notaio informatico Riccardo Ricciardi
RASSEGNA DELLE RECENTI NOVITÀ NORMATIVE DI INTERESSE NOTARILE
Primo semestre 2011
TRASCRIZIONE DEGLI ATTI RELATIVI A “DIRITTI EDIFICATORI” (C.D. CESSIONE DI CUBATURA O DI VOLUMETRIA)
“AFFRANCAZIONE” DEI VINCOLI DI PREZZO MASSIMO DI RIVENDITA, PREVISTI DA CONVENZIONI URBANISTICHE
SOPPRESSIONE DELL’OBBLIGO DI COMUNICAZIONE ALL’AUTORITÀ DI PUBBLICA SICUREZZA
MODIFICHE AL CODICE DEI BENI CULTURALI
CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI
CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI – NORMATIVA REGIONALE
CANCELLAZIONE SEMPLIFICATA DELLE IPOTECHE
PORTABILITÀ DEI FINANZIAMENTI IPOTECARI – SURROGAZIONE PER PAGAMENTO
RINEGOZIAZIONE DEI MUTUI IPOTECARI
SOSPENSIONE DELL’AMMORTAMENTO DI MUTUI
MODIFICA UNILATERALE DELLE CONDIZIONI DEI CONTRATTI BANCARI
INTERESSI DI MORA - RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI
RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI – NUOVA DIRETTIVA CE
FUNZIONI DI CONSERVATORE DEI REGISTRI IMMOBILIARI
ABOLIZIONE DEL DIVIETO DI RIUTILIZZAZIONE DEI DATI IPOTECARI E CATASTALI
CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE
IPOTECA E PIGNORAMENTO A FAVORE DEL CONCESSIONARIO DELLA RISCOSSIONE
SEMPLIFICAZIONI IN MATERIA EDILIZIA
OBBLIGHI DI VIDIMAZIONE E TENUTA DI LIBRI E SCRITTURE CON STRUMENTI INFORMATICI
PARTECIPAZIONE A SOCIETÀ DA PARTE DI COMUNI
SOCIETÀ DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI
CONFIDI TRA LIBERI PROFESSIONISTI
IMPOSTE SUI TRASFERIMENTI IMMOBILIARI
AGEVOLAZIONI PER ACQUISTI DI IMMOBILI INCLUSI IN PIANI PARTICOLAREGGIATI
NUOVA TABELLA DELLE TASSE IPOTECARIE
IMPOSTA CEDOLARE SECCA SUI CANONI DI LOCAZIONE
RIDETERMINAZIONE DEI VALORI DI ACQUISTO DEI TERRENI E PARTECIPAZIONI SOCIALI
DETRAZIONE FISCALE PER RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE
VERBALE DI DISTRUZIONE DI BENI
NUOVO MODELLO 69 DI RICHIESTA DI REGISTRAZIONE
REGISTRAZIONE DI CONTRATTI DI LOCAZIONE E AFFITTO, CESSIONI, RISOLUZIONI E PROROGHE
IMPOSTA SOSTITUTIVA PER IL LEASING IMMOBILIARE
RIMBORSI DELL’IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
ATTRIBUZIONE DI RENDITA PRESUNTA AI FABBRICATI NON DENUNCIATI IN CATASTO
RICONOSCIMENTO DELLA RURALITÀ DEI FABBRICATI
COMUNICAZIONI TELEMATICHE DI OPERAZIONI IVA
SISTEMA COMUNE EUROPEO DI IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
DISPOSIZIONI ATTUATIVE ANTIRICICLAGGIO
NUOVA DIRETTIVA CE IN MATERIA DI FUSIONI DI S.P.A.
ISCRIZIONE ALL’ALBO DELLE IMPRESE ARTIGIANE
REGOLAMENTO COMUNITARIO SULLE PROCEDURE DI INSOLVENZA
FORMAZIONE PERMANENTE DEI NOTAI
TERMINI DEI PROCEDIMENTI DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI
TERMINI DEI PROCEDIMENTI DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI PRIVACY
SEMPLIFICAZIONI DEI PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI
ESPULSIONE E RIMPATRIO DI CITTADINI STRANIERI IRREGOLARMENTE SOGGIORNANTI
TRATTATO SUL DIRITTO DEI MARCHI
FONDO PER MUTUI IPOTECARI PER L’ACQUISTO DELLA PRIMA CASA
CONTRATTI DI GARANZIA FINANZIARIA
PREVENZIONI DELLE FRODI NEL CREDITO AL CONSUMO
DISPOSIZIONI SANZIONATORIE PER PAGAMENTI TRANSFRONTALIERI
MODULISTICA PER IL PUBBLICO REGISTRO AUTOMOBILISTICO
MEDIAZIONE A FINI DI CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE
ADEGUAMENTO DELLA CONTABILITÀ DEGLI ENTI PUBBLICI
REGOLAMENTO DELL’AGENZIA PER IL TERZO SETTORE
MERCATO INTERNO DEI SERVIZI POSTALI ED ESCLUSIVE
CENTRI AUTORIZZATI DI ASSISTENZA AGRICOLA (CAA)
CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI
MODIFICAZIONI DEL REGOLAMENTO EMITTENTI
REMUNERAZIONE DEGLI AMMINISTRATORI DI SOCIETÀ QUOTATE
OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE SOCIETARI E CONTI CONSOLIDATI
ISTRUZIONI DI VIGILANZA – OPERAZIONI DI CARTOLARIZZAZIONE
ASSEMBLEE NELLE BANCHE E NEI GRUPPI BANCARI
ALIENAZIONE DI AZIONI DI BANCHE POPOLARI
GESTIONE ACCENTRATA DI STRUMENTI FINANZIARI
ABROGAZIONE DI NORME REGOLAMENTARI
LEGISLAZIONE REGIONALE – PRIMO SEMESTRE 2011
L’art. 5, comma 3, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha inserito nel codice civile, all’art. 2643, il seguente n. 2-bis:
“2-bis) i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”.
La disposizione in commento, per espressa previsione di legge, è finalizzata a “garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori”, e nel contempo alla “tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi: la "cessione di cubatura"”. In tal modo, il legislatore ha soddisfatto l’auspicio – contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato 13 luglio 2010, n. 4545, riguardante il piano regolatore di Roma – di un intervento statale volto a “disciplinare in maniera chiara ed esaustiva la perequazione urbanistica, nell’ambito di una legge generale sul governo del territorio la cui adozione appare quanto mai auspicabile alla luce dell’inadeguatezza della normativa pregressa a fronte delle profonde innovazioni conosciute negli ultimi decenni dal diritto amministrativo e da quello urbanistico”.
A) – LA SITUAZIONE PRECEDENTE ALLA RIFORMA.
Secondo Cass. 20 maggio 2009, n. 21177, l’istituto del c.d. “asservimento di terreno per scopi edificatori” (o cessione di cubatura) — al quale, secondo pacifica interpretazione giurisprudenziale, può farsi ricorso pure in mancanza di un riconoscimento espresso da parte di fonti normative — consiste in un accordo tra proprietari di aree contigue, aventi la stessa destinazione urbanistica, in forza del quale il proprietario di un’area “cede” una quota di cubatura edificabile sul suo fondo per permettere all’altro di disporre della minima estensione di terreno richiesta per l’edificazione, ovvero di realizzare una volumetria maggiore di quella consentita dalla superficie del fondo di sua proprietà. Gli effetti che ne derivano hanno carattere definitivo ed irrevocabile, integrano una qualità oggettiva dei terreni e producono una minorazione permanente della loro utilizzazione da parte di chiunque ne sia il proprietario.
Prima della novella si fronteggiavano, in realtà, due tesi. Secondo un primo orientamento, c.d. pubblicistico, la cessione di cubatura era un contratto atipico ad effetti obbligatori avente natura di atto preparatorio e procedimentale, senza oneri di forma pubblica o di trascrizione, finalizzato al trasferimento di volumetria, la cui fonte era ritenuta esclusivamente il provvedimento amministrativo (T.a.r. Veneto 10 settembre 2004, n. 3263; Cons. Stato 28 giugno 2000, n. 3637): si riteneva quindi non necessario un vero e proprio atto di asservimento o cessione, reputandosi sufficiente l’adesione del cedente, da manifestarsi o sottoscrivendo l’istanza e/o il progetto del cessionario; o rinunciando alla propria cubatura a favore di questi o notificando al comune tale sua volontà, mentre si riteneva che il c.d. vincolo di asservimento rispettivamente a carico e a favore del fondo si costituisse, sia per le parti che per i terzi, per effetto del rilascio del titolo abilitativo edilizio, che legittimava lo ius aedificandi del cessionario sul suolo attiguo (Cass. 12 settembre 1998, n. 9081). Secondo un diverso orientamento, c.d. privatistico, invece, vi era necessità di strumenti negoziali privatistici (atto d’obbligo o servitù, e trascrizione), quando il proprietario di un terreno intendeva asservirlo a favore di un altro proprietario limitrofo, per ottenere una volumetria maggiore di quella che il suo solo terreno gli avrebbe consentito (Cons. Stato 29 luglio 2008, n. 3766; Cons. Stato 23 marzo 2004, n. 1525), configurandosi in tale ottica un atto “assimilabile al trasferimento di un diritto reale immobiliare” (Cass. 14 maggio 2007, n. 10979; Cass. 14 dicembre 1988, n. 6807). Si discuteva poi, nell’ambito di quest’ultima impostazione, se il mezzo tecnico di produzione dell’effetto fosse la costituzione di una servitù di non edificare, ovvero di un diritto reale “atipico” e sui generis. Da ciò una situazione di incertezza, che non riguardava in realtà direttamente la trascrivibilità o meno, ma si poneva “a monte”, ed atteneva piuttosto alla natura giuridica della situazione giuridica creata con il c.d. atto di cessione di volumetria.
Nell’ottica, poi, del bilanciamento degli interessi coinvolti, è evidente come la “tesi pubblicistica” legittimava la conformazione ope legis – per effetto del rilascio del titolo abilitativo edilizio, ed a prescindere da qualsiasi pubblicità e quindi conoscibilità legale – del diritto di proprietà del fondo “asservito”: in altri termini, quest’ultimo fondo veniva “privato” della volumetria edificabile con efficacia “reale”, e tale privazione, anche se “occulta”, era opponibile a qualsiasi successivo acquirente di diritti sul fondo medesimo. All’opposto, la “tesi privatistica” privilegiava la sicurezza della circolazione giuridica, e nel far ricorso ai congegni civilistici della “realità” e della opponibilità a terzi subordinata alla trascrizione, tutelava il terzo acquirente che non avesse avuto modo di accertarsi – tramite lo strumento della trascrizione – del vincolo “reale” gravante sul fondo asservito.
B) – LA REALE PORTATA DELL’ART. 2643, N. 2-BIS, C.C.
Intervenendo nella situazione sopra descritta, il legislatore ha inteso sgombrare il campo dalle suddescritte discussioni, e – optando decisamente per la “tesi privatistica” – ha conseguito il risultato di “garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori”, ed anche nella circolazione riguardante il diritto di proprietà sugli immobili interessati. Ciò ha fatto prevedendo la trascrizione degli atti produttivi di vicende circolatorie sui c.d. “diritti edificatori” con il nuovo n. 2-bis dell’art. 2643; determinando, in tal modo, l’applicazione dell’art. 2644 c.c., con l’effetto principale (anche se non unico) di rendere inopponibili ai terzi acquirenti di diritti sull’immobile asservito la costituzione, il trasferimento o la modificazione del diritto edificatorio, qualora non trascritti.
Ciò che è importante chiarire è che l’art. 2643, n. 2-bis c.c. ha consentito di raggiungere il risultato sopra descritto non solo e non tanto prevedendo espressamente la trascrizione a fini di opponibilità; ma soprattutto configurando – in assenza di altre norme che disciplinino il profilo “sostanziale” delle vicende in oggetto – la situazione giuridica in esame (il “diritto edificatorio”) come un vero e proprio “diritto immobiliare” (nell’accezione accolta dall’art. 2645 c.c.: ossia un “diritto inerente all’immobile”, e come tale dotato di “diritto di seguito” ed opponibile a terzi). In quest’ottica, come già era avvenuto con l’introduzione nel codice dell’art. 2645-ter c.c., il legislatore non ha dettato una norma riguardante “soltanto” la trascrizione, ma ha nel contempo disciplinato (nel modo che si dirà) il profilo “sostanziale” dell’istituto: in conformità, del resto, all’espressa motivazione contenuta nella legge, quella di “tipizzare” un “nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi: la cessione di cubatura”.
Quanto sopra affermato riveste una notevole importanza al fine di individuare il reale contenuto della novella: se, infatti, la “tipizzazione” del diritto edificatorio quale “diritto immobiliare”, opponibile a terzi, fosse stata già operata con altra norma sostanziale, non pare dubbio che – in conformità, del resto, alla prassi preesistente – le relative vicende sarebbero già state soggette a trascrizione ai sensi dell’art. 2645 c.c., e la norma appena introdotta sarebbe stata inutile (sull’attuale portata del c.d. principio di “tassatività” delle ipotesi di trascrizione, e sulla sua evoluzione – alla luce degli attuali formanti legislativo, giurisprudenziale e dottrinale – in un principio di “tipicità”, che non presuppone più l’espressa previsione di trascrivibilità dei singoli atti riguardanti le vicende riguardanti beni immobili, ma richiede pur sempre che tali vicende riguardino “diritti immobiliari” (art. 2645 c.c.), opponibili a terzi, cfr. PETRELLI, L’evoluzione del principio di tassatività nella trascrizione immobiliare, ESI, Napoli, 2009).
C) – LA NOZIONE, LA NATURA GIURIDICA ED IL CONTENUTO DEL “DIRITTO EDIFICATORIO”.
L’art. 2643, n. 2-bis, c.c., ha ad oggetto i “diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”. In tal modo, come già detto, dette situazioni giuridiche vengono incluse tra i c.d. “diritti immobiliari” (categoria generale contemplata dall’art. 2645 c.c.), inerenti all’immobile, caratterizzati da diritto di seguito ed opponibili a terzi.
Nel contempo, dettando una disposizione distinta ed autonoma rispetto a quella contenuta nell’art. 2643, n. 4, c.c., la legge differenzia nettamente il “diritto edificatorio” dalla servitù prediale (non vi sarebbe stata, diversamente, necessità di una apposita previsione normativa). Si tratta, a questo punto, di individuare i caratteri distintivi tra le due situazioni giuridiche. Per un verso, come già sostenuto da una parte della dottrina prima della riforma, a differenza della servitù che, in quanto peso a carico del fondo servente non può avere un contenuto positivo, ma solo quello negativo di “non edificare”, il “diritto edificatorio” attribuisce un’utilità positiva a colui che lo acquista: la possibilità di edificare utilizzando la “volumetria ceduta”, salva la necessità del titolo abilitativo edilizio. Per altro verso, il n. 2-bis si differenzia dal n. 4 dello stesso art. 2643 anche sul piano precettivo, in quanto contempla, oltre alla vicenda costitutiva ed a quella modificativa che sono le sole contemplate in materia di servitù prediali, anche la vicenda “traslativa”: ciò significa che il diritto edificatorio può costituire oggetto di trasferimento separatamente ed autonomamente, e non accede ad uno specifico fondo “dominante”; in altri termini, detto diritto edificatorio può essere attribuito ad una determinata persona, piuttosto che vincolato ad un determinato “fondo dominante” (ed è in tal modo consentito all’acquirente di “disporne”, sia alienandolo ulteriormente, sia utilizzandolo a beneficio di qualsiasi fondo di sua proprietà).
Questa “utilità positiva”, che il diritto edificatorio attribuisce al relativo titolare, corrisponde ad una delle facoltà di godimento del fondo “asservito”: in modo non dissimile da altri diritti “immobiliari” (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), si tratta di un diritto caratterizzato – oltre che dal diritto di seguito e conseguente opponibilità ai terzi acquirenti – da “immediatezza” (nel senso che il relativo titolare può fruirne a prescindere dall’intermediazione del proprietario del fondo asservito), e da “assolutezza” (tutelabilità erga omnes). A differenza di altri “diritti immobiliari” che tali qualità non posseggono (in particolare, dai diritti personali di godimento), il “diritto edificatorio” configura pertanto un vero e proprio diritto reale di godimento.
Trattasi, per altro verso, di diritto reale “nominato”, in quanto espressamente contemplato da una norma di legge (l’art. 2643, n. 2-bis, c.c., che come già detto non esclusivamente una norma in materia di trascrizione); ciò consente di rispettare il c.d. principio di tipicità dei diritti reali (il quale è stato, peraltro, anche di recente posto in discussione), pur in assenza di una espressa e compiuta disciplina di detto diritto reale, la quale deve essere quindi ricavata mediante l’interpretazione sistematica delle norme del codice, oltre che delle leggi speciali. Per fare un esempio, occorrerà verificare se detto diritto sia soggetto alla prescrizione nel termine ordinario decennale (art. 2946 c.c.), in assenza di una norma che disponga diversamente, ovvero se in alternativa possa sostenersi la prescrivibilità nel termine ventennale, secondo la regola adottata per tutti gli altri diritti reali.
La “tipicità” del diritto edificatorio si evidenzia sotto un ulteriore profilo: l’art. 2643, n. 2-bis, nel testo risultante dalla legge di conversione, con il riferirsi ai “diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”, richiede che il diritto edificatorio sia espressamente contemplato da una norma giuridica “di primo grado”, di rango legislativo (statale o regionale) o regolamentare (strumento urbanistico territoriale). Il legislatore ha, in altri termini, ritenuto che l’esigenza di tipicità possa essere soddisfatta solo quando una norma giuridica contempli il diritto edificatorio (consentendo in tal modo di “staccare” dal fondo asservito la particolare utilità consistente nella possibilità edificatoria, per attribuirla ad un soggetto diverso dal relativo proprietario, a vantaggio quindi di un altro fondo). Così facendo, il legislatore ha inteso per un verso salvaguardare l’autonomia degli enti locali (i quali potrebbero, ad esempio, vietare o sottoporre a limitazioni, con lo strumento urbanistico, la cessione di cubatura, se altra norma di legge di rango sovraordinato non dispone diversamente); per altro verso, ha ribadito la tendenza, già ampiamente affermatasi negli ultimi decenni, a riconoscere un importante ruolo al c.d. diritto privato regionale, per quanto concerne in particolare la conformazione urbanistica del territorio e, per quanto qui interessa, la possibilità di incidere anche sul regime della trascrizione immobiliare (cfr. sul punto PETRELLI, Trascrizione immobiliare e legislazione regionale, in Riv. not., 2009, p. 733).
D) – LE VICENDE GIURIDICHE RIGUARDANTI I DIRITTI EDIFICATORI.
L’art. 2643, n. 2-bis, c.c., menziona espressamente “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori”. Sono, pertanto, soggetti a trascrizione, con gli effetti previsti dall’art. 2644 c.c., innanzitutto i contratti con i quali il proprietario del fondo “asservito” costituisce per la prima volta il diritto edificatorio a favore di un altro soggetto.
In secondo luogo, sono contemplati i contratti “modificativi” di un diritto edificatorio già costituito (che possono, in vario modo, disciplinarne l’esercizio, i limiti, i presupposti, ecc.). In quest’ambito possono essere ricomprese, tra l’altro, anche le convenzioni urbanistiche, con le quali il titolare del diritto edificatorio e l’ente locale regolamentano in varia guisa il relativo esercizio.
Vi sono, ancora, i contratti che “trasferiscono” il diritto edificatorio: di tale trasferimento si è già parlato, quando si è definito l’istituto del diritto edificatorio, e la sua differenza rispetto alla servitù prediale (non suscettibile, al contrario, di trasferimento separatamente dal fondo dominante). Pertanto, a norma dell’art. 2644 c.c., tra più acquirenti di un diritto edificatorio da un medesimo autore, prevale colui che ha trascritto anteriormente il proprio acquisto.
In forza del rinvio ai “diritti menzionati nei numeri precedenti”, o più in generale ai “diritti reali immobiliari”, sono poi soggetti a trascrizione gli atti tra vivi di rinunzia al diritto edificatorio già costituito (art. 2643, n. 5, c.c.), i provvedimenti traslativi nell’esecuzione forzata (art. 2643, n. 6, c.c.), i contratti di conferimento del godimento in società e consorzi (art. 2643, nn. 10 e 11 c.c.), le transazioni (art. 2643, n. 13, c.c.), le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione dei suddetti diritti (art. 2643, n. 14, c.c.).
In forza del disposto dell’art. 2645 c.c., deve essere poi trascritto ogni altro atto o provvedimento che produca in relazione ai diritti edificatori taluno degli effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643, n. 2-bis, c.c.
I diritti edificatori – in quanto equiparati ai beni immobili ex art. 813 c.c. – sono poi suscettibili di formare oggetto di fondo patrimoniale, di vincolo di destinazione, di divisione, di cessione dei beni ai creditori, ecc., e come tali suscettibili di trascrizione. Un dubbio può porsi con riguardo al contratto preliminare, in quanto l’art. 2645-bis c.c. non contempla espressamente il n. 2-bis dell’art. 2643: si tratta, peraltro, con tutta evidenza di un mero difetto di coordinamento, al quale deve sopperirsi con l’interpretazione sistematica ed assiologica, ritenendo senz’altro trascrivibile il contratto preliminare avente ad oggetto la conclusione di un contratto riguardante un diritto edificatorio.
I diritti edificatori sono certamente trasmissibili mortis causa: conseguentemente, il relativo acquisto successorio è soggetto a trascrizione, a norma dell’art. 2648 c.c.
D’altra parte, trova piena applicazione l’art. 2650 c.c. (continuità delle trascrizioni): in assenza della trascrizione del precedente acquisto (dello stesso diritto edificatorio in precedenza costituito, ovvero del diritto di proprietà in capo a colui che lo ha costituito per la prima volta), non producono effetto le successive trascrizioni degli atti aventi ad oggetto il medesimo diritto edificatorio.
Un problema pratico nasce dalla mancata previsione, tra i “codici dei diritti” da inserire nel modello meccanizzato di nota di trascrizione, del “diritto edificatorio”: problema che l’amministrazione finanziaria deve risolvere al più presto, e che nel frattempo deve risolversi specificando nel quadro “D” della nota di trascrizione il reale contenuto del diritto costituito, modificato o trasferito (in quanto non vi è alcuna differenza, sul piano giuridico, tra i diversi riquadri del modello di nota); magari anche indicando nel quadro “A”, con il codice “100”, che si tratta di trascrizione ai sensi dell’art. 2643, n. 2-bis. Sarebbe, anzi, auspicabile che – in consonanza con la previsione espressa dell’art. 2645 c.c. – venisse introdotta una codificazione generica (“altro diritto immobiliare”), in modo da consentire l’adattamento del regime della trascrizione all’evoluzione normativa riguardante le “nuove figure” di diritti immobiliari. Nelle more della necessaria integrazione della suddetta codificazione, deve ritenersi possibile “per analogia” utilizzare, nel quadro “C” della nota, il codice relativo alla servitù, specificando poi nel quadro “D”.
Per finire, deve invece ritenersi che il diritto edificatorio non sia “capace di ipoteca”, non essendo lo stesso contemplato nell’elencazione – questa sì da ritenersi tassativa, in conformità all’interpretazione unanime – contenuta nell’art. 2810 c.c. È comunque auspicabile un prossimo intervento correttivo, che ampli il catalogo dei diritti capaci di ipoteca, includendo nell’art. 2810 c.c. anche i diritti edificatori.
