notaio informatico Riccardo Ricciardi
RASSEGNA DELLE RECENTI NOVITÀ NORMATIVE DI INTERESSE NOTARILE
Secondo semestre 2009
CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI
VALORE DEI DIRITTI DI USUFRUTTO, USO E ABITAZIONE
PORTABILITÀ DEL MUTUO – SURROGAZIONE PER PAGAMENTO
COMMISSIONI BANCARIE DI MASSIMO SCOPERTO
INTERESSI DI MORA - RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI
ESECUZIONI IMMOBILIARI – COMPENSI SPETTANTI AL CUSTODE DI BENI PIGNORATI
DIVIETO DI CESSIONE A TITOLO ONEROSO O LOCAZIONE DI IMMOBILI A STRANIERI IRREGOLARMENTE SOGGIORNANTI
OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE
VIOLENZA O RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE
MANCATA ESECUZIONE DOLOSA DI PROVVEDIMENTO GIUDIZIALE
VARIAZIONE DI RESIDENZA E AGIBILITÀ DEGLI IMMOBILI
PIANO NAZIONALE DI EDILIZIA ABITATIVA
DISMISSIONE DI IMMOBILI PUBBLICI
RIORGANIZZAZIONE DEL MINISTERO PER I BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
PUBBLICITÀ DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI
FUSIONE E SCISSIONE DI SOCIETÀ PER AZIONI – RELAZIONE DEGLI ESPERTI
SOCIETÀ PER LA GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI, CON PARTECIPAZIONE PUBBLICA E “IN HOUSE”
COOPERATIVE E CONSORZI TRA AUTOTRASPORTATORI
ORGANIZZAZIONI DI PRODUTTORI ORTOFRUTTICOLI
GRUPPO EUROPEO DI COOPERAZIONE TERRITORIALE (GECT)
INTERMEDIAZIONE ASSICURATIVA E RIASSICURATIVA
CANCELLAZIONE DELLE SOCIETÀ DI CARTOLARIZZAZIONE DI CREDITI DALL’ELENCO SPECIALE
DIREZIONE E COORDINAMENTO DI SGR
CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI
OFFERTE PUBBLICHE DI ACQUISTO E STATUTI DELLE SOCIETÀ QUOTATE
AGEVOLAZIONI PER LA PICCOLA PROPRIETÀ CONTADINA
PERIZIA PER LA RIDETERMINAZIONE DEI VALORI DI ACQUISTO DEI TERRENI E PARTECIPAZIONI SOCIALI
DETRAZIONE FISCALE PER LE RISTRUTTURAZIONI – IVA AGEVOLATA
DETRAZIONE FISCALE PER RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA
BASE IMPONIBILE PER L’IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
CONFERIMENTI AGEVOLATI IN SOCIETÀ
RITENUTE FISCALI E OBBLIGHI DEI SOSTITUTI D'IMPOSTA
DOMANDA DI ATTRIBUZIONE DEL CODICE FISCALE
LUOGO DELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI AI FINI IVA
FATTURAZIONE DELLE OPERAZIONI INTRACOMUNITARIE
DETASSAZIONE DEI PREMI DI PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO
SEMPLIFICAZIONE DELLA NORMATIVA VIGENTE
ATTI DI AGGIORNAMENTO CATASTALE
REGOLE TECNICHE PER I DOCUMENTI INFORMATICI
STRUMENTI INFORMATICI E TELEMATICI NEL PROCESSO CIVILE
RIORGANIZZAZIONE DEL CENTRO NAZIONALE PER L'INFORMATICA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
PUBBLICAZIONE DI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI
CLASS ACTION (AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA A TUTELA DEI CONSUMATORI)
UNIONE EUROPEA – TRATTATO DI LISBONA
DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO – LEGGE APPLICABILE ALLE OBBLIGAZIONI ALIMENTARI
REGOLAMENTI COMUNITARI SUL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO
REGOLAMENTO COMUNITARIO SUI PAGAMENTI TRANSFRONTALIERI
DIRETTIVA COMUNITARIA IN TEMA DI SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA UNIPERSONALE
DIRETTIVA COMUNITARIA IN TEMA DI FUSIONI E SCISSIONI DI SOCIETÀ
RETE GIUDIZIARIA EUROPEA IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE
INCENTIVI PER AGGREGAZIONI AZIENDALI NEL SETTORE DELL’AUTOTRASPORTO
CONTRIBUTI PER INVESTIMENTI PRODUTTIVI
LEGISLAZIONE REGIONALE – SECONDO SEMESTRE 2009
Con D.M. 26 giugno 2009 (in G.U. n. 158 del 10.7.2009) sono state approvate le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, applicabili nelle regioni che non abbiano ancora dettato disposizioni attuative del d. lgs. n. 192/2005.
È così completato il percorso normativo che – al livello della normativa nazionale – rende possibile il rilascio dell’attestato di certificazione energetica (ACE), in luogo dell’attestato di qualificazione energetica (AQE).
Non è stato, peraltro, ancora emanato il decreto del Presidente della Repubblica previsto dall’art. 4, comma 1, lett. c) del D. Lgs. n. 192/2005 (che dovrà disciplinare in via definitiva i requisiti professionali e i criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti o degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici e l'ispezione degli impianti di climatizzazione); tali requisiti sono provvisoriamente sostituiti da quelli indicati nell’allegato III al d. lgs. n. 115/2008.
A livello della normativa regionale, l’obbligo di allegazione è, in particolare, attualmente vigente in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna; è previsto, ma non attualmente vigente, in Valle d’Aosta. È stato abrogato in Liguria. È previsto – ma ancora non vigente – l’obbligo di allegazione della certificazione di sostenibilità ambientale in Umbria. È previsto – ma ancora non vigente – un obbligo di menzione degli estremi dell’attestato in Toscana.
Sono state pubblicate, nel secondo semestre 2009, le seguenti disposizioni legislative e regolamentari regionali:
1) – Emilia Romagna:
- Deliberazione Giunta regionale 21 settembre 2009, n. 1390 – Modifica agli allegati tecnici della Delib.Ass.Legisl. n. 156/2008 recante "Approvazione atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure di certificazione energetica degli edifici" (in B.U.R. n. 171 del 7.10.2009).
- Deliberazione Assemblea legislativa 6 ottobre 2009, n. 255 – Modifica alla Delib.Ass.Legisl. n. 156/2008 recante "Approvazione atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure di certificazione energetica degli edifici" (Proposta della Giunta regionale in data 27 luglio 2009, n. 1190) (in B.U.R. n. 178 del 21.10.2009).
2) – Friuli-Venezia Giulia:
- Deliberazione Giunta regionale 24 settembre 2009, n. 2116 – L.R. n. 23/2005, art. 6, comma 1 (Disposizioni in materia di edilizia sostenibile), che istituisce il “Protocollo regionale per la valutazione della qualità energetica e ambientale di un edificio” quale strumento attuativo di cui si dota la Regione per disciplinare la valutazione del livello di sostenibilità degli interventi edilizi: approvazione del “Protocollo regionale VEA per la valutazione della qualità energetica e ambientale degli edifici”. Approvazione definitiva (in B.U.R. n. 40 del 7.10.2009, suppl. ord. n. 21 del 12.10.2009).
- Decreto Pres. Reg. 1 ottobre 2009, n. 0274/Pres – Regolamento recante procedure per la certificazione VEA di sostenibilità energetico-ambientale degli edifici, di cui all’articolo 6-bis della legge regionale 18 agosto 2005, n. 23, “Disposizioni in materia di edilizia sostenibile” (in B.U.R. n. 40 del 7.10.2009, suppl. ord. n. 21 del 12.10.2009).
L’art. 8 di detto decreto dispone:
“1. In attuazione dell’articolo 6-bis, comma 3, lett. a), della legge regionale n. 23/2005, la certificazione VEA sostituisce gli attestati di qualificazione energetica e di certificazione energetica degli edifici, previsti dal decreto legislativo 192/2005:
a) dal 1° gennaio 2010 per gli edifici pubblici e ad uso pubblico;
b) dal 1° giugno 2010 per gli altri edifici”.
3) – Liguria:
- Delibera Giunta regionale 21 settembre 2009, n. 1254 – Modifiche degli allegati alla Delibera G.R. n. 1601/2008, "Certificazione energetica degli edifici/elenco dei professionisti e corsi di formazione" (in B.U.R. n. 40, parte seconda, del 7.10.2009).
4) – Lombardia:
- Decreto Dirigenziale 13 luglio 2009, n. 7148 – Precisazioni in merito all’applicazione delle disposizioni per l’efficienza energetica in edilizia, approvate con Delibera G.R. n. 8/8745 del 22 dicembre 2008 (in B.U.R. n. 29 del 20.7.2009).
- Decreto Dirigenziale 22 luglio 2009, n. 7538 – Rettifica delle precisazioni approvate con D. Dirig. n. 7148 del 13 luglio 2009, relative all'applicazione delle disposizioni per l'efficienza energetica in edilizia, di cui alla Delibera G.R. n. 8/8745 del 22 dicembre 2008 (in B.U.R. n. 32 del 10.8.2009).
5) – Marche:
- Deliberazione Giunta regionale 11 maggio 2009, n. 760 – Legge regionale n. 14/2008, “Norme per l’edilizia sostenibile” - Art. 14 comma 2 lett. A): “Linee-guida per la valutazione energetico-ambientale degli edifici residenziali”; art. 14 comma 2, lett. B): “Criteri per la definizione degli incentivi”; art. 14, comma 2 lett. C): “Programma per la formazione professionale” (in B.U.R. n. 49 del 22.5.2009).
- Decreto dirigenziale 1 luglio 2009 n. 54 – L.R. n. 14/2008, Delib.G.R. n. 760/2009. Approvazione documentazione tecnica attuativa per la valutazione e certificazione della sostenibilità degli edifici (in B.U.R. n. 65 del 9.7.2009).
- Deliberazione Giunta regionale 13 luglio 2009, n. 1141 – Art. 14, comma 3, lett. b), della l.r. n. 14/2008, "Norme per l'edilizia sostenibile" - Sistema e procedure per la certificazione energetica e ambientale degli edifici di cui all'art. 6, comma 5 (in B.U.R. n. 72 del 24.7.2009).
Deliberazione Giunta regionale 28 settembre 2009, n. 1499 – L.R. n. 14/2008 – Delibera G.R. n. 760/2009 e Delibera G.R. n. 1141/2009 - Procedure regionali per l'accreditamento dei certificatori della sostenibilità energetico ambientale (in B.U.R. n. 94 del 9.10.2009).
6) – Piemonte:
- Deliberazione Giunta regionale 4 agosto 2009, n. 43-11965 – Legge regionale 28 maggio 2007, n. 13, "Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia". Disposizioni attuative in materia di certificazione energetica degli edifici ai sensi dell'articolo 21, comma 1, lettere d), e) ed f) (in B.U.R. n. 31, suppl. n. 4, del 7.8.2009).
- Deliberazione Giunta regionale 4 agosto 2009, n. 45-11967 – Legge regionale 28 maggio 2007, n. 13, "Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia". Disposizioni attuative in materia di impianti solari termici, impianti da fonti rinnovabili e serre solari ai sensi dell'articolo 21, comma 1, lettere g) e p) (in B.U.R. n. 31, suppl. n. 4, del 7.8.2009.
- Deliberazione Giunta regionale 4 agosto 2009, n. 46-11968 – Aggiornamento del Piano regionale per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria - Stralcio di piano per il riscaldamento ambientale e il condizionamento e disposizioni attuative in materia di rendimento energetico nell'edilizia ai sensi dell'articolo 21, comma 1, lettere a) b) e q) della legge regionale 28 maggio 2007, n. 13, "Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia" (in B.U.R. n. 31, suppl. n. 4, del 7.8.2009).
- Legge regionale 6 agosto 2009, n. 22 - Disposizioni collegate alla manovra finanziaria per l'anno 2009, art. 32 (in B.U.R. n. 31, suppl. n. 5, del 7.8.2009).
Per un commento alla vigente normativa regionale piemontese in materia di certificazione energetica, cfr. PETRELLI, Certificazione energetica regione Piemonte – commento (2009), in http://www.gaetanopetrelli.it.
7) – Toscana:
- Legge regionale 23 luglio 2009 n. 40 - Legge di semplificazione e riordino normativo 2009, art. 63.
- Legge regionale 23 novembre 2009 n. 71 - Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 39 (Disposizioni in materia di energia) (in B.U.R. n. 50, parte prima, del 27.11.2009).
L’art. 13 di quest’ultima legge ha introdotto nella legge regionale n. 39/2005 l’art. 23-bis, che disciplina l’attestato di certificazione energetica (disponendo, tra l’altro, che “gli estremi identificativi dell’attestato di certificazione energetica sono richiamati nel relativo atto di trasferimento a titolo oneroso o contratto di locazione”). L’art. 20 della medesima legge n. 71/2009 prevede che le disposizioni di cui agli articoli 23, 23-bis, 23-ter, 23-quater, 23-quinquies, si applicano a far data dall’entrata in vigore dei relativi regolamenti di cui all’articolo 23-sexies della legge n. 39/2005, che dovranno essere emanati entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge n. 71/2009.
8) – Regione Trentino Alto-Adige – Provincia autonoma di Trento:
- Deliberazione Pres. Prov. 13 luglio 2009 n. 11-13/Leg. - Disposizioni regolamentari in materia di edilizia sostenibile in attuazione del titolo IV della legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio) (in B.U.R. n. 35 del 25.8.2009).
9) – Regione Trentino Alto-Adige – Provincia autonoma di Bolzano:
- Deliberazione Giunta Provinciale 15 giugno 2009, n. 1609 - Direttive ai sensi dell’articolo 127 comma 2 della legge urbanistica provinciale, legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13 e successive modifiche (Riqualificazione energetica di edifici esistenti con ampliamento) (in B.U.R. n. 28 del 7 luglio 2009).
- Deliberazione della Giunta Provinciale 27 luglio 2009, n. 1969 – Certificato energetico per appartamenti (in B.U.R. n. 33 dell’11.8.2009).
Per maggiori informazioni sullo stato attuale complessivo della normativa nazionale e di quella delle regioni italiane, cfr. PETRELLI, Certificazione energetica degli edifici – Prospetto sinottico (2009), in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.Lgs. 25 settembre 2009, n. 151 (in G.U. n. 256 del 3.11.2009), in vigore dal 4 novembre 2009, sono state dettate disposizioni integrative e correttive del d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231, in materia di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. Si indicano di seguito le correzioni di maggior rilevanza nell’ottica dell’attività notarile.
- PAGAMENTI FRAZIONATI.
L’art. 29 del d. lgs. n. 151/2009 ha modificato l’art. 49 del d. lgs. n. 231/2007. Ai sensi della nuova disposizione, è “vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento, è complessivamente pari o superiore a 12.500 euro. Il trasferimento è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.”.
Risulta così chiarito che – anche in presenza di prezzo di compravendita di importo pari o superiore a 12.500 euro – è consentito il trasferimento di singole rate in contanti, o con assegno trasferibile, di importo unitario inferiore alla soglia di euro 12.500 (essendo vietato solo quello che sia “artificiosamente frazionato”: tale “artificiosità” certo non ricorre quando la rateizzazione dei pagamenti costituisca normale esplicazione dell’autonomia privata, ad esempio nei casi in cui risulti prevista nel contratto preliminare).
Gli artt. 8, 9, 10 e 20 del d. lgs. n. 151/2009 hanno modificato le disposizioni del d. lgs. n. 231/2007 che si riferivano alle operazioni “frazionate”, sopprimendo la relativa indicazione. Conseguentemente, viene fatto ora riferimento unicamente alle operazioni collegate, eventualmente “per realizzare un’operazione frazionata”.
- TITOLARE EFFETTIVO.
È sostituita la lettera “u” dell’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 231/2007, chiarendosi che per “titolare effettivo” si intende “la persona fisica per conto della quale è realizzata un'operazione o un'attività, ovvero, nel caso di entità giuridica, la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano tale entità, ovvero ne risultano beneficiari secondo i criteri di cui all'allegato tecnico al presente decreto”. In sostanza, il concetto di titolare effettivo si amplia in modo da ricomprendere qualunque persona o ente “per conto” del quale l’operazione è compiuta. Nell’attività notarile vengono in considerazione le ipotesi di interposizione reale (fiduciaria) o di interposizione fittizia (simulazione), a fronte delle quali scattano gli obblighi di idonea verifica e registrazione anche nei confronti del titolare effettivo. Con riferimento alle società fiduciarie, il Ministero dell’economia e delle Finanze ha chiarito di recente (con lettera in data 9 aprile 2009, prot. n. 29/65), che ove le stesse intervengano in un atto notarile, non applicandosi alle suddette fiduciarie il regime semplificato di cui all’art. 25, comma 1, del d. lgs. n. 231/2007, gli obblighi di adeguata verifica da parte del notaio riguardano anche la persona del fiduciante, e la società fiduciaria deve fornire a tal fine, ai sensi dell’art. 21, idonee informazioni.
Il notaio non ha l’obbligo di svolgere indagini al fine di individuare l’eventuale titolare effettivo, ma può assumere informazioni sul punto dal cliente; può essere opportuno l’inserimento negli atti notarili di una dichiarazione del cliente che confermi di essere egli stesso il titolare effettivo.
- OBBLIGHI DI ADEGUATA VERIFICA.
L’art. 11 del d. lgs. n. 151/2009 ha modificato l’art. 22 del d. lgs. n. 231/2007, chiarendo che gli obblighi di adeguata verifica della clientela si attuano nei confronti di tutti i nuovi clienti, e che “per la clientela già acquisita i suddetti obblighi si applicano al primo contatto utile, fatta salva la valutazione del rischio presente”. Non vi è quindi discrezionalità, ma obbligo di adeguata verifica anche nei confronti dei clienti abituali e preesistenti.
L’art. 12 del d. lgs. n. 151/2009 ha modificato l’art. 23 del d. lgs. n. 231/2007, in materia di obbligo di astensione ed adeguata verifica. Prima di effettuare la segnalazione di operazione sospetta alla UIF ai sensi dell'articolo 41 e al fine di consentire l'eventuale esercizio del potere di sospensione di cui all'articolo 6, comma 7, lettera c), il soggetto obbligato deve astenersi dall'eseguire le operazioni per le quali sospetta vi sia una relazione con il riciclaggio o con il finanziamento del terrorismo. Nei casi in cui l'astensione non sia possibile in quanto sussiste un obbligo di legge di ricevere l'atto (il che avviene, in particolare, per il notaio), ovvero l'esecuzione dell'operazione per sua natura non possa essere rinviata o l'astensione possa ostacolare le indagini, permane l'obbligo di immediata segnalazione di operazione sospetta ai sensi dell'articolo 41.
- OBBLIGHI DI REGISTRAZIONE.
Gli artt. 20 e 21 del d. lgs. n. 151/2009 ha modificato gli artt. 36 e 38 del d. lgs. n. 231/2007, chiarendo che:
a) – in relazione agli obblighi di adeguata verifica, deve essere conservata la copia o i riferimenti dei documenti richiesti, per un periodo di dieci anni dalla fine del rapporto continuativo o della prestazione professionale, non solo riguardo al cliente ma anche riguardo al titolare effettivo;
b) – che devono essere registrati e conservati per dieci anni, con riferimento ai rapporti continuativi ed alla prestazione professionale, la data di instaurazione ed i dati identificativi (unitamente alle generalità dei delegati) non solo riguardo al cliente ma anche riguardo al titolare effettivo;
c) – le informazioni rilevanti devono essere registrate tempestivamente e, comunque, non oltre il trentesimo giorno successivo al compimento dell'operazione ovvero all'apertura, alla variazione e alla chiusura del rapporto continuativo ovvero all'accettazione dell'incarico professionale, all'eventuale conoscenza successiva di ulteriori informazioni, o al termine della prestazione professionale. Peraltro, per i notai, rimane in vigore il disposto dell’art. 38, comma 6, del d. lgs. n. 231/2007, a norma del quale “la custodia dei documenti, delle attestazioni e degli atti presso il notaio e la tenuta dei repertori notarili, a norma della legge 16 febbraio 1913, n. 89, del regolamento di cui al regio decreto 10 settembre 1914, n. 1326, e successive modificazioni, e la descrizione dei mezzi di pagamento ai sensi dell’articolo 35, comma 22, decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, costituiscono idonea modalità di registrazione dei dati e delle informazioni”;
d) – le disposizioni del Capo II, relative agli obblighi di registrazione, non si applicano nelle ipotesi di obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela di cui all'articolo 25 (allorché, cioé, il cliente sia una banca, intermediario finanziario o simile);
e) – gli ordini professionali individuati ai sensi dell'articolo 43 quali organismi di autoregolamentazione delle professioni possono istituire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro della giustizia, sistemi di conservazione informatica di atti pubblici ed autenticati, loro copie autentiche ed informazioni a qualunque titolo da essi derivanti o ad essi relative affinché possano essere utilizzati per qualsiasi indagine su operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o per corrispondenti analisi.
