notaio informatico Riccardo Ricciardi

 

RASSEGNA DELLE RECENTI NOVITÀ NORMATIVE DI INTERESSE NOTARILE

Secondo semestre 2011

 

 

LIBERALIZZAZIONE DI ATTIVITÀ PROFESSIONALI. 2

SOCIETÀ PER L’ESERCIZIO DI ATTIVITÀ PROFESSIONALI. 2

AUMENTO DELLE SEDI NOTARILI. 2

LIBERALIZZAZIONE DI ATTIVITÀ ECONOMICHE.. 2

POTENZIAMENTO DELL’AUTORITÀ ANTITRUST.. 2

SINDACO UNICO DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI E COOPERATIVE.. 2

CESSIONI DI QUOTE DI S.R.L. CON FIRMA DIGITALE.. 2

BILANCIO SEMPLIFICATO DELLE SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA.. 2

MODIFICHE STATUTARIE DI SOCIETÀ COOPERATIVE.. 2

ORGANIZZAZIONI DI PRODUTTORI ORTOFRUTTICOLI. 2

SOCIETÀ DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI. 2

EQUILIBRIO TRA GENERI NELLE SOCIETÀ QUOTATE E NELLE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA.. 2

TRASPARENZA DELLE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA.. 2

CONFIDI. 2

REGISTRO DELLE IMPRESE.. 2

COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO.. 2

CRISI DELL’IMPRESA AGRICOLA.. 2

DISCIPLINA DELLA RISCOSSIONE E VENDITA DI BENI PIGNORATI O IPOTECATI. 2

CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI. 2

COMMISSIONI DI MASSIMO SCOPERTO.. 2

CONFLITTO DI INTERESSI DEGLI INTERMEDIARI BANCARI E ASSICURATIVI. 2

TASSI USURARI. 2

INTERESSI DI MORA - RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI. 2

SAGGIO DEGLI INTERESSI LEGALI. 2

VALORE DEI DIRITTI DI USUFRUTTO, USO E ABITAZIONE.. 2

PUBBLICITÀ IMMOBILIARE E CATASTO. TRASMISSIONE TELEMATICA DEL TITOLO.. 2

FABBRICATI RURALI – RICONOSCIMENTO DELLA RURALITÀ E ISCRIZIONE NEL CATASTO FABBRICATI. 2

DISCIPLINA ANTIRICICLAGGIO.. 2

CODICE DELLE LEGGI ANTIMAFIA E DELLE MISURE DI PREVENZIONE.. 2

CONVENZIONI URBANISTICHE.. 2

UTILIZZAZIONE SENZA TITOLO DI UN BENE PER SCOPI DI INTERESSE PUBBLICO.. 2

SOGGIORNO IN ITALIA DI CITTADINI EXTRACOMUNITARI. 2

CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI COMUNITARI. 2

LEGALIZZAZIONE DI ATTI PROVENIENTI DALL’ESTERO.. 2

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO – AUMENTO DELLE ALIQUOTE.. 2

INTRODUZIONE DELL'ISEE PER LA CONCESSIONE DI AGEVOLAZIONI FISCALI. 2

TERMINI DEI PROCEDIMENTI DEL MINISTERO DELLE FINANZE.. 2

UTILIZZO DEL MODELLO F24 PER IL PAGAMENTO DI IMPOSTE INDIRETTE.. 2

DETRAZIONI IRPEF PER RISTRUTTURAZIONI E RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA.. 2

STUDI DI SETTORE.. 2

REGIME PREMIALE PER FAVORIRE LA TRASPARENZA FISCALE.. 2

CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ.. 2

ADDIZIONALE IRPEF REGIONALE.. 2

ADDIZIONALE IRPEF COMUNALE.. 2

TASSAZIONE DELLE RENDITE FINANZIARIE – RITENUTE E IMPOSTE SOSTITUTIVE SU REDDITI DI CAPITALE E REDDITI DIVERSI. 2

IMPOSTA PATRIMONIALE SUGLI IMMOBILI – IMPOSTA MUNICIPALE PROPRIA (IMU). 2

IMPOSTA PATRIMONIALE SU TITOLI, STRUMENTI E PRODOTTI FINANZIARI, NONCHÉ SU VALORI "SCUDATI". 2

IMPOSTA PATRIMONIALE SUL VALORE DEGLI IMMOBILI SITUATI ALL’ESTERO.. 2

IMPOSTA PATRIMONIALE SULLE ATTIVITÀ FINANZIARIE ALL’ESTERO.. 2

IMPOSTA DI BOLLO SUI TRASFERIMENTI DI DENARO ALL’ESTERO.. 2

COMUNICAZIONE PERIODICA DELLE MOVIMENTAZIONI BANCARIE ALL’ANAGRAFE TRIBUTARIA.. 2

VERIFICHE FISCALI. 2

SANZIONI TRIBUTARIE PER I PROFESSIONISTI. 2

DISCIPLINA DEI REATI FISCALI. 2

PRIVILEGI FISCALI. 2

COMUNICAZIONE TELEMATICA DI OPERAZIONI IVA.. 2

REGIME FISCALE DI VANTAGGIO PER L'IMPRENDITORIA GIOVANILE E CONTRIBUENTI MINIMI. 2

AIUTO ALLA CRESCITA ECONOMICA (ACE). 2

AGEVOLAZIONI FISCALI RIFERITE AL COSTO DEL LAVORO NONCHÉ PER DONNE E GIOVANI. 2

PARTITE IVA INATTIVE.. 2

TASSAZIONE DELLE SOCIETÀ DI COMODO.. 2

CONCESSIONE IN GODIMENTO DI BENI A SOCI O FAMILIARI. 2

DISPOSIZIONI FISCALI SULLE SOCIETÀ COOPERATIVE.. 2

REGISTRAZIONE TELEMATICA DI CONTRATTI DI LOCAZIONE.. 2

AGEVOLAZIONI FISCALI IN MATERIA DI BENI E ATTIVITÀ CULTURALI. 2

APPLICAZIONE DEL CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE ALL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA.. 2

MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE.. 2

ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO.. 2

CERTIFICAZIONI AMMINISTRATIVE.. 2

SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITÀ (SCIA). 2

PAGAMENTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI. 2

UNIONI DI COMUNI. 2

CESSIONI DI CREDITI VERSO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.. 2

RIDUZIONE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI PER IMPRESE E CITTADINI. 2

COMUNICAZIONI INFORMATICHE TRA IMPRESE E P.A. 2

PUBBLICAZIONI RELATIVE A PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA.. 2

CESSIONI DI IMMOBILI NELLE CONCESSIONI DI LAVORI PUBBLICI. 2

TRACCIABILITÀ FINANZIARIA.. 2

ATTI DEGLI ENTI LOCALI E PATTO DI STABILITÀ INTERNO.. 2

ACQUISTI DI BENI E SERVIZI DA PARTE DI PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI. 2

VALORIZZAZIONE, GESTIONE E ALIENAZIONE DI IMMOBILI PUBBLICI. 2

SOPPRESSIONE E LIQUIDAZIONE COATTA DI ENTI. 2

CODIFICAZIONE IN MATERIA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.. 2

CORREZIONI AL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO.. 2

STATUTO DELLE IMPRESE.. 2

INDIRIZZI “PEC” DEI PROFESSIONISTI. 2

FIRME ELETTRONICHE QUALIFICATE.. 2

PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI PRIVACY.. 2

SEMPLIFICAZIONE DEI PROCEDIMENTI CIVILI DI COGNIZIONE.. 2

PROCESSO TELEMATICO.. 2

INDICAZIONE DEL CODICE FISCALE E DELL’INDIRIZZO “PEC” NEGLI ATTI GIUDIZIARI. 2

CALENDARIO DEL PROCESSO CIVILE E MISURE PER LA RIDUZIONE DEL CONTENZIOSO CIVILE.. 2

CONTRIBUTO UNIFICATO PER SPESE DI GIUSTIZIA.. 2

DISPOSIZIONI DI VIGILANZA PRUDENZIALE PER LE BANCHE.. 2

ISTITUTI DI PAGAMENTO E SERVIZI DI PAGAMENTO.. 2

FONDAZIONI LIRICO SINFONICHE.. 2

MODIFICHE AL REGOLAMENTO EMITTENTI. 2

CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI. 2

SPORTELLO UNICO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE.. 2

CESSIONE DI IMPIANTI RADIOTELEVISIVI. 2

PREMI DI PRODUTTIVITÀ.. 2

CONTRATTI DI APPRENDISTATO.. 2

GESTIONE SEPARATA INPS PER LAVORATORI AUTONOMI. 2

RACCOMANDAZIONE PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE SULLE SUCCESSIONI. 2

RISARCIMENTO DEL DANNO PER MANCATO RECEPIMENTO DI DIRETTIVE COMUNITARIE.. 2

REGOLAMENTO COMUNITARIO IN MATERIA DI OBBLIGAZIONI ALIMENTARI. 2

DIRETTIVA COMUNITARIA SUL T.A.E.G. 2

DIRETTIVA COMUNITARIA SUL DIRITTO DI AUTORE.. 2

DIRETTIVA COMUNITARIA SUL PERMESSO UNICO DI SOGGIORNO.. 2

DIRETTIVA COMUNITARIA SULLA CONDIZIONE DI RIFUGIATO.. 2

APPLICAZIONE DEL TRATTATO DI SCHENGEN AL LIECHTENSTEIN.. 2

LEGISLAZIONE REGIONALE – SECONDO SEMESTRE 2011. 2


LIBERALIZZAZIONE DI ATTIVITÀ PROFESSIONALI

A norma dell’art. 3, commi 5 e 5-bis, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, come modificato dall’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, e come ulteriormente modificato dall’art. 33 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, fermo restando l'esame di Stato di cui all’art. 33, comma 5, della Costituzione, per l'accesso alle professioni regolamentate, gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. Con decreto del Presidente della Repubblica gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro il 13 agosto 2012 per recepire i seguenti principi:

a) l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una certa professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, è consentita unicamente laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico, tra cui “in particolare” quelle connesse alla tutela della salute umana, e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, della sede legale della società professionale;

b) previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali. La violazione dell'obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall'ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione;

c) la disciplina del tirocinio per l'accesso alla professione deve conformarsi a criteri che garantiscano l'effettivo svolgimento dell'attività formativa e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. Al tirocinante dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria, commisurato al suo concreto apporto. Al fine di accelerare l'accesso al mondo del lavoro, la durata del tirocinio non potrà essere complessivamente superiore a diciotto mesi e potrà essere svolto, in presenza di una apposita convenzione quadro stipulata fra i Consigli Nazionali e il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, in concomitanza al corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica;

d) il compenso spettante al professionista è pattuito per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale (Il D.L. n. 201/2011 ha eliminato qualunque riferimento alle tariffe professionali, modificando la disposizione già introdotta con tale riferimento dal D.L. n. 138/2011). Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse dei terzi si applicano le tariffe professionali stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia;

e) a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti;

f) gli ordinamenti professionali dovranno prevedere l'istituzione di organi a livello territoriale, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina. La carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali. Le disposizioni della presente lettera non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente;

g) la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie.

Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i princìpi di cui al comma 5, lettere da a) a g), sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5 e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012. Il Governo, entro il 31 dicembre 2012, provvede a raccogliere le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto del comma 5-bis in un testo unico da emanare ai sensi dell’articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Da quanto sopra si desume che le norme in contrasto con i principi suindicati (comprese quelle che prevedono ancor oggi l’inderogabilità delle tariffe) rimangono provvisoriamente in vigore fino all’emanazione del d.p.r. che dovrà recepire i principi medesimi (ed eventualmente fino al 13 agosto 2012).

Per quanto, specificamente, riguarda l’ordinamento del notariato, si può rilevare che:

A) – la limitazione dell’attività del notaio al territorio del distretto, nel quale ha la sede, trova la propria giustificazione nel concetto di “competenza territoriale”, proprio di ogni pubblica funzione, e quindi nella radicazione territoriale del pubblico ufficio, di cui il notaio medesimo è titolare, in connessione con l’obbligo di prestare il proprio ministero quando è richiesto (art. 27 l. not.), e con la predisposizione da parte del Ministero della Giustizia della tabella delle sedi notarili, in ragione dell’interesse pubblico all’esercizio della funzione di ricevimento degli atti anche nelle località più disagiate, la cui “copertura” non potrebbe essere rimessa alla logica del libero mercato;

B) – la limitazione del numero dei notai, abilitati ad esercitare la funzione notarile nel territorio dello Stato, trova la propria ragion d’essere, oltre che in quanto sopra descritto sub A) (non diversamente da qualsiasi altro ufficio della Repubblica), nell’esigenza di svolgimento di un efficace controllo amministrativo sull’attività notarile (controllo continuo e periodico, demandato ai conservatori degli archivi notarili), che non sarebbe compatibile con l’attribuzione ad un numero potenzialmente illimitato di soggetti di delicate funzioni pubbliche, esercitate per delega statale;

C) – la remunerazione dell’attività svolta dal notaio deve essere rimessa ad una tariffa inderogabile, non solo nei casi in cui si tratta di compensi liquidati dal giudice (es., esecuzioni immobiliari), ma in ogni caso di esercizio della funzione pubblica notarile, sia in applicazione del principio di imparzialità e parità di trattamento dei cittadini (non potendo essere diverso da caso a caso il corrispettivo di un pubblico servizio), sia perché l’attività notarile – con particolare riguardo a quella finalizzata alla formazione dei titoli per la trascrizione o l’iscrizione in pubblici registri, ed al relativo controllo di legalità – è certamente svolta anche nell’interesse di terzi (come dimostra l’obbligo inderogabile di trascrizione ed iscrizione regolato dalle diverse norme di legge: cfr. ad esempio l’art. 2671 c.c.).

L’art. 32 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 ha disposto che – in materia di vendita dei farmaci, negli esercizi commerciali di cui all’art. 5, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (cioè esercizi di vicinato, medie strutture di vendita e grandi strutture di vendita), che ricadono nel territorio di Comuni aventi popolazione superiore a 12.500 abitanti e, comunque, al di fuori delle aree rurali come individuate dai Piani Sanitari Regionali, in possesso dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi fissati con decreto del Ministro della salute, possono essere venduti senza ricetta medica – sulla base di apposito decreto da emanarsi – anche i medicinali di cui all’art. 8, comma 10, lett. c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ad eccezione dei medicinali di cui all’art. 45 del d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, e di cui all’art. 89 del d. lgs. 24 aprile 2006, n. 219. Il suddetto decreto individua, nell’ambito dei farmaci di cui all’art. 8, comma 10, lett. c), della legge n. 537/1993, un elenco di farmaci per i quali permane l’obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita negli esercizi commerciali suddetti. Con i suddetti limiti, anche la suddetta attività di vendita di farmaci può essere, quindi, inserita negli oggetti sociali delle società che esercitino attività commerciale, pur non essendo farmacie. Sulla disciplina di “liberalizzazione” già dettata dall'art. 5, commi 5 e 6, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, come modificato dalla legge di conversione n. 248/2006, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

SOCIETÀ PER L’ESERCIZIO DI ATTIVITÀ PROFESSIONALI

L’art. 10, commi 3 e seguenti, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, consente la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico (STP) secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile (società di persone, di capitali e cooperative). Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda:

a) l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte dei soci;

b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento;

c) criteri e modalità affinché l'esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall'utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all'utente;

d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.

La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di società tra professionisti.