E) – IL RESIDUO SPAZIO OPERATIVO DELLA SERVITÙ PREDIALE.
L’espressa regolamentazione della trascrizione delle vicende riguardanti i diritti edificatori non preclude, ovviamente, la possibilità di fare ancora ricorso all’istituto della servitù prediale, in particolare alla servitù di non edificare, e di non utilizzare una determinata volumetria pertinente al fondo servente. Ciò può essere, innanzitutto, necessario in tutti i casi in cui non esista una norma di legge statale o regionale, o una previsione di strumento urbanistico, che contempli la possibilità di disporre del “diritto edificatorio”. La servitù può, inoltre, costituire una scelta più semplice – al fine, ad esempio, di sottrarsi alla necessità di allegare il certificato di destinazione urbanistica, per ragioni di celerità – ogni qualvolta non ricorrano esigenze ulteriori (quali, ad esempio, quella di “sganciare” la volumetria acquistata da un determinato fondo dominante).
F) – PROFILI DI DISCIPLINA E ASPETTI REDAZIONALI.
Di fronte alla richiesta di ricevere o autenticare un atto avente ad oggetto “diritti edificatori”, il notaio deve, innanzitutto, diligentemente verificare se tali diritti siano contemplati da una fonte normativa statale o regionale, ovvero da uno strumento urbanistico (“di pianificazione territoriale”); deve poi in ogni caso verificare se lo strumento urbanistico preveda limiti alla possibilità di disporre dei diritti edificatori (ad esempio, consentendola soltanto tra fondi confinanti o limitrofi, ovvero prescindendo da tali circostanze). Il notaio deve, d’altra parte, eseguire gli accertamenti ipotecari e catastali ventennali, come per qualsiasi altro atto traslativo, costitutivo o modificativo di diritti reali di godimento.
La qualificazione giuridica in termini di diritto reale di godimento è produttiva di specifiche e rilevanti conseguenze giuridiche: così, ad esempio, il diritto edificatorio deve ritenersi suscettibile di acquisto per usucapione (art. 1158 c.c.), soggetto alle prescrizioni dettate in genere per i beni immobili (art. 813 c.c.); e gli atti che lo riguardano devono rispettare le prescrizioni della normativa urbanistica (dichiarazioni, menzioni ed allegazioni) contenute negli artt. 30 e 46 del d.p.r. n. 380/2001, e negli artt. 18 e 40 della legge n. 47/1985.
Nessun dubbio, comunque, che nel caso in cui il fondo “asservito” sia edificato, debbano rispettarsi le prescrizioni formali in tema di conformità catastale, ex art. 29, comma 1-bis, della legge n. 52/1985 (peraltro necessarie anche in caso di servitù, quando il fondo servente sia un fabbricato urbano).
G) – BIBLIOGRAFIA.
Sulla c.d. cessione di cubatura cfr., per il dibattito anteriore alla riforma (oltre ai contributi in materia di diritti reali in genere, ed al c.d. principio di tipicità dei diritti reali), MONICA, La cosiddetta "cessione di cubatura", in Il diritto privato della pubblica amministrazione, a cura di Stanzione e Saturno, Padova, 2006, p. 737; CANDIAN, Il contratto di trasferimento di volumetria, Milano, 1990; SELVAROLO, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, 1989; CECCHERINI, Il c.d. trasferimento di cubatura, Milano, 1985; CANDIAN, Trasferimento di volumetria, in Digesto discipline privatistiche, sez. civ., Aggiornamento, I, Torino, 2000, p. 735; LEO, Trasferimento di cubatura, in Dizionario enciclopedico del notariato, Aggiornamento, V, Roma, 2002, p. 710; FALZONE-ALIBRANDI, Trasferimento di cubatura, in Dizionario Enciclopedico del Notariato, III, Roma, 1977, p. 934; FELIS, Superficie e fattispecie atipiche. La cessione di cubatura, in Contratto e impresa, 2011, p. 632; CECCHERINI, Trasferimento di cubatura e adempimento del cedente tramite presentazione alla p.a. di atto unilaterale di asservimento (nota a Cass. 24.9.2009 n. 20623), in Nuova giur. civ., 2010, I, p. 319; CECCHERINI, Asservimento di area edificabile e cessione di cubatura, in Nuova giur. civ., 2009, II, p. 557; LEO, Cessione di volumetria edificabile - fattispecie, in Studi e materiali, 2009, 1, p. 399; LANGELLA, Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, in Vita not., 2007, p. 428; PAVAN, Il trasferimento di cubatura, in Studium iuris, 2006, p. 1173; CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. not., 2003, p. 1113; LEO, Il trasferimento di cubatura, in Studi e materiali, 6.2, Milano, 2001, p. 669; PATTI-RUSSO, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, in Vita not., 2001, p. 1675; VANGHETTI, Profili civilistici della c.d. cessione di cubatura, in Notariato, 1996, p. 417; GRASSANO, La cessione di cubatura, in Riv. not., 1992, p. 1069; CECCHERINI, Funzione ed efficacia della cessione di cubatura, in Giust. civ., 1990, I, p. 103; TROJANI, Tipicità e "numerus clausus" dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale, in Vita not., 1990, p. 285; DI VITA, La cessione di cubatura, in Diritti reali limitati - Argomenti di interesse notarile, a cura del Comitato regionale notarile della Sicilia, Palermo, 1990; DI PAOLO, Trasferimenti di cubatura d'area e numero chiuso dei diritti reali, in Riv. not., 1975, p. 547; TRIOLA, La cessione di cubatura: natura giuridica e regime fiscale, in Riv. not., 1974, p. 115; PICCO-MAROCCO, I così detti trasferimenti di cubatura, in Riv. not., 1974, p. 626.
L’art. 5, comma 3-bis, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha inserito nell’art. 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, al dichiarato fine di “agevolare il trasferimento dei diritti immobiliari” i seguenti commi 49-bis e 49-ter:
“49-bis. I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall’applicazione del comma 48 del presente articolo. La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l’applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
49-ter. Le disposizioni di cui al comma 49-bis si applicano anche alle convenzioni previste dall’articolo 18 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
A) – LE CONVENZIONI URBANISTICHE DI RIFERIMENTO ED I LIMITI IVI PREVISTI.
Il nuovo comma 49-bis dell’art. 31 della legge n. 448/1998 contempla le convenzioni previste dall’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per la cessione in proprietà (se stipulate anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 179/1992) ovvero in diritto di superficie di aree, su cui sono stati edificati alloggi di edilizia residenziale pubblica o comunque convenzionata.
Il successivo comma 49-ter contempla, invece, le convenzioni previste dall’art. 18 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, estendendo ad esse la disciplina dettata dal comma 49-bis.
Per entrambe queste tipologie di convenzioni nascono alcuni problemi interpretativi.
Ci si chiede, innanzitutto, se la menzione delle convenzioni ex art. 35 della legge n. 865/1971, per la cessione in proprietà, stipulate anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 179/1992, contraddica in qualche modo l’interpretazione, fino ad oggi pacifica, che ritiene comunque superati i vincoli previsti dal testo originario dell’art. 35, in quanto travolti dall’abrogazione di detto testo originario: secondo l’interpretazione fino ad oggi accolta, detti vincoli, ancorché ribaditi e ritrascritti nella convenzione, devono intendersi superati quando la convenzione sia meramente ripetitiva del dettato legislativo abrogato (c.d. rinvio non recettizio alla norma di legge). A ben vedere, poiché tale interpretazione non nega l’esistenza del vincolo allorché la relativa fonte sia esclusivamente convenzionale (quando, cioè, la convenzione abbia arricchito il contenuto della norma abrogata, prevedendo vincoli e limiti ulteriori), essa non risulta superata dalla novella in commento (la quale pertanto trova applicazione soltanto quando la convenzione preveda vincoli ulteriori rispetto a quelli legislativi).
Quanto al comma 49-ter, esso contempla unicamente le convenzioni di cui all’art. 18 del d.p.r. n. 380/2001 (riferimento, questo, da intendersi ovviamente esteso anche al precedente art. 17, che a sua volta rinvia alla convenzione-tipo disciplinata dall’art. 18). Non sono, invece, richiamate le convenzioni disciplinate dagli artt. 7 e 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. È vero che detti ultimi articoli sono stati espressamente abrogati dall’art. 136 del d.p.r. n. 380/2001, ma è altresì vero che si pone il problema, oggi, di stabilire la sorte dei vincoli previsti dalle convenzioni stipulati in conformità a dette disposizioni fino all’entrata in vigore del testo unico dell’edilizia. Tra l’altro, la disciplina degli artt. 7 ed 8 della legge n. 10/1977 non era identica a quella degli artt. 17 e 18 del d.p.r. n. 380/2001 (in particolare, era prevista la trascrizione della convenzione, che non è più prevista dalla normativa vigente). Se però, come si dirà, ciò avrebbe potuto deporre per l’opponibilità ai terzi subacquirenti delle sole convenzioni previste dalla legge n. 10/1977, con esclusione di quelle disciplinate dal d.p.r. 380/2001, a fortiori la disciplina dettata dalla novella in commento deve applicarsi anche alle prime.
B) – L’INDIVIDUAZIONE DEI VINCOLI DA RIMUOVERE.
Il comma 49-bis, richiamato dal comma 49-ter, richiama unicamente i “vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse”. Si tratta dei vincoli di maggior rilievo contenuti nelle convenzioni in oggetto, quelli che hanno, soprattutto negli ultimi anni, creato notevoli intralci alla circolazione giuridica, anche alla luce delle previsioni dell’art. 35 del d.l. n. 223/2006, e delle sanzioni previste da tale disposizione, oltre alle altre norme che in vario modo prevedono gravose conseguenze per le parti in caso di simulazione del prezzo di vendita. La rimozione, in particolare, dei vincoli riguardanti la determinazione del prezzo massimo di cessione consente di stipulare i contratti di subalienazione delle unità immobiliari convenzionate senza rischiare l’applicazione delle sanzioni previste dalla convenzione (o la sanzione di nullità parziale prevista dall’art. 8 della legge n. 10/1977, e dall’art. 18 del d.p.r. n. 380/2001).
Non possono essere, invece, rimossi sulla base della previsione di legge in esame gli altri eventuali vincoli previsti dalla convenzione. In particolare, gli eventuali divieti di alienazione temporanei previsti da convenzioni di concessione del diritto di superficie; le clausole di prelazione a favore del Comune; le eventuali previsioni relative ai requisiti soggettivi degli acquirenti. Ciò non significa però che alcuni di detti ulteriori vincoli non possano essere rimossi con apposita convenzione urbanistica, la cui stipulazione – da ritenersi tendenzialmente possibile, salvo doveroso approfondimento - potrebbe rimessa alla valutazione discrezionale dell’ente locale. In altri termini, questi ulteriori vincoli non sono stati contemplati non perché abbiano una maggiore rilevanza nell’interesse pubblico e quindi ne sia stato valutato prevalente l’interesse al loro mantenimento, ma – al contrario – perché sono stati probabilmente considerati “di minore intralcio” alla circolazione immobiliare, il che ne giustificherebbe l’eliminazione discrezionale (mentre deve ritenersi che la rimozione dei vincoli riguardanti il prezzo massimo o il canone di locazione sia un atto dovuto, in presenza dei presupposti di legge). Per quanto riguarda, invece, i requisiti soggettivi, occorre anche considerare che la giurisprudenza ha considerato la relativa previsione – contenuta nell’art. 35 della legge n. 865/1971, per la parte in vigore – come norma imperativa, non derogabile quindi dai privati (Cass. 20 luglio 1999, n. 7768).
C) – I PRESUPPOSTI DELLA RIMOZIONE DEL VINCOLO.
Il comma 49-bis subordina la rimozione del vincolo:
1) - al decorso di almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento;
2) - alla richiesta del singolo proprietario (non è quindi necessario l’accordo di tutti i condomini, o di più condomini in tal senso);
3) - alla determinazione della percentuale del corrispettivo, calcolato a norma dell’art. 31, comma 48, della legge n. 448/1998, da effettuarsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata.
Quanto al n. 1), il termine quinquennale decorre evidentemente dalla data dell’atto notarile di trasferimento della proprietà (piena o superficiaria), senza che rilevino, ad esempio, la data di assegnazione in godimento da parte della cooperativa edilizia, o la data di registrazione o trascrizione dell’atto.
Quanto al n. 2), deve ritenersi che il proprietario che ne faccia richiesta abbia un vero e proprio diritto soggettivo alla stipula della convenzione, il cui contenuto è, del resto, predeterminato dalla legge anche ai fini della determinazione del corrispettivo; diritto soggettivo a cui fa riscontro l’obbligo dell’ente locale di prestarsi alla stipulazione della convenzione.
Con particolar riferimento al presupposto sopra indicato al n. 3), deve rilevarsi che la determinazione della percentuale di corrispettivo da applicarsi è essenziale nell’economia di funzionamento della norma; conseguentemente, l’intera disciplina dettata dai commi 49-bis e 49-ter dell’art. 31 deve ritenersi inapplicabile fino all’entrata in vigore del decreto ministeriale ivi contemplato. Come già detto, peraltro, riguardo ai vincoli diversi dalla determinazione del prezzo o del canone, ciò non sembrerebbe ostare – nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale – al recepimento “volontario” della restante disciplina, da valutarsi discrezionalmente da parte del singolo ente locale motivando in base all’interesse pubblico: in altri termini, sembrerebbe che il singolo ente locale possa stipulare una convenzione modificativa di quella originaria, che non sia soggetta alla disciplina in commento, ma pur sempre con i limiti derivanti all’autonomia negoziale dell’ente dall’esigenza di operare nell’interesse pubblico. Del resto, in passato la giurisprudenza ha ritenuto illegittima la deliberazione comunale, che autorizzasse “immotivatamente” modificazioni alla convenzione in precedenza stipulata per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi (Cons. Stato 28 maggio 1986, n. 365, in Giur. it., 1987, III, 1, c. 40); con ciò ritenendo evidentemente, a contrario, legittima la deliberazione “motivata” dall’interesse pubblico in tal senso. La novella in esame, pertanto, ha semplicemente “facilitato” il compito dell’ente pubblico, il quale in sua assenza ha il gravoso onere di “motivare” quali ragioni di interesse pubblico determinino la rimozione dei vincoli.
D) – LE MODALITÀ DI RIMOZIONE DEL VINCOLO.
Il comma 49-bis richiede, innanzitutto, che la convenzione, da stipularsi a richiesta del singolo proprietario, debba essere redatta “in forma pubblica”. Non è, quindi, sufficiente la redazione di una scrittura privata autenticata, ma è necessario l’atto pubblico (prescrizione, questa, di cui non si intravede la ratio: sarebbe sufficiente, infatti, la scrittura privata autenticata, al fine di consentire sia il controllo di legalità che la pubblicità immobiliare, considerato altresì il limitato contenuto dell’atto e la non necessità di “proteggere” in modo particolare le parti dell’atto).
La previsione dell’atto pubblico non è, d’altra parte, accompagnata da una previsione di nullità (richiesta dall’art. 1325, n. 4, c.c., al fine di inquadrare la forma tra gli elementi essenziali del contratto, richiesti ad substantiam actus). Si apre, pertanto, il problema interpretativo di individuare la conseguenza dell’eventuale violazione dell’onere di forma.
L’atto pubblico suddetto può essere stipulato, oltre che dal notaio, dal segretario comunale, ai sensi dell’art. 97, comma 4, lett. c), del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (a norma del quale il segretario comunale “può rogare tutti i contratti nei quali l'ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente”).
La convenzione è, poi, “soggetta a trascrizione” (prescrizione, questa, che obbliga all’esecuzione della trascrizione i notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto l’atto, a norma dell’art. 2671 c.c.).
E) – GLI EFFETTI DELLA RIMOZIONE DEL VINCOLO E IL PROFILO DELL’OPPONIBILITÀ AI TERZI.
La giurisprudenza anteriore all’emanazione della novella in commento si era divisa riguardo alla questione della opponibilità, o meno, ai terzi subacquirenti dei vincoli riguardanti il prezzo massimo di cessione (o il canone di locazione) degli alloggi convenzionati e relative pertinenze (in particolare, per le convenzioni disciplinate dagli artt. 7 e 8 della legge n. 10/1977): mentre alcune pronunce partivano, anche implicitamente, dal presupposto della vincolatività di tali limiti anche nei confronti dei successivi acquirenti, e quindi per le subalienazioni (Cass. 19 novembre 1987, n. 8507; Cass. 21 dicembre 1994, n. 11032), due sentenze della Suprema Corte hanno, al contrario, ritenuto che le suddette previsioni normative fossero dirette unicamente nei confronti del concessionario (ossia, del soggetto titolare del titolo abilitativo edilizio, usufruendo della riduzione del contributo concessorio), e non nei confronti dei suoi aventi causa (Cass. 2 ottobre 2000, n. 13006; Cass. 4 aprile 2011, n. 7630). Interpretazione, questa, che appare però singolarmente contrastante con la previsione di trascrizione della convenzione, contenuta nella legge n. 10/1977.
Il legislatore del 2011, menzionando espressamente le convenzioni di cui all’art. 18 del d.p.r. n. 380/2001, e affermandone testualmente l’applicabilità decorsi cinque anni “dalla data del primo trasferimento”, ha implicitamente ma inequivocabilmente presupposto l’efficacia del vincolo anche per i trasferimenti successivi al primo, e quindi la relativa opponibilità agli aventi causa dal concessionario: il che depone, tra l’altro, per la trascrivibilità delle convenzioni previste dal suddetto art. 18, ancorché non espressamente contemplata (ma in linea con quanto era previsto dalla legge n. 10/1977).
Su queste basi, la legge prevede ora che le convenzioni di cui ai commi 49-bis e 49-ter dell’art. 31 della legge n. 448/1998 siano “soggette a trascrizione”. La previsione legislativa, dettata da un’evidente esigenza di simmetria, e dalla necessità di adeguare le risultanze dei registri immobiliari alla realtà, in modo da rimuovere ogni intralcio alla circolazione giuridica, non sembra però imposta a pena di inopponibilità ai terzi: la rimozione del vincolo deve ritenersi immediatamente operante, a prescindere dalla trascrizione, alla quale deve riconoscersi natura di mera pubblicità notizia (a differenza della trascrizione della convenzione che costituisce il vincolo, alla quale sembra invece da riconoscersi natura di pubblicità dichiarativa).
F) – BIBLIOGRAFIA.
Per quanto concerne la situazione anteriore alla novella in commento, cfr. tra gli altri contributi CASU, Convenzioni previste dalla legge Bucalossi. Divieti e sanzioni, in Studi e materiali, 2007, 1, p. 3; CASU, L'edilizia residenziale pubblica. Problematiche notarili, in Studi e materiali, 2008, 3, p. 993; CASU, L'edilizia residenziale pubblica. Risposte a problemi concreti, in Studi e materiali, 2008, 3, p. 1050; CASU, Edilizia residenziale pubblica convenzionata, in Studi e materiali, 2007, 2, p. 1354; CASU, Quesiti in tema di edilizia residenziale pubblica, in Studi e materiali, 2007, 2, p. 1362; CASU, Convenzione su piano di zona in diritto di superficie, clausole di decadenza e sanzioni, in Studi e materiali, 2007, 2, p. 1314; CASU, Quesiti in tema di cessione di aree PEEP già concesse in diritto di superficie, in Studi e materiali, 2007, 1, p. 762; RUOTOLO, Alloggi acquistati in diritto di superficie, divieti convenzionali e loro valenza, in Studi e materiali, 2006, 2, p. 1941.
L’art. 5, comma 4, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), dispone:
“Per semplificare le procedure di trasferimento dei beni immobili, la registrazione dei contratti di trasferimento aventi ad oggetto immobili o comunque diritti immobiliari assorbe l’obbligo previsto dall’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191”.
La disposizione va posta in relazione con quella dell’art. 12 del d.l. n. 59/1978, che aveva sancito l’obbligo di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza, disponendo che “Chiunque cede la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consente, per un tempo superiore a un mese, l'uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso ha l'obbligo di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell'acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all'interessato”.
Il termine “trasferimento” (introdotto dalla legge di conversione, in sostituzione del termine restrittivo “compravendita”) non sembra rivestire un significato diverso dal termine “cessione”, utilizzato dal d.l. n. 59/1978, a sua volta riferito sia alla proprietà che al godimento. D’altra parte, il ricorso al concetto di “trasferimento” (nel senso ampio specificato) non è accompagnato da restrizioni riguardo al titolo (oneroso o gratuito) di esso. Conseguentemente, deve ritenersi che l’intera previsione dell’art. 12 del d.l. n. 59/1978 sia superata per effetto della novella, e che conseguentemente, qualsiasi cessione in proprietà o in godimento non richieda più la comunicazione all’autorità di P.S., nella misura in cui il relativo atto sia soggetto a registrazione e quest’ultima sia eseguita nei termini. Non vi sarebbe, del resto, ragione per una interpretazione restrittiva della disposizione, anche alla luce delle sue finalità di “semplificazione”.
La disposizione, come sopra interpretata, sembra quindi assorbire anche la previsione dettata dall’art. 3 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (in G.U. n. 67 del 23.3.2011), che ha istituito la c.d. cedolare secca sui redditi costituiti da canoni di locazione di immobili abitativi, ed ha disposto che la registrazione del contratto di locazione assorbe gli ulteriori obblighi di comunicazione, incluso l'obbligo della denuncia alla P.S., previsto dall’art. 12 del d.l. 21 marzo 1978, n. 59. L’unico caso in cui sembra rimanere in vigore la previsione dell’art. 12 suddetto è, pertanto, quello in cui il contratto non sia soggetto a registrazione, o non sia effettivamente registrato.
Per altro verso, il legislatore con la norma in commento ha evidentemente rinunciato all’esigenza di tempestività, che imponeva la comunicazione entro 48 ore (e che appare compensata dall’automatica disponibilità dei dati in via informatica, una volta registrato l’atto): la registrazione entro il termine di venti o trenta giorni, come previsto dalla legge, “assorbe” in ogni caso detto adempimento.
Rimane, invece, in vigore il disposto dell’art. 7 del D.Lgs. 25-7-1998, n. 286 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato da ultimo dall’art. 1, comma 1184, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che recita quanto segue:
“Articolo 7) – Obblighi dell'ospitante e del datore di lavoro.
1. Chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine, ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all'autorità locale di pubblica sicurezza.
2. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospita o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta.
2-bis. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro”.
Previsione, questa, che ha sostituito quella già contenuta nell’art. 147 del r.d. n. 773/1931, abrogato espressamente dall’art. 47 del d. lgs. n. 286/1998.
Da rilevare che, a norma dell’art. 1, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 286/1998, come modificato dall’art. 37 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, “Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri. Il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, salvo quanto previsto dalle norme di attuazione dell'ordinamento comunitario”.
Conseguentemente, la comunicazione all’autorità di P.S., prevista dall’art. 7 del d. lgs. n. 286/1998, è obbligatoria solo per le cessioni di terreni e fabbricati a cittadini extracomunitari. Fermo restando, ovviamente, il divieto di cessione a titolo oneroso a stranieri irregolarmente soggiornanti, nei termini previsti dall’art. 12 del d. lgs. n. 286/1998, come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 14, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (cfr. sul punto la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it).