- ESENZIONI DA OBBLIGHI.
L’art. 6 del d. lgs. n. 151/2009 ha modificato l’art. 12, comma 3, del d. lgs. n. 231/2007, precisando che gli obblighi di cui al Titolo II, Capo I e II (obblighi di adeguata verifica, registrazione, conservazione dei dati), non si sussistono in relazione allo svolgimento della mera attività di redazione e/o di trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali (e non più delle sole dichiarazioni dei redditi). Permane invece in questo caso l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette.
Ai sensi del nuovo comma 3-bis dell’art. 12 del d. lgs. n. 231/2007, i componenti degli organi di controllo, comunque denominati (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza, comitato di controllo della gestione), per quanto disciplinato dal presente decreto e fermo restando il rispetto del disposto di cui all'articolo 52, sono esonerati dagli obblighi di cui al titolo II, capi I, II e III (obblighi di adeguata verifica, registrazione, conservazione dei dati, segnalazione di operazioni sospette).
- FORMAZIONE DEL PERSONALE.
L’art. 32 del d. lgs. n. 151/2009 ha modificato l’art. 54 del d. lgs. n. 231/2007, il quale dispone che i destinatari degli obblighi e gli ordini professionali adottano misure di adeguata formazione del personale e dei collaboratori al fine della corretta applicazione delle disposizioni del presente decreto. È stato precisato che “le modalità attuative delle suddette misure sono individuate dagli ordini professionali” (nel caso dei notai, quindi, dal Consiglio nazionale del Notariato”).
Sulla disciplina dettata dal D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, cfr. anche le precedenti Rassegne relative al secondo semestre 2007, al primo semestre 2008, al secondo semestre 2008, al primo semestre 2009, nonché, per alcuni aspetti tuttora rilevanti, al primo semestre 2006, tutte in http://www.gaetanopetrelli.it. V. anche, per approfondimenti, KROGH-LICINI, La normativa antiriciclaggio e antiterrorismo per i professionisti, Milano, 2009.
Con D.M. 4 dicembre 2009 (in G.U. n. 291 del 15 dicembre 2009), in vigore dal 1° gennaio 2010, è stato fissato all’1% (uno per cento) il saggio legale di interesse, di cui all’articolo 1284 del codice civile, come consentito dall'art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
La cronistoria del saggio legale di interesse è pertanto la seguente:
- 5% dal 20 aprile 1942 al 15 dicembre 1990 (codice civile);
- 10% dal 16 dicembre 1990 al 31 dicembre 1996 (per effetto dell’art. 1 della legge 26 novembre 1990 n. 353);
- 5% dal 1° gennaio 1997 al 31 dicembre 1998 (per effetto dell’art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996 n. 662);
- 2,5% dal 1° gennaio 1999 al 31 dicembre 2000 (per effetto del D.M. 10 dicembre 1998, in G.U. n. 289 dell’11.12.1998);
- 3,5% dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2001 (per effetto del D.M. 11 dicembre 2000, in G.U. n. 292 del 15 dicembre 2000);
- 3% dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2003 (per effetto del D.M. 11 dicembre 2001, in G.U. n. 290 del 14.12.2001);
- 2,5% dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2007 (per effetto del D.M. 1 dicembre 2003, in G.U. n. 286 del 10.12.2003).
- 3% dal 1° gennaio 2008 (per effetto del D.M. 12 dicembre 2007, in G.U. n. 291 del 15.12.2007);
- 1% dal 1° gennaio 2010 (per effetto del 4 dicembre 2009, in G.U. n. 291 del 15 dicembre 2009).
Con D.M. 4 dicembre 2009 (in G.U. n. 291 del 15 dicembre 2009), in vigore dal 1° gennaio 2010, è stato fissato all’1% (uno per cento) il saggio legale di interesse, di cui all’articolo 1284 del codice civile. Conseguentemente risulta modificata - con la medesima decorrenza del 1° gennaio 2010 - la tabella delle percentuali di calcolo del valore dei diritti di usufrutto, uso e abitazione.
Ai sensi dell’art. 3, comma 164, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, "Il valore del multiplo dell'annualità indicato nell'articolo 46, comma 2, lettere a) e b), del citato testo unico approvato con D.P.R. n. 131 del 1986, e successive modificazioni, nonché il prospetto dei coefficienti allegato a quest'ultimo sono variati, in ragione della modificazione della misura del saggio legale degli interessi, con decreto del ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 dicembre dell'anno in cui detta modifica è avvenuta. Le variazioni di cui al periodo precedente hanno efficacia anche, ai fini della determinazione della base imponibile relativamente alle rendite ed alle pensioni, per le successioni aperte e le donazioni fatte a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui è pubblicato il decreto di variazione".
Con D.M. 23 dicembre 2009 (in G.U. n. 303 del 31.12.2009) è stata approvata la nuova tabella dei coefficienti per l'adeguamento delle modalità di calcolo dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni in materia di imposta di registro e di imposta sulle successioni e donazioni, al nuovo saggio legale del 1%. Le relative disposizioni si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle successioni apertesi ed alle donazioni fatte a decorrere dalla data del 1° gennaio 2010.
Contemporaneamente è stato fissato in 100 volte l’annualità il valore del multiplo relativo alla determinazione della base imponibile per la costituzione di rendite o pensioni perpetue, a tempo determinato o a tempo indeterminato (in sostituzione di quello indicato nell'art. 46, comma 2, lettere a) e b), del d.p.r. n. 131/1986, ai fini dell’imposta di registro, e nell’art. 17, comma 1, lettere a) e b), del d. lgs. n. 346/1990, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni).
Conseguentemente il valore della rendita o pensione è costituito:
a) da cento volte l’annualità, se si tratta di rendita perpetua o a tempo indeterminato;
b) dal valore attuale dell'annualità, calcolato al saggio legale di interesse, ma in nessun caso superiore a cento volte l’annualità, se si tratta di rendita o pensione a tempo determinato;
c) dall'ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per il coefficiente indicato nel prospetto sotto indicato, applicabile in relazione all'età della persona alla cui morte deve cessare, se si tratta di rendita o pensione vitalizia.
Si riporta di seguito la tabella dei coefficienti, e quindi dei valori dei diritti di usufrutto (nonché uso ed abitazione) e, rispettivamente, nuda proprietà:
Età dell’usufruttuario o del beneficiario (anni compiuti) |
Valore usufrutto (o coeff. per rendita) |
Valore nuda proprietà |
da 0 a 20 |
95,00 |
5,00 |
da 21 a 30 |
90,00 |
10,00 |
da 31 a 40 |
85,00 |
15,00 |
da 41 a 45 |
80,00 |
20,00 |
da 46 a 50 |
75,00 |
25,00 |
da 51 a 53 |
70,00 |
30,00 |
da 54 a 56 |
65,00 |
35,00 |
da 57 a 60 |
60,00 |
40,00 |
da 61 a 63 |
55,00 |
45,00 |
da 64 a 66 |
50,00 |
50,00 |
da 67 a 69 |
45,00 |
55,00 |
da 70 a 72 |
40,00 |
60,00 |
da 73 a 75 |
35,00 |
65,00 |
da 76 a 78 |
30,00 |
70,00 |
da 79 a 82 |
25,00 |
75,00 |
da 83 a 86 |
20,00 |
80,00 |
da 87 a 92 |
15,00 |
85,00 |
da 93 a 99 |
10,00 |
90,00 |
Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 29 luglio 2009 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 210 del 10.9.2009) sono state dettate nuove Disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Le relative disposizioni sono entrate in vigore il 25 settembre 2009, ma i destinatari (banche e intermediari finanziari) dovevano adeguarsi entro il 31 dicembre 2009. Si evidenziano di seguito le problematiche più rilevanti e le questioni di più frequente ricorrenza.
FONTI NORMATIVE E SANZIONI.
Il Provvedimento suindicato richiama – quali fonti che legittimano la potestà normativa della Banca d’Italia, gli artt. 53, comma 1, lettera d), 67, comma 1, lettera d), e 107, comma 2, del t.u.b., i quali prevedono che la Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, emani disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni delle banche, dei gruppi bancari, degli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale. In realtà, la competenza in materia di trasparenza appartiene al CICR, che l’ha esercitata con la Delibera in data 4 marzo 2003 (in G.U. n. 72 del 27.3.2003), tuttora in vigore, la quale a sua volta in più punti delega alla Banca d’Italia l’emanazione di disposizioni attuative. Disposizioni che erano state già dettate con Provv. della Banca d’Italia in data 25 luglio 2003 (in G.U. n. 191 del 19.8.2003): quest’ultimo viene ora abrogato, con decorrenza dal 1° gennaio 2010.
Da evidenziare ancora, sempre a livello preliminare, che il Provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 non è quindi emanato, d’intesa con la Consob, ai sensi dell’art. 117, comma 8, del t.u.b.: le prescrizioni regolamentari di natura formale riguardanti i contratti non sono quindi imposte a pena di nullità degli stessi, ma hanno funzione essenzialmente pubblicitaria.
Occorre infine rammentare che, ai sensi dell’art. 144, comma 3, del t.u.b., l’inosservanza delle disposizioni in materia di trasparenza dettate dall’art. 116, nonché delle relative disposizioni generali o particolari impartite dalle autorità creditizie (e quindi anche la violazione del Provvedimento in commento) è sanzionata, nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di direzione e dei dipendenti, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.164 a euro 64.557.
Cfr. anche – a completamento del Provvedimento in esame, il Comunicato della Banca d’Italia in data 18 settembre 2009 (in G.U. n. 217 del 18.9.2009), ed il Provvedimento della Banca d’Italia in data 27 novembre 2009 (in G.U. n. 290 del 14.12.2009).
PRESCRIZIONI GENERALI.
Le informazioni previste ai sensi del Provvedimento in commento sono rese alla clientela in modo corretto, chiaro ed esauriente nonché adeguato alla forma di comunicazione utilizzata e alle caratteristiche dei servizi e della clientela. In applicazione del principio di proporzionalità, la disciplina si articola secondo modalità differenziate in relazione alle esigenze delle diverse fasce di clientela e alle caratteristiche dei servizi (sez. 1, punto 1.3).
I documenti informativi sono redatti secondo criteri e presentati con modalità che garantiscano la correttezza, la completezza e la comprensibilità delle informazioni, così da consentire al cliente di capire le caratteristiche e i costi del servizio, confrontare con facilità i prodotti, adottare decisioni ponderate e consapevoli. Devono essere adottati, tra l’altro, criteri di impaginazione che assicurano elevati livelli di leggibilità, nonché semplicità sintattica e chiarezza lessicale calibrate sul livello di alfabetizzazione finanziaria della clientela cui il prodotto è destinato, anche in relazione alle caratteristiche di quest'ultimo (sez. 1, punto 1.4).
PUBBLICITÀ E INFORMAZIONE PRECONTRATTUALE.
A) – Strumenti di pubblicità e informazione.
Gli strumenti di pubblicità delle operazioni e dei servizi offerti e delle relative condizioni contrattuali sono (sez. 2, punto 1):
- i documenti contenenti i principali diritti del cliente;
- il "foglio informativo", contenente informazioni sull'intermediario, sulle condizioni e sulle principali caratteristiche dell'operazione o del servizio offerto, nonché il "foglio comparativo dei mutui offerti";
- la copia completa dello schema di contratto che può essere richiesta dal cliente prima della conclusione del contratto;
- il "documento di sintesi" delle principali condizioni.
Le disposizioni della sezione 2 non si applicano all'attività degli intermediari volta alla conclusione di contratti unilateralmente predisposti dal cliente o che costituiscono oggetto di trattativa individuale. Non si considerano trattativa individuale i casi in cui l'intermediario abbia predisposto schemi contrattuali predefiniti e la trattativa riguardi specifiche condizioni o clausole contrattuali.
B) – Guide.
Gli intermediari mettono, inoltre, a disposizione della clientela (sez. 2, punto 2) appositi documenti ("Guide") concernenti, tra l’altro, i mutui ipotecari offerti ai consumatori, e l'accesso ai meccanismi di soluzione stragiudiziale delle controversie previsti ai sensi dell’art. 128-bis del t.u.b. (Arbitro Bancario Finanziario). Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 20 novembre 2009 (in G.U. n. 277 del 27.11.2009), in attuazione del Provvedimento del 29 luglio 2009 in materia di trasparenza, sono state approvate due guide pratiche (disponibili sul sito web www.bancaditalia.it) in materia, rispettivamente, di contratti di conto corrente e di mutui ipotecari. Dette guide – che sono volte a fornire, in relazione a questi prodotti, indicazioni pratiche e una chiara illustrazione dei diritti dei clienti – devono essere messe a disposizione della clientela, da parte di banche e intermediari finanziari, entro il 31 dicembre 2009.
C) – Copia completa del testo contrattuale.
Come previsto al punto 6 della Sez. 2 del Provvedimento, prima della conclusione del contratto, l'intermediario consegna al cliente, su sua richiesta, una copia completa del testo contrattuale idonea per la stipula; a scelta del cliente può essere consegnato il solo documento di sintesi. Il cliente può quindi rinunciare ad ottenere in anticipo il testo completo del contratto, ma non il documento di sintesi. La consegna avviene entro tempi congrui rispetto alla richiesta. Nelle note 21 e 22 si precisa che che possono essere omessi, nel testo contrattuale suddetto, i dati il cui inserimento è “a carico del notaio” (ossia, che non sono usualmente inseriti dalla banca: esempio, la descrizione degli immobili ipotecati).
Nei contratti di finanziamento, considerato che la determinazione delle condizioni economiche è preceduta da un'istruttoria, il cliente può scegliere tra la consegna di copia del contratto idonea per la stipula, che può essere subordinata al pagamento di una somma non eccedente le spese di istruttoria (il cui ammontare massimo è pubblicizzato nel foglio informativo); oppure, in alternativa, la consegna gratuita (dello schema di contratto, privo delle condizioni economiche; di un preventivo contenente le condizioni economiche basate sulle informazioni fornite dal cliente). Per i contratti di mutuo ipotecario offerti ai clienti al dettaglio (si intendono per “clienti al dettaglio” i consumatori; le persone fisiche che svolgono attività professionale o artigianale; gli enti senza finalità di lucro; le imprese che occupano meno di 10 addetti e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro), la consegna della copia del contratto idonea per la stipula è gratuita a partire dal momento in cui viene concordata la data per la stipula presso il notaio. Negli altri casi la consegna è sempre gratuita. La consegna non impegna le parti alla stipula del contratto. Il diritto del cliente di ottenere copia del testo contrattuale o del solo documento di sintesi non può essere sottoposto a termini o condizioni (salva la sua eventuale rinuncia, come sopra chiarito). In caso di modifica delle condizioni contrattuali indicate nella copia consegnata al cliente, l'intermediario, prima della conclusione del contratto, ne informa il cliente stesso e, su richiesta di quest'ultimo, gli consegna una copia completa del nuovo testo contrattuale idonea per la stipula ovvero una nuova copia del documento di sintesi.
Un esemplare del contratto, comprensivo delle condizioni generali, è consegnato al cliente. La consegna è attestata mediante apposita sottoscrizione del cliente, ulteriore rispetto alla firma del contratto, apposta sull'esemplare del contratto conservato dall'intermediario (Sez. 3, punto 2).
D) – Documento di sintesi.
Giusta le previsioni del punto 7 della Sez. 2 del Provvedimento, ai contratti è unito un "documento di sintesi", che riporta in maniera personalizzata, secondo quanto previsto dal contratto, le condizioni economiche pubblicizzate nel foglio informativo relativo allo specifico tipo di operazione o servizio.
Il documento di sintesi costituisce il frontespizio del contratto. Tuttavia, come chiarito nella nota 23 del Provvedimento, se il contratto è redatto per atto pubblico può non costituire il frontespizio, purché sia “accluso” al contratto. Esso ne è parte integrante in presenza di un accordo delle parti in tal senso. Queste disposizioni denotano evidentemente la volontà di imporre l’allegazione del documento di sintesi non solo al testo contrattuale consegnato nella fase precontrattuale, ma anche al contratto vero e proprio stipulato per atto pubblico.
Per i contratti di mutuo che sono o potrebbero rimanere a tasso fisso per tutta la durata del contratto, il documento di sintesi riporta in calce il piano di ammortamento.
Ai sensi del punto 8 della Sez. 2, il documento di sintesi, al pari del foglio informativo, riporta l’"Indicatore Sintetico di Costo" (ISC) quando riguarda, tra l’altro, mutui, anticipazioni bancarie, altri finanziamenti, aperture di credito offerte a clienti al dettaglio. Per i mutui, le anticipazioni bancarie, le aperture di credito e i contratti riconducibili alla categoria "altri finanziamenti", l'ISC è denominato "Tasso Annuo Effettivo Globale" (TAEG) ed è calcolato come il TAEG previsto dalla disciplina in materia di credito al consumo (i relativi criteri di calcolo sono specificati nel D.M. 8 luglio 1992, in G.U. n. 169 del 20.7.1992).
CONTENUTO DEI CONTRATTI.
Il contenuto dei contratti è disciplinato dalla Sez. 3, punto 2, del Provvedimento in commento. I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali oneri di mora. Sono indicate, oltre alle commissioni spettanti all'intermediario, le voci di spesa a carico del cliente, ivi comprese le spese relative alle comunicazioni di cui alla sezione IV del Provvedimento (Comunicazioni alla clientela). Il contratto riporta tutte le condizioni applicate, incluse le condizioni generali di contratto. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati, nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni sfavorevoli per i clienti rispetto a quelli pubblicizzati nei fogli informativi e nei documenti di sintesi. La nullità può essere fatta valere solo dal cliente. Nel caso in cui il contratto contenga clausole di indicizzazione, vengono riportati il valore del parametro al momento della conclusione del contratto e le modalità di rilevazione dell'andamento di tale valore nel corso del rapporto.
Con particolare riferimento ai tassi di interesse, ai sensi della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, i contratti indicano la periodicità di capitalizzazione e, nei casi in cui sia prevista una capitalizzazione infrannuale, il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Per i contratti di finanziamento, nell'indicazione del tasso rapportato su base annua non si tiene conto degli eventuali interessi di mora applicati sulle rate di rimborso non pagate alla scadenza. Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto.
I contratti relativi a operazioni di credito fondiario diverse da quelle disciplinate dall’art. 7 del d.l. n. 7/2007 riportano, anche in allegato, uno o più esempi di applicazione della formula di calcolo del compenso onnicomprensivo da corrispondere in caso di estinzione anticipata, secondo le disposizioni dettate dal CICR con Delibera del 9 febbraio 2000. I contratti prevedono, inoltre, che nessun altro onere può essere addebitato.
L’art. 2, comma 3, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (in G.U. n. 179 del 4.8.2009), in vigore dal 5 agosto 2009, ha modificato il comma 5-quater dell’art. 2 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2), aggiungendo la seguente disposizione: «Nel caso in cui la surrogazione del mutuo prevista dal citato articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2007 non si perfezioni entro il termine di trenta giorni dalla data della richiesta da parte della banca cessionaria alla banca cedente dell'avvio delle procedure di collaborazione interbancarie ai fini dell'operazione di surrogazione, la banca cedente è comunque tenuta a risarcire il cliente in misura pari all'1% del valore del mutuo per ciascun mese o frazione di mese di ritardo. Resta ferma la possibilità per la banca cedente di rivalersi sulla banca cessionaria nel caso il ritardo sia dovuto a cause imputabili a quest'ultima.».