La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti. La lettera della disposizione sembra riferirsi a tutti i soci (professionisti o meno), anche se la relativa ratio sembrerebbe limitata ai soli soci professionisti, e non ai soci investitori).

I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta.

La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali.

Restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della legge n. 183 del 2011.

Il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della legge n. 183/2011 (quindi entro il 14 maggio 2012), adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le materie suindicate. Alla luce di questa disposizione è dubbio se già con effetto dal 1° gennaio 2012 e senza necessità di ulteriori disposizioni normative attuative, sia possibile costituire società tra professionali.

È abrogata la legge 23 novembre 1939, n. 1815, che vietava le società per l’esercizio di attività professionali protette.

In precedenza, già l'art. 2, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, come modificato dalla legge di conversione n. 248/2006, ha previsto l'abrogazione delle disposizioni comportanti il divieto di fornire all'utenza  servizi  professionali  di  tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni  tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-professionale doveva essere esclusivo, che il medesimo professionista non poteva partecipare a più di una società e  che la specifica prestazione doveva essere resa da uno o più soci professionisti  previamente  indicati, sotto la propria personale responsabilità. Su tale disciplina – anche per quanto concerne la difficile compatibilità della partecipazione a società interprofessionali con l’ordinamento del notariato, valevole a maggior ragione ove sia anche prevista la partecipazione di soci investitori – cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2006, in http://www.gaetanopetrelli.it. Cfr. inoltre – sempre sulle società interprofessionali previste dal d.l. n. 223/2006, MANCUSO, Il decreto "Bersani" e le strutture collettive interdisciplinari, in Giust. civ., 2008, II, p. 289; DE MARI, Le società tra professionisti dopo la L. 4 agosto 2006, n. 248 (aspettando una disciplina generale), in Società, 2008, p. 668; TASSINARI, Le società tra professionisti dopo il d.l. n. 223/2006 convertito con modificazioni nella l. n. 248/2006, in Oggetto ed attività delle società: ruolo e responsabilità del Notaio, Milano, 2008, p. 135; SCALABRINI, Società di diritto speciale e professioni intellettuali, in Oggetto ed attività delle società: ruolo e responsabilità del Notaio, Milano, 2008, p. 421.

 

AUMENTO DELLE SEDI NOTARILI

Con D.M. 10 novembre 2011 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 292 del 16.12.2011) è stata disposta l’allocazione delle sedi notarili recate in aumento dal D.M. 23 dicembre 2009 (in G.U. n. 300 del 28.12.2009).

 

LIBERALIZZAZIONE DI ATTIVITÀ ECONOMICHE

A norma dell’art. 29, comma 1-bis, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, al fine di incrementare il tasso di crescita dell'economia nazionale, ferme restando le categorie di cui all’art. 33, comma 5, della Costituzione, sentita l'Alta Commissione per formulare proposte in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche, istituita ai sensi dell’art. 29, comma 2, il Governo formula alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche; trascorso il termine di otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (quindi a partire dal 17 marzo 2012), ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero.

A norma dell’art. 3, commi da 1 a 3, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, Comuni, Province, Regioni e Stato, entro il 17 settembre 2012 devono adeguare i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di:

a) vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;

b) contrasto con i principi fondamentali della Costituzione;

c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l'utilità sociale;

d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale;

e) disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che comunque comportano effetti sulla finanza pubblica.

 Quanto sopra costituisce principio fondamentale per lo sviluppo economico e attua la piena tutela della concorrenza tra le imprese.

Sono in ogni caso soppresse, alla scadenza del termine del 17 settembre 2012, le disposizioni normative statali incompatibili con quanto sopra indicato, con conseguente diretta applicazione degli istituti della segnalazione di inizio di attività e dell'autocertificazione con controlli successivi. Nelle more della decorrenza del predetto termine, l'adeguamento al principio suddescritto può avvenire anche attraverso gli strumenti vigenti di semplificazione normativa. Entro il 31 dicembre 2012 il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti con i quali vengano individuate le disposizioni abrogate per effetto di quanto disposto come sopra ed è definita la disciplina regolamentare della materia ai fini dell'adeguamento al suddetto principio.

A norma dell’art. 3, commi da 6 a 12-bis, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, fermo quanto previsto dal comma 5 per le professioni, l'accesso alle attività economiche e il loro esercizio si basano sul principio di libertà di impresa. Le disposizioni vigenti che regolano l'accesso e l'esercizio delle attività economiche devono garantire il principio di libertà di impresa e di garanzia della concorrenza. Le disposizioni relative all'introduzione di restrizioni all'accesso e all'esercizio delle attività economiche devono essere oggetto di interpretazione restrittiva, fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1 dell’art. 3. Le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche previste dall'ordinamento vigente sono abrogate a decorrere dal 13 dicembre 2011, fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1 dell’art. 3.

Il termine "restrizione", sopra utilizzato, comprende:

a) la limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una attività economica in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica attraverso la concessione di licenze o autorizzazioni amministrative per l'esercizio, senza che tale numero sia determinato, direttamente o indirettamente sulla base della popolazione o di altri criteri di fabbisogno;

b) l'attribuzione di licenze o autorizzazioni all'esercizio di una attività economica solo dove ce ne sia bisogno secondo l'autorità amministrativa; si considera che questo avvenga quando l'offerta di servizi da parte di persone che hanno già licenze o autorizzazioni per l'esercizio di una attività economica non soddisfa la domanda da parte di tutta la società con riferimento all'intero territorio nazionale o ad una certa area geografica;

c) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area;

d) l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una attività economica;

e) il divieto di esercizio di una attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;

f) la limitazione dell'esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti;

g) la limitazione dell'esercizio di una attività economica attraverso l'indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all'operatore;

h) l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi, indipendentemente dalla determinazione, diretta o indiretta, mediante l'applicazione di un coefficiente di profitto o di altro calcolo su base percentuale;

i) l'obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all'attività svolta.

Le restrizioni diverse da quelle sopra elencate possono essere revocate con regolamento da emanare, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 1 dell’art. 3.

Singole attività economiche possono essere escluse, in tutto o in parte, dall'abrogazione delle restrizioni disposta come sopra; in tal caso, la suddetta esclusione può essere concessa, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, entro il 17 gennaio 2012, qualora:

a) la limitazione sia funzionale a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana;

b) la restrizione rappresenti un mezzo idoneo, indispensabile e, dal punto di vista del grado di interferenza nella libertà economica, ragionevolmente proporzionato all'interesse pubblico cui è destinata;

c) la restrizione non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, nel caso di società, sulla sede legale dell'impresa.

In conformità alla Direttiva 2006/123/CE sono invece esclusi dall'abrogazione delle restrizioni i servizi di taxi e noleggio con conducente non di linea, svolti esclusivamente con veicoli categoria M1, di cui all’art. 6 del d. lgs. 26 marzo 2010, n. 59.

L’art. 31, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha modificato l’art. 3, comma 1, lett. d-bis), del D.L. n. 223/2006; conseguentemente, ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza ed al fine di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, le attività commerciali, come individuate dal D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte – a regime e non più in via  sperimentale – senza il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale.

A norma dell’art. 31, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 201/2011.

L’art. 34 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché per assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale, dispone che la disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario, che possono giustificare l'introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità.

Sono, pertanto, abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti:

a) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area;

b) l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una attività economica;

c) il divieto di esercizio di una attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;

d) la limitazione dell'esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti;

e) la limitazione dell'esercizio di una attività economica attraverso l'indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all'operatore;

f) l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi;

g) l'obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all'attività svolta.

La disciplina appena descritta si sovrappone parzialmente a quella già dettata dall’art. 3, commi da 6 a 12-bis, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, sopra descritta: conseguentemente, la normativa posteriore prevale su quella precedente e, nei limiti dell’eventuale incompatibilità, la abroga tacitamente.

Sempre a norma dell’art. 34 del D.L. n. 201/2011, l'introduzione di un regime amministrativo volto a sottoporre a previa autorizzazione l'esercizio di un'attività economica deve essere giustificato sulla base dell'esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità.

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è tenuta a rendere parere obbligatorio, da rendere nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione del provvedimento, in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche.

Quando è stabilita, ai sensi del comma 4, la necessità di alcuni requisiti per l'esercizio di attività economiche, la loro comunicazione all'amministrazione competente deve poter essere data sempre tramite autocertificazione e l'attività può subito iniziare, salvo il successivo controllo amministrativo, da svolgere in un termine definito; restano salve le responsabilità per i danni eventualmente arrecati a terzi nell'esercizio dell'attività stessa. Le Regioni sono tenute ad adeguare la legislazione di loro competenza ai principi e alle regole suesposti.

Sono escluse dall'ambito di applicazione della disciplina, dettata dall’art. 34 del D.L. n. 201/2011, le professioni, i servizi finanziari come definiti dall’art. 4 del d. lgs. n. 59/2010, ed i servizi di comunicazione come definiti dall’art. 5 del d. lgs. n. 59/2010. Le “restrizioni” relative all’esercizio delle attività professionali rimangono, pertanto, provvisoriamente in vigore, salva la disciplina regolamentare da emanarsi in base alla delega contenuta nell’art. 3 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138.

Sulla disciplina amministrativa del commercio, cfr. tra i contributi più recenti ROSELLI, Commercio (profili amministrativi), in Enc. dir., Annali, III, Milano, 2010, p. 166; RUSSO, Autorizzazioni e licenze, in Enc. giur. Treccani, Aggiornamento, XVII, Roma 2008; PETA, Esercizi pubblici: I) Diritto amministrativo, in Enc. giur. Treccani, Aggiornamento, XVI, Roma, 2007; PETA, Alimenti e bevande: I) Diritto amministrativo, in Enc. giur. Treccani, Aggiornamento, XVI, Roma, 2007.

 

POTENZIAMENTO DELL’AUTORITÀ ANTITRUST

L’art. 35 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha introdotto il nuovo art. 21-bis alla legge 10 ottobre 1990, n. 287 attribuendo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato la legittimazione ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. La medesima Autorità, se ritiene che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, emette entro sessanta giorni un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate; se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi, l'Autorità può presentare, tramite l'Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni.

Cfr. anche, sul punto, CIRCI, Concorrenza. VI) Autorità garante della concorrenza e del mercato, in Enc. giur. Treccani, Aggiornamento, XVII, Roma 2008.

 

SINDACO UNICO DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI E COOPERATIVE

L’art. 14, commi 13, 13-bis e 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, come modificato dall’art. 16 del D.L. 22 dicembre 2011, n. 212 (in G.U. n. 297 del 22.12.2011), in vigore dal 23 dicembre 2011, ha previsto – a determinate condizioni – l’adozione di un sindaco unico, in luogo del collegio sindacale, nelle società di capitali.

In primo luogo, con riferimento alle società a responsabilità limitata, l’art. 2477 del codice civile è così sostituito:

Art. 2477. - (Sindaco e revisione legale dei conti).

L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un sindaco o di un revisore.

La nomina del sindaco è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni.

La nomina del sindaco è altresì obbligatoria se la società:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis.

L'obbligo di nomina del sindaco di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.

Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per azioni; se l'atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal sindaco.

L'assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina del sindaco. Se l'assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato”.

A norma dell’art. 14, comma 13-bis, della legge n. 183/2011, come introdotto dall’art. 16 del D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, “nelle società a responsabilità limitata, i collegi sindacali nominati entro il 31 dicembre 2011 rimangono in carica fino alla scadenza naturale del mandato deliberata dall’assemblea che li ha nominati”.

Con riguardo alle società per azioni, all'articolo 2397 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

Per le società aventi ricavi o patrimonio netto inferiori a 1 milione di euro lo statuto può prevedere che l'organo di controllo sia composto da un sindaco unico, scelto tra i revisori legali iscritti nell'apposito registro”.

L’art. 14, comma 12, della legge n. 183/2011 – come modificato dall’art. 16 del D.L. 22 dicembre 2011, n. 212 – ha inoltre aggiunto all’art. 6 del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, il seguente comma 4-bis:

Nelle società di capitali il sindaco, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)”. Riguardo, cioè, alla responsabilità per reato degli enti e delle società, il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di organizzazione e gestione, e di curare il loro aggiornamento, può essere affidato – in luogo che ad un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo – ai suddetti organi societari.

Le norme, come sopra introdotte, suscitano una serie di problemi interpretativi.

1) – Per quanto concerne la società a responsabilità limitata, ci si chiede innanzitutto se la previsione del sindaco unico – contenuta nel nuovo art. 2477 c.c. – sia inderogabile, ovvero se sia consentito all’autonomia statutaria di prevedere, facoltativamente, un collegio sindacale anche dopo l’entrata in vigore della novella. La risposta sembra dover essere nel secondo senso, trattandosi di un interesse disponibile della società (quello alla riduzione dei costi dell’organo di controllo). La stessa soluzione vale per le società per azioni (che si tratti di mera facoltà di scelta del sindaco unico, in luogo del collegio sindacale, risulta del resto testualmente dalla lettera dell’art. 2397, ultimo comma, c.c.). Nel silenzio, poi, dello statuto, deve ritenersi che nella s.r.l. l’organo di controllo non può che essere monocratico, mentre nella s.p.a. il controllo è svolto da un organo collegiale.

2) – Ci si chiede, inoltre, se in presenza di sindaco unico sia obbligatoria la nomina di un sindaco supplente, e la relativa previsione statutaria: in assenza di una previsione di legge in tal senso, la risposta deve essere negativa.

3) – Altra questione è quale sia il senso del rinvio – contenuto nel quinto comma dell’art. 2477 c.c. – alle norme in materia di società per azioni, con riferimento ai casi in cui l’organo di controllo è obbligatorio, posto che a norma del nuovo art. 2397, ultimo comma, c.c., le società per azioni aventi ricavi o patrimonio netto pari o superiori ad un milione di euro devono obbligatoriamente dotarsi di un organo di controllo collegiale (collegio sindacale). La questione è, quindi, se la società a responsabilità limitata con ricavi o patrimonio netto pari o superiori ad un milione di euro sia, o meno, obbligata alla nomina del collegio sindacale. Si è evidenziato come l’interpretazione più liberale, che fa leva sulla previsione in via esclusiva del sindaco unico da parte dell’art. 2477 c.c., sia in netto contrasto con la ratio della disciplina, diretta soprattutto alla tutela dei terzi quando ricavi o patrimonio superino un certo ammontare; ratio che ricorre in pari misura per le società per azioni e per quelle a responsabilità limitata. Senonché, in tal modo non sembra essersi dato adeguato rilievo alla previsione testuale dell’art. 2477, comma 2, c.c., che richiede obbligatoriamente la “nomina del sindaco” quando la s.r.l. “per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis”: potrebbe, quindi, darsi una s.r.l. che abbia – tra l’altro – ricavi superiori ad euro 8.800.000 (ben più, quindi, di euro 1.000.000), e che a norma dell’art. 2477 comma 2 c.c. deve testualmente nominare un sindaco unico. Per non parlare della s.r.l. che abbia capitale inferiore a 120.000 euro, e tuttavia – pur non superando due dei limiti di cui all’art. 2435-bis c.c., e non ricorrendo le altre condizioni dell’art. 2477, comma 2, c.c. – abbia ricavi o patrimonio netto pari o superiori ad un milione di euro: non sembra dubbio che in questo caso la società non sia obbligata a nominare neanche il sindaco unico. Del resto, la s.r.l. non può emettere obbligazioni né strumenti finanziari direttamente destinati al pubblico dei risparmiatori, e più in generale presenta caratteristiche molto diverse, anche nei rapporti con i terzi in genere, rispetto a quelle della s.p.a., che giustificano un minor rigore nei controlli; d’altra parte, il potere di controllo dei soci ex art. 2476 c.c. rappresenta un ulteriore contrappeso alla possibilità di scegliere un organo di controllo monocratico anche nelle società di maggiori dimensioni. In conclusione, deve ritenersi che la società a responsabilità limitata non sia mai obbligata alla nomina di un collegio sindacale (pur avendone facoltà).