L’art. 4 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha apportato – al fine di riconoscere massima attuazione al Federalismo Demaniale – alcune modificazioni al Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, elevando da cinquanta a settanta anni il periodo di tempo rilevante ai fini di applicare la disciplina dei beni culturali ai beni immobili appartenenti a enti pubblici e privati, persone giuridiche senza fine di lucro ed enti ecclesiastici.
La relazione al disegno di legge di conversione precisa che la facilitazione del percorso del federalismo demaniale deriva dal fatto che si sottrae al meccanismo dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 85 del 2010 (che prevede la necessità di un apposito accordo di valorizzazione con il Ministero per i beni e le attività culturali) una ampia quantità di immobili statali o di enti pubblici non economici realizzati a partire dal 1950, e quasi sempre privi di effettivo interesse culturale; con il nuovo termine di settanta anni rientrano attualmente nella presunzione di culturalità – ricorrendone il presupposto soggettivo – solo gli immobili realizzati prima della seconda guerra mondiale.
Più precisamente:
1) – a norma dell’art. 10, comma 5, del d. lgs. n. 42/2004, non sono soggette alla disciplina del Titolo primo (tutela dei beni culturali) i beni immobili, appartenenti ai soggetti suindicati, la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni;
2) – a norma dell’art. 12, comma 1, i beni immobili di cui all’art. 10, comma 1, appartenenti ai soggetti suindicati, la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni sono sottoposti alle disposizioni della Parte seconda del Codice (beni culturali), fino a quando non sia stata effettuata la verifica delle caratteristiche di culturalità di cui al comma 2;
3) – a norma dell’art. 54, comma 2, lett. a), sono inalienabili i beni immobili di cui all’art. 10, comma 1, appartenenti ai soggetti suindicati, la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, fino alla conclusione del procedimento di verifica previsto dall'articolo 12. Se il procedimento si conclude con esito negativo, le cose medesime sono liberamente alienabili, ai fini del presente codice, ai sensi dell'articolo 12, commi 4, 5 e 6.
È stato anche modificato l’art. 59, comma 1, disponendosi ora che gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali sono denunciati al Ministero (pertanto, il trasferimento della detenzione di beni culturali immobili non è più soggetto all’obbligo di denuncia).
Cfr. anche, per il commento ai precedenti provvedimenti in materia di beni culturali:
- per il D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 62, la Rassegna relativa al primo semestre 2008;
- per il D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 156, la Rassegna relativa al primo semestre 2006;
- per il D.P.R. 4 febbraio 2005, n. 78, la Rassegna relativa al primo semestre 2005;
- per il D.P.R. 10 giugno 2004, n. 173, la Rassegna relativa al secondo semestre 2004;
- per il D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali, la Rassegna relativa al primo semestre 2004,
tutte in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 13 del D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 71 del 28.3.2011), recante norme di attuazione della Direttiva 2009/28/CE, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, in vigore dal 29 marzo 2011, contiene alcune modificazioni della disciplina in materia di certificazione energetica degli edifici, al fine di realizzare una maggiore trasparenza delle informazioni commerciali e contrattuali relative alla certificazione energetica degli edifici ed all’indice di prestazione energetica degli immobili oggetto di trasferimento oneroso o di locazione.
In primo luogo, è modificato l’art. 1, comma 2, lett. c), del d. lgs. n. 192/2005: vi si chiarisce che il decreto disciplina i criteri generali, oltre che per la certificazione energetica degli edifici, anche per il trasferimento delle relative informazioni in sede di compravendita e locazione; il senso della modifica normativa sembra essere quello di ricomprendere quest’ultimo profilo di disciplina tra i principi fondamentali, a cui fa riferimento l’art. 13 del medesimo decreto (nell’ambito della c.d. clausola di cedevolezza): in altri termini, significa che le regioni e le province autonome sono tenute al rispetto, tra l’altro, dei princìpi fondamentali dettati dal d. lgs. n. 192/2005, riguardo al trasferimento delle informazioni riguardanti la prestazione energetica degli immobili in sede di trasferimento oneroso e di locazione. Significa, anche, che questi aspetti – per quanto concerne il profilo “privatistico” – devono intendersi prioritariamente regolati dalla normativa nazionale; l’eventuale normativa regionale non può ritenersi sostitutiva degli stessi, solo nella misura in cui assicuri la realizzazione degli obiettivi di informazione degli acquirenti e dei locatari, posti dalla normativa nazionale.
L’art. 13 del d. lgs. n. 28/2011 modifica, soprattutto, l’art. 6 del d. lgs. n. 192/2005, aggiungendo i nuovi commi 2-ter e 2-quater.
Ai sensi del comma 2-ter, nei contratti di compravendita (rectius di trasferimento a titolo oneroso, come già pacificamente ritenuto riguardo alla normativa previgente) o di locazione di edifici o di singole unità immobiliari è inserita apposita clausola con la quale l'acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici. Nel caso di locazione, la disposizione si applica solo agli edifici e alle unità immobiliari già dotate di attestato di certificazione energetica ai sensi dei commi 1, 1-bis, 1-ter e 1-quater. L’ambito oggettivo di applicazione è, evidentemente, lo stesso di quello relativo agli obblighi di dotazione e consegna dell’attestato (e, deve ritenersi, lo stesso dell’obbligo di allegazione, previsto da alcune norme regionali; salva la necessità di valutare, in quest’ultimo caso, la possibilità di ritenere “assorbito” da detta disciplina regionale l’obbligo di informazione e consegna previsto dalla normativa nazionale in termini oggettivi più ampi).
Non è prevista alcuna specifica sanzione a fronte del mancato inserimento della clausola: non sembra, peraltro, che possa configurarsi una nullità virtuale per violazione di norma imperativa (art. 1418 c.c.), sulla base del criterio di proporzionalità e della ratio della norma (essendo evidentemente eccessiva una sanzione di nullità che pregiudicherebbe soprattutto l’acquirente); appare più ragionevole ipotizzare una responsabilità (precontrattuale o contrattuale) dell’alienante o del locatore per difetto di informazione, ricorrendone ovviamente gli altri presupposti di legge.
Per altro verso, le ragioni di interesse pubblico sottostanti all’obbligo di informazione in esame depongono chiaramente per la inderogabilità di detto obbligo gravante sul venditore o sul conduttore (cfr. già, in tal senso, PETRELLI, Certificazione energetica degli edifici. Prospetto sinottico della legislazione nazionale e regionale, in http://www.gaetanopetrelli.it/). La novella non fa, sul punto, che confermare le conclusioni a cui poteva già giungersi alla luce della previgente normativa, comunitaria e nazionale.
Il nuovo comma 2-quater dell’art. 6 del d. lgs. n. 192/2005 dispone, poi, che “nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari, a decorrere dal 1° gennaio 2012 gli annunci commerciali di vendita riportano l'indice di prestazione energetica contenuto nell'attestato di certificazione energetica”. Ciò significa che, a partire dal 2012, la commercializzazione dei fabbricati – se effettuata a mezzo di “annunci commerciali” – richiederà la preventiva predisposizione dell’attestato di certificazione energetica. Non è, invece, richiesta alcuna menzione in sede di contratti preliminari di vendita.
Sono state pubblicate, nel secondo semestre 2010, le seguenti disposizioni legislative e regolamentari regionali in materia di certificazione energetica degli edifici:
1) – Lombardia.
- Legge 21 febbraio 2011 n. 3 (in Suppl. ord. al B.U.R. n. 8 del 25.2.2011), art. 17.
Il comma 4-bis dell’art. 25 della legge regionale 11 dicembre 2006, n. 24, è stato sostituito dal seguente:
“4-bis. L'attestato di certificazione energetica (ACE), redatto secondo le indicazioni definite con la deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 1, relativo al bene o ai beni che formano oggetto di atti di trasferimento a titolo oneroso deve essere allegato, in originale o in copia conforme, all'atto stesso nei casi e per le fattispecie previsti dalla deliberazione della Giunta regionale in materia. A decorrere dal 1° settembre 2011, l'ACE acquista efficacia con l'inserimento, nel sistema informativo regionale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del file di interscambio dati, i cui contenuti sono di responsabilità del soggetto certificatore che lo ha asseverato”.
2) – Sicilia.
- Decreto 3 marzo 2011 (in G.U. Reg. Sic. n. 13 del 25.3.2011), in vigore dal 9 aprile 2011. – Disposizioni in materia di certificazione energetica degli edifici nel territorio della Regione siciliana.
Il decreto prevede (art. 1) che fino all'emanazione di una specifica normativa regionale in materia, nel territorio della Regione siciliana si applicano le disposizioni dettate dal d. lgs. n. 192/2005. L'attestato di certificazione energetica deve riguardare la singola unità immobiliare. In caso di compravendita o di locazione degli edifici l'attestato di certificazione energetica deve essere redatto in tempo utile per essere reso disponibile al momento della stipula dell'atto di compravendita o del contratto di locazione.
L'attestato di certificazione energetica deve essere rilasciato da un soggetto certificatore estraneo alla progettazione e alla direzione lavori (art. 2).
Fino all'emanazione del decreto previsto all’art. 4 del d. lgs. n. 192/2005, ed all'approvazione di una organica disciplina regionale, è istituito, presso l'amministrazione regionale, un elenco dei soggetti abilitati al rilascio dell'attestato di certificazione energetica. In attesa dell'emanazione dei provvedimenti di cui sopra, l'elenco regionale dei soggetti abilitati alla certificazione costituisce una procedura di pre-accreditamento dei soggetti certificatori. A seguito della richiesta presentata dai soggetti interessati, sarà rilasciato un numero identificativo personale attestante l'iscrizione nell'elenco regionale dei soggetti certificatori, che dovrà essere riportato negli attestati di certificazione energetica da inviare all'amministrazione regionale. A decorrere dal 180° giorno successivo alla data di pubblicazione del decreto in oggetto nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, non saranno ritenuti validi gli attestati di certificazione energetica privi del numero di identificativo regionale del soggetto certificatore (art. 3).
A ciascun attestato di certificazione energetica sarà attribuito un codice regionale identificativo univoco, che servirà ad identificare l'immobile nel catasto energetico degli edifici anche per tutte le eventuali successive modifiche o variazioni dello stesso certificato (art. 5).
È consentita l’autocertificazione del proprietario per gli immobili ascrivibili alla “classe G” (art. 6).
3) – Veneto.
- Deliberazione G.R. 8 febbraio 2011, n. 121 (in B.U.R. n. 16 del 22.2.2011). Istituzione del Registro regionale delle Attestazioni di Certificazione Energetica – D.M. 26 giugno 2009 - Linee guida per la certificazione energetica degli edifici.
Con la suddetta deliberazione, si istituisce un Registro regionale delle Attestazioni di Certificazione Energetica, cui sono attribuiti tutti gli effetti giuridici connessi alla ricezione e registrazione delle attestazioni trasmesse alla Regione.
Entro i quindici giorni successivi alla redazione dell'attestato di certificazione energetica, il Soggetto certificatore trasmette copia del certificato alla Regione o Provincia autonoma competente per territorio (art. 2).
Per lo stato attuale complessivo della normativa regionale vigente (oltre che nazionale), cfr. PETRELLI, Certificazione energetica degli edifici. Prospetto sinottico nazionale e regionale, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 8 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha sostituito il comma 6 dell’art. 40-bis del testo unico bancario, che ora recita:
“Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai mutui e ai finanziamenti, anche non fondiari, concessi da banche ed intermediari finanziari, ovvero concessi da enti di previdenza obbligatoria ai propri dipendenti o iscritti”.
Conseguentemente la disciplina della cancellazione semplificata si applica, oltre che ai mutui fondiari, anche:
- ai mutui non fondiari;
- ai finanziamenti diversi dai mutui, fondiari e non fondiari;
- ai finanziamenti concessi da enti di previdenza obbligatoria ai propri dipendenti o iscritti;
- ai finanziamenti concessi, oltre che da banche, da altri intermediari finanziari.
Cfr., sulla disciplina dell’art. 40-bis t.u.b., la Rassegna relativa al secondo semestre 2010; per una sintesi aggiornata della disciplina della cancellazione semplificata, cfr. PETRELLI, Cancellazione semplificata delle ipoteche, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 8 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato la disciplina della portabilità dei finanziamenti ipotecari, e quindi l’art. 120-quater del testo unico bancario.
Si chiarisce, in primo luogo, che le disposizioni di cui all’art. 120-quater t.u.b. in materia di portabilità si applicano ai soli contratti di finanziamento conclusi da intermediari bancari e finanziari con persone fisiche o micro-imprese, come definite dall’articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11.
Il nuovo art. 120-quater t.u.b. utilizza innanzitutto la nozione di “consumatore”, a proposito della quale occorre far riferimento all’art. 3, comma 1, lett. a), del d. lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo): “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Richiama poi – a proposito della nozione di “micro-impresa”, l’articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, che a sua volta rinvia ai requisiti previsti dalla Raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, ovvero ai requisiti individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze attuativo delle misure adottate dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 84, lett. b), della Direttiva 2007/84/CE. Ai sensi dell’art. 2, comma 3, della Raccomandazione 2003/361/CE, “si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro”. Le due condizioni sono considerate congiuntamente.
I suddetti requisiti coincidono con quelli previsti dall’art. 2, comma 2, del D.M. 6 dicembre 2005 (in G.U. n. 4 del 5.1.2007), a norma del quale, nell'ambito della categoria delle PMI, si definisce microimpresa l'impresa che: a) ha meno di 10 occupati, e b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro; precisato che i due requisiti di cui alle lettere a) e b) sono cumulativi, nel senso che tutti e due devono sussistere.
A norma dell’art. 4 della medesima Raccomandazione, i dati impiegati per calcolare gli effettivi e gli importi finanziari sono quelli riguardanti l'ultimo esercizio contabile chiuso e vengono calcolati su base annua. Essi sono presi in considerazione a partire dalla data di chiusura dei conti. L'importo del fatturato è calcolato al netto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e di altri diritti o imposte indirette. Peraltro, se un'impresa, alla data di chiusura dei conti, constata di aver superato, nell'uno o nell'altro senso e su base annua, le soglie degli effettivi o le soglie finanziarie di cui all'articolo 2, essa perde la qualifica di microimpresa solo se questo superamento avviene per due esercizi consecutivi. Se si tratta di un'impresa di nuova costituzione, i cui conti non sono ancora stati chiusi, i dati in questione sono oggetto di una stima in buona fede ad esercizio in corso. L’art. 5 determina i criteri per stabilire il numero delle persone effettivamente occupate nell’impresa (compresi tra di essi anche i soci che svolgono attività regolare nell’impresa); l’art. 6 stabilisce le regole di cui tener conto ai fini della determinazione in generale dei dati dell’impresa (quale l’esigenza di tener conto anche dei dati delle imprese associate o collegate).
L’art. 8 del d.l. n. 70/2011 modifica ulteriormente l’art. 120-quater t.u.b., disponendo altresì nel senso che nel caso in cui la surrogazione non si perfezioni entro il termine di trenta giorni lavorativi dalla data della richiesta al finanziatore originario di avvio delle procedure di collaborazione da parte del mutuante surrogato, il finanziatore originario è tenuto a risarcire il cliente in misura pari all’uno per cento del debito residuo del finanziamento per ciascun mese o frazione di mese di ritardo. Resta ferma la possibilità per il finanziatore originario di rivalersi sul mutuante surrogato, nel caso in cui il ritardo sia dovuto a cause allo stesso imputabili.
Viene, ancora, fatto rinvio ad un emanando provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio di concerto con il Ministero della giustizia, con il quale verranno stabilite specifiche modalità di presentazione, per via telematica, dell’atto di surrogazione.
Correlativamente, viene modificato come segue l’art. 161, comma 7-quater, del t.u.b.:
“Per i mutui a tasso variabile e a rata variabile per tutta la durata del contratto, stipulati o accollati, anche a seguito di frazionamento, per l'acquisto, la ristrutturazione o la costruzione dell'abitazione principale entro il 29 gennaio 2009, gli atti di consenso alla surrogazione di cui all'articolo 120-quater, comma 3, sono autenticati dal notaio senza l'applicazione di alcun onorario e con il solo rimborso delle spese. A tal fine, la quietanza rilasciata dal finanziatore originario e il contratto stipulato con il creditore surrogato sono forniti al notaio per essere prodotti unitamente all'atto di surrogazione. Con il provvedimento di cui al comma 3 dell’articolo 120-quater sono stabilite le modalità con cui la quietanza, il contratto e l’atto di surrogazione sono presentati al conservatore al fine dell’annotazione. Per eventuali attività aggiuntive non necessarie all'operazione, espressamente richieste dalle parti, gli onorari di legge restano a carico della parte richiedente”.
Cfr. anche, sulla materia della “portabilità”, le Rassegne relative al primo semestre 2007, al secondo semestre 2007, al secondo semestre 2008, al primo semestre 2009, ed al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 8 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato – in via peraltro temporanea – la disciplina della rinegoziazione dei mutui ipotecari.
In particolare:
a) fino al 31 dicembre 2012 il mutuatario che – prima del 14 maggio 2011 – ha stipulato, o si è accollato anche a seguito di frazionamento, un contratto di mutuo ipotecario di importo originario non superiore a 200 mila euro, per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione, a tasso e a rata variabile per tutta la durata del contratto, ha diritto di ottenere dal finanziatore la rinegoziazione del mutuo alle condizioni di cui alla lettera b), qualora al momento della richiesta presenti un’attestazione, rilasciata da soggetto abilitato, dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 35 mila euro e, salvo diverso accordo tra le parti, non abbia avuto ritardi nel pagamento delle rate del mutuo;
b) la rinegoziazione assicura, in funzione delle esigenze del cliente, per un periodo pari alla durata residua del finanziamento o, con l’accordo del cliente, per un periodo inferiore, l’applicazione di un tasso annuo nominale fisso non superiore al tasso che si ottiene in base al minore tra l’IRS in euro a 10 anni e l’IRS in euro di durata pari alla durata residua del mutuo ovvero, se non disponibile, la quotazione dell’IRS per la durata precedente, riportato alla data di rinegoziazione alla pagina ISDAFIX 2 del circuito Reuters, maggiorato di uno spread pari a quello indicato, ai fini della determinazione del tasso, nel contratto di mutuo;
c) il mutuatario e il finanziatore possono concordare che la rinegoziazione di cui alle precedenti lettere comporti anche l’allungamento del piano di rimborso del mutuo per un periodo massimo di cinque anni, purché la durata residua del mutuo all’atto della rinegoziazione non diventi superiore a venticinque anni;
d) le garanzie ipotecarie già prestate a fronte del mutuo oggetto di rinegoziazione continuano ad assistere il rimborso, secondo le modalità convenute, del debito che risulti alla originaria data di scadenza di detto mutuo, senza il compimento di alcuna formalità o annotazione. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 39, comma 5, del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385 (diritto alla riduzione dell’ipoteca). Questa disciplina si applica anche al finanziamento erogato dalla banca al mutuatario in qualità di debitore ceduto nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione con cessione dei crediti ovvero di emissione di obbligazioni bancarie garantite ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, al fine di consentire il rimborso del mutuo secondo il piano di ammortamento in essere al momento della rinegoziazione. In tal caso la banca è surrogata di diritto nelle garanzie ipotecarie, senza il compimento di alcuna formalità o annotazione, ma la surroga ha effetto solo a seguito dell’integrale soddisfacimento del credito vantato dal cessionario del mutuo oggetto dell’operazione di cartolarizzazione o di emissione di obbligazioni bancarie garantite;
e) qualora la banca, al fine di realizzare la rinegoziazione di cui alle lettere precedenti, riacquisti il credito in precedenza oggetto di un’operazione di cartolarizzazione con cessione dei crediti ovvero di emissione di obbligazioni bancarie garantite, la banca cessionaria ne dà notizia mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, anche mediante un unico avviso relativo a tutti i crediti acquistati dallo stesso cedente. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del cedente, conservano la loro validità ed il loro grado a favore della banca cessionaria senza bisogno di alcuna formalità o annotazione.
Cfr. anche, per una sintesi della disciplina dettata dal d.l. 27 maggio 2008, n. 93, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché dal d.l. n. 7/2007, PETRELLI, Rinegoziazione dei mutui ipotecari, in http://www.gaetanopetrelli.it; nonché PASQUARIELLO, Le misure anti-crisi del governo: gli interventi pubblici a sostegno delle famiglie e dell'economia, in Nuove leggi civ., 2009, p. 1239; RINALDI, La rinegoziazione del mutuo tra le parti contraenti, in Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, Milano, 2009, p. 88; CERVINI, Proroga ex lege e natura dei contratti bancari di mutuo. Effetti della c.d. "sospensione del pagamento delle rate" (l. 24.12.2007, n. 244) e della rinegoziazione dei mutui (l. 27.5.2008, n. 93), in Nuova giur. civ., 2009, II, p. 351; FAUSTI, La "rinegoziazione" dei mutui, in Banca, borsa e titoli di credito, 2008, I, p. 746; ed in Studi e materiali, 2008, p. 1505; PADOLECCHIA, Nessun obbligo di annotazione degli atti di rinegoziazione dei mutui bancari, in Notariato, 2008, p. 701. In precedenza, v. sulla problematica in generale PRESTI, La rinegoziazione dei mutui ipotecari. Qualificazione e disciplina, in Riv. dir. priv., 1999, p. 267.
L’art. 2, commi 17-quater e 17-quinquies, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 (in G.U. n. 303 del 29.12.2010), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011), ha disposto che – al fine di consentire la proroga delle operazioni di sospensione dell’ammortamento dei mutui, le garanzie ipotecarie già prestate a fronte del mutuo oggetto di sospensione dell’ammortamento per volontà del creditore o per effetto di legge continuano ad assistere il rimborso, secondo le modalità convenute, del debito che risulti all’originaria data di scadenza di detto mutuo, senza il compimento di alcuna formalità o annotazione. Resta fermo quanto previsto all’art. 39, comma 5, del d. lgs. n. 385/1993 (diritto del mutuatario alla riduzione o restrizione dell’ipoteca). La suddetta disciplina si applica anche al finanziamento erogato dalla banca al mutuatario in qualità di debitore ceduto nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione con cessione dei crediti ovvero di emissione di obbligazioni bancarie garantite ai sensi della legge n. 130/1999, al fine di consentire il rimborso del mutuo al cessionario secondo il piano di ammortamento in essere al momento della sospensione e per l’importo delle rate oggetto della sospensione stessa. In tal caso la banca è surrogata di diritto nelle garanzie ipotecarie, senza il compimento di alcuna formalità o annotazione, ma la surroga ha effetto solo a seguito dell’integrale soddisfacimento del credito vantato dal cessionario del mutuo oggetto dell’operazione di cartolarizzazione o di emissione di obbligazioni bancarie garantite. Qualora la banca, al fine di realizzare la sospensione dell’ammortamento di cui al comma 17-quater, riacquisti il credito in precedenza oggetto di un’operazione di cartolarizzazione con cessione dei crediti ovvero di emissione di obbligazioni bancarie garantite, la banca cessionaria ne dà notizia mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, anche mediante un unico avviso relativo a tutti i crediti acquistati dallo stesso cedente. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del cedente, conservano la loro validità ed il loro grado a favore della banca cessionaria senza bisogno di alcuna formalità o annotazione.