Per un commento a tale disciplina cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 2, comma 2, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (in G.U. n. 179 del 4.8.2009), in vigore dal 5 agosto 2009, ha disposto – a modifica del comma 1 dell’art. 2-bis del d.l. n. 185/2008, che l’ammontare del corrispettivo omnicomprensivo applicabile a titolo di “commissione di massimo scoperto” – nei casi in cui questa è ammessa ai sensi del suddetto d.l. n. 185/2008 – non può comunque superare lo 0,5 per cento per trimestre dell’importo dell’affidamento, pena la nullità del patto di remunerazione; previsione, quest’ultima, che trova applicazione a decorrere dal 5 agosto 2009 (art. 2, comma 4).
Per un commento a tale disciplina cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2009, ed inoltre PETRELLI, “Nuove norme sui contratti bancari a tutela dei clienti”, in http://www.gaetanopetrelli.it.
La rilevazione dei tassi medi ai fini dell’applicazione della legge sull’usura è stata effettuata, da ultimo:
- con D.M. 24 settembre 2009 (in G.U. n. 227 del 30.9.2009);
- con D.M. 24 dicembre 2009 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009).
A seguito di quest’ultimo provvedimento, si distingue, limitatamente ai mutui, tra tasso fisso e tasso variabile; il limite di liceità degli interessi pattuiti sarà quindi – dal 1° gennaio al 31 marzo 2010:
- relativamente ai mutui a tasso fisso, dell’8,04 %;
- relativamente ai mutui a tasso variabile, del 4,38 %;
- relativamente alle aperture di credito in conto corrente, sarà invece – oltre l’importo di 5.000 euro – del 14,38 %.
Ai sensi dell’art. 3, comma 4, del suddetto decreto, “I tassi effettivi globali medi di cui all'articolo 1, comma 1, del presente decreto non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento. L'indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano dei cambi ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”.
Ciò significa che il tasso di mora per i mutui (di durata superiore a cinque anni) è pari mediamente:
- quanto ai mutui a tasso fisso, all’ 11,19 %;
- quanto ai mutui a tasso variabile, al 7,53 %.
Con D.M. 23 settembre 2009 (in G.U. n. 227 del 30.9.2009) è stata approvata la classificazione delle operazioni creditizie per categorie omogenee ai fini della rilevazione dei tassi effettivi globali medi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari.
Con D.M. 1 luglio 2009 (in G.U. n. 174 del 29.7.2009), in vigore dal 30 luglio 2009, sono state dettate disposizioni transitorie per la rilevazione dei tassi usurari. È stato, in particolare, previsto che la Banca d'Italia procede alla revisione delle «istruzioni» per la rilevazione del tasso effettivo globale medio prevista dall’art. 2, comma 1, della legge n. 108/1996, per tener conto delle disposizioni dell’art. 2-bis del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2 (ai sensi del quale le c.d. commissioni di massimo scoperto, comunque denominate, sono rilevanti ai fini della determinazione del tasso soglia). Al fine di verificare il rispetto del limite ai fini del c.d. tasso soglia fino all'entrata in vigore del decreto trimestrale inerente i tassi effettivi globali medi calcolati in base alle istruzioni di cui al comma 1, pubblicato entro e non oltre il 31 dicembre 2009, le banche e gli intermediari finanziari devono attenersi ai criteri di calcolo, derivanti dalle «istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura» emanate dalla Banca d'Italia (pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 29 marzo 2006) e dall'Ufficio italiano dei cambi (pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 2006).
In attuazione delle previsioni del suddetto decreto, con Provvedimento della Banca d’Italia in data 29 agosto 2009 (in G.U. n. 200 del 29.8.2009) sono state dettate Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura. In particolare, per quanto riguarda i mutui, la rilevazione relativa comprende i contratti di finanziamento che: a) abbiano durata superiore a cinque anni; b) siano assistiti da garanzia ipotecaria; c) prevedano il rimborso tramite il pagamento di rate comprensive di capitale e interessi. È richiesta separata evidenza per i mutui a tasso fisso e quelli a tasso variabile; all'interno di tale ripartizione deve essere poi fornita evidenza separata dei finanziamenti concessi alle «famiglie consumatrici» e alle «unità produttive private». Per tasso variabile si intende il tasso ancorato all'andamento di un parametro predefinito. I mutui che prevedono contrattualmente un periodo in cui la rata corrisposta dal cliente è calcolata in base a un tasso fisso e un periodo nel quale la rata è determinata utilizzando un tasso variabile (cd. mutui a tasso misto) sono segnalati tra i mutui a tasso variabile. Tuttavia, ove il contratto preveda che le rate siano calcolate in base a un tasso fisso per un periodo pari o superiore a tre anni e in base a un tasso variabile per il restante periodo, la segnalazione va effettuata imputando l'operazione nella categoria a tasso fisso. La rilevazione deve avere ad oggetto, in particolare, il tasso effettivo globale (TEG) praticato in media: in esso sono inclusi, oltre ai tassi di interesse applicati, le commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse; in particolare, sono inclusi le spese di istruttoria, le spese di chiusura della pratica (esclusi eventuali penali per estinzione anticipata), le spese di incasso delle rate, il costo dell’eventuale intermediazione svolta da un terzo, le spese per assicurazioni e garanzie, le spese per servizi accessori (es. perizia), la commissione di massimo scoperto, ogni altra spesa ed onere contrattualmente previsti, connessi con l'operazione di finanziamento. Sono invece escluse, oltre ad imposte e tasse, le spese notarili, come pure gli interessi di mora e simili. L’ultima rilevazione dei tassi effettivi globali medi ha tenuto conto dei suddetti nuovi criteri (come risulta dallo stesso D.M. 24 dicembre 2009, nonché da Comunicato della Banca d’Italia in pari data).
Giusta il comunicato del Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 28 agosto 2009 (in G.U. n. 199 del 28.8.2009), il saggio d'interesse di cui al comma 1 dell’art. 5 del D. Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, al netto della maggiorazione ivi prevista, è pari all’1 % per il periodo 1° luglio – 31 dicembre 2009. Dovendosi applicare, ai sensi del suddetto 1° comma dell’art. 5, la maggiorazione del 7%, il tasso d’interesse di mora applicabile è pari all’8,00 %.
Con Determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture del 16 luglio 2009, n. 7/2009 (in G.U. n. 177 del giorno 1.8.2009), sono stati forniti chiarimenti in relazione ad alcune problematiche applicative delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del Codice dei contratti. L’art. 1, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 11 settembre 2008, n. 152 ha infatti modificato l’art. 32, comma 1, lett. g), del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), stabilendo che le norme del Titolo I del Codice (contratti di rilevanza comunitaria), nonché quelle delle parti I (principi e disposizioni comuni), IV (contenzioso) e V (disposizioni finali) si applicano anche – a condizione che il contratto sia di importo pari o superiore alle soglie di cui all’art. 28 – ai lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire medesimo, ai sensi dell’art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001, e dell’art. 28, comma 5, della legge n. 1150/1942. A norma dell’art. 28, lett. c), del D. Lgs. n. 163/2006, la soglia per gli appalti e concessioni di lavori pubblici è pari ad euro 5.278.000. Per le opere di importo pari o superiore a tale soglia, trova applicazione l’art. 55.
Al di sotto della soglia comunitaria, trova invece applicazione la disciplina contenuta nell’art. 122 del medesimo decreto. In particolare, ai sensi dell’art. 122, comma 8, come sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. bb), n. 1, del D. Lgs. 11 settembre 2008, n. 152, si applica la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6, del D. Lgs. n. 163/2006.
A seguito del d. lgs. n. 152/2008, non sussiste alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e opere di urbanizzazione secondaria, unificate sotto la medesima disciplina; tutte le opere, a prescindere dal loro importo (inferiore, pari o superiore alla soglia comunitaria), sono ricondotte nella disciplina del Codice dei contratti e differenziate, in base all'importo, esclusivamente sotto il profilo della procedura applicabile.
La Determinazione del 16 luglio 2009 chiarisce quindi che:
1. l’art. 32, comma 1, lettera g), primo periodo, del Codice dei contratti pubblici configura una titolarità «diretta», ex lege, della funzione di stazione appaltante in capo al privato titolare del permesso di costruire (ovvero titolare del piano di lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo contemplante l'esecuzione di opere di urbanizzazione). In sostanza, quando il privato sceglie di eseguire opere di urbanizzazione invece di pagare i relativi oneri, si può prevedere che lo stesso gestisca interamente la procedura ovvero che una parte del procedimento (la gara) sia gestita dall'amministrazione. Il suddetto privato, in quanto «altro soggetto aggiudicatore», non può eseguire direttamente le opere a scomputo, anche se qualificato, ma è tenuto ad appaltare le opere di urbanizzazione a terzi nel rispetto della disciplina prevista dal Codice e, in qualità di stazione appaltante, è esclusivo responsabile dell'attività di progettazione, affidamento e di esecuzione delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie. Per l'individuazione dell'appaltatore, il privato dovrà applicare le medesime norme cui è tenuta l'amministrazione quando affida l'esecuzione di lavori pubblici di corrispondente tipologia ed importo, escluse le sole disposizioni specificatamente indicate dall’art. 32, comma 2, del Codice. Ferma comunque restando la vigilanza da parte dell'amministrazione consistente, tra l'altro, nell'approvazione del progetto e di eventuali varianti. Il quadro degli strumenti di vigilanza può essere definito nell'ambito della convenzione urbanistica o altro atto, pattizio o unilaterale, d'obbligo in relazione all'attuazione dello strumento urbanistico;
2. gli eventuali risparmi di spesa – ad esempio per ribasso del prezzo a base d'asta ottenuto in sede di gara – rimangono nella disponibilità della stazione appaltante privata, così come eventuali costi aggiuntivi sono a carico dello stesso privato (muovendosi dal presupposto che il privato adempie all'obbligo eseguendo la diversa prestazione della realizzazione delle opere);
3. il collaudo, come già affermato nella Determinazione n. 2 del 25 febbraio 2009, costituisce attività propria della stazione appaltante e, quindi, del soggetto privato titolare del permesso di costruire, ferma restando la funzione di vigilanza da parte dell'amministrazione che va esplicata nell'approvazione degli atti di collaudo. Va infatti riservato all'amministrazione, nell'ambito della funzione di vigilanza, il potere di approvare gli atti di collaudo, dal momento che le opere realizzate devono essere cedute all'amministrazione e confluire nel patrimonio pubblico. Tale assetto va disciplinato dalla convenzione urbanistica che può prevedere, ad esempio, al fine di garantire l'interesse pubblico ad una corretta esecuzione delle opere di urbanizzazione, che fino alla data di approvazione del collaudo rimangono in vigore le garanzie prestate dal privato all'esatto adempimento della realizzazione delle opere;
4. nell'ipotesi in cui, ai sensi del secondo periodo dell’art. 32, comma 1, lettera g) del Codice dei contratti pubblici, la gara sia bandita dall'amministrazione pubblica, non è preclusa la partecipazione alla stessa del privato titolare del premesso di costruire (o del piano urbanistico attuativo) purché qualificato ex art. 40 del Codice, e purché non abbia direttamente curato la redazione della progettazione preliminare;
5. nell'ipotesi di cui al punto 4, il contratto d'appalto viene stipulato dal titolare del permesso di costruire (o del piano urbanistico attuativo);
6. l'affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo di importo inferiore alla soglia comunitaria, secondo quanto previsto dall’art. 122, comma 8 del Codice, avviene mediante la procedura negoziata prevista dall’art. 57, comma 6, del Codice, sia nel caso in cui le funzioni di stazione appaltante siano svolte dal privato, sia nel caso le stesse siano in capo all'amministrazione. Per quanto riguarda l'individuazione della soglia di valore, l'importo di stima che deve essere considerato è rappresentato dal valore globale dei differenti lavori, sommando i valori dei diversi lotti, qualora le opere da realizzare siano suddivise in lotti. Devono dunque essere cumulativamente considerati tutti i lavori di urbanizzazione primaria e secondaria anche se appartenenti a diversi lotti, la cui esecuzione è in capo al singolo titolare del permesso di costruire;
7. il privato, ai fini dell'affidamento della progettazione, deve rispettare l’art. 91 del Codice, eccezion fatta per i casi in cui, non sussistendo né il presupposto contrattuale né il carattere di onerosità della prestazione, poiché il valore del progetto non è compensato con gli oneri di urbanizzazione in quanto predisposto in un momento antecedente alla stipula della convenzione urbanistica, non ricorrono i principi che impongono la gara;
8. alle opere di urbanizzazione primaria a scomputo di importo inferiore alla soglia comunitaria comprese nelle convenzioni urbanistiche stipulate prima dell'entrata in vigore del d. lgs. n. 152/2008, si applica la disciplina previgente;
9. l'affidamento e l'esecuzione delle opere di urbanizzazione sono sottoposti alla vigilanza dell'Autorità;
10. i dati riguardanti l'affidamento e la realizzazione delle opere di urbanizzazione sono compresi nelle comunicazioni obbligatorie all'Osservatorio dei contratti pubblici.
Cfr. anche, sul punto, la Determinazione in data 2 aprile 2008, n. 4/2008, dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (in G.U. n. 89 del 15.4.2008), nonché le Rassegne relative al primo semestre 2008 ed al secondo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.M. 15 maggio 2009, n. 80 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), in vigore dal 16 luglio 2009, è stato approvato il regolamento in materia di determinazione dei compensi spettanti ai custodi dei beni pignorati, in attuazione del disposto dell’art. 21 della legge 24 febbraio 2006, n. 52. Detti compensi si applicano, quindi, anche all’attività di custodia svolta dal notaio delegato, ai sensi dell’art. 559 c.p.c.
Rimane ferma – per i restanti profili della delega – la tariffa approvata con D.M. 25 maggio 1999, n. 313.
L’art. 2, comma 9, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (in G.U. n. 170 del 24.7.2009), in vigore dal 13 agosto 2009, ha sostituito l’art. 104 disp. att. del codice di procedura penale, disponendo che il sequestro preventivo penale è eseguito:
a) sui mobili e sui crediti, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo in quanto applicabili;
b) sugli immobili o mobili registrati, con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici;
c) sui beni aziendali organizzati per l’esercizio di un’impresa, oltre che con le modalità previste per i singoli beni sequestrati, con l’immissione in possesso dell’amministratore, con l’iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l’impresa;
d) sulle azioni e sulle quote sociali, con l’annotazione nei libri sociali e con l’iscrizione nel registro delle imprese;
e) sugli strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico, con la registrazione nell’apposito conto tenuto dall’intermediario.
Vengono in tal modo superati i dubbi interpretativi che, con riferimento agli immobili, si ponevano al fine di decidere in ordine alla trascrivibilità del sequestro preventivo penale avente ad oggetto beni immobili. È stato in tal modo accolto l’orientamento interpretativo, anteriormente maturato, favorevole alla trascrivibilità del suddetto sequestro preventivo (cfr., in particolare, la Circ. Agenzia Territorio 26 ottobre 2004, n. 8/T. Per le varie opinioni sul punto, cfr. in dottrina, v. CANTONE, Sulla intrascrivibilità del sequestro preventivo (Nota a Corte cost. 5 marzo 1998, n. 48), in Cass. pen., 1999, p. 3062; LOMONACO, Secondo l'Agenzia del Territorio è trascrivibile nei Registri Immobiliari il provvedimento di sequestro preventivo, in Studi e materiali, a cura del Consiglio Nazionale del Notariato, 2005, 1, p. 771. Per la giurisprudenza, contraria alla trascrivibilità, v. Corte cost. 5 marzo 1998, n. 48, in Giur. cost., 1998, p. 541; Cass. 27 novembre 2000, in Foro it., Rep. 2001, voce Sequestro penale, n. 54). Alla nuova disposizione deve riconoscersi – posto che la nuova normativa non ha inciso né sulla funzione né sugli effetti del sequestro preventivo – valenza non innovativa, bensì interpretativa; confermando così la correttezza della tesi affermativa e l’inconsistenza dell’argomento fondato sulla pretesa tassatività delle ipotesi di trascrizione (per la rivisitazione del quale, cfr. PETRELLI, L’evoluzione del principio di tassatività nella trascrizione immobiliare, ESI, Napoli, 2009).
Nel contempo, è stata estesa la pubblicità nel registro delle imprese anche al sequestro preventivo in esame, quando abbia ad oggetto aziende e partecipazioni sociali.
Il successivo comma 10 dell’art. 2 della legge n. 94/2009 modifica poi la disposizione contenuta nell’art. 2-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575, disponendo che anche il sequestro “antimafia” è eseguito con le modalità previste dall’articolo 104 disp. att. cod. proc. pen. per il sequestro preventivo.
L’art. 1, comma 14, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (in G.U. n. 170 del 24.7.2009), in vigore dal 13 agosto 2009, ha modificato il primo periodo del comma 5-bis dell’art. 12 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (già introdotto dall’art. 5 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008, n. 125), come segue: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
Rispetto al testo precedente, è da evidenziare:
- l’estensione della disciplina sanzionatoria a qualunque cessione o locazione di “immobile”, a prescindere dal fatto che lo stesso sia destinato ad uso abitativo;
- la precisazione che il reato ha luogo anche nel caso in cui la locazione venga rinnovata in presenza della irregolarità del soggiorno.
Cfr., per il resto, la Rassegna relativa al primo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con D.M. 23 dicembre 2009 (in G.U. n. 300 del 28.12.2009) è stata approvata la revisione della tabella delle sedi, che determina il numero dei notai per ciascun distretto notarile.
Con successivo decreto dovrà essere disposta l’allocazione delle singole sedi all’interno di ciascun distretto.
L’art. 1, comma 8, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (in G.U. n. 170 del 24.7.2009), in vigore dal 13 agosto 2009, ha reintrodotto il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, introducendo nel codice penale il nuovo art. 341-bis, a norma del quale:
“Chiunque, in luogo pubblico o
aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio
di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o
nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto
determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il
fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore
dell’offesa non è punibile. Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato
interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della
persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il
reato è estinto”.
Per quanto riguarda l’eventuale oltraggio al notaio in qualità di pubblico ufficiale, trova quindi applicazione il disposto dell’art. 53 del R.D. 10 settembre 1914 n. 1326 (regolamento notarile), a norma del quale, quando il notaio nell'esercizio delle sue funzioni sia ingiuriato o trovi resistenza, ne fa processo verbale, invitando le persone presenti a sottoscriverlo; e lo trasmette senza ritardo al tribunale; può anche, in caso d'urgenza, richiedere direttamente e sotto la propria responsabilità l'assistenza della forza pubblica.
L’art. 1, comma 9, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (in G.U. n. 170 del 24.7.2009), in vigore dal 13 agosto 2009, ha introdotto nel codice penale il nuovo art. 393-bis (“causa di non punibilità”), a norma del quale “Non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 341-bis, 342 e 343 quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni”. Ricorrendo, quindi, il suddetto comportamento del pubblico ufficiale, non trovano applicazione le previsioni che puniscono, tra l’altro, la violenza o minaccia, e la resistenza a pubblico ufficiale.
L’art. 2, comma 21, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (in G.U. n. 170 del 24.7.2009), in vigore dal 13 agosto 2009, ha sostituito l’art. 388 del codice penale con il seguente:
«Art. 388. - (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice). - Chiunque, per sottrarsi all’adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l’accertamento dinanzi all’autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all’ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
La stessa pena si applica a chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito.
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a euro 309.
Si applicano la reclusione da due mesi a due anni e la multa da euro 30 a euro 309 se il fatto è commesso dal proprietario su una cosa affidata alla sua custodia, e la reclusione da quattro mesi a tre anni e la multa da euro 51 a euro 516 se il fatto è commesso dal custode al solo scopo di favorire il proprietario della cosa.
Il custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell’ufficio è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 516.
La pena di cui al quinto comma si applica al debitore o all’amministratore, direttore generale o liquidatore della società debitrice che, invitato dall’ufficiale giudiziario a indicare le cose o i crediti pignorabili, omette di rispondere nel termine di quindici giorni o effettua una falsa dichiarazione.
Il colpevole è punito a querela della persona offesa».
In particolare, rispetto al precedente testo, la sanzione penale è estesa a tutti gli obblighi nascenti da provvedimenti del giudice (mentre prima era limitata alla violazione di “obblighi civili”); viene inoltre introdotta la fattispecie criminosa della omessa o falsa dichiarazione del debitore o suo legale rappresentante riguardo alle cose o crediti che possono formare oggetto di pignoramento (sanzionando così penalmente la violazione degli obblighi sanciti dall’art. 492 c.p.c., come modificato dall’art. 2 del d.l. n. 35/2005 e dall’art. 1 della legge n. 52/2006).