4) – La questione della permanenza in carica dei sindaci in carica alla data del 31 dicembre 2011 (anche quando l’assemblea abbia deliberato la modifica dello statuto con la previsione dell’organo di controllo monocratico) è stata risolta espressamente dall’art. 14, comma 13-bis, della legge n. 183/2011, come introdotto dall’art. 16 del D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, nel senso che i membri del collegio sindacale rimangono in carica fino alla scadenza naturale del mandato (conseguenza, questa, del regime di inamovibilità dei sindaci risultante dall’art. 2400, comma 2, c.c.).

5) – La questione più delicata sembra quella della prevalenza o meno della nuova disciplina normativa, dettata dai novellati artt. 2477 e 2397, ultimo comma, c.c., sulle clausole statutarie che, numerose, prevedono oggi espressamente un organo di controllo collegiale (collegio sindacale, generalmente composto da tre sindaci effettivi e due supplenti). Trattandosi di nuova normativa derogabile, non opera la sostituzione automatica delle clausole prevista dall’art. 1339 c.c. Si tratta in realtà di una questione di interpretazione delle clausole statutarie in oggetto, posto che le stesse in genere non rinviano espressamente alla normativa abrogata, e d’altra parte – lungi dall’atteggiarsi come “meramente ripetitive” del testo di legge – hanno un contenuto autonomo ed ulteriore rispetto alle norme di legge previgenti, quantomeno nella misura in cui determinano espressamente il numero dei sindaci (in tema di s.r.l., non vi era alcuna previsione “legale” sul numero dei sindaci; l’art. 2397, comma 1, c.c., cui rinviava l’art. 2477 comma 5, fissava in via alternativa il numero dei sindaci effettivi in tre o cinque; l’art. 2328, comma 2, n. 10, anch’esso oggetto di richiamo da parte dell’art. 2477 comma 5, demandava e demanda allo statuto la fissazione del numero dei sindaci). A maggior ragione quanto sopra detto vale per i casi in cui vi sia una previsione statutaria di voto di lista, o altra equivalente, che riveli uno specifico interesse dei soci all’equilibrio rappresentato dalla natura e composizione collegiale dell’organo di controllo. Pertanto, mentre nei casi di “mero rinvio formale e non recettizio” alle norme di legge, detto rinvio deve intendersi oggi effettuato al sindaco unico, nei casi – più frequenti – nei quali lo statuto prevede la nomina di un collegio sindacale stabilendone il numero dei componenti, deve ritenersi che la nomina del sindaco unico sia possibile, a partire dal 1° gennaio 2012, solo previa modifica statutaria;

6) – Nessuna modifica è stata apportata alle disposizioni normative in tema di società cooperative. L’art. 2543 c.c. continua a contemplare unicamente il collegio sindacale. È vero che la cooperativa è, a sua volta, disciplinata dalle norme della s.p.a. o da quelle della s.r.l., ma è altresì vero che l’art. 2519 c.c. subordina tale applicabilità all’assenza di apposita previsione nel titolo dedicato alle cooperative, e comunque nei limiti della compatibilità. Sulla base di tale constatazione la dottrina assolutamente prevalente, ad esempio, ritiene applicabile l’art. 2543 comma 1 c.c. – nella parte in cui non prevede come obbligatorio il collegio sindacale nelle cooperative di minori dimensioni (mediante rinvio all'art. 2477 c.c.) – anche alle cooperative regolate dalle norme sulle s.p.a. Si consideri anche la disciplina della certificazione del bilancio dettata – indifferentemente per tutte le cooperative di maggiori dimensioni, a prescindere dalle norme ad esse applicabili – dagli artt. 11 e 13 del d. lgs. 2 agosto 2002, n. 220. Alla luce della lettera della legge e del disposto dell’art. 2519 c.c., appare aleatorio qualsiasi ragionamento che si limiti a valorizzare la ratio della novella in commento (riduzione dei costi per le società, che potrebbe valere anche per le cooperative); ragionamento che potrebbe essere controbilanciato dalle maggiori esigenze di controllo connesse allo scopo mutualistico delle cooperative. Appare maggiormente corretta un’interpretazione più rigorosa, che consenta unicamente il collegio sindacale nei casi previsti dall’art. 2543, comma 1, c.c.; salvo ammettere “facoltativamente” il sindaco unico nelle ipotesi non previste da tale disposizione (cooperative di minori dimensioni, e che non emettano strumenti finanziari non partecipativi), applicando in tale ultima ipotesi le norme della s.p.a. o della s.r.l., a seconda dei casi, sulla base dei novellati articoli 2397 e 2477 c.c.

V., sulla novella in commento, RUOTOLO-NARDONE, Il sindaco “unico” nella s.r.l. e nella s.p.a., Studio di impresa n. 250-2011/I del 16 dicembre 2011; Consiglio notarile di Milano, Sindaco unico e collegio sindacale, Massima n. 123 del 6 dicembre 2011; CNDCEC, La disciplina del collegio sindacale e del sindaco unico nelle s.p.a. e nelle s.r.l. alla luce della legge di stabilità. Nota interpretativa, novembre 2011.

 

CESSIONI DI QUOTE DI S.R.L. CON FIRMA DIGITALE

Ai sensi dell’art. 14, comma 8, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, il comma 1-bis dell’art. 36 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, deve intendersi nel senso che l'atto di trasferimento delle partecipazioni di società a responsabilità limitata ivi disciplinato è in deroga al secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile ed è sottoscritto con la firma digitale di cui all’art. 24 del D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (quindi, con firma digitale non autenticata).

La disposizione – contenente una norma di interpretazione autentica, avente quindi efficacia retroattiva – risolve la questione interpretativa postasi all’indomani dell’emanazione del d.l. n. 112/2008, nel senso che la firma digitale richiesta dalla legge è quella non autenticata, disciplinata dall’art. 24 del codice dell’amministrazione digitale, e non quella autenticata contemplata dall’art. 25 del medesimo codice.

Nel contempo, la norma interpretativa chiarisce che il trasferimento di partecipazione di s.r.l. con firma digitale “è in deroga” al secondo comma dell’art. 2470 c.c. (anche qui risolvendo una questione interpretativa già dibattuta). Conseguentemente, come ogni norma derogatoria, la stessa deve essere interpretata restrittivamente: cosicché, a titolo esemplificativo, la costituzione di usufrutto e pegno su partecipazioni di s.r.l. (disciplinata dall’art. 2471-bis c.c.) deve ritenersi esclusa dall’ambito applicativo della disciplina in deroga, e richiede pertanto l’autentica notarile delle sottoscrizioni (autografe o digitali). In questo senso v. già la Nota del Ministero dello Sviluppo economico in data 5 luglio 2011, n. 127447.

Deve essere anche ribadito che la previsione, secondo cui la cessione di partecipazioni di s.r.l. può essere iscritta nel registro delle imprese anche in assenza di autentica notarile delle sottoscrizioni appare per più versi incostituzionale, in quanto contrastante con il principio di uguaglianza (che impone di trattare diversamente fattispecie differenti), oltre che con il generale canone di ragionevolezza e con il principio di affidamento. Infatti:

1) - la norma è stata emanata senza copertura finanziaria, in quanto gli atti di cessione di partecipazioni in oggetto, non essendo autenticati, non vengono assoggettati alla tassa d’archivio dovuta, invece, su tutti gli atti notarili annotati nel repertorio degli atti tra vivi e soggetti a registrazione;

2) – risulta inapplicabile la norma dettata dall’art. 10 del d. lgs. n. 461/1997, riguardo agli obblighi di certificazione e di segnalazione delle cessioni di quote di s.r.l., a cui non intervenga il notaio o un intermediario finanziario;

3) - la possibilità di iscrivere nel registro delle imprese, indifferentemente, sia atti autenticati da notaio (assoggettati, quindi, al duplice controllo di legalità dello stesso notaio e del conservatore dell’archivio notarile in sede di ispezione biennale), sia atti non autenticati e soltanto trasmessi all’ufficio del registro delle imprese dall’intermediario abilitato (che non è obbligato né a conservarli, né ad eseguire inderogabilmente un controllo di legalità in posizione di terzietà) contrasta con il principio di uguaglianza e il canone di ragionevolezza, oltre che con il principio di affidamento, esponendo i terzi a rischi conseguenti alla possibile invalidità o inefficacia della cessione, cui l’iscrizione nel registro delle imprese conferisce un “crisma” di legalità.

Per un approfondimento di dette questioni – che potrebbe condurre ad una pronuncia di incostituzionalità della nuova disposizione – cfr. FICO, Trasferimento quote di s.r.l.: autentica notarile e sottoscrizione con firma digitale dell'intermediario abilitato (nota a Trib. Vicenza 23 novembre 2010), in Società, 2010, p. 835; CAVALLO-MONGELLI, La necessità dell'autentica notarile nella cessione di quote di s.r.l.: ricostruzioni interpretative (nota a Trib. Milano 26 giugno 2009 e Trib. Vicenza 23 novembre 2010), in Riv. not., 2010, p. 209; PETRELLI-MACCARONE, Le cessioni di quote di s.r.l. con firma digitale (tra la L. n. 133 del 2008 e la L. n. 2 del 2009), in Giur. merito, 2009, p. 696; DI PINTO, Il trasferimento delle quote di S.r.l. con firma digitale, in Riv. not., 2009, p. 1258; SANDEI, L'atto informatico di trasferimento delle partecipazioni in s.r.l.: addio certezza, in Nuove leggi civ., 2009, p. 401; SALAFIA, Deposito ed iscrizione nel registro imprese delle cessioni di quote della s.r.l. (nota a Trib. Vicenza 21 aprile 2009), in Società, 2009, p. 738; DONATIVI, Il trasferimento delle quote di s.r.l. con firma digitale, alla luce delle recenti novità legislative, in Società, 2009, p. 410; PADOLECCHIA, Domande e risposte in materia di cessione di quore di S.r.l., in FederNotizie, 2009, p. 33; BOCCHINI, Trasferimenti di quote di s.r.l.: "deposito" o "iscrizione" nel registro delle imprese? Il problema delle sanzioni, in Società, 2009, p. 541; PETRELLI-MACCARONE, Le cessioni di quote di s.r.l. dopo la conversione del d.l. n. 112 del 2008, in Notariato, 2008, p. 533; SPADA, Una "postilla" in tema di cessione di quote con firma digitale, in Notariato, 2008, p. 538; ZANETTI, Manovra d’estate (D.L. 25 giugno 2008, n. 112): le nuove modalità di trasferimento delle quote di S.r.l., in Fisco, 2008, p. 5733; Trib. Grosseto 31 luglio 2010, in Riv. not., 2011, p. 227; Trib. Vicenza 21 aprile 2009, in Notariato, 2009, p. 390, in Giur. it., 2010, p. 346, ed in Vita not., 2010, p. 290.

 

BILANCIO SEMPLIFICATO DELLE SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA

Ai sensi dell’art. 14, comma 9, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, a partire dal 1° gennaio 2012, le società a responsabilità limitata che non abbiano nominato il sindaco unico possono redigere il bilancio secondo uno schema semplificato. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 2 marzo 2012, sono definite le voci e la struttura che compongono lo schema di bilancio semplificato e le modalità di attuazione della suddescritta previsione.

 

MODIFICHE STATUTARIE DI SOCIETÀ COOPERATIVE

A norma dell’art. 14, comma 15, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, nel caso in cui siano entrate in vigore norme di legge o regolamentari che incidano, direttamente o indirettamente, sulle materie regolate dallo statuto sociale, le società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro V del codice civile, le cui azioni non siano negoziate in mercati regolamentati, possono modificare il proprio statuto con le maggioranze assembleari previste in via generale dallo statuto per le sue modificazioni, anche nei casi in cui lo statuto stesso preveda maggioranze più elevate per la modifica di determinati suoi articoli. La disposizione lascia, quindi, invariata la necessità di verbalizzazione notarile per le suddette deliberazioni, limitandosi ad escludere l’applicabilità di eventuali quorum statutari rafforzati per le deliberazioni modificative di adeguamento dello statuto a norme (inderogabili o anche derogabili) sopravvenute.

Per l’analoga questione postasi dopo l’entrata in vigore della riforma societaria del 2003, cfr. l’art. 223-duodecies disp. att. c.c., sul quale v. PETRELLI, Le cooperative nella riforma del diritto societario. Analisi di alcuni aspetti controversi, in Studi e materiali in tema di riforma delle società cooperative, Milano, 2005, § 9.

 

ORGANIZZAZIONI DI PRODUTTORI ORTOFRUTTICOLI

Con D.M. 3 agosto 2011 (in G.U. n. 251 del 27.10.2011), in vigore dal giorno 11 novembre 2011, sono state dettate le disposizioni nazionali in materia di riconoscimento e controllo delle organizzazioni di produttori ortofrutticoli e loro associazioni.

Correlativamente, l’art. 26 del decreto abroga i decreti ministeriali 25 settembre 2008, n. 3413, 11 maggio 2009, n. 3932, 30 settembre 2010, n. 8445, e 20 dicembre 2010, n. 10388.

L’art. 1 del decreto contiene le definizioni; in particolare, sono "OP", "AOP", "GP", rispettivamente le organizzazioni di produttori riconosciute, le associazioni di organizzazioni di produttori riconosciute e i gruppi di produttori prericonosciuti.

L’art. 2 disciplina il riconoscimento delle organizzazioni di produttori da parte delle regioni. In particolare, le OP per poter presentare la richiesta di riconoscimento, devono assumere una delle seguenti forme giuridiche societarie: a) società di capitali aventi per oggetto sociale la commercializzazione dei prodotti agricoli, il cui capitale sociale sia sottoscritto da imprenditori agricoli o da società costituite dai medesimi soggetti o da società cooperative agricole e loro consorzi; b) società cooperative agricole e loro consorzi; c) società consortili di cui all'art. 2615-ter del codice civile, costituite da imprenditori agricoli o loro forme societarie. Ai fini del riconoscimento delle OP, il numero minimo di soci produttori è fissato a cinque (art. 3).

L’art. 5 disciplina il riconoscimento delle associazioni di organizzazioni di produttori da parte della Regione. Anche le AOP devono assumere una delle forme societarie di cui all’art. 2, comma 4, sopra commentato, e sono costituite da almeno due OP riconosciute ai sensi del Regolamento (CE) n. 1234/2007.

Le procedure per il riconoscimento ed il controllo di OP e AOP sono regolate nell’allegato al decreto.

Le OP e le AOP, in conformità con l'art. 27 del Regolamento, possono esternalizzare a soggetti terzi, soci produttori e filiali, una parte delle loro attività, entro il limite del 40% del valore della produzione commercializzata nell'anno precedente (art. 6). Cfr. anche il punto 5. dell’Allegato al decreto.