Sulla sospensione ex lege del pagamento delle rate di mutuo, prevista dall'art. 2, commi da 476 a 480, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it; per il commento al D.M. 21 giugno 2010, n. 132 (in G.U. n. 192 del 18.8.2010), che nel disciplinare il fondo di solidarietà per i mutui destinati all’acquisto della prima casa attua le suddette disposizioni della legge n. 244/2007, v. la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, anch’essa nel suddetto sito. Cfr. inoltre CERVINI, Proroga ex lege e natura dei contratti bancari di mutuo. Effetti della c.d. "sospensione del pagamento delle rate" (l. 24.12.2007, n. 244) e della rinegoziazione dei mutui (l. 27.5.2008, n. 93), in Nuova giur. civ., 2009, II, p. 351
Con D.M. 3 febbraio 2011 (in G.U. n. 29 del 5.2.2011) sono state dettate disposizioni attuative in tema di credito al consumo, al fine di dare attuazione alle nuove previsioni del testo unico bancario in materia, in conformità alla Direttiva 2008/48/CE, e di adeguare la disciplina di trasparenza adottata nel 2003 alle innovazioni intervenute successivamente e alle modifiche apportate dal d. lgs. n. 141/2010; nonché al fine di coordinare le disposizioni di attuazione del Capo II del Titolo VI del TUB con quelle adottate ai sensi degli altri Capi del medesimo Titolo VI.
Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 9 febbraio 2011 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 38 del 16.2.2011) sono state dettate le disposizioni attuative della disciplina sul credito ai consumatori, aggiornando nel contempo le istruzioni di vigilanza in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, e di correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti. In particolare, la sezione VII del provvedimento (specificamente dedicata al credito ai consumatori), è stata modificata per recepire le nuove previsioni normative e fornire, ove opportuno, chiarimenti interpretativi e indicazioni volte a coordinare l'applicazione della disciplina sul credito ai consumatori con la normativa generale sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi, contenuta nelle altre sezioni del provvedimento. Quest’ultimo sostituisce comunque in modo integrale le omonime disposizioni del 29 luglio 2009.
I finanziatori e gli intermediari del credito erano tenuti ad adeguarsi alle nuove disposizioni sopra indicate entro 90 giorni dalla loro entrata in vigore, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del d. lgs. 13 agosto 2010, n. 141, e successive modificazioni; l’obbligo di adeguamento è quindi scattato a partire dal giorno 1 giugno 2011.
Si riproducono in particolare di seguito, per la loro rilevanza, i paragrafi 5.2.1 e 5.2.2 della Sezione VII delle suddette Istruzioni della Banca d’Italia:
“5.2.1 Contratti di credito
I contratti di credito indicano in modo chiaro e conciso:
a) il tipo di credito;
b) il nome, il cognome e l’indirizzo del consumatore, la denominazione del finanziatore e l'indirizzo della sua sede amministrativa o della succursale con sede in Italia; nel caso di offerta attraverso intermediari del credito, vanno indicati anche il nome e il cognome o la denominazione e l’indirizzo del soggetto che entra in rapporto con il consumatore;
c) la durata del contratto di credito;
d) l’importo totale del credito e le condizioni di utilizzo;
e) nel caso di contratti di credito collegati, l’indicazione del bene o del servizio oggetto del contratto e il relativo prezzo in contanti;
f) il tasso di interesse, le condizioni che ne disciplinano l'applicazione e, se disponibile, ogni indice o tasso di riferimento applicabile al tasso iniziale, nonché le condizioni temporali e le modalità per l’eventuale modifica del tasso di interesse, ove consentita ai sensi dell’articolo 118 del T.U. Qualora il contratto preveda l’applicazione di tassi di interesse diversi al variare di determinate circostanze, le informazioni previste dalla presente lettera vanno fornite con riferimento a ciascuno dei tassi applicabili;
g) il TAEG e l'importo totale dovuto dal consumatore, calcolati al momento della conclusione del contratto, con l’indicazione delle ipotesi sulle quali si basa il calcolo del TAEG.
h) l’importo, il numero e la periodicità delle rate e, ove previsto dal contratto, l’ordine con cui vengono imputati i pagamenti finalizzati al rimborso di saldi negativi ai quali sono applicati diversi tassi debitori;
i) per i pagamenti di spese e interessi senza ammortamento del capitale, un estratto dei periodi e delle condizioni di pagamento degli interessi e delle spese correlate, ricorrenti e non ricorrenti;
j) tutte le spese derivanti dal contratto di credito, ivi incluse: quando per la stipulazione del contratto è obbligatoria l’apertura di un conto sul quale regolare i rimborsi e i prelievi effettuati dal consumatore, le spese di gestione di questo conto; le spese connesse all'utilizzazione dei mezzi di pagamento che consentono di effettuare rimborsi e prelievi; le condizioni in presenza delle quali è possibile una modifica delle spese, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali;
k) il tasso degli interessi di mora applicabile al momento della conclusione del contratto, le condizioni in presenza delle quali questo tasso può essere modificato, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, e le eventuali penali previste per l’inadempimento;
l) una chiara avvertenza delle conseguenze alle quali il consumatore può andare incontro in caso di mancato pagamento di una o più rate;
m) se necessarie, l’esistenza di spese notarili;
n) le garanzie e le assicurazioni, ove previste (fermo restando l’obbligo di sottoscrivere documenti separati ai sensi dell’articolo 125-bis, comma 3, del T.U.);
o) l’esistenza del diritto di recesso e i termini e le condizioni per esercitarlo (secondo una delle modalità previste dall’articolo 64, comma 2, del Codice del Consumo), ivi incluse le informazioni sull’obbligo del consumatore di rimborsare il capitale prelevato e di corrispondere gli interessi, secondo quanto previsto dall’articolo 125-ter del T.U., nonché l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere in caso di recesso; se si tratta di un contratto di credito al quale non si applicano le disposizioni in materia di recesso, va indicata l’inesistenza di questo diritto;
p) in caso di contratti di credito collegati, l’indicazione dei diritti spettanti al consumatore ai sensi dell’articolo 125-quinquies del T.U. e le condizioni per esercitarli;
q) il diritto del consumatore al rimborso anticipato previsto dall’articolo 125-sexies, comma 1, del T.U. e la procedura per effettuarlo nonché, in presenza delle condizioni ivi stabilite, il diritto del creditore a ottenere, ai sensi dell’articolo 125-sexies, comma 2, del T.U., un indennizzo a fronte del rimborso anticipato e le relative modalità di calcolo;
r) la procedura per l’esercizio del diritto di recesso previsto dall’articolo 125-quater del T.U., da altre norme di legge o dal contratto;
s) i mezzi di tutela stragiudiziale (reclami e ricorsi) di cui il consumatore può avvalersi, ivi compresi i sistemi di risoluzione delle controversie ai sensi dell’articolo 128-bis del T.U. (Arbitro Bancario Finanziario), e le modalità per accedervi;
t) le ulteriori condizioni eventualmente previste nel contratto;
u) l’indicazione che il finanziatore è soggetto ai controlli esercitati dalla Banca d'Italia, con sede in Via Nazionale, 91 - 00184 Roma.
In caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata determinata, il contratto indica, oltre alle informazioni precedentemente elencate, il diritto del consumatore di ricevere in qualsiasi momento del rapporto, su sua richiesta e senza spese, una tabella di ammortamento. La tabella di ammortamento riporta:
- gli importi dovuti, le relative scadenze e le condizioni di pagamento;
- il piano di ammortamento del capitale, che rappresenta la ripartizione di ciascun rimborso periodico;
- gli interessi e gli eventuali costi aggiuntivi; se il tasso non è fisso ovvero se i costi aggiuntivi possono essere modificati nel corso del rapporto, è indicata in modo chiaro e conciso la circostanza che i dati riportati nella tabella sono validi fino alla successiva modifica del tasso di interesse o dei costi aggiuntivi, conformemente a quanto previsto nel contratto.
Nel caso di un contratto di credito in base al quale i pagamenti effettuati dal consumatore non comportano un immediato e corrispondente ammortamento dell'importo totale del credito, ma servono a costituire un capitale da investire secondo quanto stabilito dal contratto di credito o da un contratto accessorio, il contratto riporta una dichiarazione chiara e concisa da cui risulti che, salvo diverso accordo tra le parti, non vi è una garanzia di rimborso dell'importo totale del credito prelevato in base al contratto di credito, anche quando siano state integralmente pagate le rate; ciò in quanto l’entità del rimborso dipende dal valore del capitale investito alla scadenza del termine previsto nel contratto. Resta ferma la disciplina sui prodotti finanziari prevista ai sensi del T.U.F.
5.2.2 Aperture di credito in conto corrente
I contratti di apertura di credito in conto corrente da rimborsare su richiesta della banca o entro tre mesi dal prelievo riportano in modo chiaro e conciso, oltre alle informazioni previste alle lettere a), b), c), d) e f) del paragrafo 5.2.1, le seguenti indicazioni:
- il TAEG e il costo totale del credito, calcolati al momento della conclusione del contratto, con l’indicazione delle ipotesi sulle quali si basa il calcolo del TAEG;
- qualora sia previsto che il consumatore debba rimborsare su richiesta della banca le somme prelevate, l’avvertenza che al consumatore può essere richiesto in qualsiasi momento il rimborso del credito;
- tutte le spese che possono essere addebitate al consumatore e le condizioni in presenza delle quali è possibile un’eventuale modifica delle stesse, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali”.
Sulle disposizioni attuative in esame, cfr. PELLEGRINO, Le disposizioni attuative in materia di credito al consumo, in Obbligazioni e contratti, 2011, p. 296.
Sulle modifiche apportate al t.u.b. dal d. lgs. n. 141/2010 e dal d. lgs. n. 218/2010, che assumono notevole rilevanza anche riguardo ai mutui ipotecari di durata non superiore a cinque anni (in base alla loro finalità), ai contratti di locazione ed alle dilazioni di pagamento, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2010; sulla disciplina dei contratti di credito al consumo nella Direttiva 2008/48/CE, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2008; sulle istruzioni di vigilanza in materia di trasparenza cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2009; tutte in http://www.gaetanopetrelli.it. Cfr. inoltre, di recente, NIGRO, Collegamento contrattuale legale e volontario, con particolare riferimento alla (vecchia e nuova) disciplina del credito ai consumatori (nota a Cass. 16.2.2010 n. 3589), in Giur. it., 2011, p. 308; PELLEGRINO, Le nuove regole sui contratti di credito ai consumatori (D.lgs. 13.8.2010 n. 141), in Obbligazioni e contratti, 2011, p. 125; LONGO, Mutuo di scopo e credito al consumo (nota a Cass. 16.2.2010 n. 3589), in Giur. it., 2011, p. 556; AGABITINI, Ordine pubblico di protezione e mercato del credito. L'evoluzione del credito al consumo, in Riv. critica dir. priv., 2010, p. 597; ROSSI, Il collegamento contrattuale nel credito al consumo alla luce del nuovo d. lgs. 13 agosto 2010 n. 141, in Contratto e impresa, 2010, p. 1432.
L’art. 8 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato l’art. 118 del testo unico bancario (d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385), che era stato da ultimo modificato dall’art. 4 del D. lgs. 13 agosto 2010, n. 141, e dal D. Lgs. 14 dicembre 2010, n. 218.
Più precisamente, ai sensi del nuovo art. 118, comma 2-bis, t.u.b., “Se il cliente non è un consumatore né una micro-impresa come definita dall’articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, nei contratti di durata diversi da quelli a tempo indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo possono essere inserite clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto”. La nuova disciplina dettata dal comma 2-bis dell’articolo 118 t.u.b. non si applica ai contratti in corso alla data del 14 maggio 2011; le modifiche introdotte ai contratti in corso alla predetta data sono inefficaci.
Per le definizioni di consumatore e micro-impresa, cfr. quanto sopra specificato nel paragrafo dedicato alla portabilità dei contratti di finanziamento.
La nuova disciplina della modifica unilaterale delle condizioni contrattuali (ius variandi), applicabile ai contratti bancari conclusi a partire dal 14 maggio 2011, è pertanto la seguente:
1) – contratti di durata a tempo indeterminato, nei quali può essere sempre convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto, qualora sussista un giustificato motivo;
2) – contratti di durata a tempo determinato, nei quali occorre distinguere:
2a) – se il cliente è un consumatore oppure una micro-impresa, come sopra definita, la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo;
2b) – se il cliente invece non è un consumatore né una micro-impresa, come sopra definita, la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta sia per le clausole che non hanno ad oggetto i tassi di interesse, sia per quelle che riguardano questi ultimi, purché però in detto ultimo caso lo ius variandi sia ancorato al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto: anche in questo caso non è legittima, pertanto, la clausola generica di variazione unilaterale dei tassi di interesse a prescindere da specifici eventi e condizioni.
Sulla disciplina dello ius variandi, come modificata dal D. lgs. 13 agosto 2010, n. 141, e dal D. Lgs. 14 dicembre 2010, n. 218, cfr. più approfonditamente la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it; v. anche, di recente, SCARPELLO, La modifica unilaterale del contratto, Padova, 2010.
L’art. 8 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato la disciplina dettata dall’art. 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, ai fini del calcolo del limite massimo, oltre il quale gli interessi sono usurari: più precisamente, il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio, effettuata dal Ministro del Tesoro e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge n. 108/1996, relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali.
La rilevazione dei tassi medi ai fini dell’applicazione della legge sull’usura è stata effettuata, da ultimo:
- con D.M. 29 marzo 2011 (in G.U. n. 73 del 30.3.2011);
- con D.M. 27 giugno 2011, in G.U. n. 150 del 30.6.2011).
A seguito di quest’ultimo provvedimento, si distingue, limitatamente ai mutui, tra tasso fisso e tasso variabile; il limite di liceità degli interessi pattuiti sarà quindi – dal 1° luglio al 30 settembre 2011:
- relativamente ai mutui a tasso fisso, del 10,4375 %;
- relativamente ai mutui a tasso variabile, del 7,9875 %;
- relativamente alle aperture di credito in conto corrente, sarà invece – oltre l’importo di 5.000 euro – del 15,5875 %.
Ai sensi dell’art. 3, comma 4, del suddetto decreto, “I tassi effettivi globali medi di cui all'articolo 1, comma 1, del presente decreto non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento. L'indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano dei cambi ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”.
Ciò significa che il tasso di mora per i mutui (di durata superiore a cinque anni) è pari mediamente:
- quanto ai mutui a tasso fisso, all’ 13,0625 %
- quanto ai mutui a tasso variabile, al 10,6125 %.
Con D.M. 25 marzo 2010 (in G.U. n. 74 del 30.3.2010) era stata approvata l’ultima classificazione delle operazioni creditizie per categorie omogenee ai fini della rilevazione dei tassi effettivi globali medi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari.
Riguardo alle Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura, dettate con Provvedimento della Banca d’Italia in data 29 agosto 2009 (in G.U. n. 200 del 29.8.2009), cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Giusta il comunicato del Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 8 febbraio 2011 (in G.U. n. 31 del giorno 8.2.2011), il saggio d'interesse di cui al comma 1 dell’art. 5 del D. Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, al netto della maggiorazione ivi prevista, è pari all’1 % per il periodo 1° gennaio – 30 giugno 2011. Dovendosi applicare, ai sensi del suddetto 1° comma dell’art. 5, la maggiorazione del 7%, il tasso d’interesse di mora applicabile è pari all’8,00 %.
La Direttiva 16 febbraio 2011, n. 2011/7/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio (in G.U.U.E. n. L48 del 23.2.2011), in vigore dal 15 marzo 2011, contiene la rifusione del testo della precedente Direttiva 2000/35/CE, con alcune modifiche finalizzate ad una maggior tutela del creditore a fronte dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. A norma dell’art. 13, pertanto, la direttiva 2000/35/CEE è abrogata con effetto dal 16 marzo 2013, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione, di cui infra.
Tra i soggetti interessati alla direttiva rientrano anche i professionisti; peraltro la direttiva precisa espressamente che “Il fatto che le professioni liberali ricadano nell'ambito di applicazione della presente direttiva non dovrebbe obbligare gli Stati membri a trattarle come imprese o attività commerciali per fini diversi da quelli della presente direttiva” (10° “Considerando”).
Di rilievo anche la previsione del 28° “Considerando”: “La presente direttiva dovrebbe proibire l'abuso della libertà contrattuale a danno del creditore. Di conseguenza, quando una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso di interesse di mora o al risarcimento dei costi di recupero non sia giustificata sulla base delle condizioni concesse al debitore, o abbia principalmente l'obiettivo di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore, si può ritenere che si configuri un siffatto abuso. A tale riguardo e conformemente al progetto accademico di quadro comune di riferimento, qualsiasi clausola contrattuale o prassi che si discosti gravemente dalla corretta prassi commerciale e sia in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza dovrebbe essere considerata iniqua per il creditore. In particolare, l'esclusione esplicita del diritto di applicare interessi di mora dovrebbe essere sempre considerata come gravemente iniqua, mentre l'esclusione del diritto al risarcimento dei costi di recupero dovrebbe essere presunta tale. La presente direttiva non dovrebbe incidere sulle disposizioni nazionali relative alle modalità di conclusione dei contratti o che disciplinano la validità delle clausole contrattuali inique nei confronti del debitore”. Correlativamente, l’art. 7 della Direttiva prevede che gli Stati membri dispongano che una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso dell'interesse di mora o al risarcimento per i costi di recupero non possa essere fatta valere oppure dia diritto a un risarcimento del danno qualora risulti gravemente iniqua per il creditore, recependo le previsioni di cui al 28° “Considerando”.
A norma del 31° “Considerando”, “È auspicabile garantire che i creditori siano in posizione tale da poter avvalersi di una clausola di riserva di proprietà su base non discriminatoria in tutta l'Unione, se la clausola di riserva di proprietà è valida ai sensi delle disposizioni nazionali applicabili secondo il diritto internazionale privato”. Cfr. sul punto l’art. 9 della Direttiva.
A norma dell’art. 2, n. 6, gli «interessi legali di mora» sono interessi semplici di mora ad un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti percentuali.
Gli Stati membri assicurano che nelle transazioni commerciali tra imprese il creditore abbia diritto agli interessi di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora siano soddisfatte le condizioni previste dall’art. 3; se la data di scadenza o il periodo di pagamento non sono stabiliti nel contratto, il creditore ha diritto agli interessi di mora alla scadenza di uno dei termini seguenti: i) trenta giorni di calendario dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento; ii) se non vi è certezza sulla data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi. Gli Stati membri assicurano che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi sessanta giorni di calendario (art. 3, comma 5).
A norma dell’art. 12, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 8 e all’art. 10, entro il 16 marzo 2013, valutando se escludere contratti conclusi prima del 16 marzo 2013.
Il D.Lgs. 3 febbraio 2011, n. 71 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 28 maggio 2011, detta la nuova disciplina dell’ordinamento e delle funzioni degli uffici consolari; l’art. 79 abroga espressamente la precedente disciplina, contenuta nel D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200. Tra gli aspetti di interesse notarile, si segnala in particolare quanto segue:
- le funzioni dell'ufficio consolare sono esercitate dal capo dell'ufficio in conformità alle convenzioni ed agli usi internazionali, precisandosi che è capo dell’ufficio consolare di seconda categoria il funzionario consolare onorario, il quale esercita le funzioni di cui al d. lgs. n. 71/2011 nei limiti stabiliti dal Ministro degli affari esteri con decreto (art. 3);
- il capo di ufficio consolare di I categoria può delegare le funzioni consolari ad altro personale dell'ufficio non possono tuttavia formare oggetto di delega a personale non appartenente alla carriera diplomatica, alla dirigenza amministrativa o alla terza area funzionale, tra l’altro, le funzioni notarili, salvo le autenticazioni e le procure generali e speciali, nonché le funzioni il cui esercizio è, a norma degli articoli seguenti, esplicitamente attribuito al capo dell'ufficio consolare (art. 4). Le deleghe suddette sono conferite con decreto, di cui copia è affissa nell'albo consolare (art. 5);
- a norma dell’art. 28, il capo dell'ufficio consolare esercita le funzioni di notaio nei confronti dei cittadini, attenendosi alla legislazione nazionale. Non è più consentito quindi – a differenza che nel previgente art. 19 del d.p.r. n. 200/1967 – l’esercizio di funzioni notarili (neanche per le procure) con riferimento a cittadini stranieri, ancorché vi sia un collegamento con atti da stipularsi in Italia. Inoltre, con decreto del Ministro degli affari esteri possono essere specificati gli atti notarili che i capi degli uffici consolari sono chiamati a stipulare, tenendo conto della possibilità di accedere ad adeguati servizi notarili in loco. Nella Relazione al decreto legislativo si è fatto riferimento all’esigenza di sgravare gli uffici consolari dalla stipula di alcuni atti, qualora siano presenti adeguati servizi notarili in loco (il che avviene in particolare nei paesi in cui è presente un Notariato di tipo latino; la Relazione fa riferimento in particolare ai paesi europei e dello spazio economico europeo); e si è precisato altresì che questa disciplina è mutuata dalla recente legislazione francese che sostanzialmente ha liberato i consoli francesi dalle funzioni notarili nei suddetti paesi (cfr. in particolare l’Arrêté du 6 décembre 2004, relatif à l’exercice des attributions notariales des agents diplomatiques et consulaires). Infine, si ribadisce che non è necessario il requisito della residenza in Italia, richiesto dalle vigenti disposizioni per i testimoni non cittadini;
- a norma dell’art. 62, comma 5, il repertorio degli atti notarili è tenuto in conformità alle disposizioni generali ed a quelle speciali impartite dal Ministero degli affari esteri, di concerto con quelli dell'interno e della giustizia, tenuto conto delle diverse situazioni locali. In assenza di dette disposizioni o per quanto esse non dispongano è fatto ricorso, per quanto possibile, alle disposizioni legislative e regolamentari stabilite per gli uffici di stato civile in Italia ed a quelle sul notariato;
- nella tabella allegata al decreto sono previsti i diritti consolari da riscuotersi dagli uffici diplomatici e consolari; vi si precisa, peraltro, che i tributi previsti a livello nazionale (imposta di bollo, tassa di concessione governativa) sono aggiuntivi a quanto previsto dalla suddetta tabella e regolati dalla disciplina prevista per il territorio italiano;
- le funzioni di stato civile sono disciplinate dagli artt. da 6 a 20;
- le funzioni di volontaria giurisdizione sono disciplinate dagli artt. da 29 a 35, e negli artt. 45 e 46;
- le funzioni in materia di documentazione amministrativa (comprese quelle riguardanti le traduzioni) sono disciplinate dagli artt. da 52 a 54.
Sulle funzioni notarili dei consoli nel previgente ordinamento, cfr. LAURINI, Le funzioni notarili dei consoli, in Riv. not., 1995, p. 1373; FALZONE-ALIBRANDI, Atti consolari, in Dizionario Enciclopedico del Notariato, I, Roma, 1973, p. 198; C.N.N., Poteri dei consoli in ordine alla autenticazione ed alla legalizzazione di atti redatti all'estero, in Studi su argomenti di interesse notarile, III, Roma, 1969, p. 242; GIULIANI, Sui limiti delle attribuzioni notarili dei consoli rispetto ai cittadini esteri, in Riv. not., 1965, p. 182. Per i princìpi di diritto internazionale in materia, cfr. MARESCA, Les relations consulaires et les fonctions du consul en matière de droit privé, in Recueil des cours de La Haye, 1971, III, p. 111. Sulla recente disciplina francese, cfr. BOULANGER, La suppression des activités notariales des consuls en Europe, in La semaine juridique (JCP), Edition N, 2005, p. 1797.