L’art. 1, comma 18, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (in G.U. n. 170 del 24.7.2009), in vigore dal 13 agosto 2009, ha inserito, nell’art. 1 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, il seguente comma: «L’iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar luogo alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie».
Con D.M. 23 luglio 2009 (in G.U. n. 189 del 17.8.2009) sono state dettate disposizioni finalizzate all’adeguamento dei requisiti di sicurezza degli impianti di ascensore anteriori alla direttiva 95/16/CE. In particolare, è prevista l'adozione di appositi interventi di adeguamento mirati al progressivo e graduale miglioramento del livello di sicurezza degli ascensori installati e messi in esercizio permanente negli edifici e nelle costruzioni in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del regolamento, appovato con d.p.r. 30 aprile 1999, n. 162. In particolare, il proprietario è obbligato, in occasione della prima verifica periodica, a richiedere e far effettuare una verifica straordinaria finalizzata alla realizzazione di un'analisi delle situazioni di rischio presenti nell'impianto per la quale può essere utilizzata la norma di buona tecnica più recente. Le verifiche straordinarie devono essere effettuate entro il termine perentorio di:
- due anni dalla data di entrata in vigore del decreto per gli ascensori installati prima del 15 novembre 1964;
- tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto per gli ascensori installati prima del 24 ottobre 1979;
- quattro anni dalla data di entrata in vigore del decreto per gli ascensori installati prima del 9 aprile 1991;
- cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto per gli ascensori installati prima del 24 giugno 1999.
A norma dell’art. 5, comma 2, in caso di mancata esecuzione degli interventi di adeguamento della sicurezza prescritti dall'Organismo notificato o dalla ASL o dall'Ispettorato del lavoro, l'impianto ascensore non potrà essere tenuto in esercizio.
Le suddette disposizioni rilevano, evidentemente, anche ai fini della garanzia di conformità degli impianti in sede di alienazione degli immobili.
Per la disciplina generale in materia di sicurezza degli impianti, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it; ed inoltre MAGLIULO, La disciplina della sicurezza degli impianti nel sistema codicistico della garanzia per vizi occulti, in Studi e materiali, 2009, 1, p. 51; CACCAVALE, Le anomalie degli impianti tecnologici nel sistema codicistico della garanzia per vizi, in Studi e materiali, 2009, 1, p. 141; RIZZI, La normativa in materia di sicurezza degli impianti: riflessi sull'attività notarile, in Studi e materiali, 2009, 1, p. 183.
Con D.P.C.M. 16 luglio 2009 (in G.U. n. 191 del 19.8.2009) sono state dettate disposizioni attuative della disciplina, contenuta nell’art. 11 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, per l’approvazione del Piano nazionale di edilizia abitativa.
Si segnalano, in particolare, le previsioni degli articoli 6 e 7. A norma dell’art. 6, gli alloggi realizzati o recuperati ai sensi dell’art. 11 del d.l. n. 112/2008, e oggetto del finanziamento statale, devono essere locati per una durata non inferiore a 25 anni ai sensi dell’art. 2, comma 285, della legge n. 244/2007, ad un canone non superiore a quello di cui all'art. 2, comma 3, del decreto interministeriale del 22 aprile 2008 (pubblicato in G.U. n. 146 del 24 .6.2008). Nel caso di alloggi in locazione con patto di promessa di vendita, la durata della locazione può essere inferiore a quella suindicata, ma comunque non inferiore ai 10 anni, e il canone di locazione deve essere determinato come sopra.
A norma dell’art. 7, al termine del periodo di locazione a canone agevolato, gli alloggi potranno essere alienati secondo le seguenti modalità, nell'ordine di seguito indicato:
a) offerta in prelazione agli inquilini, in forma collettiva, ad un prezzo massimo pari al costo iniziale dell'abitazione rivalutato, su base annua, dell'1,3 per cento oltre l'inflazione reale registrata tra la data di rilascio del certificato di agibilità e il momento dell'offerta, nel caso in cui non si sia proceduto alla messa in mora degli inquilini;
b) offerta in prelazione agli inquilini, in forma individuale, ad un prezzo massimo pari al costo iniziale dell'abitazione rivalutato, su base annua, del 2 per cento oltre l'inflazione reale registrata tra la data di rilascio del certificato di agibilità e il momento dell'offerta, nel caso in cui non si sia proceduto alla messa in mora degli inquilini;
c) cessione degli alloggi sul mercato, con offerta in prelazione agli inquilini;
d) offerta al comune ed agli ex IACP comunque denominati ad un prezzo pari al costo iniziale dell'abitazione rivalutato dell'inflazione reale registrata tra la data di rilascio del certificato di agibilità e il momento dell'offerta.
L’art. 2, comma 223, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (in Suppl. ord. n. 243 alla G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 1° gennaio 2010, ha modificato i commi 436 e 437 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, disciplinando l’alienazione, da parte dell’Agenzia del Demanio, di beni immobili di proprietà dello Stato, singolarmente o in blocco, anche a trattativa privata entro l’importo di euro 400.000, con diritto di opzione all’acquisto a favore delle regioni e degli enti locali territoriali.
Il comma 222 dell’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, disciplina la locazione degli immobili di proprietà delle Amministrazioni dello Stato, che è ora affidata in esclusiva all’Agenzia del Demanio (precisandosi che i contratti di locazione non stipulati dall’Agenzia del Demanio sono nulli).
L’art. 2, commi 189 e seguenti, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 disciplina il trasferimento degli immobili militari a costituendi fondi comuni di investimento immobiliare. Gli immobili da trasferire o conferire devono essere individuati con uno o più decreti del ministro della difesa: detti decreti, da pubblicare in Gazzetta ufficiale, “hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni, e producono gli effetti previsti dall’articolo 2644 del codice civile, nonché effetti sostitutivi dell’iscrizione del bene in catasto”.
Con D.P.R. 2 luglio 2009, n. 91 (in G.U. n. 164 del 17.7.2009), in vigore dal giorno 1 agosto 2009, è stato modificato il il regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, già approvato con D.P.R. 26 novembre 2007, n. 233, e precedente D.P.R. 6 luglio 2001, n. 307.
Sono state pertanto modificate alcune disposizioni riguardanti l’individuazione degli uffici competenti al fine, tra l’altro, di emettere la dichiarazione di interesse culturale di determinati beni, e di adottare i provvedimenti in materia di acquisizioni coattive a titolo di prelazione.
Cfr. anche, sulla riorganizzazione dell’Amministrazione dei beni culturali, la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con Decreto direttoriale 14 agosto 2009 (in G.U. n. 239 del 14 ottobre 2009), come modificato con D.M. 24 novembre 2009 (in G.U. n. 283 del 4.12.2009), sono state approvate le specifiche tecniche (resesi necessarie sulla base della nuova disciplina dell’art. 2470 c.c., nonché ai fini della comunicazione unica) per la creazione di programmi informatici finalizzati alla compilazione delle domande e delle denunce da presentare all'ufficio del registro delle imprese per via telematica o su supporto informatico, da utilizzarsi a partire dal 16 febbraio 2010. A partire da tale data, non saranno più utilizzabili programmi informatici creati sulla base delle specifiche tecniche approvate con il d.m. 6 febbraio 2008, e gli uffici del registro delle imprese non accetteranno domande o denunzie presentate utilizzando detti programmi informatici.
Con Decreto direttoriale 19 novembre 2009 (in G.U. n. 282 del 3.12.2009) è stato approvato il nuovo modello di comunicazione unica per la nascita dell’impresa, in attuazione dell’art. 9 del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 (in sostituzione di quello già approvato con d.m. 2 novembre 2007). Il modello di comunicazione unica è altresì disponibile in formato elettronico sul sito internet www.sviluppoeconomico.gov.it.
Con D.P.C.M. 6 maggio 2009 (in G.U. n. 152 del 3.7.2009) sono state dettate le regole tecniche per le modalità di presentazione della comunicazione unica e per l'immediato trasferimento dei dati tra le Amministrazioni interessate, in attuazione dell’art. 9, comma 7, del d.l. n. 7/2007. Ai sensi dell’art. 4, sono destinatarie della comunicazione unica le seguenti amministrazioni:
a) gli uffici del registro imprese delle camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;
b) l'Agenzia delle entrate;
c) l'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS);
d) l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL);
e) le commissioni provinciali per l'artigianato, ovvero gli uffici preposti alla tenuta dell'albo delle imprese artigiane;
f) il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
A norma dell’art. 5, gli adempimenti assolti tramite comunicazione unica sono:
a) dichiarazione di inizio attività, variazione dati o cessazione attività ai fini IVA, ai sensi dell’art. 35 del d.p.r. n. 633/1972;
b) domanda d'iscrizione di nuove imprese, modifica, cessazione nel registro imprese e nel R.E.A., con esclusione dell'adempimento del deposito del bilancio;
c) domanda d'iscrizione, variazione, cessazione dell'impresa ai fini INAIL;
d) domanda d'iscrizione, variazione, cessazione al registro imprese con effetto per l'INPS relativamente alle imprese artigiane ed esercenti attività commerciali, ai sensi dell’art. 44, comma 8, del d.l. n. 269/2003;
e) domanda di iscrizione e cessazione di impresa con dipendenti ai fini INPS;
f) variazione dei dati d'impresa con dipendenti ai fini INPS; in relazione a: 1) attività esercitata; 2) cessazione attività; 3) modifica denominazione impresa individuale; 4) modifica ragione sociale; 5) riattivazione attività; 6) sospensione attività; 7) modifica della sede legale; 8) modifica della sede operativa;
g) domanda di iscrizione, variazione e cessazione di impresa agricola ai fini INPS;
h) domanda di iscrizione, variazione e cessazione di impresa artigiana nell'albo delle imprese artigiane.
L’art. 10 elenca i controlli effettuati automaticamente dal sistema informatico del registro delle imprese, il cui eventuale esito negativo comporta l’irricevibilità della comunicazione unica. In caso, invece, di esito positivo di tale controllo, a norma dell’art. 12 la comunicazione unica è protocollata immediatamente nel sistema del registro imprese. La ricevuta rilasciata dal sistema informatico (con firma digitale del conservatore del registro delle imprese o da un suo delegato) per effetto della protocollazione costituisce titolo per l'avvio dell'attività ai sensi dell’art. 9, comma 3, del d.l. n. 7/2007. Detta ricevuta è inviata alla casella dell'impresa e, nel caso il richiedente sia persona delegata, all'indirizzo di posta elettronica del mittente della Comunicazione unica.
Il registro delle imprese invia le comunicazioni alle amministrazioni espressamente indicate nel modulo di Comunicazione unica (art. 15, comma 3). Le amministrazioni, ad esclusione dell'Agenzia delle entrate, comunicano alla casella dell'impresa gli esiti delle registrazioni nei propri archivi. Nel caso la Comunicazione unica richieda correzioni o integrazioni, le amministrazioni richiedono la modifica con notifica alla casella dell'impresa e, nel caso il richiedente sia persona delegata, all'indirizzo di posta elettronica del mittente della Comunicazione unica (art. 16, comma 2).
Ai sensi dell’art. 23, comma 13, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (in G.U. n. 179 del 4.8.2009), il modello di comunicazione unica sarà obbligatorio a partire dal 1° aprile 2010.
Con Decreto direttoriale 2 dicembre 2009 (in G.U. n. 293 del 17.12.2009), in vigore dal giorno 1 gennaio 2010, sono stati aggiornati i diritti di segreteria per l’iscrizione nel registro delle imprese.
Cfr. anche, su quanto sopra:
- la Circ. Min. sviluppo economico 9 settembre 2009, n. 3628 (in Suppl. ord. n. 175 alla G.U. n. 221 del 23.9.2009), contenente istruzioni per la compilazione della modulistica per l'iscrizione e il deposito nel registro delle imprese e per la denuncia al repertorio delle notizie economiche ed amministrative realizzata secondo le specifiche tecniche approvate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 14 agosto 2009;
- la Circ. Min. sviluppo economico 1 ottobre 2009, n. 85801, contenente risposte a quesiti in materia di comunicazione unica.
L’art. 42 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 161 del 14.7.2009), in vigore dal 28 luglio 2009, detta alcune disposizioni in materia di recepimento della direttiva 2003/58/CE del 15 luglio 2003, per quanto riguarda i requisiti di pubblicità delle società di capitali.
Viene, in particolare, modificato l’art. 2250 c.c. (indicazioni negli atti e nella corrispondenza), disponendosi ora che gli atti delle società costituite secondo uno dei tipi regolati nei capi V, VI e VII del presente titolo, per i quali è obbligatoria l’iscrizione o il deposito, possono essere altresì pubblicati in apposita sezione del registro delle imprese in altra lingua ufficiale delle Comunità europee, con traduzione giurata di un esperto. In caso di discordanza con gli atti pubblicati in lingua italiana, quelli pubblicati in altra lingua ai sensi del quinto comma non possono essere opposti ai terzi, ma questi possono avvalersene, salvo che la società dimostri che essi erano a conoscenza della loro versione in lingua italiana. Queste disposizioni riguardano tutte le società di capitali (quindi anche quelle che operino esclusivamente nel mercato interno).
L’art. 2250 c.c. dispone, inoltre, che le suddette società di capitali che dispongono di un sito internet (“spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato ad una rete telematica ad accesso pubblico”) forniscono, attraverso tale mezzo, tutte le informazioni di cui al primo, secondo, terzo e quarto comma (ossia le indicazioni relative ad iscrizione nel registro delle imprese, capitale sociale, stato di liquidazione, carattere unipersonale della società).
Viene, infine, integrato l’art. 2630, comma 1, c.c., che ora estende la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 206 ad euro 2.065 a chiunque, essendovi tenuto, “omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall’articolo 2250, primo, secondo, terzo e quarto comma”.
Con D.Lgs. 13 ottobre 2009, n. 147 (in G.U. n. 254 del 31.10.2009), in vigore dal 15 novembre 2009, è stata data attuazione alla direttiva 2007/63/CE, per quanto riguarda l'obbligo di far elaborare ad un esperto indipendente una relazione in occasione di una fusione o di una scissione di società per azioni.
L’art. 1 del suddetto decreto ha modificato l’art. 2501-sexies c.c., aggiungendo ad esso il seguente ultimo comma: «La relazione di cui al primo comma non è richiesta se vi rinunciano all'unanimità i soci di ciascuna società partecipante alla fusione».
Correlativamente, è stato modificato l’articolo 2505-quater c.c., sopprimendo la previsione, già ivi contenuta, che con riferimento alle sole società non azionarie prevedeva la possibilità di derogare al disposto dell'articolo 2501-sexies con il consenso di tutti i soci delle società partecipanti alla fusione; ciò come riflesso del fatto che, a seguito della modifica, la derogabilità diviene regola generale per qualsiasi tipo societario.
L’art. 2 del decreto legislativo dichiara applicabili le nuove disposizioni alle fusioni e alle scissioni i cui progetti, alla data del 15 novembre 2009, non siano stati approvati dagli organi competenti di alcuna delle società partecipanti alla fusione o alla scissione.
Anteriormente alla riforma, cfr. sul punto RUOTOLO, Fusione e rinuncia all'unanimità alla relazione dell'organo amministrativo e alla relazione degli esperti, in Studi e materiali, 2007, 2, p. 1603.
L’art. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 (in G.U. n. 223 del 25 settembre 2009, n. 223), in vigore dal 26 settembre 2009, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166 (in G.U. n. 274 del 24.11.2009), sono state dettate disposizioni sull’affidamento della gestione di servizi pubblici locali a società private o miste.
In particolare, è stato modificato l’art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133: si prevede ora che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:
a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi comunitari;
b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi comunitari, le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento.
In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.
Viene altresì disciplinato il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto sopra. Inoltre, è disposto che le società che, in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera b), nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e al socio selezionato ai sensi della lettera b) del comma 2. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti.
L’art. 19 del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), come modificato dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102 (in G.U. n. 179 del 4.8.2009), in vigore dal 5 agosto 2009, detta disposizioni in materia di società pubbliche. In particolare:
1) – ai sensi dell’art. 19, comma 5, le amministrazioni dello Stato, cui sono attribuiti per legge fondi o interventi pubblici, possono affidarne direttamente la gestione, nel rispetto dei principi comunitari e nazionali conferenti, a società a capitale interamente pubblico su cui le predette amministrazioni esercitano un controllo analogo a quello esercitato su propri servizi e che svolgono la propria attività quasi esclusivamente nei confronti dell'amministrazione dello Stato. Gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi relativi ai fondi sono a carico delle risorse finanziarie dei fondi stessi;
2) – l'articolo 2497, primo comma, del codice civile, si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell'ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria;
3) – a decorrere dal 5 luglio 2009, gli statuti delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, si adeguano tra l’altro alle seguenti disposizioni:
3a) – previsione che, previa delibera dell'assemblea dei soci, sulle materie delegabili, al presidente possano essere attribuite deleghe operative da parte dell'organo di amministrazione che provvede a determinarne in concreto il contenuto ed il compenso ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile;
3b) – previsione che l'organo di amministrazione, fermo quanto previsto ai sensi della lettera b), possa delegare proprie attribuzioni a un solo componente, al quale possono essere riconosciuti compensi ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile unitamente al Presidente nel caso di attribuzione di deleghe operative di cui sopra;
4) – le altre modifiche statutarie di adeguamento alla legge n. 244/2007, diverse da quelle suindicate, hanno effetto a decorrere dal primo rinnovo degli organi societari successivo alle modifiche stesse.
Cfr., tra i contributi più recenti sul tema, DE NICTOLIS-CAMERIERO, Le società pubbliche in house e miste, Milano, 2008; AA.VV., Studi in tema di società a partecipazione pubblica, a cura di Cammelli e Dugato, Torino, 2008; FIMMANÒ, Le società di gestione dei servizi pubblici locali, in Riv. not., 2009, p. 897; OCCHILUPO, Le società in house (rassegna di giurisprudenza), in Giur. comm., 2008, II, p. 525; RUOTOLO, Gli adeguamenti degli statuti delle società partecipate al comma 729 della legge finanziaria, in Studi e materiali, 2008, 1, p. 133.
Cfr. anche la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 1 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (in G.U. n. 176 del 31.7.2009), in vigore dal 15 agosto 2009, ha modificato l’art. 3 del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5 (convertito in legge 9 aprile 2009, n. 33), in materia di reti di imprese.
In base alla nuova disciplina, con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. Il contratto è redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, e deve indicare:
a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale degli aderenti alla rete;
b) l’indicazione degli obiettivi strategici e delle attività comuni poste a base della rete, che dimostrino il miglioramento della capacità innovativa e della competitività sul mercato;
c) l’individuazione di un programma di rete, che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascuna impresa partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune da perseguirsi attraverso l’istituzione di un fondo patrimoniale comune, in relazione al quale sono stabiliti i criteri di valutazione dei conferimenti che ciascun contraente si obbliga ad eseguire per la sua costituzione e le relative modalità di gestione, ovvero mediante ricorso alla costituzione da parte di ciascun contraente di un patrimonio destinato all’affare, ai sensi dell’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile. Al fondo patrimoniale di cui alla presente lettera si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615 del codice civile;
d) la durata del contratto, le modalità di adesione di altre imprese e le relative ipotesi di recesso;
e) l’organo comune incaricato di eseguire il contratto di rete, i suoi poteri, anche di rappresentanza, e le modalità di partecipazione di ogni impresa all’attività dell’organo. Salvo che sia diversamente disposto nel contratto di rete, l’organo agisce in rappresentanza delle imprese, anche individuali, aderenti al contratto medesimo, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nonché nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito, all’utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti italiani ed allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione, previsti dall’ordinamento.
È prevista l’emanazione di disposizioni di attuazione della lettera e) suindicata per le procedure attinenti alle pubbliche amministrazioni, da adottarsi con decreto interministeriale, nonché alla ricognizione di interventi agevolativi previsti dalle vigenti disposizioni applicabili alle imprese aderenti al contratto di rete.
Il contratto di rete è iscritto nel registro delle imprese ove hanno sede le imprese contraenti.
Alle reti delle imprese suindicate si applicano le disposizioni dell’art. 1, comma 368, lettere b), c) e d), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (in materia di distretti produttivi), previa autorizzazione da rilasciarsi con decreto interministeriale.