L’art. 7 stabilisce i limiti entro i quali i membri non produttori possono essere ammessi alla OP ed alla AOP. Una persona fisica o giuridica che non sia un socio produttore, come definito dall'art. 19, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento, può essere accolta come aderente ad una OP, nel rispetto delle condizioni stabilite dall'art. 30, paragrafo 3 del Regolamento stesso. I soci non produttori non possono possedere, complessivamente, più del 10% delle quote sociali con diritto di voto dell'OP. Tale disposizione deve essere statutariamente prevista. In ogni caso, i soci non produttori non possono partecipare al voto per le decisioni relative al fondo di esercizio e non devono svolgere attività concorrenziali con quelle dell'OP. Una persona fisica o giuridica che non sia riconosciuta come OP può essere socia di una AOP, con i limiti di cui all'art. 34, paragrafo 2 del Regolamento. Le predette persone fisiche o giuridiche, in ogni caso, non possono detenere, complessivamente, più del 10% delle quote sociali con diritto di voto dell'AOP.

Le OP e le AOP assicurano ai soci produttori il controllo democratico delle decisioni da attuare in materia di gestione e funzionamento, in conformità con la legislazione societaria vigente. A tal fine, nel caso di OP, un unico socio produttore non può detenere più del 35% dei diritti di voto. Mentre nel caso di AOP, una unica OP non può detenere più del 50% dei diritti di voto (art. 8).

La durata minima dell'adesione di un socio produttore ad una OP non può essere inferiore ad un anno (art. 9).

L’art. 10 disciplina le fusioni. Ai sensi dell'art. 29 del Regolamento, per fusione tra OP si intende l'unificazione in una unica entità, nella forma ritenuta più idonea dai due o più soggetti interessati, in conformità alle procedure di cui all’art. 24 del decreto, mediante scioglimento e contestuale ricostituzione di un nuovo soggetto, o mediante fusione per incorporazione. Cfr. anche il punto 7. dell’Allegato al decreto.

Sulla disciplina organizzativa già dettata dal D.M. 11 maggio 2009, n. 3932, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it. Sull’assetto anteriore, con particolar riguardo alle cooperative di produttori ortofrutticoli, risultante dalla legge n. 410/1999, cfr. PETRELLI, Formulario notarile commentato, IV, 2, Milano, 2005, p. 231 ss.

 

SOCIETÀ DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

Con D.P.R. 18 luglio 2011, n. 113 (in G.U. n. 167 del 20.7.2011), in vigore dal 21 luglio 2011, è stato abrogato – a seguito di referendum – il disposto dell’art. 23-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

L’art. 4 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, come modificato dall’art. 9 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, ha modificato quindi nuovamente la suddetta disciplina, stabilendo che gli enti locali, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, verificano la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, di seguito "servizi pubblici locali", liberalizzando tutte le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità e accessibilità del servizio e limitando, negli altri casi, l'attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità.

Nel caso in cui l'ente locale, a seguito della verifica obbligatoria, intende procedere all'attribuzione di diritti di esclusiva, il conferimento della gestione di servizi pubblici locali avviene in favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici.

Le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alle procedure competitive ad evidenza pubblica, sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge.

Fermo restando quanto previsto ai commi 8, 9, 10 e 11, nel caso di procedure aventi ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio, al quale deve essere conferita una partecipazione non inferiore al 40 per cento, e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, il bando di gara o la lettera di invito assicura che:

a) i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;

b) il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l'intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifica, si proceda a un nuovo affidamento;

c) siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione.

In deroga a quanto previsto dai commi 8, 9, 10, 11 e 12 se il valore economico del servizio oggetto dell'affidamento è pari o inferiore alla somma complessiva di 900.000 euro annui, l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento europeo per la gestione cosiddetta «in house». Al fine di garantire l'unitarietà del servizio oggetto dell'affidamento, è fatto divieto di procedere al frazionamento del medesimo servizio e del relativo affidamento.

Le società cosiddette «in house» affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite, con il concerto del Ministro per le riforme per il federalismo, in sede di attuazione dell’art. 18, comma 2-bis, del d.l. n. 112/2008. Inoltre le società cosiddette «in house» e le società a partecipazione mista pubblica e privata, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l'acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

L’art. 32, comma 3, del d. lgs. n. 163/2006, limitatamente alla gestione del servizio per il quale le società di cui al comma 1, lettera c), del medesimo articolo sono state specificamente costituite, si applica se la scelta del socio privato è avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio.

In caso di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a società cosiddette "in house" e in tutti i casi in cui il capitale sociale del soggetto gestore è partecipato dall'ente locale affidante, la verifica del rispetto del contratto di servizio nonché ogni eventuale aggiornamento e modifica dello stesso sono sottoposti, secondo modalità definite dallo statuto dell'ente locale, alla vigilanza dell'organo di revisione di cui agli artt. 234 e seguenti del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

Gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o dei servizi dell'ente locale, nonché degli altri organismi che espletano funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo e di controllo di servizi pubblici locali, non possono svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte dei medesimi soggetti. Non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all’art. 77 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società. Le incompatibilità e i divieti suddetti si applicano alle nomine e agli incarichi da conferire successivamente al 13 agosto 2011.

Viene infine disciplinato, al comma 32 dell’art. 4, il regime transitorio degli affidamenti non conformi alla nuova disciplina.

Sulla materia v. anche, per la disciplina previgente, la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

EQUILIBRIO TRA GENERI NELLE SOCIETÀ QUOTATE E NELLE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA

La legge 12 luglio 2011, n. 120 (in G.U. n. 174 del 28.7.2011), in vigore dal 12 agosto 2011, ha introdotto alcune modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati, estendendo poi dette previsioni alle società a partecipazione pubblica.

In particolare, a norma del nuovo art. 147-ter, comma 1-ter, del T.U.F., ““Lo statuto prevede, inoltre, che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i generi. Il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti. Tale criterio di riparto si applica per tre mandati consecutivi”. Si dispone poi – oltre ai controlli ed alle sanzioni, ed alla delega regolamentare alla Consob – che “Lo statuto provvede a disciplinare le modalità di formazione delle liste ed i casi di sostituzione in corso di mandato al fine di garantire il rispetto del criterio di riparto previsto dal presente comma”; e che “le disposizioni suindicate si applicano anche alle società organizzate secondo il sistema monistico”. Parallelamente, con riguardo al sistema dualistico, a norma del nuovo art. 147-quater, comma 1-bis, del T.U.F., “Qualora il consiglio di gestione sia costituito da un numero di componenti non inferiore a tre, ad esso si applicano le disposizioni dell'articolo 147-ter, comma 1-ter”. Infine, a norma del nuovo art. 148, comma 1-bis, del T.U.F., “L'atto costitutivo della società stabilisce, inoltre, che il riparto dei membri di cui al comma 1 sia effettuato in modo che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei membri effettivi del collegio sindacale. Tale criterio di riparto si applica per tre mandati consecutivi”.

A norma dell’art. 3, le disposizioni sopra descritte si applicano anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati. Con regolamento da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sono stabiliti termini e modalità di attuazione al fine di disciplinare in maniera uniforme per tutte le società interessate, in coerenza con quanto previsto dalla legge, la vigilanza sull'applicazione della stessa, le forme e i termini dei provvedimenti previsti e le modalità di sostituzione dei componenti decaduti.

A norma dell’art. 2, le disposizioni della presente legge si applicano a decorrere dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e degli organi di controllo delle società quotate in mercati regolamentati successivo ad un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge (quindi successivo al 12 agosto 2012), riservando al genere meno rappresentato, per il primo mandato in applicazione della legge, una quota pari almeno a un quinto degli amministratori e dei sindaci eletti.

 

TRASPARENZA DELLE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA

L’art. 8 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha disposto che entro tre mesi dall'entrata in vigore del decreto (quindi entro il 6 ottobre 2011), tutti gli enti e gli organismi pubblici avevano l’obbligo di inserire sul proprio sito istituzionale, curandone altresì il periodico aggiornamento, l'elenco delle società di cui detengono, direttamente o indirettamente, quote di partecipazione anche minoritaria indicandone l'entità, nonché una rappresentazione grafica che evidenzia i collegamenti tra l'ente o l'organismo e le società ovvero tra le società controllate e indicano se, nell'ultimo triennio dalla pubblicazione, le singole società hanno raggiunto il pareggio di bilancio.

 

CONFIDI

L’art. 39 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, dispone, in materia di patrimonializzazione dei Confidi, che al capitale sociale dei confidi e delle banche di cui ai commi 29 e 32 dell’art. 13 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326, possono partecipare, anche in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione, imprese non finanziarie di grandi dimensioni ed enti pubblici e privati, purché le piccole e medie imprese socie dispongano almeno della metà più uno dei voti esercitabili nell'assemblea e la nomina dei componenti degli organi che esercitano funzioni di gestione e di supervisione strategica sia riservata all'assemblea.

Sulla partecipazione ai Confidi dei liberi professionisti, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it.

Cfr. anche, sulla disciplina dei confidi, PETRELLI, I confidi costituiti in forma di società cooperativa, in Studi e materiali, 2005, 2, p.  1663, ed in Studi e materiali, 2006, 1, p. 735; cfr. inoltre la Rassegna relativa al primo semestre 2009, e da ultima la Rassegna relativa al secondo semestre 2010 (nell’ambito del commento alle società operanti nel settore finanziario), in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

REGISTRO DELLE IMPRESE

Con Decreto direttoriale 29 novembre 2011 (in G.U. n. 287 del 29.11.2011) sono state approvate le nuove specifiche tecniche per la compilazione delle domande e denunce da presentare all’ufficio del registro delle imprese per via telematica o su supporto informatico.

 

COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

Con D.L. 22 dicembre 2011, n. 212 (in G.U. n. 297 del 22.12.2011), in vigore dal 23 dicembre 2011, sono state dettate disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile.

Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento, il debitore può concludere un accordo con i creditori secondo la procedura di composizione della crisi (art. 1, comma 1). Per sovraindebitamento si intende una “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni”; una sottospecie di esso è il “sovraindebitamento del consumatore”, che è quello “dovuto prevalentemente all'inadempimento di obbligazioni contratte dal consumatore”.

A norma dell’art. 2, comma 1, il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi con sede nel circondario del tribunale competente, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all'accordo stesso, compreso l'integrale pagamento dei titolari dei crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato anche parzialmente. Il piano può prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore a un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori. A norma dell’art. 2, comma 2, la proposta di accordo è ammissibile quando il debitore non è assoggettabile alle vigenti procedure concorsuali, e non ha fatto ricorso, nei precedenti tre anni, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento.

La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri. Nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l'attuabilità dell'accordo. Il piano può prevedere una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori estranei quando ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni: a)  il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine; b)  la moratoria non riguardi il pagamento dei titolari di crediti impignorabili (art. 3).

La proposta di accordo è depositata, a norma dell’art. 4, presso il tribunale del luogo ove il debitore ha la residenza ovvero la sede principale, unitamente ai documenti prescritti (elenco dei creditori, dei beni e degli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, scritture contabili, dichiarazioni dei redditi).

A norma dell’art. 5, il giudice fissa con decreto l’udienza e dispone idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto, nonché, nel caso in cui il proponente svolga attività d'impresa, la pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese. Deve ritenersi che si tratti di iscrizione, e non di mero deposito presso l’ufficio del registro delle imprese: conseguentemente, sembra che ai fini di detta iscrizione la proposta di accordo di ristrutturazione debba essere autenticata da notaio (come ritenuto dalla giurisprudenza a proposito degli accordi di ristrutturazione disciplinati dall’art. 182-bis della legge fallimentare).

 Il giudice, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che, per non oltre centoventi giorni, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. Durante il periodo suddetto, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.

Ai fini dell'omologazione, è necessario che l'accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il settanta per cento dei crediti. Nei casi di sovraindebitamento del consumatore ai fini dell'omologazione è sufficiente che l'accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il cinquanta per cento dei crediti. L'accordo è revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie (art. 6). Verificato il raggiungimento dell'accordo con la percentuale prescritta, verificata l'idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei e risolta ogni altra contestazione, il giudice omologa l'accordo e ne dispone la pubblicazione utilizzando tutte le forme suindicate (quindi anche l’iscrizione nel registro delle imprese). Dalla data di omologazione e per un periodo non superiore a un anno, l'accordo produce gli effetti di cui all'articolo 5, comma 3 (divieto di azioni esecutive e cautelari, di costituzione di cause di prelazione, ecc.). Detti effetti vengono meno in caso di risoluzione dell'accordo, di mancato pagamento dei creditori estranei, di fallimento del debitore (art. 7).

Il giudice, verificata la conformità dell'atto dispositivo all'accordo e al piano, anche con riferimento alla possibilità di pagamento dei creditori estranei, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo. I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell'accordo e del piano sono nulli (art. 8).

L'accordo può essere annullato dal tribunale soltanto quando è stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. Se il proponente non adempie regolarmente alle obbligazioni derivanti dall'accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione dell'accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, il tribunale può pronunciare la risoluzione dello stesso. L'annullamento e la risoluzione dell'accordo non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede (disposizione, questa, che richiama la c.d. “apparenza titolata”, di cui all’art. 742 c.p.c.).

Gli enti pubblici possono costituire organismi per la composizione delle crisi da sovraindebitamento con adeguate garanzie di indipendenza e professionalità. Gli organismi di cui al comma 1 sono iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia. Gli organismi di mediazione costituiti presso le camere di commercio, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel registro suindicato. A norma dell’art. 11, i compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 l. fall., e successive modificazioni, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite, in considerazione del valore della procedura, le tariffe applicabili all'attività svolta dai professionisti, da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura. Nel caso di sovraindebitamento del consumatore le stesse indennità sono ridotte della metà.

I compiti dell’organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto dagli articoli 6, 7 e 8, sono specificati dall’art. 10: lo stesso assume ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione, al raggiungimento dell'accordo, e all'esecuzione dello stesso; verifica la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, attesta la fattibilità del piano, trasmette al giudice la relazione sui consensi espressi e sulla maggioranza raggiunta; esegue la pubblicità della proposta e dell'accordo, ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice nell'ambito del procedimento.

Sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, al di fuori dei casi regolati dalla legge fallimentare, cfr. DI MARZIO, Sulla composizione negoziale delle crisi da sovraindebitamento (note a margine dell'AC n. 2364), in Dir. fall., 2010, I, p. 659; GIRONE, Il tentativo del legislatore italiano di allinearsi agli ordinamenti internazionali con un provvedimento in materia di "sovraindebitamento" dei soggetti non fallibili, nonché interventi in materia di usura ed estorsione (disegno di legge C. 2364), in Dir. fall., 2009, I, p. 818; FALCONE, Prestito "responsabile" e sovraindebitamento del consumatore, in Dir. fall., 2010, I, p. 642.

 

CRISI DELL’IMPRESA AGRICOLA

L’art. 23, comma 43, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha esteso agli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza la possibilità di accedere alle procedure di cui agli artt. 182-bis (accordi di ristrutturazione dei debiti) e 182-ter (transazione fiscale) della legge fallimentare (r.d. n. 267/1942), in attesa di una revisione complessiva della disciplina dell'imprenditore agricolo in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia.

Sulla problematica v., di recente, CARMIGNANI, Presupposto soggettivo del fallimento e confini dell’impresa agraria (nota a Cass. 10 dicembre 2010, n. 24995), in Fallimento, 2011, 5, p. 543.