Con Provvedimento dell’Agenzia del territorio in data 10 maggio 2011, prot. n. 28870 (pubblicato sul sito internet dell'Agenzia del territorio il 10 maggio 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 – Avviso in G.U. con comunicato del 14 maggio 2011), sono state dettate disposizioni modificative dell’art. 9 del decreto 5 aprile 1996, n. 8/434, emanato dal Dipartimento del Territorio, Direzione centrale per i Servizi generali, a norma del quale il dirigente dell’ufficio era di diritto il conservatore dei registri immobiliari ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2673 e seguenti del codice civile.
Con l’art. 1 del provvedimento in esame, premessa l’opportunità individuare specifiche strutture organizzative, di norma a livello non dirigenziale, competenti in materia di pubblicità immobiliare, nonché le modalità di preposizione a dette strutture, fermi restando in capo ai Direttori degli uffici provinciali la direzione ed il coordinamento di tutte le attribuzioni dell’Ufficio, si dispone che a decorrere dal 31 luglio 2011, il responsabile di ciascun servizio di pubblicità immobiliare, operante presso gli uffici provinciali dell’Agenzia, ancorché di livello non dirigenziale, assume la funzione di Conservatore dei registri immobiliari. Il Conservatore dei registri immobiliari svolge le attività e i compiti previsti dal codice civile e dalle leggi speciali. Rimane ferma la disposizione dell’art. 34 della legge 25 giugno 1943, n. 540, a norma del quale il Conservatore può nominare un gerente che lo sostituisce in caso di assenza o impedimento.
A norma dell’art. 2, in fase di prima applicazione, assumono la funzione di Conservatore dei registri immobiliari i funzionari che svolgono le attività e i compiti di Conservatore delegato alla data di emanazione del provvedimento in esame. Con successivi provvedimenti dell'Agenzia del Territorio sono individuati le modalità e i termini per il conferimento dell’incarico di Conservatore dei registri immobiliari e definite le conseguenti modifiche organizzative.
L’art. 5, comma 4-bis, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), dispone:
“Per agevolare la circolazione delle informazioni concernenti gli immobili, è abolito il divieto di riutilizzazione commerciale dei dati ipotecari e catastali. È consentito il riutilizzo dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali e ipotecari a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell’ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti, fermo restando il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali. È comunque consentita la fornitura di documenti, dati e informazioni da parte dell’Agenzia del territorio, in formato elaborabile, su base convenzionale, secondo modalità, tempi e costi da stabilire con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio. Il comma 367 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è abrogato. Non sono dovuti l’importo fisso annuale e la maggiorazione del 20 per cento di cui al comma 370 del citato articolo 1 della legge n. 311 del 2004, e successive modificazioni. La tabella allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e successive modificazioni, è sostituita dalla tabella di cui all’allegato 1 annesso al presente decreto. Le disposizioni di cui al presente comma acquistano efficacia a decorrere dal 1º settembre 2011”.
Rispetto alla previgente disciplina, che – pur sostanzialmente consentendo la riutilizzazione commerciale “a pagamento” – la vietava in linea di principio, la novella “liberalizza” qualsiasi tipo di riutilizzazione, commerciale o non commerciale, al fine evidente di adeguare la disciplina in oggetto alla normativa comunitaria e nazionale in materia di concorrenza (adeguando semplicemente la tabella delle tasse ipotecarie a questa nuova esigenza, e correlativamente abrogando l’importo fisso annuale e la maggiorazione del 20 per cento di cui al comma 370 del citato articolo 1 della legge n. 311 del 2004, e successive modificazioni).
Viene inoltre consentita la fornitura di documenti, dati e informazioni da parte dell’Agenzia del territorio, in formato elaborabile, su base convenzionale, secondo modalità, tempi e costi da stabilire con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio.
È, semplicemente, mantenuta la necessità che i fini commerciali o non commerciali siano “diversi dallo scopo iniziale nell’ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti”: il che significa che gli uffici dell’Agenzia del territorio rimangono gli unici abilitati a rilasciare certificazioni munite di fede pubblica riguardo al contenuto dei documenti ipotecari e catastali; e ferma restando la necessità di tutela della privacy, che di per sé sola pone già una serie di rilevanti limitazioni alla facoltà di riutilizzo.
Sulla previgente disciplina della riutilizzazione dei dati ipotecari e catastali, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 129 del 6.6.2011), in vigore dal 21 giugno 2011, è stato approvato il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, nonché attuazione della Direttiva 2008/112/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio.
È stato, quindi, sostituito il titolo IV, capo I, artt. 69 ss., del Codice del consumo (d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206).
Tra le altre novità, è stato ridefinito il "contratto di multiproprietà", quale contratto di durata superiore a un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un periodo di occupazione.
L’art. 71 disciplina l’informazione precontrattuale, da fornirsi gratuitamente al consumatore. I requisiti del contratto sono previsti dall’art. 72. Gli artt. 73 e seguenti regolano il diritto di recesso del consumatore. L’art. 75 regola gli acconti. Sono poi aggiunti, al d. lgs. n. 206/2005, allegati contenenti un formulario informativo per i contratti di multiproprietà, per i contratti di rivendita e di scambio, per facilitare il diritto di recesso.
Sulla direttiva comunitaria 2008/112/CE, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it; nonché CALEO, Diritto di recesso, divieto di acconti e prospettive applicative nella dir. 2008/122/CE in materia di contratti di multiproprietà, in Obbligazioni e contratti, 2009, p. 917; CALEO, Finalità, ambito applicativo e obblighi informativi nella dir. 2008/122/CE in materia di contratti di multiproprietà, in Obbligazioni e contratti, 2009, p. 833.
Con D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 6 del 10.1.2011), in vigore dal 25 gennaio 2011, sono state approvate modifiche ed integrazioni al D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale (CAD), in esecuzione della delega contenuta nell’art. 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Tra le novità principali si segnalano le seguenti:
1) – Sono state modificate e/o aggiunte alcune definizioni nell’art. 1 del CAD:
- b) autenticazione del documento informatico: la validazione del documento informatico attraverso l'associazione di dati informatici relativi all'autore o alle circostanze, anche temporali, della redazione;
- i-bis) copia informatica di documento analogico: il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento analogico da cui è tratto;
- i-ter) copia per immagine su supporto informatico di documento analogico: il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto;
- i-quater) copia informatica di documento informatico: il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari;
- i-quinquies) duplicato informatico: il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario;
- p-bis) documento analogico: la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti;
- q-bis) firma elettronica avanzata: insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico che consentono l'identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati;
- r) firma elettronica qualificata: un particolare tipo di firma elettronica avanzata che sia basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma;
- s) firma digitale: un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici;
- u-ter) identificazione informatica: la validazione dell'insieme di dati attribuiti in modo esclusivo ed univoco ad un soggetto, che ne consentono l'individuazione nei sistemi informativi, effettuata attraverso opportune tecnologie anche al fine di garantire la sicurezza dell'accesso;
- v-bis) posta elettronica certificata: sistema di comunicazione in grado di attestare l'invio e l'avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi.
2) – Sono state apportate delle modifiche all’art. 2 del d. lgs. n. 82/2005, chiarendosi che:
- le disposizioni del CAD si applicano alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 165/2001, nonché alle società, interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istat;
- si applicano invece ai privati, ai sensi dell’art. 3 del d.p.r. n. 445/2000, soltanto le disposizioni di cui al capo II (“Documento informatico e firme elettroniche; pagamenti, libri e scritture”), agli articoli 40, 43 e 44 del capo III (Formazione, riproduzione e conservazione di documenti informatici), nonché al capo IV (“Trasmissione informatica dei documenti”), del d. lgs. n. 82/2005.
3) – sono stati tra l’altro modificati e/o inseriti, nell’ottica di accelerare la transizione verso la digitalizzazione, gli articoli 5 (Effettuazione di pagamenti con modalità informatiche), 5-bis (Comunicazioni tra imprese e amministrazioni pubbliche), 6 (Utilizzo della posta elettronica certificata), 40 (Formazione di documenti informatici), 41 (Procedimento e fascicolo informatico), 43 (Riproduzione e conservazione dei documenti), 44 (Requisiti per la conservazione dei documenti informatici), 44-bis (Conservatori accreditati), 47 (Trasmissione dei documenti attraverso la posta elettronica tra le pubbliche amministrazioni), 57 (Moduli e formulari).
4) – sono stati, inoltre, modificati gli articoli 20 (Documento informatico), 21 (Documento informatico sottoscritto con firma elettronica), 22 (Copie informatiche di documenti analogici), 23 (Copie analogiche di documenti informatici), 23-bis (Duplicati e copie informatiche di documenti informatici), 23-quater (Riproduzioni informatiche), 25 (Firma autenticata). Su tale nuova disciplina, anche in collegamento con quella dedicata all’atto pubblico informatico dal d. lgs. n. 110/2010, cfr. in dettaglio la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.
5) – il nuovo art. 23-ter del CAD detta la disciplina dei Documenti amministrativi informatici:
“1. Gli atti formati dalle pubbliche amministrazioni con strumenti informatici, nonché i dati e i documenti informatici detenuti dalle stesse, costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi o identici tipi di supporto, duplicazioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.
2. I documenti costituenti atti amministrativi con rilevanza interna al procedimento amministrativo sottoscritti con firma elettronica avanzata hanno l'efficacia prevista dall'art. 2702 del codice civile.
3. Le copie su supporto informatico di documenti formati dalla pubblica amministrazione in origine su supporto analogico ovvero da essa detenuti, hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, degli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all'originale è assicurata dal funzionario a ciò delegato nell'ambito dell'ordinamento proprio dell'amministrazione di appartenenza, mediante l'utilizzo della firma digitale o di altra firma elettronica qualificata e nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 71; in tale caso l'obbligo di conservazione dell'originale del documento è soddisfatto con la conservazione della copia su supporto informatico.
4. Le regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici delle pubbliche amministrazioni sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, nonché d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentiti DigitPA e il Garante per la protezione dei dati personali.
5. Al fine di assicurare la provenienza e la conformità all'originale, sulle copie analogiche di documenti informatici, è apposto a stampa, sulla base dei criteri definiti con linee guida emanate da DigitPA, un contrassegno generato elettronicamente, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 71 e tale da consentire la verifica automatica della conformità del documento analogico a quello informatico.
6. Per quanto non previsto dal presente articolo si applicano gli articoli 21, 22, 23 e 23-bis”.
6) – A norma del nuovo art. 29, comma 8, del CAD, “Il valore giuridico delle firme elettroniche qualificate e delle firme digitali basate su certificati qualificati rilasciati da certificatori accreditati in altri Stati membri dell'Unione europea ai sensi dell’art. 3, par. 2, della Direttiva 1999/93/CE è equiparato a quello previsto per le firme elettroniche qualificate e per le firme digitali basate su certificati qualificati emessi dai certificatori accreditati ai sensi del presente articolo”.
7) – È stato modificato l’art. 45 del CAD, escludendo il fax dall’ambito dei mezzi di trasmissione idonei ad accertare la fonte di provenienza dei documenti, che soddisfano il requisito della forma scritta e la cui trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale.
8) – È stato modificato l’art. 48 (Posta elettronica certificata):
“1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito DigitPA.
2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta.
3. La data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso ai sensi del comma 1 sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche, ovvero conformi al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1”.
9) – A norma del nuovo comma 2-ter dell’art. 54 del CAD, “Le amministrazioni pubbliche pubblicano nei propri siti un indirizzo istituzionale di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta ai sensi del presente codice. Le amministrazioni devono altresì assicurare un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta”.
10) – A norma dell’art. 58, comma 2, del CAD, “Ai sensi dell'articolo 50, comma 2, nonché al fine di agevolare l'acquisizione d'ufficio ed il controllo sulle dichiarazioni sostitutive riguardanti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le Amministrazioni titolari di banche dati accessibili per via telematica predispongono, sulla base delle linee guida redatte da DigitPA, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, apposite convenzioni aperte all'adesione di tutte le amministrazioni interessate volte a disciplinare le modalità di accesso ai dati da parte delle stesse amministrazioni procedenti, senza oneri a loro carico. Le convenzioni valgono anche quale autorizzazione ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000”.
11) – Il nuovo comma 3-bis dell’art. 60 del CAD include, tra l’altro, in sede di prima applicazione e fino all'adozione dell’apposito decreto, tra le basi di dati di interesse nazionale, il repertorio nazionale dei dati territoriali, l’indice nazionale delle anagrafi, ed il registro delle imprese.
12) – A norma del nuovo art. 64, comma 2, del CAD, “Le pubbliche amministrazioni possono consentire l'accesso ai servizi in rete da esse erogati che richiedono l'identificazione informatica anche con strumenti diversi dalla carta d'identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi, purché tali strumenti consentano l'individuazione del soggetto che richiede il servizio”.
Sulla nuova disciplina introdotta dal d. lgs. n. 235/2010, sopra descritta, e su quella dell’atto pubblico informatico, introdotta dal d. lgs. n. 110/2010, cfr. anche la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it; ed inoltre FINOCCHIARO, Ancora novità legislative in materia di documento informatico: le recenti modifiche al Codice dell'amministrazione digitale, in Contratto e impresa, 2011, p. 495; SANDEI, L'atto pubblico elettronico, in Nuove leggi civ., 2011, p. 459; AA.VV., L’atto notarile informatico: riflessioni sul D. Lgs. 110/2010, profili sostanziali e aspetti operativi, Quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, Milano, 2011.
Con D.P.C.M. 2 marzo 2011 (in G.U. n. 69 del 25.3.2011) sono stati determinati Modalità, limiti e tempi di applicazione delle disposizioni del codice dell'amministrazione digitale all'Agenzia delle Entrate. In particolare, a norma dell’art. 3, le modalità di conservazione ed esibizione dei documenti per via informatica, di cui all’art. 20, comma 5-bis, del Codice sono regolate, ai fini fiscali, dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 gennaio 2004 e successive modificazioni; le disposizioni di cui all’art. 48, comma 1, del Codice (in materia di utilizzo della posta elettronica certificata) non si applicano all'Agenzia delle entrate laddove disposizioni normative prevedano l'uso di specifici sistemi di trasmissione telematica nel settore tributario. Per il resto, le disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale si applicano all’Agenzia delle entrate.
Con D.M. 14 dicembre 2010 (in G.U. n. 49 del giorno 1.3.2011) sono state approvate le modalità tecnologiche atte a garantire la sicurezza, l'integrità e la certificazione della trasmissione telematica di documenti cui è associata la marca postale elettronica.
L’art. 7 del D.L. 13 maggio
2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come
modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva),
dispone che a decorrere dalla data di entrata in vigore della suddetta legge di
conversione, l’agente della riscossione non può iscrivere l’ipoteca di
cui all’articolo 77 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, se l’importo
complessivo del credito per cui lo stesso procede è inferiore complessivamente
ad euro ventimila, qualora la pretesa iscritta a ruolo sia contestata in
giudizio ovvero sia ancora contestabile in tale sede e il debitore sia
proprietario dell’unità immobiliare dallo stesso adibita a propria abitazione
principale ai sensi dell’articolo 10, comma 3-bis, del d.p.r. 22
dicembre 1986, n. 917; ed euro ottomila negli altri casi. Parallelamente,
viene modificato l’art. 76 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602: il
concessionario può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo
complessivo del credito per cui si procede supera complessivamente
ventimila euro, qualora la pretesa iscritta a ruolo sia contestata in
giudizio ovvero sia ancora contestabile in tale sede e il debitore sia
proprietario dell’unità immobiliare dallo stesso adibita a propria abitazione
principale, ai sensi dell’articolo 10, comma 3-bis, del d.p.r. n.
917/96, ed ottomila euro, negli altri casi.
L’art. 5 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha apportato alcune modificazioni al testo unico dell’edilizia, approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
1) - PROCEDIMENTO PER IL RILASCIO DEL PERMESSO DI COSTRUIRE.
È stato sostituito l’art. 20 del d.p.r. n. 380/2001: la domanda per il rilascio del permesso di costruire è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che assevera la conformità del progetto agli strumenti urbanistici ed alle normative di settore rilevanti; lo sportello unico comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento; entro sessanta giorni quest’ultimo formula una proposta di provvedimento, richiedendo eventualmente modifiche di modesta entità; l’interessato, in caso di adesione, deve produrre la documentazione entro i successivi quindici giorni; il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell'amministrazione; i termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati per i comuni con più di 100.000 abitanti, nonché per i progetti particolarmente complessi; il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare all'interessato, è adottato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla proposta di provvedimento suindicata (quaranta giorni in caso di comunicazione all’istante dei motivi che ostano all’accoglimento della domanda). Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 dell’art. 20: se la stessa amministrazione comunale è delegata alla tutela del vincolo, il termine per l’adozione del provvedimento finale decorre dal rilascio del relativo atto di assenso; qualora invece la tutela del vincolo non competa alla stessa amministrazione comunale, ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia prodotto dall’interessato, il competente ufficio comunale acquisisce il relativo assenso nell’ambito della conferenza di servizi di cui all’articolo 5, comma 4, e il termine decorre dall'esito della conferenza. In ogni caso, in presenza dei suddetti vincoli, continua ad operare il regime del silenzio-rifiuto.
L’art. 21 del d.p.r. n. 380/2001 dispone che le regioni, con proprie leggi, determinino forme e modalità per l’eventuale esercizio del potere sostitutivo nei confronti dell’ufficio dell’amministrazione comunale competente per il rilascio del permesso di costruire.
2) – RELAZIONE ACUSTICA ED AUTOCERTIFICAZIONE.
Per semplificare il procedimento per il rilascio del permesso di costruire relativamente agli edifici adibiti a civile abitazione, il nuovo art. 8, comma 3-bis, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, dispone che nei comuni che hanno proceduto al coordinamento degli strumenti urbanistici di cui alla lettera b), comma 1, dell’articolo 6, per gli edifici adibiti a civile abitazione, ai fini dell’esercizio dell’attività edilizia ovvero del rilascio del permesso di costruire, la relazione acustica è sostituita da una autocertificazione del tecnico abilitato che attesti il rispetto dei requisiti di protezione acustica in relazione alla zonizzazione acustica di riferimento.
Non è stata, invece, ancora attuata la delega prevista dall’art. 11 della legge 7 luglio 2009, n. 88, che dovrà tra l’altro definire i criteri per la determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici nel rispetto dell’impianto normativo comunitario in materia di inquinamento acustico, con particolare riferimento alla Direttiva 2002/49/CE.
Sulla disciplina transitoria dell’inquinamento acustico nei rapporti tra privati, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
3) - TOLLERANZA AI FINI DELLA DIFFORMITÀ DAL TITOLO ABILITATIVO.
A norma dell’art. 34, comma 2-ter, del d.p.r. n. 380/2001, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali.
4) - “SCIA” E “DIA” IN MATERIA EDILIZIA.
È interpretato autenticamente e modificato l’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con riferimento alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in materia edilizia.
Innanzitutto, si prevede che le disposizioni di cui all’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in materia di SCIA), si interpretano nel senso che le stesse si applicano alle denunce di inizio attività in materia edilizia disciplinate dal d.p.r. n. 380/2001, con esclusione dei casi in cui le denunce stesse, in base alla normativa statale o regionale, siano alternative o sostitutive del permesso di costruire (c.d. super DIA), quali previsti dall’art. 22, comma 3, del d.p.r. n. 380/2001, e successive modificazioni: ciò significa che in caso di c.d. super DIA, è ancora necessario attendere il compimento del termine di trenta giorni prima di iniziare effettivamente i lavori (art. 23 del d.p.r. n. 380/2001). Le disposizioni di cui al suddetto art. 19 della legge n. 241/1990 si interpretano altresì nel senso che esse non sostituiscono la disciplina prevista dalle leggi regionali che, in attuazione dell’art. 22, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 abbiano ampliato l’ambito applicativo delle disposizioni di cui all’art. 22, comma 3, del medesimo decreto e nel senso che, nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, la Scia non sostituisce gli atti di autorizzazione o nulla osta, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale.
La disposizione interpretativa, sopra illustrata, conferma pertanto quanto già chiarito dal Ministero per la semplificazione con la Circolare in data 16 settembre 2010, avente ad oggetto la segnalazione certificata di inizio attività.
Si dispone, in secondo luogo, che l’amministrazione comunale competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di trenta (anziché sessanta) giorni dal ricevimento della segnalazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni penali di cui al comma 6 in caso di false dichiarazioni, attestazioni o asseverazioni, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal d.p.r. n. 380/2001 e dalle leggi regionali.
Sulla segnalazione certificata di inizio attività in generale, cfr. anche la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L’art. 5, comma 8-bis, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato l’articolo 17 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, aggiungendovi il seguente comma:
“Qualora, decorsi due anni dal termine per l’esecuzione del piano particolareggiato, non abbia trovato applicazione il secondo comma, nell’interesse improcrastinabile dell’Amministrazione di dotare le aree di infrastrutture e servizi, il comune, limitatamente all’attuazione anche parziale di comparti o comprensori del piano particolareggiato decaduto, accoglie le proposte di formazione e attuazione di singoli sub-comparti, indipendentemente dalla parte restante del comparto, per iniziativa dei privati che abbiano la titolarità dell’intero sub-comparto, purché non modifichino la destinazione d’uso delle aree pubbliche o fondiarie rispettando gli stessi rapporti dei parametri urbanistici dello strumento attuativo decaduti. I sub-comparti di cui al presente comma non costituiscono variante urbanistica e sono approvati dal consiglio comunale senza l’applicazione delle procedure di cui agli articoli 15 e 16”.
L’art. 4 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato l’art. 146, comma 5, del D. Lgs. 22 gennaio 2005, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), con riferimento all’autorizzazione paesaggistica.
In base alla nuova disciplina, i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione. Sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela. Il parere del Soprintendente, all'esito dell'approvazione delle prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici tutelati, nonché della positiva verifica da parte del Ministero su richiesta della regione interessata dell'avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante e, ove non sia reso entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti, si considera favorevole.
Ai sensi dell’art. 146, comma 6, le funzioni regionali in materia di autorizzazione paesaggistica possono essere delegate anche agli enti locali ed agli enti parco, alle condizioni e con le modalità ivi previste.
È stato altresì modificato l’art. 146, comma 11, sopprimendo il differimento dell’efficacia dell’autorizzazione paesaggistica dopo trenta giorni dal relativo rilascio.
Infine, è stata estesa dall’art. 146 comma 14 la suddetta disciplina anche alle istanze concernenti le attività di coltivazione di cave e torbiere, nonché alle attività minerarie di ricerca ed estrazione.
L’art. 6 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato l’art. 2215-bis del codice civile, i cui nuovi commi 3, 4 e 5 recitano quanto segue:
“Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato.
Qualora per un anno non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all’atto di una nuova registrazione e da tale apposizione decorre il periodo annuale di cui al terzo comma.
Per i libri e per i registri la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento di natura tributaria, il termine di cui al terzo comma opera secondo le norme in materia di conservazione digitale contenute nelle medesime disposizioni”.
Sull’art. 2215-bis c.c., v. anche CONTARINI, La tenuta informatica delle scritture contabili, in Nuove leggi civ., 2009, p. 1217; BALZARINI, La disciplina civilistica delle scritture contabili e dei libri sociali tenuti con strumenti informatici, in Riv. soc., 2009, p. 882; SCARPA, Comunicazione d'impresa tra studio di sistema e nuove prospettive, in Contratto e impresa, 2010, p. 802; MACCARRONE, Prime osservazioni sul processo d'informatizzazione dell'impresa, in Società, 2010, p. 283.