Cfr., sul contratto di rete, AA.VV., Il contratto di rete. Commentario, a cura di Cafaggi, Bologna, 2009; MAUGERI, Reti di imprese, contratto di rete e reti contrattuali, in Obbligazioni e contratti, 2009, p. 945; CREA, Contratti tra imprese e sistemi reticolari fra cooperazione e concorrenza, in Rass. dir. civ., 2009, p. 905; CAFAGGI-IAMICELI, Contratto di rete. Inizia una nuova stagione di riforme?, in Obbligazioni e contratti, 2009, p. 595; VETTORI, Contratto di rete e sviluppo dell'impresa, in Obbligazioni e contratti, 2009, p. 390; CAFAGGI, Contratti tra imprese nei gruppi e nelle reti: prime riflessioni, in Studi in onore di Messinetti, Napoli, 2008, p. 175; CAMARDI, Efficienza contrattuale e reti di imprese, in Studi in onore di Messinetti, Napoli, 2008, p. 199; FLICK, Il contratto nelle "reti di imprese": problemi e prospettive, in Riv. dir. priv., 2008, p. 339.
L’art. 10 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (in G.U. n. 176 del 31.7.2009), in vigore dal 15 agosto 2009, ha apportato alcune modifiche alla disciplina delle società cooperative.
Innanzitutto, viene modificato l’articolo 2511 del codice civile, che definisce ora le cooperative come “società a capitale variabile con scopo mutualistico, iscritte presso l’albo delle società cooperative di cui all’articolo 2512, secondo comma, e all’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del presente codice”. L’iscrizione nell’albo delle cooperative diviene quindi requisito “costitutivo” ai fini dell’esistenza stessa della società cooperativa.
Si dispone, correlativamente, che la presentazione della comunicazione unica di cui all’art. 9 del d.l. n. 7/2007, all’ufficio del registro delle imprese determina, nel caso di impresa cooperativa, l’automatica iscrizione nell’albo delle società cooperative. A tal fine, l’ufficio del registro delle imprese trasmette immediatamente all’albo delle società cooperative la comunicazione unica, nonché la comunicazione della cancellazione della società cooperativa dal registro o della sua trasformazione in altra forma societaria per l’immediata cancellazione dal suddetto albo.
Le società cooperative, ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all’articolo 2513 del codice civile (prevalenza dell’attività svolta nei confronti dei soci cooperatori), comunicano annualmente le notizie di bilancio all’amministrazione presso la quale è tenuto l’albo delle società cooperative con gli strumenti informatici di cui all’articolo 223-sexiesdecies disp. att. c.c. (che è stato corrispondentemente modificato, precisandosi che “l’omessa comunicazione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa della sospensione semestrale di ogni attività dell’ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali”).
Considerata l’automatica iscrizione nell’albo delle cooperative, è stata abrogata la previsione contenuta nel terzo comma dell’articolo 2515 del codice civile (che obbligava ad indicare negli atti e nella corrispondenza il numero dell’iscrizione nell’albo delle cooperative a mutualità prevalente).
È stato poi modificato l’articolo 2545-octies del codice civile, disponendosi che – qualora la cooperativa abbia perso la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di prevalenza di cui all’articolo 2513 – l’obbligo predisporre apposito bilancio per determinare il valore delle riserve indivisibili si applica soltanto nel caso in cui la cooperativa medesima modifichi le previsioni statutarie di cui all’articolo 2514 (clausole non lucrative), o abbia emesso strumenti finanziari. In tutti i casi di perdita della citata qualifica, la cooperativa è tenuta a segnalare espressamente tale condizione attraverso gli strumenti di comunicazione informatica previsti dall’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del presente codice. Lo stesso obbligo sussiste per la cooperativa nel caso in cui le risultanze contabili relative al primo anno successivo alla perdita della detta qualifica evidenzino il rientro nei parametri della mutualità prevalente. In seguito alle predette segnalazioni, l’amministrazione presso la quale è tenuto l’albo delle società cooperative provvede alla variazione della sezione di iscrizione all’albo medesimo senza alcun ulteriore onere istruttorio. L’omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente è segnalata all’amministrazione finanziaria e comporta l’applicazione della sanzione amministrativa della sospensione semestrale di ogni attività dell’ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali.
L’art. 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (in G.U. n. 176 del 31.7.2009), in vigore dal 15 agosto 2009, ha introdotto una nuova disciplina dei consorzi agrari, al fine di uniformarne la disciplina ai princìpi del codice civile. Viene quindi abrogato il comma 9-bis dell’art. 1 del d.l. 18 maggio 2006, n. 181, convertito dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.
Le disposizioni della legge 28 ottobre 1999 n. 410, e successive modificazioni, che regolavano i consorzi agrari, erano state abrogate dalla legge n. 233/2006 (ad eccezione dell'articolo 2, dell'articolo 5, commi 2, 3 e 5, e dell'articolo 6). L’effetto abrogativo deve ritenersi permanere nonostante l’abrogazione della norma abrogatrice, in considerazione della finalità di “armonizzazione” alla disciplina del codice civile, espressa dall’art. 9 della legge n. 99/2009.
I consorzi agrari sono costituiti in società cooperative disciplinate dalle disposizioni di cui agli articoli 2511 e seguenti del medesimo codice.
Era già stato implicitamente abrogato dalla legge n. 233/2006 l'art. 223-terdecies, comma 2, disp. att. c.c., secondo il quale ai consorzi agrari continuavano ad applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore della legge n. 366 del 2001; si applicano oggi, invece, ai consorzi agrari le disposizioni del codice civile sulle cooperative, quali novellate dalla riforma societaria del 2003. Sono, conseguentemente, applicabili anche le disposizioni generali degli artt. 2519 e 2522 c.c., con la conseguenza che i consorzi agrari sono regolati dalle norme sulla s.p.a., salvo opzione per le norme sulla s.r.l. e salve le disposizioni speciali dell'art. 2522 c.c.
L’uso della denominazione di consorzio agrario è riservato esclusivamente alle società cooperative suddette. Essendo stato abrogato l'art. 3 della legge n. 410/1999, non è invece più richiesto che la dicitura "consorzio agrario" sia seguita dalla specificazione territoriale (che doveva, nel vigore del suddetto art. 3, essere almeno provinciale).
I consorzi agrari mantengono lo scopo di contribuire all'innovazione ed al miglioramento della produzione agricola, nonché alla predisposizione e gestione di servizi utili all'agricoltura. I detti consorzi possono inoltre compiere operazioni di credito–agrario di esercizio in natura, ai sensi dell'articolo 153 del d. lgs. n. 385/1993, nonché di anticipazione ai produttori in caso di conferimento di prodotti agricoli all'ammasso volontario, e possono partecipare a società i cui scopi interessino l'attività consortile o promuoverne la costituzione (art. 2 della legge n. 410/1999).
I consorzi agrari sono considerati cooperative a mutualità prevalente indipendentemente dai criteri di prevalenza dell’attività con i soci cooperatori, stabiliti dall’articolo 2513 del codice civile, purché rispettino i requisiti di cui all’articolo 2514 del medesimo codice (c.d. clausole non lucrative). La peculiarità dello scopo dei consorzi agrari prevale quindi sulla disciplina della mutualità prevalente prevista dai nuovi artt. 2512 ss. c.c.; posto che, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 410/1999, «i consorzi agrari hanno lo scopo di contribuire all'innovazione ed al miglioramento della produzione agricola, nonché alla predisposizione e gestione di servizi utili all'agricoltura», il che significa proiezione verso l'esterno dell’attività della cooperativa (e quindi verso la più ampia collettività di cui si compone la società rurale), piuttosto che mutualità interna diretta ai soci. Peraltro, il richiamo all’art. 2514 c.c. – effettuato dalla legge n. 99/2009 – comporta che il consorzio agrario può essere a mutualità prevalente o meno, a seconda che nello statuto siano inserite, o meno, le clausole non lucrative.
Nei casi in cui risulta applicabile la disciplina della mutualità prevalente, ne consegue - a norma dell'art. 223-duodecies disp. att. c.c. - l'applicabilità ai consorzi agrari delle agevolazioni fiscali previste per la cooperazione (anche in mancanza della prevalenza dell’attività con i soci ex art. 2513 c.c.).
L'applicabilità delle norme codicistiche introdotte con la riforma societaria implica la possibilità di previsione, nello statuto dei consorzi agrari, degli strumenti finanziari e dei soci finanziatori, di cui al nuovo art. 2526 c.c.
È rimasto in vigore l'art. 6 della legge n. 410/1999, e permane quindi il diritto di prelazione in capo ai consorzi agrari, in caso di vendita di beni immobili o di vendita in blocco dei beni mobili, di cessione di azienda o di ramo di azienda dei consorzi agrari sottoposti a liquidazione coatta amministrativa, costituiti nella regione o in regione confinante.
Nell'albo delle società cooperative rimane istituita la specifica categoria «consorzi agrari» (art. 4, comma 3, del d.m. 23 giugno 2004). Cfr. la Circolare del Ministro delle Attività Produttive, Direzione generale per gli enti cooperativi, in data 6 dicembre 2004, prot. n. 1579682, e la Circolare Min. Attività Produttive 4 agosto 2005 n. 1578744.
La vigilanza sui consorzi agrari è esercitata dal Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell'art. 12 del d. lgs. 2 agosto 2002 n. 220.
I consorzi agrari adeguano i propri statuti alle disposizioni del codice civile entro il 15 agosto 2010.
Cfr., sulla previgente disciplina, dettata dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, la Rassegna relativa al secondo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it. Sull’assetto anteriore dei consorzi agrari, risultante dalla legge n. 410/1999, cfr. PETRELLI, Formulario notarile commentato, IV, 2, Milano, 2005, p. 271 ss.
L’art. 2, commi da 172 a 177, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (in Suppl. ord. n. 243 alla G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 1° gennaio 2010, dispone che alle banche di credito cooperativo, autorizzate all’esercizio dell’attività bancaria successivamente al 1° gennaio 2010, e che partecipano al capitale della Banca per il Mezzogiorno, è consentita, per un periodo massimo di cinque anni dalla data dell’autorizzazione, l’emissione di azioni di finanziamento di cui all’art. 2526 del codice civile, sottoscrivibili solo da parte dei fondi mutualistici, entro determinati limiti, con la disciplina fissata nei commi suddetti.
L’art. 2, comma 41, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (in Suppl. ord. n. 243 alla G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 1° gennaio 2010, ha stabilito al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale i soggetti, che alla data del 31 dicembre 2008 detenevano partecipazioni nel capitale di banche popolari in misura eccedente rispetto a quella prevista dall’art. 30, comma 2, del t.u.b., devono alienare le azioni eccedenti.
L’art. 55 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (in G.U. n. 176 del 31.7.2009), in vigore dal 15 agosto 2009, ha dettato disposizioni di interpretazione autentica dell’art. 2, comma 227, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (a norma del quale ultimo, “Le imprese che intendono esercitare la professione di autotrasportatore di cose per conto di terzi, in possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e professionale, ed iscritte all’albo degli autotrasportatori per conto di terzi, sono tenute a dimostrare di aver acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l’intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro 3, di altra impresa che cessa l’attività di autotrasporto per conto di terzi, oppure di aver acquisito ed immatricolato, singolarmente o in forma associata, veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore a Euro 3 e aventi massa complessiva a pieno carico non inferiore a ottanta tonnellate”).
La nuova disposizione legislativa precisa che l’espressione «in forma associata» si interpreta nel senso che le suddette imprese di autotrasporto devono aderire, ferme le condizioni di dettaglio stabilite con provvedimento del Dipartimento per trasporti terrestri e il trasporto intermodale - Direzione generale per il trasporto stradale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a un consorzio o a una cooperativa a proprietà divisa (nella quale, cioé, la proprietà delle aziende e/o dei veicoli permanga in capo agli imprenditori associati), esistente o di nuova costituzione, che sia iscritto o venga iscritto alla sezione speciale, prevista dal regolamento di cui al d.p.r. 19 aprile 1990, n. 155, dell’albo degli autotrasportatori per conto di terzi, e gestisca e coordini effettivamente a livello centralizzato e in tutte le sue fasi l’esercizio dell’autotrasporto da parte delle imprese aderenti.
Il D.M. 11 maggio 2009 (in G.U. n. 185 dell’11.8.2009) ha disciplinato il riconoscimento e controllo delle organizzazioni di produttori ortofrutticoli e loro associazioni, in applicazione del Regolamento CE n. 1234/2007.
A norma dell’art. 2, le Regioni riconoscono, su specifica richiesta, le Organizzazioni di produttori (OP) per prodotto o gruppi di prodotti. Le Organizzazioni di produttori devono a tal fine assumere una delle seguenti forme giuridiche societarie:
a) società di capitali aventi per oggetto sociale la commercializzazione dei prodotti agricoli, il cui capitale sociale sia sottoscritto da imprenditori agricoli o da società costituite dai medesimi soggetti o da società cooperative agricole e loro consorzi;
b) società cooperative agricole e loro consorzi;
c) società consortili di cui all'art. 2615-ter del codice civile, costituite da imprenditori agricoli o loro forme societarie.
Ai fini del riconoscimento delle OP, il numero minimo di produttori è fissato a cinque (art. 3).
A norma dell’art. 5, il riconoscimento può essere chiesto alle Regioni anche dalle associazioni di organizzazioni di produttori (AOP). Le AOP, devono assumere una delle forme societarie sopra indicate, e sono costituite da almeno due OP riconosciute ai sensi del Regolamento CE n. 1234/2007 o del Regolamento CE n. 2200/96; esse possono associare anche gruppi di produttori prericonosciuti (GP); a tal fine il riconoscimento e il prericonoscimento delle OP e dei GP aderenti, nonché la loro funzionalità sono attestate dalla Regione. Una persona fisica o giuridica che non sia riconosciuta come OP può essere socia di una AOP, con i limiti di cui all'art. 36, comma 2 del regolamento. Le predette persone fisiche o giuridiche, in ogni caso, non possono detenere, complessivamente, più del 10% delle quote sociali con diritto di voto dell'AOP.
Una persona fisica o giuridica che non sia un produttore, come definito dall'art. 21, comma 1, lettera a), del regolamento, può essere accolta come aderente ad una OP, nel rispetto delle condizioni stabilite dall'art. 32, comma 3 del regolamento. I soci non produttori non possono possedere, complessivamente, più del 10% delle quote sociali con diritto di voto dell'OP. Tale disposizione deve essere statutariamente prevista. In ogni caso, i soci non produttori non possono partecipare al voto per le decisioni relative al fondo di esercizio e non devono svolgere attività concorrenziali con quelle dell'OP (art. 7).
A norma dell’art. 8, le OP assicurano ai soci produttori il controllo democratico delle decisioni da attuare in materia di gestione e funzionamento delle OP medesime, in conformità con la legislazione societaria vigente. A tal fine, un unico socio non può detenere più del 35% delle quote sociali con diritto di voto dell'OP e/o dei diritti di voto dell'OP.
La durata minima dell'adesione di un socio ad una OP non può essere inferiore ad un anno. Tuttavia, in caso di presentazione di un programma operativo, nessun aderente all'OP può liberarsi dagli obblighi derivanti da detto programma per l'intero periodo della sua attuazione, salvo autorizzazione dell'OP. Il recesso dell'aderente viene comunicato per iscritto all'OP, nei sei mesi antecedenti la chiusura dell'esercizio finanziario ed ha decorrenza dalla chiusura dell'esercizio finanziario stesso. Il recesso del socio, quando finalizzato al conferimento di uno specifico prodotto verso un'altra OP, deve essere espressamente autorizzato dall'OP di appartenenza, a norma dello statuto e/o del regolamento, qualora presente (art. 9).
Nell’art. 10, e nell’allegato al decreto, sono disciplinate le fusioni tra OP, tra GP e tra OP e GP.
Sull’assetto anteriore, con particolar riguardo alle cooperative di produttori ortofrutticoli, risultante dalla legge n. 410/1999, cfr. PETRELLI, Formulario notarile commentato, IV, 2, Milano, 2005, p. 231 ss.
Gli artt. 46, 47 e 48 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 161 del 14.7.2009), in vigore dal 28 luglio 2009, dettano disposizioni diattuazione del regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, aventi ad oggetto i Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT), che hanno sede in Italia. I suddetti enti perseguono l’obiettivo di facilitare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale o interregionale al fine esclusivo di rafforzare la coesione economica e sociale e comunque senza fini di lucro. I GECT aventi sede in Italia sono dotati di personalità giuridica di diritto pubblico. Il GECT acquista la personalità giuridica con l’iscrizione nel Registro dei gruppi europei di cooperazione territoriale, di seguito denominato «Registro», istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Segretariato generale.
La convenzione e lo statuto di un GECT, previsti dagli articoli 8 e 9 del citato regolamento (CE) n.1082/2006, sono approvati all’unanimità dei suoi membri e sono redatti in forma pubblica ai sensi degli articoli 2699 e seguenti del codice civile, a pena di nullità.
Gli organi di un GECT avente sede in Italia, nonché le modalità di funzionamento, le rispettive competenze e il numero di rappresentanti dei membri in detti organi, sono stabiliti nello statuto. Le finalità specifiche del GECT ed i compiti ad esse connessi sono definiti dai membri del GECT nella convenzione istitutiva.
Lo statuto e la convenzione sono pubblicati, a cura e spese del GECT, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Anche le modifiche alla convenzione e allo statuto del GECT sono iscritte nel Registro, e di esse va data altresì comunicazione con pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.
Con D.P.C.M. 6 ottobre 2009 (in G.U. n. 273 del 23.11.2009) è stato istituito il registro dei Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT).
Cfr. anche, in argomento, COCUCCI, Nuove forme di cooperazione territoriale transfrontaliera: il gruppo europeo di cooperazione territoriale, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2008, p. 891; DICKMANN, Il gruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect), in Foro amm.-Cons. Stato, 2006, p. 2901.
Con Provvedimento Isvap del 2 luglio 2009, n. 2720 (in G.U. n. 172 del 27.7.2009) sono state dettate modifiche ed integrazioni al Regolamento Isvap 16 ottobre 2006, n. 5, concernente la disciplina dell'attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa di cui al titolo IX (Intermediari di assicurazione e riassicurazione) e di cui all’art. 183 (Regole di comportamento) del D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private).
Con D. Lgs. 3 ottobre 2009, n. 153 (in G.U. n. 257 del 4.11.2009), in vigore dal 19 novembre 2009, sono stati individuati nuovi servizi erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.
Detti nuovi servizi concernono lo svolgimento di alcuni servizi a domicilio (assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia); la dispensazione per conto delle strutture sanitarie dei farmaci a distribuzione diretta; la messa a disposizione di operatori socio-sanitari, di infermieri e di fisioterapisti, per la effettuazione, a domicilio, di specifiche prestazioni professionali; la collaborazione delle farmacie alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio, e a favorire l'aderenza dei malati alle terapie mediche; la erogazione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale; la erogazione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti; l'effettuazione, presso le farmacie, nell'ambito dei servizi di secondo livello di cui sopra, di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell'ambito dell'autocontrollo; la effettuazione di attività attraverso le quali nelle farmacie gli assistiti possano prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, e provvedere al pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino, nonché ritirare i referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate.
Sulla normativa previgente v. GUIDA, L'oggetto sociale della società di gestione di farmacia e riflessi notarili, in Studi e materiali, 2009, 3, p. 1084.
Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 20 ottobre 2009 (in G.U. n. 244 del 20.10.2009) è stata disposta – in attuazione del D.M. 17 febbraio 2009, n. 29 – la cancellazione d’ufficio dall’elenco speciale ex art. 107 del testo unico bancario delle società di cartolarizzazione di crediti (che ora sono tenute unicamente all’iscrizione nell’elenco generale ex art. 107 t.u.b.).
Cfr. anche, per un commento al D.M. 17 febbraio 2009, n. 29, la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 23 ottobre 2009 (in G.U. n. 267 del 16.11.2009) sono state fornite indicazioni circa le modalità di esercizio dei poteri di direzione e coordinamento della capogruppo di gruppi bancari nei confronti delle società di gestione del risparmio (SGR) appartenenti al gruppo, che integrano le preesistenti istruzioni in materia di gruppi.
Il D.Lgs. 17 luglio 2009, n. 101 (in G.U. n. 178 del 3.8.2009), in vigore dal 18 agosto 2009, ha sostituito l’art. 18-bis del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (testo unico della finanza), riguardante la consulenza finanziaria. In particolare, il nuovo testo precisa che la riserva di attività di cui all'articolo 18 non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob, ed iscritte nell’apposito albo delle persone fisiche consulenti finanziari, di prestare la consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.