 

DISCIPLINA DELLA RISCOSSIONE E VENDITA DI BENI PIGNORATI O IPOTECATI

I commi 13-bis e seguenti dell’art. 10 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), introdotti dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, hanno parzialmente  modificato la disciplina della riscossione. Nell’ambito di tali modifiche, si segnala in particolare quella apportata dal comma 13-terdecies all’art. 52 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, al quale è stato aggiunto, in fine, il seguente comma:

2-bis. Il debitore ha facoltà di procedere alla vendita del bene pignorato o ipotecato al valore determinato ai sensi degli articoli 68 e 79, con il consenso dell’agente della riscossione, il quale interviene nell’atto di cessione e al quale è interamente versato il corrispettivo della vendita. L’eccedenza del corrispettivo rispetto al debito è rimborsata al debitore entro i dieci giorni lavorativi successivi all’incasso”.

A norma dell’art. 14-bis del D.L. n. 201/2011, i comuni effettuano la riscossione coattiva delle proprie entrate, anche tributarie, con le modalità previste dall’art. 7, comma 2, del D.L. n. 70/2011.

 

CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI

L’art. 13 del D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 71 del 28.3.2011), recante norme di attuazione della Direttiva 2009/28/CE, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, ha introdotto il nuovo comma 2-quater nell’art. 6 del D. Lgs. 19 agosto 2005 n. 192, a norma del quale “nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari, a decorrere dal 1° gennaio 2012 gli annunci commerciali di vendita riportano l'indice di prestazione energetica contenuto nell'attestato di certificazione energetica”. Ciò significa che, a partire dal 2012, la commercializzazione dei fabbricati – se effettuata a mezzo di “annunci commerciali” – richiederà la preventiva predisposizione dell’attestato di certificazione energetica. Non è, invece, richiesta alcuna menzione in sede di contratti preliminari di vendita. Da rilevare che l’art. 13 suindicato non ha introdotto alcuna modifica all’art. 15 del d. lgs. n. 192/2005 (non è stata, cioè, prevista alcuna sanzione per la mancata pubblicizzazione dell’indice di prestazione energetica negli annunci commerciali di vendita); l’unica conseguenza della violazione della prescrizione deve individuarsi nell’eventuale responsabilità civile del soggetto che effettua l’annuncio commerciale, se dalla mancanza di informazioni riguardo al rendimento energetico dell’edificio derivano dei danni all’acquirente o al conduttore.

 

Sono state pubblicate, nel secondo semestre 2010, le seguenti disposizioni legislative e regolamentari regionali in materia di certificazione energetica degli edifici:

 

1) – Calabria.

- Legge 4 novembre 2011, n. 41 (in B.U. n. 20 del 2.11.2011, S.S. 11 novembre 2011, n. 3) – Norme per l’abitare sostenibile.

A norma dell’art. 9, la certificazione di sostenibilità degli edifici, ivi disciplinata, ricomprende la certificazione energetica obbligatoria.

 

2) – Emilia Romagna.

- D.G.R. 26 settembre 2011, n. 1366 (in B.U. n. 151 del 6.10.2011) – Proposta di Modifica della Parte seconda - Allegati – della Deliberazione dell’Assemblea Legislativa n. 156/2008.

Si segnala in particolare la nuova definizione di “trasferimento a titolo oneroso” (e, in proposito, le esclusioni espressamente previste), che costituisce presupposto per l’applicazione della disciplina sull’attestato di certificazione energetica.

 

Per lo stato attuale complessivo della normativa regionale vigente (oltre che nazionale), cfr. PETRELLI, Certificazione energetica degli edifici. Prospetto sinottico nazionale e regionale, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

COMMISSIONI DI MASSIMO SCOPERTO

L’art. 6-bis del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), introdotto dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha a sua volta introdotto nel testo unico bancario (D. Lgs. n. 385/1993) il nuovo art. 117-bis:

Art. 117-bis. – (Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti).

– 1. I contratti di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione onnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, e un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate. L’ammontare della commissione non può superare lo 0,5 per cento, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente.

2. A fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull’ammontare dello sconfinamento.

3. Le clausole che prevedono oneri diversi o non conformi rispetto a quanto stabilito nei commi 1 e 2 sono nulle. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto.

4. Il CICR adotta disposizioni applicative del presente articolo e può prevedere che esso si applichi ad altri contratti per i quali si pongano analoghe esigenze di tutela del cliente; il CICR prevede i casi in cui, in relazione all’entità e alla durata dello sconfinamento, non sia dovuta la commissione di istruttoria veloce di cui al comma 2”.

La nuova previsione normativa “codifica” – con alcune modifiche – quanto già disposto, in realtà, dall’art. 2-bis del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, inserito dalla legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2, in vigore dal 29 gennaio 2009, e successivamente modificato dall’art. 2, comma 2, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

Viene, quindi, confermata la disciplina previgente relativamente alla nullità delle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente. Parimenti confermato è l’ammontare della commissione massima (0,5% trimestrale) sull’ammontare della somma messa a disposizione del cliente. Confermata è anche la nullità delle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, ma ancorata ad altri parametri (quali, ad esempio, l’ammontare medio o massimo dell’utilizzo in un dato periodo).

Non risultano invece riproposte nella nuova disciplina:

1) - la nullità delle clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni (clausole che sembrerebbero apparentemente consentite, salvo quanto dirà in proposito la normativa attuativa demandata al C.I.C.R., il rinvio alla quale impedisce di ritenere senz’altro la suddetta previsione tacitamente abrogata);

2) – la nullità in ogni caso delle clausole contrattuali che prevedano una commissione a fronte di utilizzi in assenza di fido (c.d. di sconfinamento), mentre oggi si prevede in questi casi la validità delle clausole che prevedono “commissioni di istruttoria veloce” in misura fissa;

3) – la necessaria evidenziazione e rendicontazione al cliente delle commissioni consentite con cadenza massima annuale con l'indicazione dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, facendo salva comunque la facoltà di recesso del cliente in ogni momento: previsioni, queste, che potranno peraltro essere riproposte da parte della normativa attuativa da emanarsi da parte del C.I.C.R., a cui viene fatto espresso rinvio, e che per tale ragione non possono ritenersi senz’altro tacitamente abrogate, non foss’altro perché il nuovo art. 117-bis del t.u.b., da solo e senza tale normativa attuativa, non regola l’intera materia già disciplinata dal d.l. n. 185/2008, e successive modificazioni;

4) – la previsione secondo la quale gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione della disciplina di contrasto all’usura (art. 1815 del codice civile, articolo 644 del codice penale, articoli 2 e 3 della legge n. 108/1996). Quest’ultima previsione deve ritenersi meramente ricognitiva e interpretativa di un principio generale già presente nell’ordinamento, che non appare abrogato dalla nuova disciplina del t.u.b.

In definitiva, nelle more dell’emanazione delle disposizioni attuative da parte del C.I.C.R., deve ritenersi ancora vincolate la disciplina dettata dall’art. 2-bis del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, salvo che per gli aspetti regolati in modo innovativo dall’art. 117-bis del t.u.b. (in particolare, per quanto disposto dal comma 2 di tale articolo).

Per un commento alla previgente disciplina cfr. le Rassegne relative al primo semestre 2009 ed al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it. Cfr. anche, tra gli interventi più recenti, CICORIA, Commissione di massimo scoperto. Ultimo atto?, in Giust. civ., 2011, II, p. 327; GRINDATTO, Sul computo della commissione di massimo scoperto nella determinazione del tasso usurario (nota a Cass. 26 marzo 2010, n. 12028), in Giur. it., 2010, p. 2410; DOLMETTA, Alcuni temi recenti sulla “commissione di massimo scoperto”, in Banca, borsa e titoli di credito, 2010, I, p. 166; CIAN, Il costo del credito bancario alla luce dell'art. 2-bis l. 2/2009 e della l. 102/2009. commissione di massimo scoperto, commissione di affidamento, usura, in Banca, borsa e titoli di credito, 2010, I, p. 182; MIRONE, L’evoluzione della disciplina sulla trasparenza bancaria in tempo di crisi: istruzioni di vigilanza, credito al consumo, commissioni di massimo scoperto, in Banca, borsa e titoli di credito, 2010, I, p. 557; RUGGIERO, La «nuova» commissione di massimo scoperto dopo il decreto «anti-crisi» (commento al d.l. 29 novembre 2008 n. 185, coordinato con le modif. introdotte dalla l. di conversione 28 gennaio 2009 n. 2), in Contratti, 2010, p. 55; MAIMERI, La commissione di massimo scoperto fra prassi e legge, Bari, 2010.

 

CONFLITTO DI INTERESSI DEGLI INTERMEDIARI BANCARI E ASSICURATIVI

L’art. 36-bis del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), introdotto dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha inserito il nuovo comma 3-bis all’art. 21 del Codice del consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), a norma del quale “È considerata scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario”.

Ricorrendo una tale prassi, si applica la disciplina delle pratiche commerciali scorrette (D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146, e D.Lgs. 23 ottobre 2007, n. 221, su cui v. la Rassegna relativa al secondo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it/). La clausola del contratto di mutuo, che richiami espressamente una polizza assicurativa offerta dalla medesima banca (o altro intermediario collegato) non è, peraltro, vietata dalla legge, salve le conseguenze previste dalla suddetta normativa: essa può essere quindi inserita, fermo in capo al notaio l’obbligo di informazione e chiarimento nei confronti di entrambe le parti contrattuali.

Con Provvedimento ISVAP in data 6 dicembre 2011, n. 2946 (in G.U. n. 292 del 16.12.2011), in vigore dal 2 aprile 2012, sono state dettate disposizioni in tema di conflitto d’interessi degli intermediari assicurativi. Più precisamente, è stato modificato l’art. 48 del Regolamento ISVAP n. 5 del 16 ottobre 2006, aggiungendo il seguente comma 1-bis:

Gli intermediari comunque si astengono dall'assumere, direttamente o  indirettamente,     anche attraverso uno dei rapporti di cui al comma 1,  primo  periodo, la contemporanea qualifica di beneficiario o di vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di  intermediario  del  relativo contratto in forma individuale o collettiva”. Il comma 1 del medesimo art. 48 disponeva già che “Nell'offerta e nella gestione dei contratti di assicurazione gli intermediari evitano, secondo quanto disposto dall'art. 183 del decreto, di effettuare operazioni in cui hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del gruppo. Qualora il conflitto non risulti evitabile, gli intermediari operano comunque in modo da non recare pregiudizio agli interessi dei contraenti”.

 

TASSI USURARI

La rilevazione dei tassi medi ai fini dell’applicazione della legge sull’usura è stata effettuata, da ultimo:

- con D.M. 26 settembre 2011 (in G.U. n. 228 del 30.11.2011);

- con D.M. 20 dicembre 2011, in G.U. n. 300 del 27.12.2011).

A seguito di quest’ultimo provvedimento, si distingue, limitatamente ai mutui, tra tasso fisso e tasso variabile; il limite di liceità degli interessi pattuiti sarà quindi – dal 1° gennaio al 31 marzo 2012:

- relativamente ai mutui a tasso fisso, del 9,8500 %;

- relativamente ai mutui a tasso variabile, del 8,2875 %;

- relativamente alle aperture di credito in conto corrente, sarà invece – oltre l’importo di 5.000 euro – del 15,6375 %.

Ai sensi dell’art. 3, comma 4, del suddetto decreto, “I tassi effettivi globali medi di cui all'articolo 1, comma 1, del presente decreto non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento. L'indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano dei cambi ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”.

Ciò significa che il tasso di mora per i mutui (di durata superiore a cinque anni) è pari mediamente:

- quanto ai mutui a tasso fisso, al  12,4750 % 

- quanto ai mutui a tasso variabile, al 10,9125 %.

Con D.M. 23 settembre 2011 (in G.U. n. 228 del 30.9.2011) è stata approvata la classificazione delle operazioni creditizie per categorie omogenee, ai fini della rilevazione dei tassi effettivi globali medi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari: si tratta di “aperture di credito in conto corrente, scoperti senza affidamento, finanziamenti per anticipi su crediti e documenti e sconto di portafoglio commerciale, crediti personali, crediti finalizzati all'acquisto rateale, credito revolving e con utilizzo di carte di credito, operazioni di factoring, operazioni di leasing, mutui, prestiti contro cessione del quinto dello stipendio e della pensione, altri finanziamenti a breve e medio/lungo termine”.

Riguardo alle Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura, dettate con Provvedimento della Banca d’Italia in data 29 agosto 2009 (in G.U. n. 200 del 29.8.2009), cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

Cfr. anche l’art. 8 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 (in G.U. n. 160 del 12.7.2011), in vigore dal 13 luglio 2011, che ha modificato la disciplina dettata dall’art. 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, ai fini del calcolo del limite massimo, oltre il quale gli interessi sono usurari (il tasso medio risultante dall’ultima rilevazione trimestrale deve essere aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali): cfr. sul punto la Rassegna relativa al primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

INTERESSI DI MORA - RITARDI DI PAGAMENTO NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI

Giusta il comunicato del Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 18 luglio 2011 (in G.U. n. 165 del giorno 18.7.2011), il saggio d'interesse di cui al comma 1 dell’art. 5 del D. Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, al netto della maggiorazione ivi prevista, è pari all’1,25 % per il periodo 1° luglio – 31 dicembre 2011. Dovendosi applicare, ai sensi del suddetto 1° comma dell’art. 5, la maggiorazione del 7%, il tasso d’interesse di mora applicabile è pari all’8,25 %.

 

SAGGIO DEGLI INTERESSI LEGALI

Con D.M. 12 dicembre 2011 (in G.U. n. 291 del 15.12.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, è stato fissato al 2,5% (due virgola cinque per cento) il saggio legale di interesse, di cui all’articolo 1284 del codice civile, come consentito dall'art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

La cronistoria del saggio legale di interesse è pertanto la seguente:

- 5% dal 20 aprile 1942 al 15 dicembre 1990 (codice civile);

- 10% dal 16 dicembre 1990 al 31 dicembre 1996 (per effetto dell’art. 1 della legge 26 novembre 1990 n. 353);

- 5% dal 1° gennaio 1997 al 31 dicembre 1998 (per effetto dell’art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996 n. 662);

- 2,5% dal 1° gennaio 1999 al 31 dicembre 2000 (per effetto del D.M. 10 dicembre 1998, in G.U. n. 289 dell’11.12.1998);

- 3,5% dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2001 (per effetto del D.M. 11 dicembre 2000, in G.U. n. 292 del 15 dicembre 2000);

- 3% dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2003 (per effetto del D.M. 11 dicembre 2001, in G.U. n. 290 del 14.12.2001);

- 2,5% dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2007 (per effetto del D.M. 1 dicembre 2003, in G.U. n. 286 del 10.12.2003).

- 3% dal 1° gennaio 2008 (per effetto del D.M. 12 dicembre 2007, in G.U. n. 291 del 15.12.2007);

- 1% dal 1° gennaio 2010 (per effetto del D.M. 4 dicembre 2009, in G.U. n. 291 del 15 dicembre 2009);

- 1,5% dal 1° gennaio 2011 (per effetto del D.M. 7 dicembre 2010, in G.U. n. 292 del 15.12.2010);

- 2,5% dal 1° gennaio 2012 (per effetto del D.M. 12 dicembre 2011, in G.U. n. 291 del 15.12.2011).