L’art. 2, comma 43, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 (in G.U. n. 303 del 29.12.2010), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011), ha modificato la disciplina contenuta nell’art. 1, comma 117, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, precedentemente dettata dall’art. 14, comma 32, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Viene fatto innanzitutto salvo quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e 29 della legge 24 dicembre 2007, n. 244; pertanto:
1) – al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società;
2) – è invece sempre ammessa – con le necessarie autorizzazioni previste dai commi 28 e 29 – la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al d. lgs. n. 163/2006, e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle suddette pubbliche amministrazioni;
3) – fatte salve le possibilità di cui sopra, i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire società. Entro il 31 dicembre 2013 i Comuni mettono in liquidazione le società già costituite, ovvero ne cedono le partecipazioni;
4) – l’obbligo di messa in liquidazione non opera riguardo ai Comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti, nel caso in cui le società già costituite abbiano, al 31 dicembre 2013, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi; b) non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio; c) non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime;
5) – il divieto di partecipazione di cui sopra non si applica inoltre alle società, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti;
6) – i Comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società; entro il 31 dicembre 2011 i predetti comuni mettono in liquidazione le altre società già costituite.
Cfr. anche in materia la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/; nonché, di recente, IBBA-MALAGUTI-MAZZONI, Le società pubbliche, Torino, 2011; GUERRERA, Le società a partecipazione pubblica, Torino, 2010; AA.VV., Società a partecipazione pubblica, in Codice commentato delle società, a cura di Abriani e Stella Richter, Torino, 2010, p. 1732; RUOTOLO, Limiti alla partecipazione dei Comuni con meno di 30.000 abitanti in società, in Studi e materiali, 2010, 3, p. 925; RUOTOLO, Divieto per i Comuni sotto i 30.000 abitanti di costituire o partecipare a società e farmacie comunali, in Studi e materiali, 2011, 1, p. 279.
Con referendum tenutosi il 12 e il 13 giugno 2011 è stato abrogato il disposto dell’art. 23-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni.
Conseguentemente, riprende vigore la disciplina dettata dall’art. 113 del testo unico sugli enti locali (d.p.r. 18 agosto 2000, n. 267).
Sulla materia v. da ultima la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 8, comma 12-bis, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), modifica la disciplina dei confidi, contenuta nell’art. 13 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, al fine di consentire la partecipazione agli stessi dei liberi professionisti.
Il nuovo art. 13, comma 1, comprende pertanto, accanto ai consorzi con attività esterna (ed agli enti quali le società cooperative e consortili), anche i confidi “di garanzia collettiva dei fidi tra liberi professionisti”.
Correlativamente, l’art. 13 comma 8 dispone che “I confidi sono costituiti da piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole, come definite dalla disciplina comunitaria, nonché da liberi professionisti”.
La nuova disciplina dimostra quindi testualmente:
- che non era possibile, anteriormente alla riforma in commento, costituire confidi con partecipazione di liberi professionisti;
- con particolare riguardo al nuovo contenuto del comma 8 dell’art. 13, che le “imprese come definite dalla disciplina comunitaria” non comprendono i “liberi professionisti”.
Cfr. anche, sulla disciplina dei confidi, PETRELLI, I confidi costituiti in forma di società cooperativa, in Studi e materiali, 2005, 2, p. 1663, ed in Studi e materiali, 2006, 1, p. 735; cfr. inoltre la Rassegna relativa al primo semestre 2009, e da ultima la Rassegna relativa al secondo semestre 2010 (nell’ambito del commento alle società operanti nel settore finanziario), in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Con D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (in G.U. n. 67 del 23.3.2011), che detta disposizioni in materia di federalismo municipale, è stata modificata – con decorrenza dal 1° gennaio 2014 – la disciplina delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, di bollo e tasse ipotecarie, relative ai trasferimenti a titolo oneroso di immobili.
In particolare, l’art. 10 del suddetto decreto sostituisce, con la suddetta decorrenza, il comma 1 dell’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131/1986 (testo unico delle disposizioni in materia di imposta di registro, disponendo che:
1) – sono soggetti all’imposta di registro con l’aliquota del 9% gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi;
2) – sono soggetti all’imposta di registro con l’aliquota del 2% i suddetti atti, se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis) (prima casa).
In tutti i suddetti casi, l'imposta di registro, comunque, non può essere inferiore a 1.000 euro.
Sono contemporaneamente abrogate, sempre con decorrenza dal 2014, le note del predetto art. 1 della tariffa, parte prima, recanti agevolazioni e trattamenti tributari di favore, ad eccezione della nota II-bis); il comma 4 precisa d’altra parte che sono soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.
In correlazione con le modifiche sopra descritte, gli atti assoggettati all’imposta di registro con le suindicate modalità, e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.
L’art. 2, comma 23, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 (in G.U. n. 303 del 29.12.2010), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011), ha prorogato di tre anni il termine di cinque anni di cui all’art. 1, comma 25, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, portandolo a complessivi otto anni.
Pertanto, nel testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al d.p.r. n. 131/1986, all’articolo 1 della Tariffa, parte I, il periodo finale deve leggersi come segue:
«Se il trasferimento ha per oggetto immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati, a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro otto anni dalla stipula dell’atto: 1 per cento».
Inoltre, per espressa previsione del comma 23 in commento, le disposizioni di cui ai commi 25, 26 e 27 dell’art. 1 della legge n. 244/2007 – e quindi le agevolazioni ivi previste – si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate poste in essere a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nonché alle scritture private non autenticate presentate per la registrazione a decorrere dall’anno 2005.
Sulla disciplina attuale dell’agevolazione per gli immobili inseriti nei piani particolareggiati, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L’art. 5, comma 4-bis, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), in relazione alla nuova disciplina dettata per la riutilizzazione dei dati ipotecarie catastali, dispone:
“La tabella allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e successive modificazioni, è sostituita dalla tabella di cui all’allegato 1 annesso al presente decreto. Le disposizioni di cui al presente comma acquistano efficacia a decorrere dal 1º settembre 2011”.
Viene pertanto sostituita – con decorrenza dal 1° settembre 2011 – la tabella delle tasse ipotecarie, allegata al d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 347. Le differenze rispetto alla precedente tabella sono nelle seguenti:
- per le ispezioni ipotecarie eseguite sulla base dati informatica, viene aumentato da 6 a 7 euro la tassa dovuta per l’ispezione nominativa, per l’ispezione della singola nota, e per la richiesta congiunta;
- in luogo del precedente importo di 3 euro per ogni cinque formalità contenute nell’elenco sintetico, viene previsto un importo di 3,5 euro per ogni quindici formalità, o frazione di quindici, eccedenti le prime trenta;
- per ogni titolo stampato, viene richiesto un importo di 8 euro in luogo dei precedenti 4 euro (rimane invece invariata la tassa di 4 euro applicabile per ogni nota stampata, e la tassa di 4 euro applicabile per ogni nota o titolo visionati);
- è prevista la tassa di 0,15 euro per ogni tentativo di accesso non produttivo; l’importo è dovuto per ogni accesso diretto al quale non consegua l’individuazione della nota o del titolo, secondo modalità e tempi da stabilire con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio;
- non è più prevista la ricerca continuativa per via telematica, e sono conseguentemente soppressi nella tabella gli importi delle relative tasse;
- quanto ai certificati ipotecari, per ogni stato o certificato riguardante una sola persona si applica la tassa di 30 euro, in luogo del precedente importo di 20 euro.
L’art. 3 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (in G.U. n. 67 del 23.3.2011), ha istituito la c.d. cedolare secca sui redditi costituiti da canoni di locazione di immobili abitativi.
Più precisamente, viene previsto che in alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il proprietario o il titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo può optare per il regime della c.d. cedolare secca a decorrere dall’anno 2011.
Oggetto di locazione devono essere immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione.
Nel caso in cui il locatore opti per l'applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell'opzione, la facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall'ISTAT dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente. L'opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni suddescritte sono inderogabili.
La cedolare secca è sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione; la cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione.
Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un'aliquota del 21 per cento (salvi i contratti agevolati e quelli nei comuni ad alta tensione abitativa, in cui l’aliquota è ridotta al 19 per cento).
Fermi gli obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi, la registrazione del contratto di locazione assorbe gli ulteriori obblighi di comunicazione, incluso l'obbligo della denuncia alla P.S., previsto dall’art. 12 del d.l. 21 marzo 1978, n. 59.
La cedolare secca è versata entro il termine stabilito per il versamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.
Le suddescritte disposizioni non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa, o di arti e professioni.
Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica una nuova disciplina sanzionatoria. In particolare, la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio; al rinnovo si applica la disciplina di cui all’art. 2, comma 1, della legge n. 431/1998; a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti. Inoltre, le previsioni dettate dall’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (nullità dei contratti di locazione non registrati) si applicano anche ai casi in cui nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo; e quando sia stato registrato un contratto di comodato fittizio.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 7 aprile 2011, prot. n. 2011/55394 (pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle entrate il 7.4.2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono state precisate le modalità di esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime della cedolare secca, modalità di versamento dell’imposta e altre disposizioni di attuazione dell’art. 3 del d. lgs. n. 23/2011, e sono stati approvati i modelli per la registrazione dei contratti di locazione e per l’esercizio dell’opzione.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 19 maggio 2011 (pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle entrate il 20.5.2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono state approvate le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati relativi alla denuncia per la registrazione telematica dei contratti di locazione di beni immobili a uso abitativo e relative pertinenze ed esercizio dell’opzione per la cedolare secca (mod. SIRIA).
Cfr. anche, sul punto, la Circ. Agenzia Entrate 1 giugno 2011, n. 26/E.
L’art. 7 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (in G.U. n. 67 del 23.3.2011) introduce – a decorrere dall'anno 2014 – una imposta municipale propria, la quale, a norma del successivo art. 8, sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili. Detta imposta municipale propria, la cui disciplina ricalca sostanzialmente quella dell’ICI, è applicata su una base imponibile rappresentata dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell’art. 5 del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, con un’aliquota annuale dello 0,76 per cento, dimezzata in caso di immobili locati. Le relative regole di applicazione sono dettate dall’art. 9.
L’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato il disposto dell’art. 2, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito in legge 21 febbraio 2003, n. 27; ha, più precisamente, prorogato al 30 giugno 2012 il termine per la redazione ed il giuramento della perizia, da utilizzarsi per la rideterminazione del valore di acquisto dei terreni agricoli o edificabili e delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, posseduti alla data del 1° luglio 2011.
Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2012.
Il termine per la redazione della perizia era stato precedentemente fissato al 31 ottobre 2010 dall’art. 2, comma 229, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
Con disposizione innovativa, viene previsto che i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, ovvero dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, qualora abbiano già effettuato una precedente rideterminazione del valore dei medesimi beni, possono detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata. Al fine del controllo della legittimità della detrazione, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione del modello di dichiarazione dei redditi, sono individuati i dati da indicare nella dichiarazione stessa. I soggetti che non effettuano la detrazione suddescritta possono chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata, ai sensi dell’art. 38 del d.p.r. n. 602/1973, e il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dalla data del versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata. L’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata. Le disposizioni di cui alla lettera ff) si applicano anche ai versamenti effettuati entro la data di entrata in vigore del d.l. n. 70/2010, quindi entro il 14 maggio 2011; nei casi in cui a tale data il termine di decadenza per la richiesta di rimborso risulta essere scaduto, la stessa può essere effettuata entro il termine di dodici mesi a decorrere dalla medesima data. Risulta così superato il regime descritto nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 27/E del 2003, e nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 236/E del 2008.
Si precisa, infine, che tra i soggetti che possono avvalersi della rideterminazione dei valori di terreni e partecipazioni nei termini e con le modalità sopra descritti sono incluse le società di capitali i cui beni, per il periodo di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, siano stati oggetto di misure cautelari e che all’esito del giudizio ne abbiano riacquistato la piena titolarità.
L’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha sostituito la lett. a) del comma 1 dell’art. 1 del d.m. 18 febbraio 1998, n. 41, che disciplina le condizioni per la detrazione fiscale delle spese di ristrutturazione degli immobili abitativi; la nuova disciplina – in luogo della comunicazione preventiva all’Agenzia delle entrate, precedentemente richiesta – impone al contribuente di indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell'immobile e se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell'atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione e a conservare ed esibire a richiesta degli uffici i documenti che saranno indicati in apposito Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
È stato, inoltre, abrogato l’obbligo di indicare nella fattura il costo della manodopera, già previsto dall’art. 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Sulla vigente disciplina relativa alla detrazione fiscale per le ristrutturazioni edilizie (e connesso trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto), cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato l’art. 2, comma 4, lett. b), del d.p.r. 10 novembre 1997, n. 441, elevando ad euro 10.000 il limite di valore, fino al quale non è necessario un verbale – redatto da notaio o da funzionario pubblico – da cui risulti la distruzione dei beni, acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti, in relazione ai quali l’art. 1 del medesimo d.p.r. n. 441/1997 prevede una presunzione di cessione.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 4 marzo 2011 (pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle entrate il 4 marzo 2011, nella sezione “Provvedimenti del Direttore non soggetti a pubblicità legale”), è sono state approvate ed attivate le modifiche al modello per la richiesta di registrazione degli atti (Modello 69), le relative istruzioni e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica. In particolare, sono state apportate le seguenti modifiche:
a) Quadro A: nella sezione riservata al richiedente la registrazione, il campo “Cognome e nome” è sostituito con il “Codice fiscale del richiedente la registrazione”;
b) Quadro B: nella sezione “Soggetti destinatari degli effetti giuridici dell’atto” è aumentato il numero dei righi disponibili per la compilazione;
c) Quadro C: nella sezione “Dati descrittivi dell’atto” è aumentato il numero dei righi disponibili per la compilazione;
d) Quadro D: nella sezione “Dati degli immobili”, il campo “Sezione urbana” è stato rinominato “Sezione urbana/Comune catastale” e sono stati eliminati i campi relativi alla “Partita tavolare”, “Corpo tavolare” e “Porzione materiale”.
È stato quindi approvato il nuovo modello per la richiesta di registrazione degli atti (Modello 69) riportato nell’allegato 1 al provvedimento.
Il Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 4 marzo 2011 (pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle entrate il 4 marzo 2011, nella sezione “Provvedimenti del Direttore non soggetti a pubblicità legale”), contiene approvazione e attivazione delle modifiche al modello per la comunicazione dei dati catastali nei casi di cessione, risoluzione e proroga dei contratti di locazione o affitto di beni immobili (Modello CDC), delle relative istruzioni e delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica; nonché approvazione e attivazione delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica delle denunce cumulative dei contratti di affitto dei fondi rustici.
È stato in particolare approvato il nuovo modello per la comunicazione dei dati catastali (Modello CDC) riportato nell’Allegato 2, che forma parte integrante del provvedimento.
L’allegato 4 al provvedimento disciplina invece il contenuto e le caratteristiche tecniche dei dati riguardanti i pagamenti delle imposte relative alle proroghe, anche tacite, alle cessioni, alle risoluzioni e dell'imposta sostitutiva dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili da trasmettere all'agenzia delle entrate per via telematica.
Infine, l’allegato 5 al provvedimento disciplina contenuto e caratteristiche tecniche dei dati riguardanti le denunce cumulative di contratti di affitto di fondi rustici da trasmettere all'agenzia delle entrate per via telematica.
Le nuove specifiche tecniche sono obbligatorie a partire dal sessantesimo giorno dalla pubblicazione del provvedimento, e quindi dal 2 maggio 2011.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 14 gennaio 2011 (pubblicato sul sito internet dell'Agenzia delle entrate il 14 gennaio 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono state disciplinate le modalità per il versamento dell’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale dovuta per i contratti di locazione finanziaria di immobili in corso di esecuzione alla data del 1° gennaio 2011 di cui all’art. 1, comma 16, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, e approvate le relative specifiche tecniche.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 4 marzo 2011 (pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle entrate il 4 marzo 2011, nella sezione “Provvedimenti del Direttore non soggetti a pubblicità legale”), sono state attivate le procedure telematiche per il pagamento dell'imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale per i contratti di leasing immobiliare di cui all’art. 1, comma 16, della legge 13 dicembre 2010, n. 220.
Cfr. anche sul punto la Circ. Agenzia Entrate 11 marzo 2011, n. 12/E, e la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 28 gennaio 2011 (pubblicato sul sito internet dell'Agenzia delle entrate il 28 gennaio 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono stati disciplinati modalità e termini di esecuzione dei rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’art. 38-bis, comma 1, del d.p.r. n. 633/1972, e successive modificazioni.
L’art. 2, comma 5-bis, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 (in G.U. n. 303 del 29.12.2010), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011), ha differito al 30 aprile 2011 il termine del 31 dicembre 2010 per la regolarizzazione catastale dei fabbricati, previsto dall’art. 19, commi 8, 9 e 10, del d.l. n. 78/2010. Conseguentemente, in considerazione della massa delle operazioni di attribuzione della rendita presunta, l’Agenzia del territorio notifica gli atti di attribuzione della predetta rendita mediante affissione all’albo pretorio dei comuni dove sono ubicati gli immobili. Dell’avvenuta affissione è data notizia con comunicato da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, nel sito internet dell’Agenzia del territorio, nonché presso gli uffici provinciali ed i comuni interessati. In deroga alle vigenti disposizioni, la rendita catastale presunta e quella successivamente dichiarata come rendita proposta o attribuita come rendita catastale definitiva producono effetti fiscali fin dalla loro iscrizione in catasto, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, salva la prova contraria volta a dimostrare, in sede di autotutela, una diversa decorrenza. Le procedure previste per l’attribuzione della rendita presunta si applicano anche agli immobili non dichiarati in catasto, individuati ai sensi dell’art. 19, comma 7, del d.l. n. 78/2010, a far data dal 2 maggio 2011.
Con Provvedimento dell’Agenzia del territorio in data 19 aprile 2011, prot. n. 24826 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia del territorio il 19 aprile 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 – Avviso in G.U. con comunicato in data 27.4.2011), è stata disciplinata l’attribuzione della rendita presunta ai fabbricati non denunciati in catasto, ai sensi dell’art. 19, comma 10, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, determinando nel contempo gli oneri da porre a carico dei soggetti interessati.
A norma dell’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi dell’articolo 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare all’Agenzia del territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione all’immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale. Alla domanda, da presentare entro il 30 settembre 2011, deve essere allegata un’autocertificazione ai sensi del d.p.r. n. 445/2000, nella quale il richiedente dichiara che l’immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell’immobile necessari ai sensi del citato articolo 9 del d.l. n. 557/1993. Entro il 20 novembre 2011, l’Agenzia del territorio, previa verifica dell’esistenza dei requisiti di ruralità, convalida l’autocertificazione e riconosce l’attribuzione della categoria catastale richiesta. Qualora entro il termine di cui al periodo precedente l’amministrazione finanziaria non si sia pronunciata, il contribuente può assumere, in via provvisoria per ulteriori dodici mesi, l’avvenuta attribuzione della categoria catastale richiesta. Qualora tale attribuzione sia negata dall’amministrazione finanziaria entro il 20 novembre 2012, con provvedimento motivato, il richiedente è tenuto al pagamento delle imposte non versate, degli interessi e delle sanzioni determinate in misura raddoppiata rispetto a quelle previste dalla normativa vigente.
Sull’accertamento dei requisiti di ruralità dei fabbricati, cfr. l’art. 9, commi 3, 3-bis, 3-ter, 4 e 5, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in legge 26 febbraio 1994, n. 133, quale risultante dalle successive modificazioni intervenute; v. anche il Provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio in data 9 febbraio 2007 (pubblicato nella G.U. n. 42 del 20 febbraio 2007); nonché la Circ. Agenzia Territorio 15 giugno 2007, n. 7/T, e la Ris. Agenzia Entrate 23 maggio 2007, n. 111/E; nonché PETRELLI, Fabbricati rurali e catasto dei fabbricati (9.10.1998), in CNN Strumenti, voce 0780, ed in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Con D.M. 7 giugno 2011 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 133 del 10.6.2011) è stata approvata la revisione congiunturale degli studi di settore per il periodo di imposta 2010.
Per gli studi di settore dei professionisti che applicano funzioni di compenso basate sul numero degli incarichi (tra cui i notai), il correttivo congiunturale di settore tiene conto della riduzione delle tariffe per le prestazioni professionali, correlata alla situazione di crisi economica. L'applicazione di tale correttivo determina un valore di riduzione dei compensi stimati, da considerarsi in valore assoluto, calcolato moltiplicando il compenso puntuale derivante dall'applicazione della sola analisi di congruità per il coefficiente congiunturale di settore individuato per lo studio.
Per lo studio di settore UK01U (Studi notarili), il coefficiente da applicare è -0,0296.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 17 giugno 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 20 giugno 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) sono state approvate le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore contenuti nei modelli che costituiscono parte integrante della dichiarazione Unico 2011.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 10 giugno 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 13 giugno 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono stati approvati i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore relativi alle attività economiche nel settore delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio da utilizzare per il periodo d’imposta 2010. Tra questi vi è lo studio di settore (n. 94) “Attività degli studi notarili, codice attività 69.10.20 – Studio di settore UK01U”.
L’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato, tra l’altro, l’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), disponendo che “Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi; anche in tali casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente”. Ha inoltre previsto che “le disposizioni di cui all’articolo 12 della legge del 27 luglio 2000, n. 212, concernente disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria”.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 14 aprile 2011 (Pubblicato sul sito internet dell'Agenzia delle entrate il 14 aprile 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono state dettate disposizioni riguardanti l’obbligo di comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di importo non inferiore a euro tremila, e proroga dei termini di rilevazione delle operazioni per le quali non ricorre l’obbligo di emissione della fattura; a modifica del provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 22 dicembre 2010, prot. n. 184182, attuativo dell’art. 21 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Al fine di consentire i necessari adeguamenti, anche di tipo tecnologico, connessi all’adempimento del nuovo obbligo di comunicazione delle operazioni per le quali non ricorre l’obbligo di emissione della fattura, è stato modificato il punto 2.5 del provvedimento del 22 dicembre 2010, che prevede, in fase di prima applicazione, l’esclusione dall’obbligo di rilevazione delle operazioni per le quali non ricorre l’obbligo di emissione della fattura effettuate fino al 30 aprile 2011, stabilendo che l’esclusione operi anche per tutte le operazioni effettuate dal 1° maggio 2011 al 30 giugno 2011.
Ulteriori modificazioni, anche riguardo alle specifiche tecniche, al Provvedimento del 22 dicembre 2010 sono state apportate con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 21 giugno 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 21 giugno 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244).
L’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha aggiunto il comma 1-bis all’art. 21 del d.l. n. 78/2010, a norma del quale, al fine di semplificare gli adempimenti dei contribuenti, l’obbligo di comunicazione delle operazioni di cui al comma 1, effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, è escluso qualora il pagamento dei corrispettivi avvenga mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione ex art. 7, comma 6, del d.p.r. n. 605/1973.
Cfr., sulla disciplina dettata dall’art. 21 del d.l. n. 78/2010, e dai successivi provvedimenti attuativi, la Circ. Agenzia Entrate 30 maggio 2011, n. 24/E, e le Rassegne relative al primo semestre 2010 ed al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Con Regolamento (CE) 15 marzo 2011, n. 282/2011 del Consiglio (in G.U.U.E. n. L77 del 23.3.2011), sono state dettate disposizioni di applicazione della Direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, e disposizioni modificative del Regolamento (CE) n. 1777/2005. Il Regolamento si applica a decorrere dal 1° luglio 2011 (art. 65).
