, Milano, 2009; nonché la Rassegna relativa al primo semestre 2009 ("Modifiche al processo civile"), in http://www.gaetanopetrelli.it/.
A norma dell'art. 4, comma 2, del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), convertito con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2000, n. 24 (in G.U. n. 47 del 26.2.2010), nel processo civile tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano mediante posta elettronica certificata, in conseguenza degli emanandi decreti che devono stabilire le relative regole tecniche.
A norma dell'art. 4, comma 3, a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti che devono stabilire le regole tecniche, negli uffici giudiziari indicati negli stessi decreti, le notificazioni e le comunicazioni di cui al primo comma dell'articolo 170 del codice di procedura civile, la notificazione di cui al primo comma dell'articolo 192 del codice di procedura civile e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata. A decorrere dalla suddetta data, le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alle parti che non hanno provveduto ad istituire e comunicare l'indirizzo elettronico di cui al medesimo comma, sono fatte presso la cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario.
È stato inoltre stabilito, dal medesimo art. 4, che nell'albo degli avvocati è indicato, oltre al codice fiscale, l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato ai sensi dell'art. 16 del d.l. n. 185/2008. Gli indirizzi di posta elettronica certificata ed i codici fiscali, aggiornati con cadenza giornaliera, sono resi disponibili per via telematica al Consiglio nazionale forense ed al Ministero della giustizia.
È stato quindi inserito nel codice di procedura civile il nuovo art. 149-bis, con la previsione che la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo.
Con D.M. 28 maggio 2010 (in G.U. n. 138 del 16.6.2010), in vigore dal giorno 1 luglio 2010, sono state avviate le comunicazioni e notificazioni per via telematica presso la Corte d'appello di Milano - settore civile.
Con altro D.M. 28 maggio 2010 (in G.U. n. 138 del 16.6.2010), in vigore dal giorno 1 luglio 2010, sono state avviate le comunicazioni e notificazioni per via telematica presso il Tribunale di Monza - settore civile.
Cfr. anche la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Con D.M. 27 aprile 2010 (in G.U. n. 125 del 31.5.2010) è stato approvato lo schema aggiornato relativo al VI Elenco ufficiale delle aree protette, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394 e dall'art. 7, comma 1, del d. lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
Con D.M. 28 settembre 2009 (in G.U. n. 22 del 28.1.2010) sono state approvate le regole tecniche e di sicurezza relative al permesso ed alla carta di soggiorno.
L’art. 1, comma 5, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), come modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 (in G.U. n. 48 del 27 febbraio 2010), ha prorogato al 31 dicembre 2010 il termine previsto dall’art. 64, comma 3, del D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), in materia di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni, con strumenti diversi dalla carta d'identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi, ferma restando la disciplina riguardante le trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalle agenzie fiscali.
In precedenza, l’art. 2, comma 101, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha modificato l’art. 66, comma 8-bis del Codice dell’amministrazione digitale (D. lgs. n. 82/2005), prevedendo che fino al 31 dicembre 2011, la carta nazionale dei servizi e le altre carte elettroniche ad essa conformi possono essere rilasciate anche ai titolari di carta di identità elettronica.
Con Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali in data 16 dicembre 2009, n. 4/2009 (in G.U. n. 13 del 18.1.2010) è stato autorizzato il trattamento dei dati sensibili da parte dei liberi professionisti, con efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2010 fino al 30 giugno 2011.
Con analoghi Provvedimenti del Garante in data 16 dicembre 2009, nn. 1/2009, 2/2009, 3/2009, 5/2009, 7/2009, (tutti in G.U. n. 13 del 18.1.2010), è stato autorizzato il trattamento dei dati sensibili e giudiziari, e dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, nei rapporti di lavoro, da parte di associazioni e fondazioni, e da parte di diverse categorie di titolari, sempre con efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2010 fino al 30 giugno 2011.
Con D.M. 18 marzo 2010 (in G.U. n. 102 del 4.5.2010) sono stati adeguati i diritti di protesto e le indennità di accesso, relativi alla levata dei protesti cambiari.
A norma dell'art. 22 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (in Suppl. ord. n. 138/L alla G.U. n. 146 del 25.6.2010), in vigore dal 10 luglio 2010, a partire dall'anno 2010 il periodo dell'ora estiva – in attuazione della Direttiva 2000/84/CE – ha inizio alle ore 1,00 del mattino dell'ultima domenica di marzo ed ha termine alle ore 1,00 del mattino dell'ultima domenica di ottobre (tempo universale coordinato).
Il Regolamento (CE) 12 maggio 2010, n. 416/2010 (in G.U.U.E. n. L119 del 13.5.2010), in vigore dal 14 maggio 2010, ha modificato gli allegati I, II e III del Regolamento (CE) n. 44/2001 (c.d. Regolamento Bruxelles I), concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. In particolare, l'allegato II contiene gli elenchi dei giudici o delle autorità competenti negli Stati membri a trattare l'istanza intesa a ottenere una dichiarazione di esecutività. L'allegato III elenca i giudici dinanzi ai quali può essere proposto il ricorso contro le decisioni relative ad una dichiarazione di esecutività. Per l'Italia, è designata come competente la Corte d'Appello.
Cfr. l’elenco delle disposizioni normative regionali maggiormente rilevanti, per quanto riguarda le materie attinenti o comunque collegate al diritto privato ed ai settori di interesse notarile, segnalate in PETRELLI, Novità normative regionali – primo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Gaetano Petrelli