 

VALORE DEI DIRITTI DI USUFRUTTO, USO E ABITAZIONE

Con decreto interdirigenziale in data 22 dicembre 2011 (in G.U. n. 303 del 30.12.2011) è  stata quindi approvata la nuova tabella dei coefficienti per l'adeguamento delle modalità di calcolo dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni in materia di imposta di registro e di imposta sulle successioni e donazioni, al nuovo saggio legale del 2,5% (come fissato dal D.M. 12 dicembre 2011 (in G.U. n. 291 del 15.12.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012).

Le relative disposizioni si applicano agli atti pubblici formati, agli atti  giudiziari  pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e  a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle successioni apertesi ed alle donazioni fatte a decorrere dalla data del 1° gennaio 2012 (art. 2). Il tutto in conformità all’art. 3, comma 164, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, a norma del quale "Il valore del multiplo dell'annualità indicato nell'articolo 46, comma 2, lettere a) e b), del citato testo unico approvato con D.P.R. n. 131 del 1986, e successive modificazioni, nonché il prospetto dei coefficienti allegato a quest'ultimo sono variati, in ragione della modificazione della misura del saggio legale degli interessi, con decreto del ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 dicembre dell'anno in cui detta modifica è avvenuta. Le variazioni di cui al periodo precedente hanno efficacia anche, ai fini della determinazione della base imponibile relativamente alle rendite ed alle pensioni, per le successioni aperte e le donazioni fatte a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui è pubblicato il decreto di variazione".

Contemporaneamente è stato fissato in 40 volte l’annualità il valore del multiplo relativo alla determinazione della base imponibile per la costituzione di rendite o pensioni perpetue, a tempo determinato o a tempo indeterminato (in sostituzione di quello indicato nell'art. 46, comma  2,  lettere a) e b), del d.p.r. n. 131/1986, ai fini dell’imposta di registro, e nell’art. 17, comma  1,  lettere a) e b), del d. lgs. n. 346/1990, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni).

Conseguentemente il valore della rendita o pensione è costituito:

a) da 40 volte l’annualità, se si tratta di rendita perpetua o a tempo indeterminato;

b) dal valore attuale dell'annualità, calcolato al saggio legale di interesse, ma in nessun caso superiore a 40 volte l’annualità, se si tratta di rendita o pensione a tempo determinato;

c) dall'ammontare che si ottiene moltiplicando l'annualità per il coefficiente indicato nel prospetto sotto indicato, applicabile in relazione all'età della persona alla cui morte deve cessare, se si tratta di rendita o pensione vitalizia.

Si riporta di seguito la tabella dei coefficienti, e quindi dei valori dei diritti di usufrutto (nonché uso ed abitazione) e, rispettivamente, nuda proprietà:

 

Età dell’usufruttuario

o del beneficiario

(anni compiuti)

 

Coefficiente

Valore usufrutto

Valore

nuda proprietà

da 0 a 20

38

95

5

da 21 a 30

36

90

10

da 31 a 40

34

85

15

da 41 a 45

32

80

20

da 46 a 50

30

75

25

da 51 a 53

28

70

30

da 54 a 56

26

65

35

da 57 a 60

24

60

40

da 61 a 63

22

55

45

da 64 a 66

20

50

50

da 67 a 69

18

45

55

da 70 a 72

16

40

60

da 73 a 75

14

35

65

da 76 a 78

12

30

70

da 79 a 82

10

25

75

da 83 a 86

8

20

80

da 87 a 92

6

15

85

da 93 a 99

4

10

90

 

PUBBLICITÀ IMMOBILIARE E CATASTO. TRASMISSIONE TELEMATICA DEL TITOLO

Con Provvedimento interdirigenziale in data 8 settembre 2011 (in G.U. n. 213 del 13.9.2011) è stato esteso il regime transitorio di facoltatività della trasmissione per via telematica del titolo da presentare al Conservatore dei registri immobiliari nell'ambito delle procedure telematiche (c.d. adempimento unico informatico) di cui all’art. 3-bis del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 463. Più precisamente, a decorrere dal 29 settembre 2011, i notai possono trasmettere per via telematica il titolo - agli effetti dell’art. 2878 c.c. - per gli atti da presentare ai Conservatori dei registri immobiliari operanti presso gli uffici provinciali di Milano, Napoli, Roma e Torino, utilizzando le suddette procedure telematiche.

Con Provvedimento interdirigenziale del 21 dicembre 2010 (in G.U. n. 302 del 28.12.2010) era stato attivato, a titolo sperimentale, il suddetto regime transitorio di facoltatività della trasmissione, per via telematica, del titolo da presentare al conservatore dei registri immobiliari, nell'ambito delle procedure telematiche di cui all'art. 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463; già a decorrere dal 29 dicembre 2010, i notai potevano infatti trasmettere per via telematica il titolo – agli effetti  dell’art. 2878 c.c. – per gli atti da presentare al conservatore presso gli uffici provinciali di Bologna, Firenze, Lecce e Palermo.

La suddetta trasmissione telematica del titolo è, al momento, facoltativa. Con successivo provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio di concerto con il Ministero della giustizia saranno stabiliti modalità e termini per l'estensione della trasmissione telematica agli atti notarili da presentare su tutto il territorio nazionale.

Cfr. anche, con riferimento alla disciplina dettata dai provvedimenti interdirigenziali del 21 dicembre 2010 e del 6 dicembre 2006, con cui è stata data attuazione all'art. 1, commi 3 e 4, del D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito in legge 11 marzo 2006 n. 81 (per un’illustrazione in particolare delle norme riguardanti la trasmissione telematica del titolo), le Rassegne relative al secondo semestre 2006 ed al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it). Cfr. anche AA.VV., Il modello unico informatico. Bilanci e prospettive a 10 anni dall'introduzione, Quaderni di Notariato, Milano, 2011.

 

FABBRICATI RURALI – RICONOSCIMENTO DELLA RURALITÀ E ISCRIZIONE NEL CATASTO FABBRICATI

Con D.M. 14 settembre 2011 (in G.U. n. 220 del 21.9.2011) sono state prescritte le modalità applicative e la documentazione necessaria per la presentazione della certificazione per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati, in attuazione delle disposizioni dettate dall’art. 7, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.

A norma dell’art. 1, sono attribuite le categorie catastali A/6 e D/10, rispettivamente, alle unità immobiliari ad uso abitativo e a quelle strumentali all'attività agricola, per le quali sussistono i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del d.l. n. 557/1993. È stata inoltre istituita la classe «R», senza determinazione della rendita catastale, per le unità immobiliari ad uso abitativo censite nella categoria A/6.

Per i fabbricati già censiti nel catasto edilizio urbano, la domanda di variazione della categoria catastale per l'attribuzione della categoria A/6 o D/10 alle unità immobiliari rurali, e l'autocertificazione necessaria ai fini del riconoscimento della ruralità, prevista dall’art. 7, comma 2-bis, del d.l. n. 70/2011, sono redatte in conformità ai modelli di cui agli Allegati “A”, “B” e “C” al decreto. La predetta documentazione doveva essere presentata all'Ufficio provinciale territorialmente competente dell'Agenzia del territorio, entro il 30 settembre 2011 con le modalità stabilite in apposito comunicato della medesima Agenzia, pubblicato sul relativo sito internet. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve contenere la dichiarazione che l'immobile possiede, in via continuativa, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità necessari ai sensi dell’art. 9 del d.l. n. 557/1993 (art. 2). La domanda di variazione di cui all’art. 2, comma 1, è sottoscritta da uno dei soggetti che hanno la titolarità di diritti reali sull'immobile (art. 3).

Sulla disciplina dettata sul punto dal D.L. n. 70/2010, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it.

L’art. 13, comma 14, lett. d-bis), del  D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, come inserito dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, e come modificato dal D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 (in G.U. n. 302 del 29.12.2011), in vigore dal 29 dicembre 2011, ha abrogato i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell’articolo 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70. I successivi commi 14-bis, 14-ter e 14-quater hanno introdotto una nuova disciplina sul punto, specificando che le domande di variazione della categoria catastale presentate, ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 7 del D.L. n. 70/2011, anche dopo la scadenza dei termini originariamente posti e fino alla data del 31 gennaio 2012, producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della suddetta legge di conversione, sono stabilite le modalità per l’inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.

I fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni, con esclusione di quelli che non costituiscono oggetto di inventariazione ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, devono essere dichiarati al catasto fabbricati entro il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701. Nelle more della presentazione della dichiarazione di aggiornamento catastale, l’imposta municipale propria è corrisposta, a titolo di acconto e salvo conguaglio, sulla base della rendita delle unità similari già iscritte in catasto. Il conguaglio dell’imposta è determinato dai comuni a seguito dell’attribuzione della rendita catastale con le modalità di cui al D.M.  19 aprile 1994, n. 701. In caso di inottemperanza da parte del soggetto obbligato, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, salva l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione degli articoli 20 e 28 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

L’art. 29, comma 8, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 (in G.U. n. 302 del 29.12.2011), in vigore dal 29 dicembre 2011, ha fatto salvi gli effetti delle domande di variazione della  categoria catastale presentate ai sensi dell’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13  maggio  2011,  n.  70,  anche dopo la scadenza dei termini originariamente previsti dallo stesso comma e    comunque entro e non oltre il 31 marzo 2012 in relazione al riconoscimento  del  requisito  di  ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.

Cfr. anche, sul punto, le Rassegne relative al primo semestre 2008, al secondo semestre 2008 ed al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

DISCIPLINA ANTIRICICLAGGIO

L’art. 2, comma 4, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), ha adeguato con la suddetta decorrenza la soglia, oltre la quale non è consentito l'uso del contante e dei titoli al portatore, all’importo di euro 2.500 (per trasferimenti di importo pari o superiore a tale cifra). Il successivo comma 4-bis del medesimo art. 2 ha escluso l'applicazione delle sanzioni di cui all’art. 58 del d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231, per le violazioni commesse nel periodo dal 13 agosto al 31 agosto 2011 e riferite alle limitazioni di importo introdotte come sopra.

L’art. 12 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha adeguato con la suddetta decorrenza la soglia, oltre la quale non è consentito l'uso del contante e dei titoli al portatore, all’importo di euro 1.000 (per trasferimenti di importo pari o superiore a tale cifra); escludendo comunque l’applicazione di sanzioni per le violazioni commesse nel periodo dal 6 dicembre 2011 al 31 gennaio 2012.

La cronologia delle modificazioni apportate alla disciplina della soglia, oltre la quale non è consentito l'uso del contante e dei titoli al portatore, è quindi la seguente:

- euro 10.329,14 (lire 20.000.000) dal 9 maggio 1991 al 26 dicembre 2002 (art. 1 del d.l. n. 143/1991);

- euro 12.500 dal 27 dicembre 2002 al 29 aprile 2008 (art. 1 del d.m. 17 ottobre 2002);

- euro 5.000 dal 30 aprile 2008 fino al 24 giugno 2008 (art. 49 del d. lgs. n. 231/2007);

- euro 12.500 dal 25 giugno 2008 fino al 30 maggio 2010 (art. 32 del d.l. n. 112/2008);

- euro 5.000 dal 31 maggio 2010 fino al 12 agosto 2011 (art. 20 del d.l. n. 78/2010);

- euro 2.500 a decorrere dal 13 agosto 2011 e fino al 5 dicembre 2011 (art. 2, comma 4, del d.l. n. 138/2011);

- euro 1.000 a decorrere dal 6 dicembre 2011 (art. 12 del d.l. n. 201/2011).

Il comma 4-bis dell’art. 2 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, suindicato, ha disposto che – a decorrere dal 1° settembre 2011 – le sanzioni di cui al citato art. 58 del d. lgs. n. 231/2007 sono applicate attraverso gli uffici territoriali del Ministero dell'economia e delle finanze.

Coerentemente, l’art. 12, comma 11, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, succitato, ha modificato l’art. 51, comma 1, del D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, disponendo che i soggetti – tra i quali sono compresi i professionisti ed i notai – che in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni e attività, hanno notizia di infrazioni alle disposizioni in materia di limitazioni all’uso del contante e di titoli al portatore (di cui all'articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12, 13 e 14, e all'articolo 50), ne riferiscono entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze per la contestazione e gli altri adempimenti previsti dall’art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e per la immediata comunicazione della infrazione anche alla Agenzia delle entrate che attiva i conseguenti controlli di natura fiscale.

Con Decreto Direttoriale 17 novembre 2011 (in G.U. n. 278 del 29.11.2011), in vigore dal 30 novembre 2011, sono state individuate le ragionerie territoriali dello Stato competenti in materia di procedimenti amministrativi sanzionatori antiriciclaggio, relativamente agli artt. 49, 50 e 51 del D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.

A norma dell’art. 1 del decreto, ed in attuazione dell’art. 2, comma 4-bis, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le funzioni in materia di procedimenti amministrativi sanzionatori antiriciclaggio, relativamente alle sanzioni di cui all’art. 58 del d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (quindi, in particolare, anche quelle relative all’uso del contante), sono esercitate dalle Ragionerie territoriali dello Stato individuate nella tabella allegata al decreto, secondo la competenza territoriale ivi stabilita.

Ai sensi dell’art. 2, quindi, i soggetti tenuti a segnalare o a contestare le violazioni, accertate ai sensi degli artt. 51 e 60 del d. lgs. n. 231/2007, trasmettono le relative segnalazioni e contestazioni alla Ragioneria territoriale dello Stato individuata secondo la competenza territoriale definita nella tabella allegata al decreto e richiamata dall’art. 1.

Con D.M. 28 settembre 2011 (in G.U. n. 232 del 5.10.2011) sono stati individuati – a modifica di quanto già disposto dal d.m. 12 agosto 2008 – gli Stati extracomunitari e i territori stranieri (c.d. white list) che impongono obblighi equivalenti a quelli previsti dalla Direttiva 2005/60/CE, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e che prevedono il controllo rispetto a tali obblighi.

Sulla previgente disciplina dei procedimenti sanzionatori, e sulla white list di cui d.m. 12 agosto 2008, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it. Sulla disciplina antiriciclaggio e antiterrorismo in generale, v. di recente DINI-ARCELLA, La disciplina dell'antiriciclaggio, in Atti notarili. Diritto comunitario e internazionale, 4, **, Diritto comunitario, a cura di Preite, Torino, 2011, p. 1383; NOBILI, La disciplina sull'antiterrorismo, ibidem, p. 1473.

 

CODICE DELLE LEGGI ANTIMAFIA E DELLE MISURE DI PREVENZIONE

Con D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 226 del 28.9.2011), in vigore dal 13 ottobre 2011, è stato approvato il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia.

Destinatari del provvedimento sono gli indiziati o condannati per alcuni reati nonché, tra gli altri, coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; nonché coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose (artt. 1 e 4).

Il Titolo II (artt. 16 ss.) disciplina le misure di prevenzione patrimoniali, le quali hanno come destinatari, oltre ai soggetti suindicati, anche le persone fisiche e giuridiche segnalate per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali (art. 16).

Le misure di prevenzione patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. In tal caso il procedimento prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa. Il procedimento di prevenzione patrimoniale può essere iniziato anche in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta la confisca; in tal caso la richiesta di applicazione della misura di prevenzione può essere proposta nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare entro il termine di cinque anni dal decesso (art. 18, commi 2 e 3).

Il tribunale, anche d'ufficio, ordina con decreto motivato il sequestro dei beni dei quali la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego (art. 20, comma 1).