Da segnalare, in particolare, oltre alle disposizioni settoriali:
- la previsione di soggettività passiva del GEIE (art. 5);
- l’individuazione dei concetti di sede, luogo di stabile organizzazione, residenza, ai fini della determinazione del luogo delle operazioni imponibili (artt. da 10 a 13);
- le norme sul luogo della prestazione dei servizi, con particolar riferimento allo status, qualità e luogo di stabilimento del destinatario della prestazione (artt. da 17 a 25).
Sulla Direttiva 2006/112/CE, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L’art. 8 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato la disciplina dei servizi di pagamento, dettata dal D. Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, sostituendo in particolare l’articolo 20, comma 1: il prestatore di servizi di pagamento del pagatore assicura che dal momento della ricezione dell’ordine l’importo dell’operazione venga accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario entro la fine della giornata operativa successiva. Fino al 1º gennaio 2012 le parti di un contratto per la prestazione di servizi di pagamento possono concordare di applicare un termine di esecuzione diverso da quello previsto dal primo periodo ovvero di fare riferimento al termine indicato dalle regole stabilite per gli strumenti di pagamento dell’area unica dei pagamenti in euro che non può comunque essere superiore a tre giornate operative. Per le operazioni di pagamento disposte su supporto cartaceo, i termini massimi di cui ai periodi precedenti possono essere prorogati di una ulteriore giornata operativa.
Cfr. anche, in materia di istituti di pagamento e servizi di pagamento, la Rassegna relativa al primo semestre 2010; nonché – nell’ambito delle società operanti nel settore finanziario – la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
L’art. 8 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha modificato la disciplina dell’assegno bancario (che peraltro necessiterà di regolamenti da emanarsi per le disposizioni attuative). In particolare:
- l’assegno bancario può essere presentato al pagamento, anche mediante stanza di compensazione, in forma sia cartacea sia elettronica (art. 31 del r.d. n. 1736/1933);
- all’assegno circolare si applica altresì la disposizione dell’assegno bancario di cui all’articolo 31, sopra descritta;
- il rifiuto del pagamento può essere constatato anche con dichiarazione della Banca d’Italia, quale gestore delle stanze di compensazione o delle attività di compensazione e di regolamento delle operazioni relative agli assegni, attestante che l’assegno bancario, presentato in forma elettronica, non è stato pagato (art. 45 del r.d. n. 1736/1933);
- il protesto o la constatazione equivalente possono essere effettuati in forma elettronica sull’assegno presentato al pagamento in forma elettronica (art. 61 del r.d. n. 1736/1933);
- trattandosi di assegni emessi in un paese e da pagarsi in altro paese, le copie informatiche di assegni cartacei sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale è assicurata dalla banca negoziatrice mediante l’utilizzo della propria firma digitale e nel rispetto delle disposizioni attuative e delle regole tecniche dettate ai sensi dell’articolo 8, comma 7, lettere d) ed e), del d.l. 13 maggio 2011, n. 70;
- le modifiche apportate al r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, salvo quella relativa al duplicato informatico dell’assegno ex art. 66, entrano in vigore dopo quindici giorni dalla pubblicazione dell’emanando regolamento della Banca d’Italia;
- in caso di assegno emesso senza provvista dopo la scadenza del termine di presentazione, le sanzioni amministrative non si applicano se il traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo, effettui il pagamento, e ne dia prova, tra l’altro, mediante quietanza del portatore con firma autenticata; si prevede ora – modificando a tal fine l’art. 8 della legge 15 dicembre 1990, n. 386 – che l’autenticazione della quietanza è effettuata in forma amministrativa, ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 (e può essere quindi effettuata non solo dal notaio, ma anche dagli altri funzionari abilitati); la stessa autenticazione deve essere rilasciata gratuitamente, tranne i previsti diritti, nella stessa data della richiesta, salvo motivato diniego.
Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 10 marzo 2011 (in G.U. n. 81 del giorno 8.4.2011) sono state dettate disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l'utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231.
Il D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 129 del 6.6.2011), in vigore dal 21 giugno 2011, contiene – nell’allegato 1 – il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo.
Ai fini del suddetto decreto – e quindi essenzialmente nell’ambito delle finalità pubblicistiche, riguardanti gli incentivi e le provvidenze a favore del settore del turismo, ed i controlli pubblici relativi – sono qualificate come imprese turistiche quelle che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell'offerta turistica. L’iscrizione al registro delle imprese o nel REA laddove previsto, costituiscono condizione per usufruire delle agevolazioni, dei contributi, delle sovvenzioni, degli incentivi e dei benefici di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo riservate all’impresa turistica (art. 4). Sono, quindi, imprese turistiche anche le agenzie di viaggio e turismo (artt. 18 ss.).
A norma dell’art. 8, comma 3, è fatto divieto ai soggetti che non svolgono l’attività ricettiva, disciplinata dalle previsioni di cui al comma 2, di utilizzare nella ragione e nella denominazione sociale, nell’insegna e in qualsiasi forma di comunicazione al pubblico, anche telematica, parole e locuzioni, anche in lingua straniera, idonee ad indurre confusione sulla legittimazione allo svolgimento della stessa.
A norma dell’art. 18, commi da 5 a 8, le agenzie di viaggio e turismo adottano denominazioni o ragioni sociali, anche in lingua straniera, che non traggano in inganno il consumatore sulla legittimazione allo svolgimento dell’attività di agenzia di viaggio e turismo. È vietato l’uso, nella ragione o nella denominazione sociale ai soggetti che non svolgono l’attività suddetta, o in qualsiasi comunicazione al pubblico, delle parole: ‘agenzia di viaggiò, ‘agenzia di turismò, ‘tour operator’, ‘mediatore di viaggio ovvero di altre parole e locuzioni, anche in lingua straniera, idonee ad indurre confusione sulla legittimazione allo svolgimento dell’attività. Si applica, in caso di violazione, la sanzione amministrativa pecuniaria stabilita dalle regioni. I soggetti che, alla data di entrata in vigore del decreto, utilizzano parole o locuzioni vietate sono tenuti ad adeguarsi entro un anno da tale data, eliminando o integrando la ragione o denominazione sociale, nonché ogni pubblicità o comunicazione al pubblico, in modo da non ingenerare equivoci in ordine alle attività effettivamente svolte.
L’art. 59, comma 5, autorizza l’inserimento delle denominazioni delle imprese, cui sia stata attribuita l’attestazione di eccellenza turistica nel portale Italia.it, della relativa locuzione.
Viene modificata anche la disciplina delle locazioni a fini turistici. L’art. 52 modifica, in particolare, l’art. 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392, stabilendo innanzitutto che la durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili. Invece, la durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l’immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’articolo 1786 del codice civile o all’esercizio di attività teatrali. A norma dell’art. 53, gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in tema di locazione.
La Direttiva 5 aprile 2011, n. 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (in G.U.U.E. n. L110 del 29.4.2011) detta una nuova disciplina in materia di fusione di società per azioni, codificando la materia già regolata dalla terza direttiva 78/855/CEE del 9 ottobre 1978, che aveva subito diverse e sostanziali modificazioni, e che ora viene abrogata (art. 32).
La direttiva riguarda le società per azioni; a norma dell’art. 1, comma 2, gli Stati membri possono non applicare la direttiva alle società cooperative regolate dalle norme sulle società per azioni.
Soffermando l’attenzione soltanto sugli aspetti innovativi della nuova direttiva, si evidenzia quanto segue:
- a norma dell’art. 6, per ciascuna delle società partecipanti alla fusione, il progetto di fusione deve essere reso pubblico secondo le modalità previste dalla legislazione di ogni Stato membro, conformemente all’art. 3 della direttiva 2009/101/CE, almeno un mese prima della data di riunione dell'assemblea generale che deve deliberare sul progetto di fusione. Ciascuna società partecipante alla fusione è però esentata dalla pubblicazione suddetta se, per un periodo continuativo avente inizio non più tardi di un mese prima del giorno fissato per l'assemblea generale in cui sarà stabilito il progetto di fusione e avente termine non prima della conclusione di detta assemblea, pubblica il progetto di fusione nel suo sito web, senza costi per il pubblico. In deroga a quanto sopra, gli Stati membri possono imporre che la pubblicazione sia effettuata tramite la piattaforma elettronica centrale di cui all’art. 3, par. 5, della direttiva 2009/101/CE. In alternativa gli Stati membri possono prevedere che detta pubblicazione sia effettuata in qualsiasi altro sito web da essi designato a tale scopo. Qualora gli Stati membri facciano uso di una di tali possibilità, essi garantiscono che alle società non sia addebitato un costo specifico per detta pubblicazione. Gli Stati membri possono imporre alle società di mantenere le informazioni per un periodo specifico dopo l'assemblea generale nel loro sito web o, se del caso, nella piattaforma elettronica centrale o in un altro sito web designato dallo Stato membro interessato;
- a norma dell’art. 7, la fusione deve essere deliberata almeno dall'assemblea generale di ciascuna delle società partecipanti alla fusione. Le legislazioni degli Stati membri dispongono che tale delibera di approvazione deve essere presa da una maggioranza che non può essere inferiore ai due terzi dei voti attribuiti ai titoli rappresentati o al capitale sottoscritto rappresentato. La legislazione di uno Stato membro può tuttavia prevedere che la maggioranza semplice dei voti indicati al primo comma è sufficiente quando è rappresentata almeno la metà del capitale sottoscritto. Inoltre, se del caso, si applicano le regole relative alle modifiche dell'atto costitutivo o dello statuto sociale. Peraltro, a norma dell’art. 8 della direttiva, la legislazione di uno Stato membro può non imporre la deliberazione di approvazione della fusione da parte dell'assemblea generale della società incorporante se sono soddisfatte le seguenti condizioni: a) la pubblicazione deve essere fatta, per la società incorporante, almeno un mese prima della data di riunione dell'assemblea generale della o delle società incorporate che deve deliberare sul progetto di fusione; b) tutti gli azionisti della società incorporante devono avere il diritto, almeno un mese prima della data di cui alla lettera a), di prendere visione, presso la sede sociale di tale società, dei documenti indicati nell’art. 11, paragrafo 1; c) uno o più azionisti della società incorporante che dispongono di azioni per una percentuale minima del capitale sottoscritto devono avere il diritto di ottenere la convocazione di un'assemblea generale della società incorporante che deve deliberare sulla fusione;
- a norma dell’art. 11, almeno un mese prima della data di riunione dell'assemblea generale che deve deliberare sul progetto di fusione, ogni azionista ha il diritto di prendere visione, presso la sede sociale, almeno dei documenti seguenti: a) il progetto di fusione; b) i conti annuali, nonché le relazioni di gestione degli ultimi tre esercizi delle società partecipanti alla fusione; c) se del caso, una situazione contabile riferita a una data che non deve essere anteriore al primo giorno del terzo mese precedente la data del progetto di fusione, qualora gli ultimi conti annuali si riferiscano ad un esercizio chiuso oltre sei mesi prima di tale data. Gli Stati membri possono prevedere che una situazione contabile non sia obbligatoria se tutti gli azionisti e i detentori di altri titoli con diritto di voto di ciascuna delle società partecipanti alla fusione hanno espresso il loro accordo a rinunciarvi; inoltre, è prevista a determinate condizioni una esenzione dall'obbligo di mettere a disposizione i documenti suddetti presso la sede legale se, per un periodo continuativo avente inizio almeno un mese prima del giorno fissato per l'assemblea generale in cui sarà stabilito il progetto di fusione e avente termine non prima della conclusione di detta assemblea, la società li pubblica sul suo sito web;
- a norma dell’art. 16, se la legislazione di uno Stato membro non prevede per le fusioni un controllo preventivo di legittimità, giudiziario o amministrativo, ovvero se tale controllo non verte su tutti gli atti necessari alla fusione, i verbali delle assemblee generali che deliberano la fusione e, se del caso, il contratto di fusione posteriore alle assemblee generali devono farsi per atto pubblico. Se la fusione non deve essere approvata dalle assemblee generali di tutte le società partecipanti alla fusione, il progetto di fusione deve farsi per atto pubblico. Il notaio o l'autorità competente a redigere l'atto pubblico deve verificare e certificare l'esistenza e la legittimità degli atti e delle formalità che devono essere compiuti dalla società per cui egli esplica la propria funzione di notaio o la propria autorità, nonché del progetto di fusione;
- per ognuna delle società partecipanti alla fusione, la fusione deve essere resa pubblica secondo le modalità previste dalla legislazione di ciascuno Stato membro, conformemente all’art. 3 della direttiva 2009/101/CE (art. 18);
- l’art. 19 regola gli effetti della fusione (ribadendo, in particolare, che ha luogo il “trasferimento” tanto tra la società incorporata e la società incorporante quanto nei confronti dei terzi, dell'intero patrimonio attivo e passivo della società incorporata alla società incorporante, e che “la società incorporata si estingue”; sono peraltro fatte salve le legislazioni degli Stati membri che richiedono formalità particolari ai fini dell'opponibilità ai terzi del trasferimento di taluni beni, diritti e obblighi apportati dalla società incorporata;
- le legislazioni degli Stati membri possono disciplinare il regime di nullità della fusione solo alle condizioni previste dall’art. 22 (a) la nullità dev'essere dichiarata con sentenza; b) le fusioni efficaci ai sensi dell’art. 17 possono essere dichiarate nulle solo se è mancato il controllo preventivo di legittimità, giudiziario o amministrativo, oppure l'atto pubblico, o se si è accertato che la deliberazione dell'assemblea generale è nulla o annullabile in virtù del diritto nazionale; c) l'azione di nullità non può essere proposta decorsi sei mesi dalla data alla quale la fusione diventa opponibile a chi vuol far valere la nullità oppure se la nullità è stata sanata; d) quando è ancora possibile eliminare l'irregolarità suscettibile di provocare la nullità della fusione, il giudice competente assegna alle società interessate un termine di sanatoria; e) la sentenza che dichiara la nullità della fusione è resa pubblica secondo le modalità previste dalla legislazione di ciascuno Stato membro, conformemente all’art. 3 della direttiva 2009/101/CE; f) l'opposizione di terzo, se prevista dalla legislazione di uno Stato membro, non può essere proposta oltre sei mesi dalla data in cui la sentenza è resa pubblica; g) la sentenza che dichiara la nullità della fusione non pregiudica per se stessa la validità degli obblighi della società incorporante o degli obblighi assunti nei confronti di essa anteriori alla pubblicità della sentenza e posteriori alla data in cui la fusione ha efficacia; h) le società che hanno partecipato alla fusione rispondono solidalmente degli obblighi della società incorporante indicati alla lettera g). Sono fatte salve le legislazioni degli Stati membri relative alla nullità di una fusione dichiarata in seguito a un controllo della fusione diverso dal controllo preventivo di legittimità giudiziario o amministrativo.
L’art. 6 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha inserito nel d.l. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, il seguente art. 9-bis:
“Articolo 9-bis – (Iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane mediante comunicazione unica al registro delle imprese).
1. Ai fini dell’avvio dell’attività d’impresa in conformità ai requisiti di qualifica artigiana, disciplinati ai sensi delle disposizioni vigenti, l’interessato presenta una dichiarazione attestante il possesso di tali requisiti mediante la comunicazione unica per la nascita dell’impresa, di cui all’articolo 9, secondo le regole tecniche individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 3 luglio 2009.
2. La dichiarazione di cui al comma 1 determina l’iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane, ove previsto e disciplinato dalla legislazione regionale, con la decorrenza ivi prevista, e l’annotazione nella sezione speciale del registro delle imprese. Restano ferme le altre disposizioni vigenti recanti obblighi di iscrizione nel registro delle imprese.
3. Le regioni disciplinano le procedure per gli accertamenti e i controlli e per gli eventuali provvedimenti in caso di carenza dei requisiti dichiarati, ai sensi del comma 1, nonché le modalità per la comunicazione delle cancellazioni e delle variazioni ai soggetti interessati, assegnando termini congrui per la presentazione di proprie deduzioni o per conformarsi ai requisiti di legge, nonché ai fini della presentazione dei ricorsi ai sensi delle disposizioni vigenti.
4. Qualora, a seguito di accertamento o verifica ispettiva, emergano gli elementi per l’iscrizione alla gestione di cui all’articolo 3 della legge 4 luglio 1959, n. 463, e all’articolo 31 della legge 9 marzo 1989, n. 88, l’ente accertatore comunica all’ufficio del registro delle imprese gli elementi per l’iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane. La comunicazione, ove previsto e disciplinato dalla normativa regionale, determina l’iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane con decorrenza immediata, fatto salvo quanto previsto dal comma 3 del presente articolo. I provvedimenti di variazione o di cancellazione adottati, ai sensi del citato comma 3, per mancanza dei requisiti tecnico-professionali non pregiudicano l’obbligo contributivo per il periodo di esercizio effettivo dell’attività.
5. All’attuazione del presente articolo le amministrazioni interessate provvedono nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
L’art. 6 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha previsto che per semplificare le modalità di riconoscimento delle organizzazioni di produttori e di favorire l’accesso delle imprese agricole ai mercati, i consorzi agrari disciplinati dall’articolo 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99, possono istituire al loro interno, previo adeguamento degli statuti, per ciascun settore o prodotto agricolo, una o più sezioni di attività, cui aderiscono esclusivamente imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni. Le predette sezioni, con gestioni separate, possono ottenere il riconoscimento come organizzazioni di produttori ai sensi del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102. In tale ipotesi, i vincoli e i controlli relativi si riferiscono esclusivamente alla sezione e agli imprenditori aderenti.
Con Regolamento (CE) 9 giugno 2011, n. 583/2011 del Consiglio (in G.U.U.E. n. L160 del 18.6.2011), in vigore dal giorno 8 luglio 2011, sono stati modificati e codificati gli elenchi delle procedure di insolvenza, delle procedure di liquidazione e dei curatori di cui agli allegati A, B e C del Regolamento (CE) n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza.
Con Deliberazione del Consiglio Nazionale del Notariato in data 25 novembre 2010, n. 2-23 (in G.U. n. 32 del 9.2.2011), è stato deciso di procedere alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Regolamento sulla formazione professionale permanente dei notai, approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato nella seduta del 9 settembre 2005 con delibera n. 5-27 del 9 settembre 2005, entrato in vigore il 1° gennaio 2006 e successivamente aggiornato ed integrato con le modifiche introdotte il 6 ottobre 2005, il 10 marzo 2006, l'8 settembre 2006, il 15 febbraio 2007, il 20 aprile 2007, il 20 dicembre 2007, il 22 febbraio 2008 e il 9 luglio 2009. Cfr. anche il successivo Comunicato di rettifica in data 18 febbraio 2011 (in G.U. n. 40 del 18.2.2011).
Con deliberazione del Consiglio Nazionale del Notariato in data 14 aprile 2011, n. 6-36 (in G.U. n. 141 del 20.6.2011) è stata decisa l’integrazione del fondo di garanzia, di cui all'art. 21 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come modificato dal d. lgs. 4 maggio 2006, n. 182.
I notai in esercizio hanno quindi l'obbligo di versamento di ulteriori contributi annui, nella misura dell'1% degli onorari repertoriali secondo le modalità di cui all'art. 2 della legge 27 giugno 1991, n. 220, e quindi all’archivio notarile. Il contributo deve versato per tre anni, a decorrere dall'anno 2011, entro il 26 luglio di ogni anno, con riferimento agli onorari dell'anno solare precedente.
Con Comunicato in data 4 marzo 2011 (in G.U. n. 52 del 4.3.2011), è stato rettificato il contenuto del Suppl. ord. n. 276/L alla G.U. n. 292 del 15.12.2010, riguardo al d. lgs. 13 dicembre 2010, n. 312, recante abrogazione di disposizioni legislative statali. In particolare, è stato precisato che non rientra tra le disposizioni abrogate – ed è quindi ancora in vigore – la disciplina della tassa d’archivio, dettata dalla legge 22 novembre 1954, n. 1158.
La legge 30 dicembre 2010, n. 233 (in G.U. n. 4 del 7.1.2011) ha modificato l’art. 1 della legge 18 maggio 1973, n. 239, disponendo che nel concorso per la nomina a notaio, il Ministro per la grazia e giustizia, con il decreto di approvazione della graduatoria, ha facoltà, sentito il Consiglio nazionale del notariato, di aumentare fino alla misura massima del quindici per cento il numero dei posti messi a concorso, nei limiti dei posti disponibili in seguito a concorsi per trasferimento andati deserti, esistenti al momento della formazione della graduatoria.
Con D.P.C.M. 18 novembre 2010, n. 231 (in G.U. n. 2 del 4.1.2011), in vigore dal 5 gennaio 2011, è stato approvato il Regolamento di attuazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardante i termini dei procedimenti amministrativi del Ministero per i beni e le attività culturali aventi durata superiore a novanta giorni.
In particolare, è previsto il termine di 120 giorni per:
- la dichiarazione di interesse culturale, di cui agli artt. 13 e 14 del d. lgs. n. 42/2004;
- l’autorizzazione all’alienazione di beni immobili appartenenti al demanio culturale (art. 55 del d. lgs. n. 42/2004);
- l’autorizzazione all’alienazione di beni culturali appartenenti a Stato, regioni e altri enti pubblici territoriali, nonché a enti e istituti pubblici o a persone giuridiche private senza fini di lucro (art. 56 del d. lgs. n. 42/2004);
- l’autorizzazione alla permuta di beni culturali pubblici (art. 58 del d. lgs. n. 42/2004);
- l’attestazione di esistenza di vincolo su beni culturali, ai fini dell’esclusione dall’attivo ereditario (art. 12, comma 1, lett. g), e art. 13 del d. lgs. n. 346/1990);
- l’attestazione ai fini della riduzione dell’imposta di successione su beni culturali (art. 25, comma 2, del d. lgs. n. 346/1990).
Con D.P.C.M. 22 dicembre 2010, n. 271 (in G.U. n. 46 del 25.2.2011) è stato approvato il Regolamento di attuazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990, riguardante i termini dei procedimenti amministrativi del Ministero per i beni e le attività culturali aventi durata non superiore a novanta giorni.
In particolare, è previsto il termine di 90 giorni per l’accettazione di donazioni e lasciti testamentari a favore degli istituti archivistici (procedura ordinaria: art. 782 c.c.; art. 9, lett. b), n. 3, del d.p.r. 30 settembre 1963, n. 1409; art. 71 del r.d. 2 ottobre 1911, n. 1163; art. 8 della legge 2 agosto 1982, n. 512); è previsto invece il termine di 55 giorni per l’accettazione di donazioni e lasciti testamentari a favore degli istituti archivistici (lasciti di modico valore: art. 783 c.c.; art. 71 del r.d. 2 ottobre 1911, n. 1163).
Cfr. anche, in tema di riorganizzazione dell’Amministrazione dei beni culturali, le Rassegne relative al secondo semestre 2007 ed al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.P.C.M. 22 dicembre 2010, n. 272 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011) è stato approvato il Regolamento recante individuazione dei termini superiori ai novanta giorni per la conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell’art. 2, comma 4, della legge n. 241/1990.
Con D.P.C.M. 22 dicembre 2010, n. 273 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011 è stato approvato il Regolamento recante individuazione dei termini non superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge n. 241/1990.