Viene altresì sostituito il comma 4 dell’art. 31 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che disciplina l’albo unico dei promotori finanziari.
L’art. 1, comma 14, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 30 dicembre 2009, ha differito al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale – in caso di mancata entrata in vigore dei provvedimenti di cui all’art. 18-bis del d. lgs. n. 58/1998 (t.u.f.) – la riserva di attività di cui all'articolo 18 del d. lgs. n. 58/1998 non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestavano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), del suddetto t.u.f. senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti (cfr. anche, sul punto, l’art. 23, comma 7, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, che ha modificato l’art. 19, comma 14, della legge 17 settembre 2007, n. 164).
Cfr. anche, sul punto e sulla consulenza in materia di investimenti da parte di società, le Rassegne relative al secondo semestre 2007 (“Mercati degli strumenti finanziari”), al primo semestre 2008, ed al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it; nonché SEPE, Ausiliari all'intermediazione finanziaria e creditizia e riserve di attività, in Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, Milano, 2009, p. 141;
PARACAMPO, Le società di consulenza finanziaria: una disciplina in itinere, in Società, 2009, p. 1459; PAOLINI, Oggetto sociale: attività finanziaria e consulenza in materia di investimenti "non nei confronti del pubblico", in Studi e materiali, 2008, 4, p. 1822; PAOLINI, Oggetto sociale: la "consulenza in materia di investimenti" a seguito del recepimento della Direttiva Mifid, in Studi e materiali, 2008, 2, p. 893.
Con D. Lgs. 25 settembre 2009, n. 146 (in G.U. n. 246 del 22.10.2009), in vigore dal 6 novembre 2009, sono state dettate disposizioni integrative e correttive del d. lgs. 19 novembre 2007, n. 229, in materia di offerte pubbliche di acquisto, e conseguentemente al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (testo unico della finanza).
In particolare:
- con effetto dal 1° luglio 2010, è modificato l’art. 104 t.u.f., disponendosi che, salvo autorizzazione dell'assemblea ordinaria o di quella straordinaria per le delibere di competenza, le società italiane quotate i cui titoli sono oggetto di OPA devono astenersi dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta. L’autorizzazione assembleare prevista dal comma 1 è richiesta anche per l'attuazione di ogni decisione presa prima dell'inizio del periodo indicato nel comma 1, che non sia ancora stata attuata in tutto o in parte, che non rientri nel corso normale delle attività della società e la cui attuazione possa contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta. Gli statuti possono derogare, in tutto o in parte, alle disposizioni dei commi 1 e 1-bis;
- è modificato l’art. 122 t.u.f., prevedendosi che i patti, in qualunque forma stipulati, aventi per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano entro cinque giorni dalla stipulazione sono: a) comunicati alla Consob; b) pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana; c) depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sua sede legale; d) comunicati alle società con azioni quotate. Gli obblighi di comunicazione suddetti non si applicano ai patti, in qualunque forma stipulati, aventi ad oggetto partecipazioni complessivamente inferiori alla soglia indicata all'articolo 120, comma 2.
È scaduto il 31 dicembre 2009 il termine per usufruire delle agevolazioni tributarie per la formazione e l’arrotondamento della proprietà contadina, quali originariamente previste dalla legge 6 agosto 1954, n. 604 (applicabili anche agli acquisti dell’imprenditore agricolo professionale, iscritto nell’apposita gestione previdenziale). Termine che era stato da ultimo prorogato dall’art. 2, comma 8, della legge 22 dicembre 2008, n. 203.
Rimangono in vigore le altre agevolazioni per l’agricoltura; tra le quali le agevolazioni previste per l’imprenditore agricolo professionale (cfr. l’art. 1 della tariffa allegata al d.p.r. n. 131/1986), quelle per il compendio unico (art. 7 del d. lgs. n. 99/2004), e quelle per i territori montani, riguardanti “i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali” (art. 9, comma 2, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601).
A decorrere dal 1° gennaio 2010 è nuovamente dovuta l’imposta catastale proporzionale, anziché fissa, per i trasferimenti a titolo oneroso a favore delle Onlus.
L’art. 30, comma 5-bis, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, inserito dalla legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2, aveva infatti disposto come segue:
“5-bis. Al comma 2 dell’articolo 10 del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e successive modificazioni, le parole: «quarto e quinto periodo» sono sostituite dalle seguenti: «quarto, quinto e nono periodo».
L’art. 10, comma 2, del t.u. n. 347/1990, che riguarda l’imposta catastale, ha quindi assunto il seguente tenore:
“L'imposta è dovuta nella misura fissa di euro 168,00 per le volture ... eseguite in dipendenza degli atti di cui all'articolo 1, comma 1, quarto, quinto e nono periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131”.
I periodi quarto, quinto e nono dell’articolo 1, comma 1, della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131/1986, riguardano rispettivamente gli atti traslativi a titolo oneroso di beni culturali, gli atti traslativi a titolo oneroso della prima casa; gli atti traslativi a titolo oneroso a favore di Onlus.
La Circ. Agenzia Entrate 14 giugno 2002, n. 52/E, aveva ritenuto in passato che il richiamo effettuato ai periodi quarto e quinto dovesse intendersi effettuato ai periodi quinto e sesto, a seguito della modifica apportata dall’art. 7, comma 7, della legge n. 488/1999, che aveva aggiunto un secondo periodo all’art. 1, comma 1, della tariffa. Il sesto periodo riguarda l’ipotesi in cui il trasferimento ha “per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricato e esente dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 10, primo comma, numero 8- bis), del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, ed è effettuato nei confronti di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la rivendita di beni immobili, a condizione che nell'atto l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro tre anni”). Nell’assetto anteriore alla modifica apportata dalla legge n. 2/2009, in definitiva, l’imposta fissa catastale si applicava agli atti traslativi a titolo oneroso della prima casa, ed agli atti esenti da Iva di cui al sesto periodo.
Un primo dubbio può sorgere dal fatto che il rinvio ai periodi quarto e quinto, che poteva senz’altro ritenersi “recettizio” e quindi riferibile ai periodi quinto e sesto dopo la legge n. 488/1999, oggi – con una modifica introdotta dalla legge n. 2/2009 e quindi ultima cronologicamente e come tale prevalente, torna a richiamare i periodi quarto e quinto.
D’altra parte, sembra evidente che il legislatore abbia inteso unicamente introdurre una nuova agevolazione (l’imposta catastale in misura fissa, anziché proporzionale) per gli atti traslativi a favore delle Onlus (l’art. 30 del d.l. n. 185/2008 riguarda, infatti, i “circoli privati”), menzionando i periodi quarto e quinto solo per finalità “redazionali” (connesse essenzialmente alla punteggiatura ed alle congiunzioni).
Nel contempo, il medesimo art. 30, al comma 5-ter, del d.l. n. 185/2008, anch’esso inserito dalla legge di conversione n. 2/2009, ha disposto:
“5-ter. Le norme di cui al comma 5-bis si applicano fino al 31 dicembre 2009”.
A decorrere, quindi, dal 1° gennaio 2010, cessa di aver vigore l’agevolazione (temporanea) introdotta per le Onlus, i trasferimenti a favore delle quali sconteranno, quindi, l’imposta di registro in misura fissa, e le imposte ipotecaria e catastale entrambe in misura proporzionale.
Correlativamente, a decorrere dal 1° gennaio 2010 l’art. 10, comma 2, del t.u. n. 347/1990 dovrà leggersi come segue:
“L'imposta è dovuta nella misura fissa di euro 168,00 per le volture ... eseguite in dipendenza degli atti di cui all'articolo 1, comma 1, quarto e quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131”. Il riferimento ai periodi quarto e quinto – in quanto, a questo punto, contenuto in un testo normativo “ripristinato” nella sua portata originaria – deve intendersi comunque effettuato ai periodi quinto e sesto, come precisato dalla Circolare n. 52/E del 2002 (con la conseguenza che continua ad applicarsi l’imposta fissa catastale agli atti traslativi a titolo oneroso della prima casa, ed agli atti esenti da Iva relativi ad immobili acquistati per la rivendita, di cui al sesto periodo).
L’art. 2, comma 229, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (in Suppl. ord. n. 243 alla G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 1° gennaio 2010, ha modificato il disposto dell’art. 2, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito in legge 21 febbraio 2003, n. 27; ha, più precisamente, prorogato al 31 ottobre 2010 il termine per la redazione ed il giuramento della perizia, da utilizzarsi per la rideterminazione del valore di acquisto dei terreni agricoli o edificabili e delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, posseduti alla data del 1° gennaio 2010.
Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 31 ottobre 2010.
Il termine per la redazione della perizia era stato precedentemente fissato al 31 ottobre 2008 dall’art. 4, comma 9-ter, del D.L. 3 giugno 2008, n. 97 (in G.U. n. 128 del 3.6.2008), convertito in legge 2 agosto 2008, n. 129 (in G.U. n. 180 del 2.8.2008).
Nell’ipotesi in cui si fosse precedentemente proceduto a rivalutazione sulla base del disposto originario del d.l. n. 282/2002, o di una delle successive proroghe, il soggetto interessato dovrà comunque corrispondere l’intero ammontare dell’imposta sostitutiva; degli importi precedentemente pagati può essere chiesto il rimborso, ai sensi dell’art. 38 del d.p.r. n. 602/1973, ma solo se non sono trascorsi 48 mesi del versamento (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 27/E del 2003, e Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 236/E del 2008).
L’art. 2, commi 10 e 11, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (in Suppl. ord. n. 243 alla G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 1° gennaio 2010, ha modificato le disposizioni – contenute nell’art. 1, commi 17 e 18 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che prorogavano il beneficio della detrazione fiscale per le ristrutturazioni.
Quindi, ai sensi del nuovo art. 1, comma 17, della legge n. 244/2007:
- Sono prorogate per gli anni 2010, 2011 e 2012, per una quota pari al 36 per cento delle spese sostenute, nei limiti di 48.000 euro per unità immobiliare, ferme restando le altre condizioni ivi previste, le agevolazioni tributarie (detrazioni Irpef) in materia di recupero del patrimonio edilizio relative:
a) – agli interventi di cui all’articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2012;
b) – agli interventi di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nel testo vigente al 31 dicembre 2003, eseguiti dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2012 dai soggetti ivi indicati che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile entro il 30 giugno 2013.
Ai sensi del nuovo art. 1, comma 18, della legge n. 244/2007:
- È prorogata per gli anni 2010, 2011, 2012 e successivi (quindi è introdotta a regime) nella misura e alle condizioni ivi previste, l’agevolazione tributaria (aliquota Iva al 10%) in materia di recupero del patrimonio edilizio relativa alle prestazioni di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fatturate dal 1° gennaio 2008.
Pertanto, sono prorogati fino a tutto l'anno 2012:
A) – il beneficio della detrazione fiscale, ai fini Irpef, in dipendenza del costo di acquisto di interi fabbricati ristrutturati da parte di imprese di costruzione (previsto dall'art. 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001 n. 448);
B) - il beneficio della detrazione fiscale, ai fini Irpef, delle spese di ristrutturazione (quale previsto dall'art. 1 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, dall'art. 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002 n. 289).
Il panorama normativo è, pertanto, attualmente il seguente:
A) - RISTRUTTURAZIONE DI INTERI FABBRICATI DA PARTE DI IMPRESE:
- La detrazione IRPEF compete nel caso di interventi di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione (art. 31, lettere c) e d), della legge 457/1978) di interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione, o di ristrutturazione immobiliare, o cooperative edilizie. Ad usufruire della detrazione sono, in quest’ultimo caso, gli acquirenti delle singole unità immobiliari, a condizione che:
a) – i lavori di ristrutturazione siano eseguiti a partire dal 1° gennaio 2008 e fino al 31 dicembre 2012;
b) – l’impresa o cooperativa provveda all’alienazione o assegnazione entro il 30 giugno 2013.
La detrazione compete per il 36% delle spese sostenute, che si assumono pari al 25% del prezzo dell’unità immobiliare risultante dall’atto di vendita o assegnazione, e comunque entro l’importo massimo di 48.000 euro per unità immobiliare.
Con D.M. 9 maggio 2002 n. 153 (in G.U. n. 174 del 26.7.2002) era stato modificato il regolamento che regolamenta la suddetta detrazione, quale approvato con D.M. 18 febbraio 1998 n. 41.
B) - ALTRE FATTISPECIE DI RISTRUTTURAZIONE:
- In caso di trasferimento per causa di morte, il beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene.
- La suddetta detrazione fiscale, limitatamente alle spese sostenute entro l'anno 2012, è riconosciuta alle suddette condizioni anche nel caso di acquisto di autorimesse pertinenziali ad abitazioni, alle suddette condizioni, e purché l’autorimessa sia acquistata dal costruttore (sia esso privato o imprenditore), e sia destinata a pertinenza di un’unità abitativa, anche se non facente parte dello stesso fabbricato; la detrazione in questo caso compete limitatamente alle spese sostenute per la realizzazione dell’autorimessa, da comprovarsi mediante attestazione rilasciata dal venditore (Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 166/E del 20 dicembre 1999; Circ. Min. Finanze 12 maggio 2000 n. 95/E, paragrafo 2.1.7). Per quanto riguarda gli acconti pagati anteriormente all’atto di acquisto dell’autorimessa, la detrazione è ammessa a condizione che sia stato preventivamente registrato il relativo contratto preliminare, dal quale risulti la destinazione pertinenziale (Ris. Agenzia Entrate 28 febbraio 2008, n. 38/E; Ris. Agenzia Entrate 7 luglio 2008, n. 282/E).
- Trattandosi di spese di ristrutturazione sostenute in dipendenza di contratti di appalto, alla detrazione Irpef sopra indicata si aggiunge - limitamente alle fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2008 - l'ulteriore beneficio dell'Iva ridotta al 10%. Si tratta delle prestazioni aventi per oggetto interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all'articolo 31, primo comma, lettere a), b), c) e d), della legge n. 457/1978 (che vanno quindi dalla manutenzione ordinaria alla ristrutturazione edilizia). Con d.m. 29 dicembre 1999 sono stati individuati i beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate nell'ambito delle prestazioni di cui alla presente lettera, ai quali l'aliquota ridotta si applica fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa all'intervento di recupero, al netto del valore dei predetti beni.
Anche in questo caso, la percentuale di detrazione Irpef è fissata al 36 per cento delle spese sostenute.
C) - INDICAZIONE DELLE SPESE DI MANODOPERA NELLA FATTURA.
Ai sensi dell'art. 1, comma 19, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (in Suppl. ord. n. 285 alla G.U. n. 300 del 28.12.2007), la detrazione Irpef compete a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.
D) - COMUNICAZIONE DI INIZIO LAVORI.
Con Provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate in data 17 marzo 2006 (in G.U. n. 70 del 24.3.2006) era stato approvato il modello di comunicazione di inizio lavori di ristrutturazione edilizia per fruire della detrazione d'imposta ai fini Irpef (di cui all'art. 1 della legge 27 dicembre 1997 n. 449), previsto dall'articolo 1 del d.m. 18 febbraio 1998 n. 41.
Con D.M. 6 agosto 2009 (in G.U. n. 224 del 26.9.2009), in vigore dal giorno 11 ottobre 2009, sono state dettate disposizioni modificative del D.M. 19 febbraio 2007, in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell’art. 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 21 dicembre 2009, prot. n. 190196 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle Entrate in data 22 dicembre 2009, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono state approvate le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati contenuti nella comunicazione per lavori concernenti gli interventi di riqualificazione energetica che proseguono oltre il periodo d’imposta.
Cfr. anche le Rassegne relative al secondo semestre 2007, al primo semestre 2008, al secondo semestre 2008 ed al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
L’art. 24 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 161 del 14.7.2009), in vigore dal 28 luglio 2009, ha modificato le disposizioni in materia di base imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, contenute negli artt. 13 e 14 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, al fine di adeguare la suddetta normativa all’ordinamento comunitario.
In particolare, viene ora stabilito che la base imponibile per le cessioni indicate ai numeri 4), 5) e 6) del secondo comma dell’articolo 2 del d.p.r. n. 633/1972 è costituita non più dal “valore normale”, bensì dall'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all'esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti. Viene inoltre eliminata la disposizione, già contenuta nell’art. 14 (come modificato dalla legge n. 244/2007), secondo la quale il valore normale era determinato ai sensi del terzo e del quarto comma del presente articolo se i beni ceduti o i servizi prestati rientrano nell’attività propria dell’impresa; diversamente, il valore normale era costituito per le cessioni di beni dal prezzo di acquisto dei beni stessi e per le prestazioni di servizi dalle spese sostenute per la prestazione dei servizi stessi. Soprattutto, però, è stato modificato il comma 3 dell’art. 54 del d.p.r. n. 633/1972 (come introdotto dall’art. 35, comma 2, del d.l. n. 223/2006, e successivamente modificato: che con particolar riferimento alle cessioni di immobili riteneva prova sufficiente ai fini della rettifica della base imponibile lo scostamento rispetto al valore normale determinato ai sensi dell’art. 14). Il nuovo comma 3 dell’art. 54 elimina ora ogni automatismo in tal senso.
È stato altresì eliminato il corrispondente automatismo, valevole ai fini dell’accertamento riguardante le imposte sui redditi (sempre riguardo alle cessioni immobiliari da parte di soggetti esercenti attività d’impresa), già introdotto dall’art. 35, comma 3, del d.l. n. 223/2006 nell’art. 39, lett. c), del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600. Anche ai fini delle imposte sui redditi, quindi, il semplice scostamento del prezzo di vendita di un immobile dal valore normale non costituisce elemento sufficiente per la rettifica di tale valore.
Cfr. sull’argomento BELLINI-FORTE-LOMONACO, Note riepilogative sul tema delle cessioni di fabbricati effettuate da soggetti passivi Iva, in Studi e materiali, 2007, 2, p. 1132; TASSANI, I trasferimenti immobiliari tra corrispettivo contrattuale e valore normale dopo il d.l. n. 223 del 2006, in Studi e materiali, 2007, 1, p. 277; LOMONACO, Il nuovo regime fiscale delle cessioni di fabbricati effettuate da soggetti passivi IVA, in Riv. not., 2007, 1, p. 77; FORTE, Il regime Iva della cessione degli immobili e delle locazioni dopo il D.L. 223/2006, in Novità e problemi nell'imposizione tributaria relativa agli immobili - Quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, Roma, 2006, p. 119; PISCHETOLA, L’agenzia delle entrate detta criteri per la determinazione del valore normale dei fabbricati, in Fisco, 2007, p. 4860; PISCHETOLA, Il valore «normale» nelle cessioni immobiliari dopo il decreto Bersani-Visco e poteri dell’amministrazione finanziaria, in Fisco, 2006, p. 5572.
L’art. 5, comma 3-ter, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102 (in G.U. n. 179 del 4.8.2009), in vigore dal 5 agosto 2009, dispone che per aumenti di capitale a pagamento di società di capitali (e cooperative) o di persone di importo fino a 500.000 euro, perfezionati da persone fisiche mediante conferimenti – in denaro o in natura – ai sensi degli articoli 2342 e 2464 del codice civile entro sei mesi dal 5 agosto 2009 (e quindi entro il 5 febbraio 2010) si presume un rendimento del 3 per cento annuo, che viene escluso da imposizione fiscale per il periodo di imposta in corso alla data di perfezionamento dell’aumento di capitale e per i quattro periodi di imposta successivi.