Il sequestro è eseguito con le modalità previste dall'articolo 104 disp. att. c.p.p. (quindi, in particolare, sugli immobili o mobili registrati, con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici; sulle azioni e sulle quote sociali, con l’annotazione nei libri sociali e con l’iscrizione nel registro delle imprese; sui beni aziendali organizzati per l’esercizio di un’impresa, oltre che con le modalità previste per i singoli beni sequestrati, con l’immissione in possesso dell’amministratore, con l’iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l’impresa) (art. 21, comma 1).

I terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati, o che vantino diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro, nei trenta giorni successivi all'esecuzione del sequestro sono chiamati dal tribunale ad intervenire nel procedimento (art. 23).

Il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona nei cui confronti è instaurato il procedimento non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Il decreto di confisca può essere emanato entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario. Nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti, tale termine può essere prorogato con decreto motivato del tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte (art. 24).

Se la persona nei cui confronti è proposta la misura di prevenzione disperde, distrae, occulta o svaluta i beni al fine di eludere l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca su di essi, il sequestro e la confisca hanno ad oggetto denaro o altri beni di valore equivalente. Analogamente si procede quando i beni non possono essere confiscati in quanto trasferiti legittimamente, prima dell'esecuzione del sequestro (quindi, nei casi previsti, prima della relativa trascrizione o iscrizione nei pubblici registri), a terzi in buona fede (art. 25).

Quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con il decreto che dispone la confisca il giudice dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione. Ai fini di cui sopra, fino a prova contraria si presumono fittizi: a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell'ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonché dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado; b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione (art. 26).

In ogni caso (anche quando il sequestro e la confisca di prevenzione sono disposti in relazione a beni già sottoposti a sequestro in un procedimento penale) la confisca viene trascritta, iscritta o annotata ai sensi dell’art. 21 (art. 30, comma 4).

In presenza di sufficienti indizi di attività criminale, quando non ricorrono i presupposti per l'applicazione delle misure di prevenzione, il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona, il questore o il direttore della Direzione investigativa antimafia possono richiedere al tribunale competente per l'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone sopraindicate, di disporre l'obbligo, nei confronti di chi ha la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, di beni o altre utilità di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica, di giustificarne la legittima provenienza, e ricorrendone i presupposti può essere disposta l’amministrazione giudiziaria, per un periodo fino a sei mesi salvo rinnovo. Qualora tra i beni siano compresi beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il provvedimento suddetto deve essere trascritto presso i pubblici registri a cura dell'amministratore giudiziario nominato entro il termine di trenta giorni dall'adozione del provvedimento (art. 34).

L'amministratore giudiziario non può stare in giudizio, né contrarre mutui, stipulare transazioni, compromessi, fideiussioni, concedere ipoteche, alienare immobili e compiere altri atti di straordinaria amministrazione anche a tutela dei diritti dei terzi senza autorizzazione scritta del giudice delegato. Avverso gli atti dell'amministratore giudiziario compiuti in violazione del presente decreto, il pubblico ministero, il proposto e ogni altro interessato possono avanzare reclamo, nel termine perentorio di dieci giorni, al giudice delegato (art. 40).

L'amministratore giudiziario provvede agli atti di ordinaria amministrazione funzionali all'attività economica dell'azienda. Il giudice delegato, tenuto conto dell'attività economica svolta dall'azienda, della forza lavoro da essa occupata, della sua capacità produttiva e del suo mercato di riferimento, può con decreto motivato indicare il limite di valore entro il quale gli atti si ritengono di ordinaria amministrazione. L'amministratore giudiziario non può frazionare artatamente le operazioni economiche al fine di evitare il superamento di detta soglia (art. 41).

A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. La tutela dei diritti dei terzi è garantita entro i limiti e nelle forme di cui al titolo IV (art. 45, comma 1).

La destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con delibera del Consiglio direttivo dell'Agenzia per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, disciplinata dagli artt. 110 ss. (art. 47). I beni di cui non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse contemplate, sono destinati con provvedimento dell'Agenzia alla vendita. I beni immobili acquistati non possono essere alienati, nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto di vendita e quelli diversi dai fabbricati sono assoggettati alla stessa disciplina prevista per questi ultimi ai fini della comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza ex art. 12 del d.l. n. 59/1978. Il personale delle Forze armate e il personale delle Forze di polizia possono costituire cooperative edilizie alle quali è riconosciuto il diritto di opzione prioritaria sull'acquisto dei beni destinati alla vendita; gli enti territoriali possono esercitare la prelazione all'acquisto dei suddetti beni. In caso di locazione di questi ultimi, e di vendita disposta alla scadenza del contratto di affitto dei beni, l'affittuario può esercitare il diritto di prelazione entro trenta giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte dell'Agenzia (art. 48).

Nel Titolo IV (art. 52 ss.) sono contenute le disposizioni a tutela dei terzi, e disciplinati i rapporti con le procedure concorsuali.

Viene innanzitutto previsto che la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano, tra le altre, le seguenti condizioni: a) che l'escussione del restante patrimonio del proposto sia risultata insufficiente al soddisfacimento del credito, salvo per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni sequestrati; b) che il credito non sia strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità. Nella valutazione della buona fede, il tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi. La confisca definitiva di un bene determina lo scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento, nonché l'estinzione dei diritti reali di godimento sui beni stessi. Ai titolari dei diritti estinti spetta in prededuzione un equo indennizzo commisurato alla durata residua del contratto o alla durata del diritto reale. Se sono confiscati beni di cui viene dichiarata l'intestazione o il trasferimento fittizio, i creditori del proposto sono preferiti ai creditori chirografari in buona fede dell'intestatario fittizio, se il loro credito è anteriore all'atto di intestazione fittizia. In caso di confisca di beni in comunione, se il bene è indivisibile, ai partecipanti in buona fede è concesso diritto di prelazione per l'acquisto della quota confiscata al valore di mercato. Se i titolari non esercitano il diritto di prelazione o non si possa procedere alla vendita, il bene può essere acquisito per intero al patrimonio dello Stato al fine di soddisfare un concreto interesse pubblico e i partecipanti hanno diritto alla corresponsione di una somma equivalente al valore attuale della propria quota di proprietà. Per i beni appartenenti al demanio culturale, ai sensi degli artt. 53 ss. del d. lgs. n. 42/2004, la vendita non può essere disposta senza previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali (art. 52).

A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. Se il sequestro riguarda beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento sul bene, il terzo, che sia parte del giudizio, è chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione (art. 55).

Quanto alla disciplina dei rapporti pendenti, se al momento dell'esecuzione del sequestro un contratto relativo al bene o all'azienda sequestrata è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti, l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il contratto, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto. In caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare, trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito secondo le disposizioni del capo II del presente titolo e gode del privilegio previsto nell'articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data del sequestro. Al promissario acquirente non è dovuto alcun risarcimento o indennizzo (art. 56).

L'amministratore giudiziario effettua la liquidazione dei beni mobili, delle aziende o rami d'azienda e degli immobili ove le somme apprese, riscosse o comunque ricevute non siano sufficienti a soddisfare i creditori utilmente collocati al passivo. Le vendite sono effettuate dall'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, adottando procedure competitive (art. 60).

Gli artt. 63 ss. disciplinano i rapporti con le procedure concorsuali.

V. sul punto ADORNO-CALÒ, Il nuovo «codice antimafia» (d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159), in Foro it., 2011, V, c. 325; MINUTOLI, Codice antimafia: il rapporto tra misure di prevenzione, fallimento e tutela dei terzi, in Fallimento, 2011, p. 1266; MAZZARESE-AJELLO, Le misure patrimoniali antimafia, Milano, 2011.

L’art. 120 abroga espressamente le disposizioni previgenti che disciplinavano la materia. Sulla più recente disciplina in materia, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

CONVENZIONI URBANISTICHE

L’art. 45 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha introdotto il nuovo comma 2-bis all’art. 16 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia), disponendo che nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria, di importo inferiore alla soglia di cui all’art. 28, comma 1, lett. c), del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (cioè inferiore all’importo di euro 5.278.000 euro), funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il suddetto D. Lgs. n. 163/2006 (esclusa, quindi, la necessità di procedere ad una gara al fine di aggiudicare, con procedure di evidenza pubblica, l’esecuzione delle suddette opere di urbanizzazione primaria).

Cfr. anche, sulla previdente disciplina, la Determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture del 16 luglio 2009, n. 7/2009 (in G.U. n. 177 del giorno 1.8.2009), la Determinazione in data 2 aprile 2008, n. 4/2008, dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (in G.U. n. 89 del 15.4.2008), nonché le Rassegne relative al primo semestre 2008, al secondo semestre 2008 ed al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

UTILIZZAZIONE SENZA TITOLO DI UN BENE PER SCOPI DI INTERESSE PUBBLICO

L’art. 34 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha introdotto una nuova disciplina della occupazione senza titolo di beni per scopi di interesse pubblico, volta a sostituire quella della c.d. occupazione appropriativa, già contenuta nell’art. 43 del testo unico sull’espropriazione per pubblica utilità (d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327), che è stata dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale 8 ottobre 2010, n. 293 (cfr. sul punto la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it).

A norma del nuovo art. 42-bis del d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre – valutati gli interessi in conflitto – che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene. Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato come sopra.

Il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche quando sia stato annullato l'atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all'esproprio, l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un'opera o il decreto di esproprio.

L'atto è notificato al proprietario e comporta il passaggio del diritto di proprietà sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute, ovvero del loro deposito; è soggetto a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell'amministrazione procedente.

Se le disposizioni sopra descritte sono applicate quando un terreno sia stato utilizzato per finalità di edilizia residenziale pubblica, agevolata o convenzionata, ovvero quando si tratta di terreno destinato a essere attribuito per finalità di interesse pubblico in uso speciale a soggetti privati, il provvedimento è di competenza dell'autorità che ha occupato il terreno e la liquidazione forfetaria dell'indennizzo per il pregiudizio non patrimoniale è pari al venti per cento del valore venale del bene.

Le disposizioni in commento si applicano, in quanto compatibili, anche quando è imposta una servitù e il bene continua a essere utilizzato dal proprietario o dal titolare di un altro diritto reale; in tal caso l'autorità amministrativa, con oneri a carico dei soggetti beneficiari, può procedere all'eventuale acquisizione del diritto di servitù al patrimonio dei soggetti, privati o pubblici, titolari di concessioni, autorizzazioni o licenze o che svolgono servizi di interesse pubblico nei settori dei trasporti, telecomunicazioni, acqua o energia.

Le suddescritte disposizioni trovano altresì applicazione ai fatti anteriori alla loro entrata in vigore ed anche se vi è già stato un provvedimento di acquisizione successivamente ritirato o annullato.

V., sulla disciplina in oggetto, DE MARZO, Occupazione appropriativa e principio di legalità - La rinascita dell’acquisizione sanante dopo l’intervento della corte costituzionale (nota a Cass. S.U. 31 maggio 2011, n. 11963), in Foro it., 2011, I, c. 2727; MACCARI, La nuova disciplina dell’acquisizione sanante (commento al d.l. 6 luglio 2011 n. 98, art. 34), in Urbanistica e appalti, 2011, p. 1143; BOTTA, Il ritorno dell’acquisizione coattiva tra tutela del proprietario e protezione dell’interesse collettivo, in Notariato, 2011, p. 664.

 

SOGGIORNO IN ITALIA DI CITTADINI EXTRACOMUNITARI

L’art. 40, comma 3, del  D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha inserito il nuovo comma 9-bis all’art. 5 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico in materia di immigrazione).

La nuova disciplina, che codifica in parte quanto già affermato dalla prassi amministrativa, dispone che in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche ove non venga rispettato il termine di venti giorni di cui al precedente comma, il lavoratore straniero può legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato, fino ad eventuale comunicazione dell'Autorità di pubblica sicurezza, da notificare anche al datore di lavoro, con l'indicazione dell'esistenza dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno. Deve, però, trattarsi esclusivamente di “richiesta del rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro”, effettuata dal lavoratore straniero all'atto della stipula del contratto di soggiorno, ovvero di richiesta di rinnovo presentata prima della scadenza del permesso, o entro sessanta giorni dalla scadenza dello stesso. Inoltre, deve essere stata rilasciata dal competente ufficio la ricevuta attestante l'avvenuta presentazione della richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso.

 

CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI COMUNITARI

Con D.L. 23 giugno 2011, n. 89 (in G.U. n. 144 del 23.6.2011), convertito con modificazioni in legge 2 agosto 2011, n. 129 (in G.U. n. 181 del 5.8.2011), sono state dettate disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della Direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari (già disciplinata dal D. Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30), e per il recepimento della Direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.

Sulla disciplina dettata dal D. Lgs. n. 30/2007, riguardo al soggiorno di stranieri in Italia, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2007, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

LEGALIZZAZIONE DI ATTI PROVENIENTI DALL’ESTERO

Con Comunicato del Ministero degli Affari Esteri in data 18 luglio 2011 (in G.U. n. 165 del 18.7.2011) è stato dato avviso del fatto che con nota verbale dell'Ambasciata d'Italia a L'Aja n. 774/40 del 25 maggio 2011, l'Italia ha provveduto a depositare, presso il Governo dei Paesi Bassi, il ritiro della riserva posta nei confronti dell'adesione dell'Albania alla Convenzione riguardante l'abolizione della legalizzazione (sostituita da apostille) di atti pubblici stranieri, adottata a L'Aja il 5 ottobre 1961; Convenzione che è pertanto entrata in vigore tra l'Italia e l'Albania il 26 maggio 2011.

Con Comunicato del Ministero degli Affari Esteri in data 25 maggio 1987 (in G.U. n. 207 del 6.9.2011) è stato dato avviso dell’entrata in vigore, nei rapporti con la Lettonia, della Convenzione relativa alla soppressione della legalizzazione (senza necessità di apostille) di atti negli Stati membri delle Comunità economiche europee, firmata a Bruxelles il 25 maggio 1987, a partire dal 31 ottobre 2010. La Convenzione era già in vigore tra l'Italia, il Belgio, la Danimarca, la Francia e l'Irlanda.

 

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO – AUMENTO DELLE ALIQUOTE

L’art. 2, comma 2-bis, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha modificato l’art. 16 del d.p.r. n. 633/1972, disponendo – con la suddetta decorrenza – che l’aliquota dell'imposta sul valore aggiunto è stabilita nella misura del 21% (ventuno per cento) della base imponibile dell'operazione. A norma dell’art. 2, comma 2-ter, del suddetto D.L. n. 138/2011, le disposizioni del comma 2-bis si applicano alle operazioni effettuate a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (quindi a decorrere dal 17 settembre 2011).

Successivamente, l’art. 40, comma 1-ter, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, come sostituito dall’art. 18, comma 1, lett. a), del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha disposto che:

1) - a decorrere dal 1° ottobre 2012 e fino al 31 dicembre 2013 le aliquote Iva del 10 e del 21 per cento sono incrementate di 2 punti percentuali (quindi, rispettivamente, 12% e 23%);

2) - a decorrere dal 1° gennaio 2014 le predette aliquote sono ulteriormente incrementate di 0,5 punti percentuali (quindi, rispettivamente, 12,5% e 23,5%).

Detti ultimi aumenti non sono però incondizionati: a norma dell’art. 40, comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1-ter, secondo e terzo periodo non si applica qualora entro il 30 settembre 2012 siano entrati in vigore provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonché la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali, tali da sopperire al fabbisogno finanziario come indicato dalla legge.