Tra i termini di maggior rilevanza si segnalano quelli relativi ai procedimenti in materia di società cooperative, e di iscrizioni e trascrizioni relativi a marchi e brevetti.
L’art. 4 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha apportato diverse modificazioni al Codice dei contratti pubblici, approvato con D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Riguardo alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, cfr. anche le Rassegne relative al primo semestre 2006, al secondo semestre 2007 ed al secondo semestre 2008; sul Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, tutte in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con Determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in data 22 dicembre 2010, n. 10 (in G.U. n. 4 del 7.1.2011) sono state fornite ulteriori indicazioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, a norma dell’art. 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, come modificato dal d.l. 12 novembre 2010, n. 187.
Su tale disciplina, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 6 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), premesso (comma 1) che “in corretta applicazione della normativa europea le comunicazioni relative alla riservatezza dei dati personali sono limitate alla tutela dei cittadini, conseguentemente non trovano applicazione nei rapporti tra imprese”, modifica (al comma 2, lett. a) l’art. 5 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, il cui nuovo comma 3-bis dispone: “Il trattamento dei dati personali relativi a persone giuridiche, imprese, enti o associazioni effettuato nell’ambito di rapporti intercorrenti esclusivamente tra i medesimi soggetti per le finalità amministrativo - contabili, come definite all’articolo 34, comma 1-ter, non è soggetto all’applicazione del presente codice”.
Viene inoltre aggiunto il comma 5-bis all’art. 13 del d. lgs. n. 196/2003, a norma del quale “L’informativa di cui al comma 1 non è dovuta in caso di ricezione di curricula spontaneamente trasmessi dagli interessati ai fini dell’eventuale instaurazione di un rapporto di lavoro. Al momento del primo contatto successivo all’invio del curriculum, il titolare è tenuto a fornire all’interessato, anche oralmente, una informativa breve”.
A norma dei nuovi commi 1-bis e 1-ter dell’art. 34 del d. lgs. n. 196/2003:
“1-bis. Per i soggetti che trattano soltanto dati personali non sensibili e che trattano come unici dati sensibili e giudiziari quelli relativi ai propri dipendenti e collaboratori, anche se extracomunitari, compresi quelli relativi al coniuge e ai parenti, la tenuta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza è sostituita dall’obbligo di autocertificazione, resa dal titolare del trattamento ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di trattare soltanto tali dati in osservanza delle misure minime di sicurezza previste dal presente codice e dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B). In relazione a tali trattamenti, nonché a trattamenti comunque effettuati per correnti finalità amministrativo – contabili, in particolare presso piccole e medie imprese, liberi professionisti e artigiani, il Garante, sentiti il Ministro per la semplificazione normativa e il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, individua con proprio provvedimento, da aggiornare periodicamente, modalità semplificate di applicazione del disciplinare tecnico contenuto nel citato allegato B) in ordine all’adozione delle misure minime di cui al comma 1.
1-ter. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, i trattamenti effettuati per finalità amministrativo – contabili sono quelli connessi allo svolgimento delle attività di natura organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile, a prescindere dalla natura dei dati trattati. In particolare, perseguono tali finalità le attività organizzative interne, quelle funzionali all’adempimento di obblighi contrattuali e precontrattuali, alla gestione del rapporto di lavoro in tutte le sue fasi, alla tenuta della contabilità e all’applicazione delle norme in materia fiscale, sindacale, previdenziale-assistenziale, di salute, igiene e sicurezza sul lavoro”.
Con Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali in data 2 marzo 2011 (in G.U. n. 64 del 19.3.2011) sono state approvate le Linee guida, in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione sul web.
Con Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali in data 2 dicembre 2010 (in G.U. n. 2 del 4.1.2011) sono state approvate le Linee guida su trattamento dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica (pubblicazioni su riviste e simili).
Con Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali in data 12 maggio 2011 (in G.U. n. 127 del 3.6.2011), sono state dettate prescrizioni in materia di circolazione delle informazioni in ambito bancario e di tracciamento delle operazioni bancarie.
Con Provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali in data 21 aprile 2011, n. 161/2011 e n. 162/2011 (entrambi in G.U. n. 101 del 3.5.2011), è stata concessa l’autorizzazione Autorizzazione al trattamento dei dati sensibili e guidiziari nell'attività di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
L’art. 6, comma 2, lett. b), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), dispone che – allo scopo di rendere effettivamente trasparente l'azione amministrativa e di ridurre gli oneri informativi gravanti su cittadini e imprese – le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, entro il 30 ottobre 2011 pubblicano sui propri siti istituzionali, per ciascun procedimento amministrativo ad istanza di parte rientrante nelle proprie competenze, l'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza. In caso di mancato adempimento di quanto sopra previsto, la pubblica amministrazione procedente non può respingere l'istanza adducendo la mancata produzione di un atto o documento e deve invitare l'istante a regolarizzare la documentazione in un termine congruo. Il provvedimento di diniego non preceduto dall'invito di cui al periodo precedente è nullo. La suddescritta disciplina non si applica per gli atti o documenti la cui produzione a corredo dell'istanza è prevista da norme di legge, regolamento o da atti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. I regolamenti ministeriali o interministeriali, nonché i provvedimenti amministrativi a carattere generale adottati dalle amministrazioni dello Stato, al fine di regolare l'esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, nonché l'accesso ai servizi pubblici ovvero la concessione di benefici, recano in allegato l'elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e le imprese introdotti o eliminati con gli atti medesimi. Nei casi in cui non è prevista la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana degli atti di cui al numero 4) gli stessi sono pubblicati sui siti istituzionali di ciascuna amministrazione, secondo i criteri e le modalità definiti con apposito regolamento.
Con D.L. 23 giugno 2011, n. 89 (in G.U. n. 144 del 23.6.2011), in vigore dal 24 giugno 2011, sono state approvate disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della Direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della Direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.
Con Comunicato del Ministero degli Affari esteri in data 21 maggio 2011 (in G.U. n. 117 del 21.5.2011), è stata segnalata l’entrata in vigore, il 26 aprile 2011, del Trattato sul diritto dei marchi e del Regolamento di esecuzione, fatti a Ginevra il 27 ottobre 1994, ratificato con legge 29 maggio 1999, n. 102.
L’art. 3 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha esteso la disciplina della navigazione da diporto a quella effettuata per scopi commerciali; a tal fine è stato modificato il Codice della nautica da diporto (di cui al d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171). L’art. 1, commi 1 e 2, di detto Codice dispone ora che le relative disposizioni “si applicano alla navigazione da diporto, anche se esercitata per fini commerciali mediante le unità da diporto di cui all'articolo 3 del presente codice, ivi comprese le navi di cui all’art. 3 della legge 8 luglio 2003, n. 172”; e che “si intende per navigazione da diporto quella effettuata in acque marittime ed interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro, nonché quella esercitata a scopi commerciali, anche mediante le navi di cui all’art. 3 della legge 8 luglio 2003, n. 172, ferma restando la disciplina ivi prevista”.
Riguardo alla disciplina contenuta, rispettivamente, nel Codice della nautica da diporto, e nel relativo Regolamento di attuazione, cfr. le Rassegne relative al secondo semestre 2005 ed al secondo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.P.C.M. 17 dicembre 2010, n. 256 (in G.U. n. 27 del 3.2.2011) è stato approvato il Regolamento recante la disciplina del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali, in attuazione dell’art. 13, comma 3-bis, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, che, al fine di consentire alle giovani coppie di accedere a finanziamenti agevolati per sostenere le spese connesse all'acquisto della prima casa, istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della gioventù, un Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori.
A norma dell’art. 2, sono ammissibili alla garanzia del Fondo i mutui ipotecari erogati in favore dei mutuatari per l'acquisto dell'abitazione principale. I mutui ammissibili alla garanzia del Fondo (di seguito: «mutui»), sono di ammontare non superiore a 200.000 euro, e saranno sottoscritti con un tasso massimo pari o equivalente a Euribor + 150 punti base per mutui di durata superiore a venti anni ed a Euribor + 120 punti base per mutui di durata inferiore, nel caso di mutui a tasso variabile, nonché ad un tasso massimo pari o equivalente a I.R.S. + 150 punti base per mutui di durata superiore a venti anni ed a I.R.S. + 120 punti base per mutui di durata inferiore, nel caso di mutui a tasso fisso. I mutuatari devono avere alla data di presentazione della domanda di mutuo i seguenti requisiti: a) età inferiore a 35 anni (anche per le coppie coniugate tale requisito deve essere soddisfatto da entrambi i componenti il nucleo familiare); b) un reddito complessivo rilevato dall'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 35.000 euro. Inoltre, non più del 50% del reddito complessivo imponibile ai fini IRPEF deve derivare da contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; c) non essere proprietari di altri immobili ad uso abitativo, salvo quelli di cui il mutuatario abbia acquistato la proprietà per successione a causa di morte, anche in comunione con altro successore, e che siano in uso a titolo gratuito a genitori o fratelli. L'immobile da acquistare per essere adibito ad abitazione principale non deve rientrare nelle categorie catastali A1, A8 e A9 e non deve avere una superficie superiore a 90 metri quadrati. Nella concessione della garanzia viene data priorità ai casi nei quali l'immobile sia situato in aree a forte tensione abitativa e non deve avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici in data 2 agosto 1969.
Possono effettuare le operazioni di erogazione dei mutui garantiti dal Fondo le banche e gli altri intermediari finanziari indicati nell’art. 3. I finanziatori si impegnano a non richiedere ai mutuatari garanzie aggiuntive, oltre all'ipoteca sull'immobile.
I finanziatori sono liberi o meno di erogare il mutuo né sono responsabili della verifica della veridicità delle informazioni presentate dai Mutuatari (art. 5, comma 4).
I mutui garantiti dal Fondo non possono essere oggetto di operazioni di cartolarizzazione (art. 8).
Il D.Lgs. 24 marzo 2011, n. 48 (in G.U. n. 92 del 21.4.2011), in vigore dal 6.5.2011, ha dettato disposizioni attuative della Direttiva 2009/44/CE che modifica, tra l’altro, la Direttiva 2002/47/CE, relativa ai contratti di garanzia finanziaria.
Vengono, quindi, modificate alcune disposizioni contenute nel D. Lgs. 21 maggio 2004, n. 170, recante disciplina dei contratti di garanzia finanziaria. Per quanto concerne, in particolare, i requisiti di forma e di opponibilità, il nuovo art. 2, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 170/2004 dispone che la prova per iscritto del contratto di garanzia finanziaria deve consentire l'individuazione della data di costituzione e delle attività finanziarie costituite in garanzia. A tale fine è sufficiente la registrazione degli strumenti finanziari sui conti degli intermediari ai sensi degli artt. 83-bis ss. del d. lgs. n. 58/1998, e l'annotazione del contante sui conti di pertinenza; per i crediti, la consegna per iscritto di un atto al beneficiario della garanzia contenente l'individuazione del credito è sufficiente a provare la fornitura del credito costituito in garanzia finanziaria tra le parti. A norma del nuovo comma 1-bis dell’art. 3 del d. lgs. n. 170/2004, “Ai fini dell'opponibilità ai terzi restano fermi i requisiti di notificazione al debitore o di accettazione da parte del debitore previsti dal codice civile”.
Sulla disciplina dei contratti di garanzia finanziaria, dettata dal D. Lgs. 21 maggio 2004, n. 170, v. la segnalazione nella Rassegna relativa al secondo semestre 2004, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.Lgs. 11 aprile 2011, n. 64 (in G.U. n. 107 del 10.5.2011), in vigore dal 25 maggio 2011, sono state approvate modifiche ed integrazioni al d. lgs. 13 agosto 2010, n. 141, per l'istituzione di un sistema pubblico di prevenzione, sul piano amministrativo, delle frodi nel settore del credito al consumo, con specifico riferimento al furto d'identità.
Con D.Lgs. 21 gennaio 2011, n. 3 (in G.U. n. 34 dell’11.2.2011) sono state dettate Disposizioni sanzionatorie per le violazioni del Regolamento (CE) n. 924/2009, relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità.
Cfr., sul punto, la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.M. 21 febbraio 2011, n. 44 (in G.U. n. 89 del 18.4.2011), in vigore dal 18 maggio 2011, è stato approvato il Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal d. lgs. n. 82/2005, ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n. 193/2009.
Cfr., sul punto, le Rassegne relativa al secondo semestre 2008 ed al secondo semestre 2009, entrambe in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.M. 23 dicembre 2010 (in G.U. n. 55 del giorno 8.3.2011) è stata aggiornata la modulistica in uso negli uffici del pubblico registro automobilistico, anche alla luce del d.l. n. 35/2005, e dell’art. 7 del d.l. n. 223/2006. in materia di passaggi di proprietà dei beni mobili registrati.
L’art. 2, comma 16-decies, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 (in G.U. n. 303 del 29.12.2010), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011), ha prorogato di dodici mesi il termine di cui all’art. 24, comma 1, del d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28, limitatamente alle controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti.
Per le restanti controversie, la normativa in materia di mediazione è già entrata in vigore a decorrere dal 20 marzo 2011.
Cfr., sul punto, la Rassegna relativa al primo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Con D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 91 (in G.U. n. 145 del 24.6.2011), in vigore dal 1° settembre 2011, sono state approvate disposizioni recanti attuazione dell’art. 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di adeguamento ed armonizzazione dei sistemi contabili. Giusta il rinvio, contenuto nell’art. 1, comma 1, all’art. 1, comma 2, della legge n. 196/2009, “per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e gli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari”. Cfr., sul punto, l’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate dall’Istat, quale risultante dal Comunicato in data 24 luglio 2010 (in G.U. n. 171 del 24.7.2010).
Con D.P.C.M. 26 gennaio 2011, n. 51 (in G.U. n. 95 del 26.4.2011), in vigore dal giorno 11 maggio 2011, sono state apportate modifiche al Regolamento recante norme per l'Agenzia per le Onlus, organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di cui al d.p.r. 21 marzo 2001, n. 329.
A norma dell’art. 1, l'agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, istituita con d.p.c.m. 26 settembre 2000, assume la denominazione di «Agenzia per il terzo settore». La denominazione «Agenzia per il terzo settore» sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione «Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale».
Con D.M. 25 febbraio 2011 (in G.U. n. 74 del 31.3.2011), sono stati individuati i requisiti degli organismi espressione dell'associazionismo imprenditoriale che asseverano il programma comune di rete, ai sensi del comma 2-quater, dell’art. 42 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78.
L'asseverazione rilasciata a norma del suddetto decreto costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti richiesti per la fruizione dell'incentivo fiscale di cui al comma 2-quater suindicato. L'asseverazione del Programma comporta la verifica preventiva della sussistenza degli elementi propri del contratto di rete e dei relativi requisiti di partecipazione in capo alle imprese che lo hanno sottoscritto.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 14 aprile 2011, n. 31319 (Pubblicato sul sito internet dell'Agenzia delle entrate il 14 aprile 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stato approvato il modello di comunicazione contenente i dati per la fruizione dei vantaggi fiscali per le imprese appartenenti ad una delle reti d’impresa.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 14 aprile 2011, n. 54949 (Pubblicato sul sito internet dell'Agenzia delle entrate il 14 aprile 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stata regolamentata la trasmissione dei dati relativi all’asseverazione del programma comune di rete.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 14 aprile 2011, n. 34839 (Pubblicato sul sito internet dell'Agenzia delle entrate il 14 aprile 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stata disciplinata la comunicazione del possesso dei requisiti per il rilascio dell’asseverazione del programma di rete da parte degli organismi espressi dalle Confederazioni di rappresentanza datoriale rappresentative a livello nazionale presenti nel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 13 giugno 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 14 giugno 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stata definita la misura percentuale massima del risparmio d’imposta spettante con riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2010, ai sensi del punto 4 del Provvedimento in data 14 aprile 2011, prot. n. 31139.
Cfr. anche, sul punto, la Circ. Agenzia Entrate 14 aprile 2011, n. 15/E.
Sulle reti di imprese, cfr. inoltre la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 3 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge di conversione (in corso di approvazione definitiva), ha previsto l’istituzione nei territori costieri, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su richiesta delle imprese del settore che operano nei medesimi territori, previa intesa con le Regioni interessate, di Distretti turistici, con gli obiettivi di riqualificare e rilanciare l’offerta turistica a livello nazionale e internazionale, di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori del Distretto, di migliorare l’efficienza nell’organizzazione e nella produzione dei servizi, di assicurare garanzie e certezze giuridiche alle imprese che vi operano con particolare riferimento alle opportunità di investimento, di accesso al credito, di semplificazione e celerità nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.
Alle imprese dei Distretti turistici, costituite in rete, si applicano le disposizioni agevolative in materia amministrativa, finanziaria, per la ricerca e lo sviluppo di cui all’art. 1, comma 368, lett. b), c) e d) della legge n. 266/2005, e successive modificazioni, previa autorizzazione con decreto ministeriale. Alle medesime imprese, ancorché non costituite in rete, si applicano altresì, su richiesta, le disposizioni agevolative in materia fiscale di cui all’art. 1, comma 368, lett. a), della citata legge n. 266/2005.
Con D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 58 (in G.U. n. 98 del 29.4.2011), in vigore dal 30 aprile 2011, è stata data attuazione alla Direttiva 2008/6/CE, che modifica la Direttiva 97/67/CE, per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali della Comunità.
Da segnalare, tra l’altro, la modifica apportata all’art. 4 del d. lgs. 22 luglio 1999, n. 261, ove si precisa che Per esigenze di ordine pubblico, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale (attualmente Poste Italiane S.p.A.):
a) i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge n. 890/1982;
b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui all’art. 201 del d. lgs. n. 285/1992.
L’art. 2, comma 5-septies, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 (in G.U. n. 303 del 29.12.2010), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011), ha disposto che le società di capitali di cui all’art. 3-bis, comma 2, del d. lgs. 27 maggio 1999, n. 165, devono risultare in possesso dei requisiti previsti dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 27 marzo 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 106 del 7 maggio 2008, entro il 31 marzo 2011.
Con D.L. 25 marzo 2011, n. 26 (in G.U. n. 70 del 26.3.2011), in vigore dal 27 marzo 2011, convertito in legge 23 maggio 2011, n. 73 (in G.U. n. 120 del 25.5.2011), sono state dettate misure urgenti per garantire l’ordinato svolgimento delle assemblee societarie annuali, in sede di prima applicazione del d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 27.
Con D.P.C.M. 25 marzo 2011 (in G.U. n. 74 del 31.3.2011) è stato prorogato al 31 dicembre 2011 il termine, già prorogato dall’art. 1 del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, e dall’art. 1, comma 14, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, entro il quale – in caso di mancata entrata in vigore dei provvedimenti di cui all’art. 18-bis del d. lgs. n. 58/1998 (t.u.f.) – la riserva di attività di cui all'articolo 18 del d. lgs. n. 58/1998 non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestavano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), del suddetto t.u.f. senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti (cfr. anche, sul punto, l’art. 23, comma 7, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, che ha modificato l’art. 19, comma 14, della legge 17 settembre 2007, n. 164).
Cfr. anche, sul punto, la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
- Sono state approvate modificazioni del Regolamento emittenti, adottato con deliberazione Consob n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modificazioni:
1) – con la Deliberazione Consob 14 dicembre 2010, n. 17592 (in G.U. n. 4 del 7.1.2011);
2) – con la Deliberazione Consob 31 marzo 2011, n. 17730 (in G.U. n. 81 del giorno 8.4.2011).
Con D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 259 (in G.U. n. 30 del 7.2.2011 – Comunicato di rettifica pubblicato nella G.U. n. 32 del 9.2.2011), in vigore dal 22 febbraio 2011, sono state recepite le Raccomandazioni della Commissione europea 2004/913/CE e 2009/385/CE in materia di remunerazione degli amministratori delle società quotate.
Su tale disciplina cfr. UNGUREANU, Politica di remunerazione degli amministratori delle società quotate (commento al D.Lgs. 30 dicembre 2010 n. 259), in Società, 2011, p. 549.
Con D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 56 (in G.U. n. 97 del 28.4.2011), in vigore dal 13 maggio 2011, è stata attuata la Direttiva 2009/49/CE, che modifica le direttive 78/66/CEE e 83/349/CEE per quanto riguarda taluni obblighi di comunicazione a carico delle società di medie dimensioni e l'obbligo di redigere conti consolidati.
Con Comunicato della Banca d’Italia in data 23 giugno 2011 (in G.U. n. 144 del 23.6.2011) sono state diffuse nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche in materia di operazioni di cartolarizzazione (7° aggiornamento del 28 gennaio 2011 alla Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006), unitamente a comunicazione del 7 giugno 2011 contenente nuove istruzioni per le segnalazioni degli intermediari alla Banca d’Italia sugli organi sociali.
Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 30 marzo 2011 (in G.U. n. 80 del 7.4.2011) sono state dettate disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione nelle banche e nei gruppi bancari. Si prevede tra l’altro che salvo quanto previsto per il sistema dualistico, lo statuto prevede che l’assemblea ordinaria, oltre a stabilire i compensi spettanti agli organi dalla stessa nominati, approva: (i) le politiche di remunerazione a favore degli organi con funzione di supervisione, gestione e controllo e del personale; (ii) i piani basati su strumenti finanziari (es. stock option).
A norma dell’art. 2, comma 17-quaterdecies, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 (in G.U. n. 303 del 29.12.2010), inserito dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10 (in G.U. n. 47 del 26.2.2011), il termine di un anno dalla contestazione del superamento del limite dello 0,50 per cento, per l'adempimento del dovere di alienazione delle partecipazioni in banche popolari, sancìto dall'art. 30, comma 2, terzo periodo, del d. lgs. n. 385/1993, è differito al 31 dicembre 2014 per i soggetti che alla data del 31 dicembre 2009 detenevano una partecipazione al capitale sociale superiore ai limiti fissati dal primo periodo del citato comma 2, qualora il superamento del limite derivi da operazioni di concentrazione tra banche oppure tra investitori, fermo restando che tale partecipazione non potrà essere incrementata.
Con Provvedimento della Banca d’Italia e della Consob del 24 dicembre 2011 (in G.U. n. 4 del 7.1.2011) sono state apportate modifiche al Provvedimento del 22 febbraio 2008, recante disciplina dei servizi di gestione accentrata, di liquidazione, dei sistemi di garanzia e delle relative società di gestione.
Con Regolamento (CE) 11 maggio 2011, n. 513/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (in G.U.U.E. n. L145 del 31.5.2011), è stato modificato il Regolamento (CE) n. 1060/2009, relativo alle agenzie di rating del credito.
Con Regolamento ISVAP del 3 giugno 2011, n. 38 (in G.U. n. 143 del 22.6.2011) è stata disciplinata la costituzione e amministrazione delle gestioni separate delle imprese che esercitano l'assicurazione sulla vita, ai sensi dell'articolo 191, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 - codice delle assicurazioni private.
Con D.P.R. 13 dicembre 2010, n. 248 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 20 del 26.1.2011), è stato approvato il Regolamento recante abrogazione espressa delle norme regolamentari vigenti che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete, a norma dell’art. 17, comma 4-ter, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Cfr. l’elenco delle disposizioni normative regionali maggiormente rilevanti, per quanto riguarda le materie attinenti o comunque collegate al diritto privato ed ai settori di interesse notarile, segnalate in PETRELLI, Novità normative regionali – primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it/.
Gaetano Petrelli