Sulla disposizione sono stati forniti chiarimenti con la Circ. Agenzia Entrate 21 dicembre 2009, n. 53/E, la quale ha precisato che:
- l’esclusione da imposizione fiscale – riconosciuta per il periodo di imposta in cui l’aumento di capitale è perfezionato e per i quattro periodi di imposta successivi – è applicabile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP;
- assumono rilevanza sia le costituzioni di nuove società, sia gli aumenti di capitale sociale di società già costituite, sia più in generale gli aumenti di capitale proprio di società derivanti da conferimenti e apporti di nuove risorse (e quindi tutti i conferimenti effettuati da persone fisiche a fronte della sottoscrizione di azioni o quote in sede di costituzione o di aumento del capitale sociale);
- sono agevolabili gli aumenti di capitale sociale c.d. “reali”, realizzati mediante immissione di nuove risorse nella società, e non anche quelli c.d. “nominali”, effettuati mediante conversione di riserve disponibili;
- sono agevolabili anche i versamenti a titolo di soprapprezzo effettuati da persone fisiche
all’atto della sottoscrizione di azioni o quote;
- sono altresì agevolabili i versamenti in denaro a fondo perduto eseguiti da soci persone fisiche, che non comportano obblighi di restituzione da parte della società, e la rinuncia incondizionata dei soci persone fisiche al diritto alla restituzione di crediti verso la società;
- possono effettuare conferimenti agevolabili sia le persone fisiche già socie della società al momento del conferimento, sia le persone fisiche che acquistano tale qualità per effetto della partecipazione all’aumento del capitale e quindi mediante il conferimento;
- la persona fisica può effettuare il conferimento anche in qualità di imprenditore individuale e quindi il conferimento può essere effettuato anche con denaro o beni provenienti dal patrimonio destinato all’impresa;
- la riferibilità alla persona fisica della partecipazione all’aumento di capitale e dell’effettuazione del conferimento permane anche in ipotesi di intestazione fiduciaria delle azioni o quote;
- trattandosi di società di capitali, alla luce dell’efficacia costitutiva dell’iscrizione nel registro delle imprese della modifica statutaria (art. 2436 c.c.), occorre che la delibera di aumento di capitale sia iscritta entro il 5 febbraio 2010. Occorre quindi fare riferimento, se successiva, alla data in cui gli amministratori depositano per l’iscrizione nel registro delle imprese l’attestazione che l’aumento di capitale è stato eseguito (cfr. articoli 2444 e 2481-bis del codice civile);
- per le società di persone dovrebbe essere sufficiente che l’atto modificativo dei patti sociali sia solamente stipulato entro tale data, ma la Circ. n. 53/E ha richiesto anche in questo caso l’iscrizione nel registro delle imprese entro il 5 febbraio;
- riguardo ai conferimenti in denaro, la Circolare afferma che anche il versamento dell’intero conferimento deve aver luogo entro il 5 febbraio 2010; gli aumenti di capitale proprio eseguiti mediante versamenti di denaro a fondo perduto e mediante rinuncia incondizionata al diritto alla restituzione di crediti da parte dei soci persone fisiche si intendono perfezionati, rispettivamente, nella data in cui il versamento stesso è effettuato e nella data dell’atto di rinuncia;
- i conferimenti di beni in natura e di crediti effettuati entro la suddetta data rilevano per l’importo risultante dalla stima effettuata ai sensi degli articoli 2343 e 2465 del codice civile. Iconferimenti che prevedono prestazioni d’opera o di servizi a favore della società rilevano nei limiti degli importi corrispondenti alle prestazioni eseguite entro la suddetta data e risultanti da apposita perizia di stima. Secondo la circolare, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, quanto sopra (compresa quindi la necessità della stima) vale anche per i conferimenti effettuati in società di persone.
A norma dell’art. 10, comma 1, lett. a), n. 1, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (in G.U. n. 179 del 4.8.2009), che ha modificato l’art. 17, comma 1, del d. lgs. n. 241/1997, «la compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 10.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge».
A norma del successivo comma 7, i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all'imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 15.000 euro annui, hanno l'obbligo di richiedere l'apposizione del visto di conformità, relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito. Su detto visto di conformità, cfr. la Circ. Agenzia Entrate 23 dicembre 2009, n. 57/E.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 21 dicembre 2009, prot. n. 185430 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle Entrate in data 22 dicembre 2009, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono stati approvati modalità e termini di effettuazione della compensazione del credito relativo all’imposta sul valore aggiunto. È stato in particolare precisato che:
- la compensazione può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito;
- i contribuenti che intendono effettuare la compensazione hanno l’obbligo di utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate;
- la presentazione delle deleghe recanti compensazioni deve essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o istanza da cui il credito emerge.
Nessun limite opera, invece, nell’àmbito delle liquidazioni periodiche Iva, mensili o trimestrali.
L’art. 1, comma 6, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 30 dicembre 2009, ha differito al mese di gennaio 2011 (con sperimentazione a partire dal 2010) la decorrenza dell’obbligo dei sostituti d’imposta tenuti al rilascio della certificazione CUD (ai sensi dell'art. 4, commi 6-ter e 6-quater, del d.p.r. 22 luglio 1998, n. 322) di comunicare mensilmente in via telematica i dati e le informazioni necessari al calcolo delle ritenute fiscali, dei contributi, alla determinazione delle posizioni assicurative individuali ed alla erogazione delle prestazioni (ai sensi dell'art. 1, commi da 121 a 123, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244).
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 21 dicembre 2009, prot. n. 189273 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle Entrate in data 22 dicembre 2009, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stato approvato il “modello AA5/6”, che i soggetti diversi dalle persone fisiche, non obbligati alla dichiarazione di inizio attività IVA, devono utilizzare per la domanda di attribuzione del codice fiscale, per la comunicazione di variazione dati e per la comunicazione delle avvenute fusioni, concentrazioni, trasformazioni ed estinzioni. Al modello approvato sono annesse le relative istruzioni e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati.
L’art. 13-bis del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), inserito dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102 (in G.U. n. 179 del 4.8.2009), ha istituito un’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato al 31 dicembre 2008, senza l’osservanza delle disposizioni del d.l. n. 167/1990, a condizione che le stesse siano rimpatriate in Italia da Stati non appartenenti all’Unione europea, ovvero regolarizzate o rimpatriate perché detenute in Stati dell’Unione europea e in Stati aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa. Il rimpatrio ovvero la regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell’imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, in ogni sede amministrativa o giudiziaria civile, amministrativa ovvero tributaria, e non comporta l'obbligo di segnalazione antiriciclaggio relativamente ai rimpatri ovvero alle regolarizzazioni per i quali si determinano gli effetti di cui al comma 4, secondo periodo. L’effettivo pagamento dell’imposta produce gli effetti di cui agli articoli 14 e 15 e rende applicabili le disposizioni di cui all’art. 17 del d.l. n. 350/2001; fermo quanto sopra previsto, e per l'efficacia di quanto sopra, l'effettivo pagamento dell'imposta comporta, in materia di esclusione della punibilità penale, limitatamente al rimpatrio ed alla regolarizzazione, l'applicazione della disposizione di cui al già vigente art. 8, comma 6, della legge n. 289/2002. Il rimpatrio o la regolarizzazione operano con le stesse modalità, in quanto applicabili, previste dagli artt. 11, 13, 14, 15, 16, 19, commi 2 e 2-bis, e 20, comma 3, del d.l. n. 350/2001. L’imposta straordinaria si applica sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008 e rimpatriate ovvero regolarizzate a partire dal 15 settembre 2009 e fino al 15 dicembre 2009. Il comma 7 dell’art. 13-bis raddoppia le sanzioni già previste dall’art. 5 del d.l. n. 167/1990.
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 28 ottobre 2009 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle Entrate in data 28 ottobre 2009, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono stati modificati le istruzioni ed il modello di dichiarazione riservata delle attività emerse, di cui all’art. 13-bis del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102. Ciò, anche al fine di tenere in considerazione la circostanza che il rimpatrio delle attività patrimoniali è stato esteso ai beni immobili situati all’estero, in quanto si è ritenuto realizzabile anche con la modalità del «rimpatrio giuridico».
Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 30 novembre 2009 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle Entrate in data 30 novembre 2009, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stato disciplinato il versamento dell’imposta straordinaria dovuta per il rimpatrio o la regolarizzazione di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dal territorio dello Stato.
A norma dell’art. 12, comma 2, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, in violazione degli obblighi di dichiarazione, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’art. 1 del d. lgs. n. 471/1997 sono raddoppiate.
L’art. 1, commi da 1 a 3, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 30 dicembre 2009, ha consentito il rimpatrio e la regolarizzazione fino al 30 aprile 2010, con aliquote fiscali maggiorate (6% dal 16 dicembre al 28 febbraio, e 7% dal 1° marzo al 30 aprile). Contemporaneamente, ha previsto il raddoppio dei termini per l’accertamento ai fini fiscali basato sulle nuove presunzioni (termini previsti dall’art. 43, commi 1 e 2, del d.p.r. n. 600/1973, dall’art. 57, commi 1 e 2, del d.p.r. n. 633/1972, e art. 20 del d. lgs. n. 472/1997).
Cfr., per l’interpretazione delle suindicate disposizioni, le seguenti circolari dell’Agenzia delle Entrate:
- Circ. Agenzia Entrate 10 ottobre 2009, n. 43/E;
- Circ. Agenzia Entrate 17 novembre 2009, n. 48/E;
- Circ. Agenzia Entrate 23 novembre 2009, n. 49/E;
- Circ. Agenzia Entrate 30 novembre 2009, n. 50/E;
- Circ. Agenzia Entrate 2 dicembre 2009, n. 52/E.
Il 1° gennaio 2010 entrano in vigore le modifiche, apportate dalla Direttiva 2008/8/CE del Consiglio in data 12 febbraio 2008 (in G.U.C.E. n. L44 del 20.2.2008), alla Direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo della prestazione di servizi.
È in corso di emanazione il decreto legislativo di recepimento di detta direttiva, le cui disposizioni sono peraltro sufficientemente precise ed incondizionate, ed entrano pertanto in vigore a prescindere dal recepimento con provvedimento legislativo nazionale.
La Direttiva 2008/8/CE premette:
- che “Per tutte le prestazioni di servizi il luogo di imposizione dovrebbe essere di norma il luogo in cui avviene il consumo effettivo” (3° “Considerando”);
- che “Per quanto riguarda i servizi prestati a soggetti passivi, la regola generale relativa al luogo delle prestazioni di servizi dovrebbe essere basata sul luogo in cui è stabilito il destinatario e non su quello in cui è stabilito il prestatore” (4° “Considerando”);
- che “Per quanto riguarda i servizi prestati a persone che non sono soggetti passivi, la regola generale dovrebbe rimanere quella secondo cui il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica” (5° Considerando”).
Conseguentemente, ai sensi del novellato art. 44 della Direttiva 2006/112/CE, “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo del domicilio o della residenza abituale del soggetto passivo destinatario dei servizi in questione”. Pertanto, di regola se il notaio italiano svolge la propria opera professionale a favore di un soggetto IVA avente sede, domicilio o residenza in altro Stato comunitario, non addebita l’imposta sul valore aggiunto sui propri onorari, ma il servizio si intenderà prestato nello Stato comunitario della sede, domicilio o residenza del cliente, il quale provvederà quindi ivi al pagamento dell’imposta.
Ai sensi del nuovo art. 45 della Direttiva 2006/112/CE, “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a persone che non sono soggetti passivi è il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati da una stabile organizzazione del prestatore situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo del domicilio o della residenza abituale del prestatore”. Quindi, se il notaio italiano svolge la propria opera professionale a favore di un “privato” (non soggetto IVA), il servizio si intenderà prestato in Italia, e il notaio dovrà quindi addebitare al cliente l’imposta sul valore aggiunto.
Ai sensi del nuovo art. 47 della Direttiva 2006/112/CE, “Il luogo delle prestazioni di servizi relativi a un bene immobile, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali i campi di vacanza o i terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile e le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori edili come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è il luogo in cui è situato il bene”. Ciò significa che se la prestazione del notaio italiano riguarda beni immobili situati in Italia (ad es., atti traslativi o costitutivi di diritti reali sugli stessi), il servizio si intenderà prestato in Italia, e il notaio dovrà quindi addebitare al cliente l’imposta sul valore aggiunto, anche se quest’ultimo è un soggetto Iva avente sede, domicilio o residenza in altro Stato comunitario.
Ai sensi del nuovo art. 59 della Direttiva 2006/112/CE, “Il luogo delle prestazioni dei seguenti servizi a una persona che non è soggetto passivo stabilita, domiciliata o abitualmente residente al di fuori della Comunità è il luogo in cui detta persona è stabilita, domiciliata o abitualmente residente: … c) prestazioni fornite da consulenti, ingegneri, uffici studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe, nonché elaborazione di dati e fornitura d’informazioni”. La disposizione comporta che la prestazione di consulenza legale professionale resa dal notaio italiano ad un soggetto (privato o soggetto IVA) avente sede, domicilio o residenza in altro Stato comunitario si intende resa nello Stato estero della sede, domicilio, residenza, e quindi il notaio non dovrà addebitare l’IVA sui propri onorari, ma sarà il cliente a dover pagare l’imposta in detto Stato.
L’art. 24 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 161 del 14.7.2009), in vigore dal 28 luglio 2009, ha modificato l’art. 46 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, introducendo una nuova disciplina della fatturazione delle operazioni intracomunitarie.
In particolare, a norma del comma 1 dell’art. 46, la fattura relativa all’acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario o committente con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione, espressi in valuta estera, nonché dell’ammontare dell’imposta, calcolata secondo l’aliquota dei beni o servizi acquistati. Se trattasi di acquisto intracomunitario senza pagamento dell’imposta o non imponibile o esente, in luogo dell’ammontare dell’imposta nella fattura deve essere indicato il titolo unitamente alla relativa norma.
L’art. 2, commi 156 e 157, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (in Suppl. ord. n. 243 alla G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 1° gennaio 2010, ha prorogato a tutto l’anno 2010 la disciplina dettata dall’art. 5 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, riguardo alla detassazione dei premi di produttività del lavoro (in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa), previste dall’art. 2, comma 1, lett. c), del d.l. 27 maggio 2008, n. 93, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008, n. 126.
I suddetti premi di produttività sono soggetti – salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro – a una imposta sostitutiva pari al 10 per cento,
Tali misure trovano applicazione:
- entro il limite di importo complessivo di 6.000 euro lordi;
- con esclusivo riferimento al settore privato;
- per i titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2008, a 35.000 euro, al lordo delle somme assoggettate nel 2008 all'imposta sostitutiva di cui all’art. 2 del d.l. n. 93/2008.
I suddetti redditi non concorrono ai fini fiscali e della determinazione della situazione economica equivalente alla formazione del reddito complessivo del percipiente o del suo nucleo familiare entro il limite massimo di 6.000 euro. Resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.
Il D.Lgs. 1 dicembre 2009, n. 179 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 290 del 14.12.2009), in vigore dal 15 dicembre 2009, ha individuato le disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246.
Per la descrizione dei precedenti interventi normativi sul punto – in particolare, l’art. 24 del d.l. n. 112/2008, e successive modificazioni, e l’art. 2 del d.l. n. 200/2008, e successive modificazioni – cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con Provvedimento interdirettoriale in data 17 novembre 2009 (in G.U. n. 279 del 30.11.2009), in vigore dal 1° dicembre 2009, le procedure telematiche di cui all’art. 3-bis del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 463 (c.d. modello unico informatico) sono state estese, in via facoltativa, a pubblici ufficiali diversi dal notaio, che operano nell'ambito di alcuni «enti» (amministrazioni dello Stato ed enti pubblici) aventi i seguenti requisiti:
1) amministrazioni dello Stato ed enti pubblici che non sono soggetti al sistema di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, e sono autorizzati a detenere un conto corrente presso una banca oppure presso Poste Italiane S.p.a.;
2) amministrazioni dello Stato ed enti pubblici che utilizzano il modello di versamento «F24 enti pubblici» (F24 EP), di cui al Provvedimento dell’Agenzia delle entrate 8 novembre 2007.
I suddetti pubblici ufficiali sono abilitati all'utilizzo del servizio telematico per la trasmissione degli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati, ai fini della loro registrazione nonché della loro trascrizione, iscrizione, annotazione e voltura catastale, secondo le modalità indicate nell’art. 3. L’art. 4 regola il pagamento per via telematica, l’art. 5 rinvia al provvedimento interdirigenziale del 30 aprile 2008 per quanto riguarda le specifiche tecniche; l’art. 6 richiede la sottoscrizione con la firma digitale del pubblico ufficiale.
Con Determinazione del Direttore dell’Agenzia del Territorio in data 29 settembre 2009 (in G.U. n. 232 del 6.10.2009) sono stati determinati gli oneri dovuti per la redazione d'ufficio degli atti di aggiornamento catastali, da porre a carico dei soggetti inadempienti all'obbligo di presentazione. Determinazione, questa, che sostituisce quella adottata in data 13 agosto 2007 (in G.U. n. 196 del 24.8.2007), ai sensi dell'art. 1, comma 336 e 339, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in materia di accatastamento d'ufficio di immobili di proprietà privata; e dell'art. 2, commi 36, 41 e 42, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito in legge 24 novembre 2006, n. 286, come modificato dall'art. 1, comma 339, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Ciò in attuazione del disposto dell'art. 1, comma 277, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, che ha previsto in via generalizzata l'obbligo, per gli uffici dell'Agenzia del territorio, di provvedere d'ufficio alla redazione degli atti di aggiornamento catastale, in caso di mancata presentazione degli stessi da parte dei soggetti obbligati, con oneri a carico di questi ultimi (secondo quanto già previsto dal comma 339 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, limitatamente ai fabbricati che avevano perso i requisiti di ruralità).
Con Provvedimento dell’Agenzia del Territorio in data 1 ottobre 2009 (pubblicato sul sito internet dell’Agenzia del territorio in data 1 ottobre 2009, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stata approvata la procedura Pregeo 10 per la presentazione degli atti di aggiornamento geometrico di cui all’art. 8 della legge 1 ottobre 1969, n. 679, ed agli artt. 5 e 7 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 650.
Con Provvedimento dell’Agenzia del territorio in data 15 ottobre 2009 (pubblicato sul sito internet dell’Agenzia del territorio in data 15 ottobre 2009, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244; avviso in G.U. del 23.10.2009), sono state approvate le specifiche tecniche e della procedura Docfa 4 per le dichiarazioni delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione, e di variazione catastale delle unità immobiliari già censite, di applicazione facoltativa a partire dal 19 ottobre 2009, ed obbligatoria a partire dal 31 marzo 2010. Cfr., su quest’ultimo provvedimento, la Circ. Agenzia Territorio 29 ottobre 2009, n. 4/T.
Con Deliberazione CNIPA 21 maggio 2009, n. 45 (in G.U. n. 282 del 3.12.2009), in vigore dal 3 dicembre 2009, sono state dettate regole tecniche per il riconoscimento e la verifica del documento informatico, alle quali devono attenersi i certificatori accreditati, in attuazione del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), in particolare, della Sezione II del Capo II, che disciplina le firme elettroniche ed i certificatori, e dell’art. 71, comma 1.
In particolare, le disposizioni di cui al titolo II indicano gli algoritmi per la generazione e verifica della firma digitale; le disposizioni di cui al titolo III definiscono il profilo dei certificati qualificati e le informazioni che in essi devono essere contenute; le disposizioni di cui al titolo IV definiscono il profilo e le informazioni che devono essere contenute nei certificati elettronici di certificazione e di marcatura temporale; le disposizioni di cui al titolo V definiscono le regole per la validazione temporale, il formato e le informazioni che devono essere contenute nelle marche temporali utilizzate dai sistemi di validazione temporale dei documenti, così come definiti nel Titolo IV delle regole tecniche; le disposizioni di cui al titolo VI definiscono i formati e le modalità di accesso alle informazioni sulla revoca e sulla sospensione dei certificati, ai sensi dell’art. 30 delle regole tecniche; le disposizioni di cui al titolo VII definiscono i formati delle buste crittografiche destinate a contenere gli oggetti sottoscritti con firma digitale; le disposizioni di cui al titolo VIII definiscono i requisiti delle applicazioni di apposizione e verifica della firma digitale di cui agli artt. 9, comma 10, e 10 delle regole tecniche.
La deliberazione in oggetto, che segue al d.p.c.m. 30 marzo 2009 (recante «Regole tecniche in materia di generazione, apposizione, verifica delle firme digitali e validazione temporale»), abroga, a norma dell’art. 30, la circolare dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione 19 giugno 2000, n. 24 e, fatto salvo quanto previsto dall’art. 29, comma 3, le deliberazioni del CNIPA 17 febbraio 2005, n. 4 e 18 maggio 2006, n. 34.
Con D.M. 10 luglio 2009 (in G.U. n. 165 del 18.7.2009), in vigore dal 19 luglio 2009, sono stati approvati – in sostituzione di quanto disposto dal d.m. 29 settembre 2008 – nuovi strumenti informatici e telematici da impiegarsi nel processo civile, e sono stati introdotti modelli informatici per l'uso di strumenti informatici e telematici nelle procedure esecutive individuali e concorsuali.
Con D. Lgs. 1 dicembre 2009, n. 177 (in G.U. n. 290 del 14.12.2009), in vigore dal 29 dicembre 2009, è stata disposta – in attuazione dell’art. 24 della legge 18 giugno 2009, n. 69, la riorganizzazione del CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione). Detto ente assume, in particolare, la nuova denominazione: «DigitPA».
Con D.M. 3 agosto 2009 (in G.U. n. 270 del 19.11.2009) sono state altresì dettate disposizioni per l’organizzazione del Dipartimento della digitalizzazione della pubblica amministrazione e dell'innovazione tecnologica.
L’art. 2, comma 5, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 30 dicembre 2009, ha differito al 1° luglio 2010 il termine a far data dal quale gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati (ai sensi dell’art. 32, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69).
Da tale data verrà in tal modo generalizzata ed estesa la previsione già dettata per i provvedimenti delle Agenzie fiscali dall’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. La medesima regola varrà per l’adempimento degli obblighi di pubblicazione già da effettuarsi sulla stampa quotidiana (riguardo a procedure ad evidenza pubblica e bilanci da parte delle p.a.). I suddetti adempimenti possono essere attuati, a norma dell’art. 32, comma 3, mediante utilizzo di siti informatici di altre amministrazioni ed enti pubblici obbligati, ovvero di loro associazioni. Ai suddetti fini il CNIPA realizza e gestisce un portale di accesso ai siti suindicati.
A decorrere dal 1° luglio 2010 le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale, ferma restando la possibilità per le amministrazioni e gli enti pubblici, in via integrativa, di effettuare la pubblicità sui quotidiani a scopo di maggiore diffusione, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio. È fatta salva (art. 32, comma 7) la pubblicità nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e i relativi effetti giuridici.
L’art. 1, comma 5, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. n. 302 del 30.12.2009), in vigore dal 30 dicembre 2009, ha prorogato al 31 dicembre 2010 il termine previsto dall’art. 64, comma 3, del D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), ai fini delle trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell’economia e delle finanze.
L’art. 49 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (in G.U. n. 176 del 31.7.2009), in vigore dal 15 agosto 2009, ha introdotto nel Codice del consumo (d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206), il nuovo art. 140-bis, che disciplina la Class action (“azione di classe”), con la quale possono essere tutelati i “diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti”. A tal fine ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. I consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela di cui al suddetto articolo aderiscono all’azione di classe, senza ministero di difensore. La sentenza che definisce il giudizio fa stato anche nei confronti degli aderenti. Segue una disciplina dettagliata dell’azione di classe.
La suddetta disciplina si sovrappone a quella dettata dall'art. 2, commi 445 e seguenti, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, che entra in vigore il 1° gennaio 2010, a norma dell’art. 23, comma 16, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (in G.U. n. 150 del giorno 1.7.2009), convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (in G.U. n. 179 del 4.8.2009).
Cfr. anche, sul punto, GALLETTO, L'azione di (seconda) classe. (Considerazioni sul novellato art. 140-bis del Codice del Consumo), in Nuova giur. civ., 2009, II, p. 539; TEDIOLI, Class action all’italiana atto secondo: un cantiere ancora aperto, in Obbligazioni e contratti, 2009, p. 998; GITTI-GIUSSANI, La conciliazione collettiva nell’art. 140-bis c.cons., dalla l. n. 244 del 24 dicembre 2007 alla l. n. 99 del 23 luglio 2009, alla luce della disciplina transitoria, in Riv. dir. civ., 2009, II, p. 639; nonché la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Il D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 180 del 5.8.2009), in vigore dal 20 agosto 2009, detta Disposizioni integrative e correttive del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Da segnalare, in particolare, le seguenti modifiche al d. lgs. n. 81/2008:
1) - l’aggiunta, a carico del datore di lavoro, dei seguenti obblighi:
a) - obbligo di comunicare tempestivamente al medico competente la cessazione del rapporto di lavoro (nei casi di sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41) (art. 18);
b) - obbligo di consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione), copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5, nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r). Il documento è consultato esclusivamente in azienda (art. 18);
2) – la previsione secondo cui il medico competente:
a) – istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Tale cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente (art. 25, comma 1, lett. c);
b) – consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, copia della cartella sanitaria e di rischio, e gli fornisce le informazioni necessarie relative alla conservazione della medesima. L’originale della cartella sanitaria e di rischio va conservata, nel rispetto di quanto disposto dal d. lgs. n. 196/2003, da parte del datore di lavoro, per almeno dieci anni, salvo il diverso termine previsto da altre disposizioni del presente decreto (art. 25, comma 1, lett. e);
3) – le disposizioni sulla valutazione dei rischi:
a) – la valutazione dello stress lavoro-correlato è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’art. 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a far data dal 1° agosto 2010 (art. 28, comma 1-bis);
b) – il documento di valutazione dei rischi, redatto a conclusione della valutazione, può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 53, su supporto informatico e deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all’art. 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione (art. 28). Peraltro, i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all’art. 6, comma 8, lettera f) (che dovranno essere elaborate, a cura degli organi competenti, entro e non oltre il 31 dicembre 2010). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all’art. 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all’art. 6, comma 8, lettera f). Nelle more dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4. Le procedure standardizzate sono adottate nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 28 (art. 29);
4) – salvo che nei casi di cui all’art. 31, comma 6, nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi esterni così come previsto all’art. 31, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, ed a condizione di aver frequentato specifici corsi di formazione. Al di fuori di tali casi, il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Il datore di lavoro che intende svolgere i suddetti compiti doveva frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro, entro il 15 maggio 2009, secondo le modalità definite mediante accordo in sede di Conferenza permanente; fino alla pubblicazione di tale accordo, conserva validità la formazione precedentemente effettuata ai sensi dell’art. 3 del d.m. 16 gennaio 1997. Il datore di lavoro che svolge i compiti suddetti è altresì tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto previsto nell'accordo di cui sopra (art. 34);
5) – le visite mediche preventive possono essere svolte in fase preassuntiva, su scelta del datore di lavoro, dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione delle ASL (art. 41);
6) – il datore di lavoro garantisce la presenza di mezzi di estinzione idonei alla classe di incendio ed al livello di rischio presenti sul luogo di lavoro, tenendo anche conto delle particolari condizioni in cui possono essere usati. L’obbligo si applica anche agli impianti di estinzione fissi, manuali o automatici, individuati in relazione alla valutazione dei rischi (art. 43);
7) – sono stati modificati gli artt. 55, 68 e 87 riguardo alle sanzioni a carico del datore di lavoro, l’art. 56 riguardo alle sanzioni a carico del preposto, l’art. 59 riguardo alle sanzioni a carico dei lavoratori;
8) – l’art. 80 disciplina gli obblighi del datore di lavoro ai fini della salvaguardia dei lavoratori da tutti i rischi di natura elettrica, e ai fini della predisposizione ed attuazione delle procedure di uso e manutenzione; l’art. 86 disciplina le verifiche periodiche degli impianti elettrici.
Cfr. anche, per un commento del d. lgs. n. 81/2008, la Rassegna relativa al primo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con la firma da parte della Repubblica Ceca, ultimo Stato mancante dell’Unione, si è completato il processo normativo di approvazione del Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 (in G.U.C.E. n. C306 del 17.12.2007).
Il testo del Trattato è anche reperibile all’indirizzo:
“http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/dat/12007L/htm/12007L.html”.
La versione consolidata del Trattato sull’Unione europea è reperibile all’indirizzo:
“http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?uri=OJ:C:2008:115:SOM:IT:HTML”.
Con Decisione del Consiglio del 30 novembre 2009 (n. 2009/941/CE), relativa alla conclusione da parte della Comunità europea del Protocollo dell’Aia, del 23 novembre 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, è stato approvato il suddetto Protocollo (annesso alla decisione), come previsto dal Regolamento (CE) del Consiglio in data 18 dicembre 2008, n. 4/2009 (in G.U.C.E. n. L7 del 10.1.2009), che disciplina la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni e la cooperazione in materia di obbligazioni alimentari.
Viene quindi precisato che nella Comunità europea le disposizioni del protocollo si applicano in via provvisoria, fatto salvo l’articolo 5 della decisione, a decorrere dal 18 giugno 2011, data di applicazione del regolamento (CE) n. 4/2009, qualora il protocollo non sia ancora entrato in vigore a tale data.
Per un commento a tale disciplina cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Con Regolamento (CE) n. 664/2009 del Consiglio del 7 luglio 2009 (in G.U.C.E. n. L200 del 31.7.2009), in vigore dal 20 agosto 2009, è stata istituita una procedura per la negoziazione e la conclusione di accordi tra Stati membri e paesi terzi riguardanti la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, in materia di responsabilità genitoriale e di obbligazioni alimentari, e la legge applicabile in materia di obbligazioni alimentari. Più precisamente, il Regolamento si applica agli accordi riguardanti materie rientranti, in tutto o in parte, nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale ( 1 ) e del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari ( 2 ) nella misura in cui tali materie rientrano nell’ambito della competenza esclusiva della Comunità (art. 1, par. 2).
Con Regolamento (CE) n. 662/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 (in G.U.C.E. n. L200 del 31.7.2009), in vigore dal 20 agosto 2009, è istituita una procedura per la negoziazione e la conclusione di accordi tra Stati membri e paesi terzi su particolari materie concernenti la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali. Più precisamente, il Regolamento si applica agli accordi riguardanti particolari materie e rientranti, in tutto o in parte, nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) ( 1 ) e del regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) (art. 1, par. 2).
Cfr., sulla questione del rapporto tra competenza comunitaria, diritto comunitario e convenzioni di diritto internazionale privato, BRAND, Evolving Competence for Private International Law in Europe: The External Effects of Internal Developments, in Nuovi strumenti del diritto internazionale privato. Liber Fausto Pocar, Milano, 2009, p. 163; AA.VV., The Esternal Dimension of EC Private International Law in Family and Succession Matters, Padova, 2008; WILDERSPIN-ROUCHAUD-JOËT, La compétence externe de la Communauté europèenne en droit international privé, in Revue critique, 2004, 1, p. 1.
Con Regolamento (CE) n. 924/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 (in G.U.C.E. n. L266 del 9.10.2009), applicabile a decorrere dal 1° novembre 2009, sono stati disciplinati i pagamenti transfrontalieri nella Comunità, abrogandosi contemporaneamente il regolamento (CE) n. 2560/2001. Il regolamento tende ad assicurare che le commissioni applicate ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità siano uguali a quelle applicate ai pagamenti nella stessa valuta effettuati all’interno di uno Stato membro, velocizzando nel contempo i pagamenti stessi (mediante utilizzo del codice IBAN dell’utilizzatore di servizi di pagamento, e del codice BIC del prestatore di servizi di pagamento).
La Direttiva 2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 (in G.U.C.E. n. L258 del giorno 1.10.2009), in vigore dal 21 ottobre 2009, detta disposizioni intese a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi, ed abroga conseguentemente (art. 16) la prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968.
La suddetta direttiva si applica, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, a tutte le società di capitali (art. 1).
Essa consolida disposizioni in gran parte già attuate nell’ordinamento interno: così per quanto riguarda il contenuto minimo della pubblicità nel registro delle imprese (art. 2), la tenuta del registro delle imprese in forma elettronica e le sanzioni di inopponibilità degli atti non pubblicati (art. 3), le indicazioni obbligatorie nella corrispondenza e nell’eventuale sito internet della società (art. 5), la responsabilità per gli atti compiuti in nome di società in formazione (art. 8), l’inopponibilità ai terzi delle irregolarità negli atti di nomina degli organi sociali (art. 9), i limiti di inopponibilità ai terzi degli atti ultra vires, e dei limiti ai poteri di rappresentanza (art. 10), la necessità dell’atto pubblico in mancanza di un controllo preventivo di legalità, amministrativo o giudiziario (art. 11), l’elenco tassativo delle cause di nullità della società (art. 12), i limiti alla relativa opponibilità e gli effetti della nullità (art. 13).
Di particolare interesse la previsione dell’art. 4, secondo la quale gli atti e le indicazioni soggetti a pubblicità a norma dell’articolo 2 sono redatti e registrati in una delle lingue autorizzate dalle norme applicabili in materia nello Stato membro nel quale è stato costituito il fascicolo della società. Oltre alla pubblicità obbligatoria di cui all’articolo 3, gli Stati membri consentono che la pubblicità volontaria degli atti e delle indicazioni di cui all’articolo 2 sia effettuata a norma dell’articolo 3 in qualsiasi lingua ufficiale della Comunità. Gli Stati membri possono prescrivere che la traduzione di detti atti e indicazioni sia autenticata. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per agevolare l’accesso dei terzi alle traduzioni che sono state oggetto di una pubblicità su base volontaria. In aggiunta alla pubblicità obbligatoria di cui all’articolo 3 e alla pubblicità volontaria di cui al paragrafo 2 del presente articolo, gli Stati membri possono consentire che la pubblicità degli atti e delle indicazioni di cui trattasi sia garantita a norma dell’articolo 3 in qualsiasi altra lingua. Gli Stati membri possono prescrivere che la traduzione di tali atti e indicazioni sia autenticata. In caso di discordanza fra gli atti e le indicazioni pubblicati nelle lingue ufficiali del registro e la traduzione pubblicata su base volontaria, quest’ultima non può essere opposta ai terzi; i terzi possono tuttavia valersi delle traduzioni pubblicate su base volontaria a meno che la società provi che essi erano a conoscenza della versione oggetto della pubblicità obbligatoria. Ciò significa che la pubblicità in una lingua straniera, diversa dalla lingua italiana, può essere invocata dai terzi a proprio vantaggio, ma non può essere loro opposta ove sia ad essi pregiudizievole.
La Direttiva 2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 (in G.U.C.E. n. L258 del giorno 1.10.2009), in vigore dal 21 ottobre 2009, detta disposizioni in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio, abrogando contestualmente (art. 9) la direttiva 89/667/CEE (della quale riprende, peraltro, sostanzialmente il contenuto). La nuova direttiva trova peraltro applicazione anche alle società per azioni con unico socio (art. 6).
La Direttiva 2009/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 (in G.U.C.E. n. L259 del 2.10.2009), in vigore dal 22 ottobre 2009, modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE, 78/855/CEE e 82/891/CEE e la direttiva 2005/56/CE per quanto riguarda gli obblighi in materia di relazioni e di documentazione in caso di fusioni e scissioni.
Di particolare rilievo la possibilità di redazione di un’unica relazione di un esperto indipendente sul progetto di fusione o di scissione (art. 1); la possibilità di sostituire, a certe condizioni, la pubblicità nel registro delle imprese del progetto di fusione o scissione con la relativa pubblicazione sul sito internet della società, la disciplina della relazione degli amministratori e della situazione patrimoniale, la fusione semplificata (artt. 2, 3 e 4).
La Direttiva 2009/133/CE del Consiglio del 19 ottobre 2009 (in G.U.C.E. n. L310 del 25.11.2009), in vigore dal 10 dicembre 2009, detta disposizioni sul regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri, ed abroga correlativamente (art. 17) la Direttiva 90/434/CEE.
Con Decisione n. 568/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 (in G.U.C.E. n. L168 del 30 giugno 2009), in vigore dal giorno 1 luglio 2009, è stata modificata la Decisione n. 2001/470/CE del Consiglio, relativa all’istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. Essa si applica a tutti gli Stati membri dell’Unione europea, con la sola eccezione della Danimarca.
In particolare, sono stati inclusi nella rete giudiziaria europea gli ordini professionali: Gli ordini professionali che rappresentano gli operatori della giustizia, in particolare avvocati, notai ed ufficiali giudiziari, che concorrono direttamente all’applicazione degli atti comunitari e degli strumenti internazionali in materia di giustizia civile, possono aderire alla rete tramite le rispettive organizzazioni nazionali, al fine di contribuire, unitamente ai punti di contatto, ad alcune delle funzioni ed attività specifiche della stessa (12° Considerando).
A norma dell’art. 2, la presente decisione è applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2011, eccetto per quanto riguarda l’articolo 1, punto 1, lettera e) e punto 17, i quali si applicano a decorrere dalla data di notifica della presente decisione agli Stati membri destinatari.
A norma del nuovo art. 5-bis della Decisione n. 2001/470/CE, per concorrere all’espletamento dei compiti di cui all’articolo 3, i punti di contatto individuati da ciascuno Stato membro hanno idonei contatti con gli organi professionali di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera e), secondo modalità decise da ciascuno Stato membro. I contatti di cui al paragrafo 1 possono comprendere, in particolare, le attività seguenti: a) scambio di esperienze e informazioni sull’applicazione effettiva e pratica degli atti comunitari e degli strumenti internazionali; b) collaborazione nell’elaborazione e nell’aggiornamento delle schede informative di cui all’articolo 15; c) partecipazione degli ordini professionali alle pertinenti riunioni. Gli ordini professionali non chiedono ai punti di contatto informazioni su casi individuali.
Ai sensi del nuovo art. 8, i punti di contatto rispondono a tutte le richieste loro indirizzate tempestivamente ed entro quindici giorni dal ricevimento delle stesse. Qualora il punto di contatto non sia in grado di evadere una richiesta entro detto termine, ne informa brevemente il richiedente indicando il termine che ritiene necessario per la risposta che, di norma, non è superiore a trenta giorni.
Con D.M. 6 novembre 2009 (in G.U. n. 273 del 23.11.2009) sono state dettate modalità applicative per l'erogazione dei contributi a favore dei processi di aggregazione imprenditoriale nel settore dell’autotrasporto, di cui all’art. 4, comma 1, del d.p.r. 29 maggio 2009, n. 84. Possono beneficiarne i seguenti soggetti:
a) raggruppamenti di imprese risultanti da processi di aggregazione fra piccole e medie imprese di autotrasporto;
b) piccole e medie imprese risultanti da fusioni o destinatarie di conferimenti da parte di imprese di autotrasporto;
c) piccole e medie imprese che aderiscono a raggruppamenti già esistenti;
d) raggruppamenti che, avendo le caratteristiche delle piccole e medie imprese, provvedano a fondersi fra loro.
Sono esclusi dai contributi i raggruppamenti risultanti da fusioni o conferimenti fra imprese appartenenti al medesimo gruppo, società controllate, controllanti, o comunque collegate fra loro, anche solo in forma indiretta, ai sensi delle vigenti disposizioni.
Possono proporre domanda le imprese di autotrasporto di merci aventi sede principale o secondaria in Italia, iscritte all'Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, ed i raggruppamenti costituiti a norma del libro V, titolo VI, capo I, o del libro V, titolo X, capo II, sezioni II e II-bis del codice civile. Le imprese richiedenti devono comprovare il processo di aggregazione, di cui al comma precedente, mediante idonea certificazione rilasciata dalla Camera di commercio, industria, artigianato, e agricoltura. Ciascuna domanda deve contenere una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante le spese per le quali è richiesto il contributo, risultanti dalle fatture indicate in apposito elenco e riferite alle prestazioni di consulenza, ivi comprese l'assistenza legale e quella notarile, connesse al processo di aggregazione, ed all'avviamento delle nuove strutture aziendali, nonché all'introduzione di sistemi avanzati di gestione aziendale riferiti all'operazione.
Con D.M. 23 luglio 2009 (in G.U. n. 278 del 28.11.2009) è stato istituito un nuovo regime di aiuto in favore di investimenti produttivi, ai sensi dell’art. 1, comma 845, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, finalizzato, tra l’altro, allo sviluppo di piccole imprese di nuova costituzione. A norma dell’art. 2, deve trattarsi tra l’altro di imprese regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle imprese; se si tratta di imprese di servizi, devono essere costituite sotto forma di società.
A norma dell’art. 4, comma 4, non sono ammesse – tra le altre – le spese notarili, e quelle relative all'acquisto di beni immobili che hanno già beneficiato, nei dieci anni antecedenti la data di presentazione della domanda, di altri aiuti, fatta eccezione per quelli di natura fiscale.
Cfr. l’elenco delle disposizioni normative regionali maggiormente rilevanti, per quanto riguarda le materie attinenti o comunque collegate al diritto privato ed ai settori di interesse notarile, segnalate in PETRELLI, Novità normative regionali – secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.
Gaetano Petrelli