 

INTRODUZIONE DELL'ISEE PER LA CONCESSIONE DI AGEVOLAZIONI FISCALI

L’art. 5 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 31 maggio 2012, la revisione delle modalità di determinazione e dell’ambito di applicazione dell'ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) al fine – tra l’altro – di tener conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, e migliorare la capacità selettiva dell’indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia sia all’estero, al netto del debito residuo per l’acquisto della stessa e tenuto conto delle imposte relative. Con il medesimo decreto sono individuate le agevolazioni fiscali e tariffarie, nonché le provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso.

 

TERMINI DEI PROCEDIMENTI DEL MINISTERO DELLE FINANZE

Con D.P.C.M. 5 maggio 2011, n. 109 (in G.U. n. 163 del 15.7.2011), in vigore dal 16 luglio 2011), è stato approvato il Regolamento recante attuazione dell’art. 2, comma 4, della legge n. 241/1990, in materia di termini, superiori a 90 giorni, di conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché – tra l’altro – dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia del territorio.

Sono stati quindi stabiliti, in particolare, i termini seguenti:

- 120 giorni per lo svolgimento di attività di accertamento catastale di unità urbane in categorie ordinarie, e 180 giorni per il relativo accertamento in categorie speciali, in surroga (riguardo ai fabbricati non accatastati), quale prevista dall’art. 1, comma 336, della legge n. 311/2004, dall’art. 2, comma 36, del d.l. n. 262/2006, e dall’art. 2, comma 277, della legge n. 244/2007; attività di competenza degli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio;

- 120 giorni per l’attestazione di certezza e liquidità dei crediti tributari (ai fini della relativa cessione a banche); attività di competenza dell’ufficio rimborsi o degli uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate;

- 180 giorni per il rimborso – tra l’altro – di imposte di registro, ipotecarie, catastali, di bollo, sulle successioni e donazioni; attività di competenza degli uffici locali o direzioni provinciali dell’Agenzia delle entrate.

 

UTILIZZO DEL MODELLO F24 PER IL PAGAMENTO DI IMPOSTE INDIRETTE

Con D.M. 8 novembre 2011 (in G.U. n. 266 del 15.11.2011) è stata prevista l’estensione delle modalità di versamento tramite modello F24 all'imposta sulle successioni e donazioni, all'imposta di registro, all'imposta ipotecaria, all'imposta catastale, alle tasse ipotecarie, all'imposta di bollo, all'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, all'imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio e lungo termine, ai tributi speciali nonché ai relativi accessori, interessi e sanzioni, compresi gli oneri e le sanzioni dovuti per l'inosservanza della normativa catastale.

A norma dell’art. 2, peraltro, dovranno essere definiti con provvedimento dell'Agenzia delle entrate, d'intesa con l'Agenzia del territorio per i tributi e le altre entrate di sua competenza, il termine e le modalità operative per l'attuazione, anche progressiva, delle disposizioni suddescritte (le quali, quindi, saranno operative solo a seguito dell’entrata in vigore di tale emanando provvedimento).

 

DETRAZIONI IRPEF PER RISTRUTTURAZIONI E RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA

L’art. 4, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha introdotto nel T.U.I.R. (d.p.r. n. 917/1986) – con effetto dal 1° gennaio 2012 ed a regime – il nuovo art. 16-bis (Detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici).

Per effetto della nuova disciplina, dall'IRPEF si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi:

a) di cui alle lett. a), b), c) e d) dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale di cui all'articolo 1117, n. 1), del codice civile (fondazioni, muri maestri, lastrici solari, scale, portoni di ingresso, vestiboli, anditi, portici, cortili, in genere tutte le parti necessarie all’uso comune). Da evidenziare che in base alla Ris. Agenzia Entrate 12 febbraio 2010, n. 7/E, dovrebbe essere ammessa anche la detrazione delle spese per interventi sulle altre parti comuni, ex art. 1117, nn. 2) e 3), c.c.;

b) di cui alle lettere b), c) e d) dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze;

c) necessari alla ricostruzione o al ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, ancorché non rientranti nelle categorie suindicate, sempreché sia stato dichiarato lo stato di emergenza, anche anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione;

d) relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune;

e) finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, aventi ad oggetto ascensori e montacarichi, alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia adatto a favorire la mobilità interna ed esterna all'abitazione per le persone portatrici di handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

f) relativi all'adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi;

g) relativi alla realizzazione di opere finalizzate alla cablatura degli edifici, e al contenimento dell'inquinamento acustico;

h) relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia. Le predette opere possono essere realizzate anche in assenza di opere edilizie propriamente dette, acquisendo idonea documentazione attestante il conseguimento di risparmi energetici in applicazione della normativa vigente in materia;

i) relativi all'adozione di misure antisismiche con particolare riguardo all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari;

l) di bonifica dall'amianto e di esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

Tra le spese detraibili sono comprese quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.

Deve ritenersi che la suddetta detrazione fiscale competa alle suddette condizioni anche – in conformità alle pregresse istruzioni e circolari – nel caso di acquisto di autorimesse pertinenziali ad abitazioni, alle suddette condizioni, e purché l’autorimessa sia alienata dal costruttore (sia esso privato o imprenditore), e sia destinata a pertinenza di un’unità abitativa, anche se non facente parte dello stesso fabbricato; la detrazione in questo caso compete limitatamente alle spese sostenute per la realizzazione dell’autorimessa, da comprovarsi mediante attestazione rilasciata dal venditore (Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 166/E del 20 dicembre 1999; Circ. Min. Finanze 12 maggio 2000 n. 95/E, paragrafo 2.1.7; Ris. Agenzia Entrate 28 febbraio 2008, n. 38/E). Per quanto riguarda gli acconti pagati anteriormente all’atto di acquisto dell’autorimessa, la detrazione deve ritenersi ammessa a condizione che sia stato preventivamente registrato il relativo contratto preliminare, dal quale risulti la destinazione pertinenziale (Ris. Agenzia Entrate 28 febbraio 2008, n. 38/E; Ris. Agenzia Entrate 7 luglio 2008, n. 282/E).

La detrazione spetta anche nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia di cui di cui alle lett. c) e d) del comma 1 dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro sei mesi dalla data di termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile. La detrazione spetta al successivo acquirente o assegnatario delle singole unità immobiliari, in ragione di un'aliquota del 36 per cento del valore degli interventi eseguiti, che si assume in misura pari al 25 per cento del prezzo dell'unità immobiliare risultante nell'atto pubblico di compravendita o di assegnazione e, comunque, entro l'importo massimo di 48.000 euro.

Nel caso in cui gli interventi di recupero suindicati, realizzati in ciascun anno, consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione si tiene conto anche delle spese sostenute negli stessi anni. Se gli interventi stessi sono realizzati su unità immobiliari residenziali adibite promiscuamente all'esercizio dell'arte o della professione, ovvero all'esercizio dell'attività commerciale, la detrazione spettante è ridotta al 50 per cento.

La detrazione è cumulabile con le agevolazioni già previste sugli immobili oggetto di vincolo ai sensi del Codice dei beni culturali (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), ridotte nella misura del 50 per cento.

La detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. La nuova disciplina, a differenza della precedente, non prevede alcuna riduzione temporale a beneficio delle persone fisiche di età superiore a 75 anni.

Si applicano – per espresso richiamo contenuto nel nuovo art. 16-bis del T.U.I.R. – le disposizioni di cui al D.M. 18 febbraio 1998, n. 41 (in G.U. n. 60 del 13.3.1998), e successive modificazioni, con il quale è stato adottato il Regolamento recante norme di attuazione e procedure di controllo di cui all’art. 1 della legge n. 449/1997), in materia di detrazioni per le spese di ristrutturazione edilizia.

In caso di vendita dell'unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi di recupero a partire dal 1° gennaio 2012, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta, salvo diverso accordo delle parti, all'acquirente persona fisica dell'unità immobiliare. In caso di decesso dell'avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all'erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene.

Quest’ultima disciplina sostituisce quella vigente – a partire dal 17 settembre 2011 e fino al 31 dicembre 2011 – per effetto dell’art. 2, comma 12-bis, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, che aveva modificato – ai fini dell’utilizzo della detrazione IRPEF delle spese di ristrutturazione di unità immobiliari residenziali – l’art. 1, comma 7, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che nel testo così aggiornato recitava:

In caso di vendita dell'unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi di cui al comma 1 le detrazioni previste dai precedenti commi possono essere utilizzate dal venditore oppure possono essere trasferite per i rimanenti periodi di imposta di cui al comma 2 all'acquirente persona fisica dell'unità immobiliare”.

Correlativamente, il successivo comma 12-ter aveva modificato l’art. 2, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come segue:

Resta fermo, in caso di trasferimento per atto tra vivi dell'unità immobiliare oggetto degli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, che le detrazioni possono essere utilizzate dal venditore oppure essere trasferite all'acquirente persona fisica”.

Per gli atti stipulati fino al 16 settembre 2011, invece, la detrazione Irpef spettava unicamente all’acquirente, a norma dell’art. 1, comma 7, della legge n. 449/1997, e dell’art. 2, comma 5, terzo periodo, della legge n. 289/2002 (Circ. Agenzia Entrate 5 marzo 2003, n. 15/E).

L’art. 4, comma 3, del D.L. n. 201/2011 richiama la disciplina contenuta nell’art. 25 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, come modificato dalla legge n. 122/2010 (ritenuta Irpef del 4% - v. infra – sui bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta).

Quanto alla disciplina transitoria, l’art. 4, comma 2, del D.L. n. 201/2011 ha modificato l’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Pertanto si applicano anche per il 2011 le disposizioni previgenti in tema di detrazione IRPEF delle spese di ristrutturazioni, e più precisamente:

a) agli interventi di recupero di cui all’art. 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011;

b) agli interventi di ristrutturazione di interi fabbricati eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione o cooperative edilizie, di cui all’art. 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, eseguiti dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011 dai suddetti soggetti, che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile entro il 30 giugno 2012.

L’art. 4, comma 4, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, ha confermato anche per il 2012 l’applicabilità della disciplina previgente in tema di detrazioni IRPEF nella misura del 55% per le spese relative ad opere di riqualificazione energetica; il medesimo comma 4 dispone di conseguenza che la detrazione prevista dall'articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del T.U.I.R. (detrazione del 36% per spese relative ad interventi di riqualificazione energetica), si applica alle spese effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2013.

Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 2 novembre 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 3 novembre 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stata individuata la documentazione da conservare ed esibire a richiesta degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), del d.m. 18 febbraio 1998, n. 41, come sostituito dall’art. 7, comma 2, lett. q), del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, da parte dei soggetti che, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, intendono avvalersi della detrazione di imposta di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

L’art. 23, comma 8, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha ridotto al 4 per cento l’importo della ritenuta d’acconto (già fissata nel 10 per cento), che le banche e le Poste Italiane S.p.a. devono operare all'atto dell'accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta, ai sensi dell’art. 25, comma 1, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122 (cfr. sul punto la Circ. Agenzia Entrate 5 agosto 2011, n. 41/E).

L’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (in G.U. n. 110 del 13.5.2011), in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 (in G.U. n. 160 del 12.7.2011), in vigore dal 13 luglio 2011, ha sostituito la lett. a) del comma 1 dell’art. 1 del d.m. 18 febbraio 1998, n. 41, che disciplina le condizioni per la detrazione fiscale delle spese di ristrutturazione degli immobili abitativi; la nuova disciplina – in luogo della comunicazione preventiva all’Agenzia delle entrate, precedentemente richiesta – impone al contribuente di indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell'immobile e se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell'atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione e a conservare ed esibire a richiesta degli uffici i documenti indicati nel Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 2 novembre 2011, sopra citato.

L’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, ha inoltre abrogato l’obbligo di indicare nella fattura il costo della manodopera, già previsto dall’art. 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Sulla previgente disciplina relativa alla detrazione fiscale per le ristrutturazioni edilizie (e sul connesso trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, ancora in vigore), cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

STUDI DI SETTORE

L’art. 23, comma 28, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha apportato alcune modifiche alla disciplina degli studi di settore. Più precisamente, tra le altre modifiche:

a) – a partire dall'anno 2012 gli studi di settore devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre del periodo d'imposta nel quale entrano in vigore. Eventuali integrazioni, indispensabili per tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali, devono essere pubblicate in Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo del periodo d'imposta successivo a quello della loro entrata in vigore (art. 1 del d.p.r. 31 maggio 1999, n. 195);

b) – si applica la sanzione in misura massima nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate (art. 8, comma 1, del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 471);

c) – se nella dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, la misura della sanzione minima e massima è elevata del 50 per cento nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate (art. 1, comma 2-bis.1, del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 471);

d) – se dalla dichiarazione Iva presentata risulta un'imposta inferiore a quella dovuta ovvero un'eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, la misura della sanzione minima e massima è elevata del 50 per cento nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate (art. 5, comma 4-ter, del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 471);

e) – l’amministrazione finanziaria determina il reddito d'impresa e il reddito degli esercenti arti o professioni sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, quando viene rilevata l'omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché l'indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, sempreché siano irrogabili le sanzioni di cui all’art. 1, comma 2-bis, del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (quindi se il maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, è superiore al 10 per cento del reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato) (art. 39, comma 2, lett. d-ter), del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600);

f) – in caso di rettifica, nella motivazione dell'atto non devono essere più evidenziate le ragioni che inducono l'ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.

Sulle innovazioni di cui sopra, cfr. la Circ. Agenzia Entrate 5 agosto 2011, n. 41/E, § 7, in cui si precisa che le sanzioni suindicate riguardano anche gli studi di settore presentati dopo il 6 luglio 2011, relativi quindi al periodo d’imposta 2010.

L’art. 10, commi 9 e seguenti, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha modificato la disciplina degli accertamenti nei confronti dei contribuenti congrui e coerenti, soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore, ai sensi dell’art. 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, i quali quindi:

1) – dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi medesimi (c.d. contribuenti congrui);

2) – abbiano regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti (da evidenziare a questo proposito – riguardo all’irrilevanza dei meri errori di compilazione da parte del contribuente – il principio più generale desumibile dall’art. 10, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, statuto del contribuente);

3) – purché sulla base dei dati di cui al precedente numero 2), la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili (c.d. contribuenti coerenti).

Su questi presupposti:

a)sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del d.p.r. n. 600/1973, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del d.p.r. n. 633/1972;

b)sono ridotti di un anno i termini di decadenza per l'attività di accertamento previsti dall’art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973, e dall’art. 57, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 (salvo che ricorra una fattispecie di reato tributario);

c) – la determinazione sintetica del reddito complessivo di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, è ammessa soltanto se il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato.

Laddove, invece, non ricorra uno o più dei suindicati presupposti, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza destinano parte della capacità operativa alla effettuazione di specifici piani di controllo con riguardo ai contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore, articolati su tutto il territorio in modo proporzionato alla numerosità dei contribuenti interessati e basati su specifiche analisi del rischio di evasione che tengano anche conto delle informazioni presenti nella apposita sezione dell'anagrafe tributaria (rapporti bancari e finanziari) di cui all’art. 7, comma 6, del D.P.R. n. 605/1973.

Nei confronti, in particolare, dei contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli risultanti dall'applicazione degli studi di settore (contribuenti non congrui), e per i quali non ricorra la condizione di “coerenza” con gli specifici indicatori, i controlli sono svolti prioritariamente con l'utilizzo dei poteri istruttori di cui ai numeri 6-bis e 7 del primo comma dell’art. 32 del d.p.r. n. 600/1973, e ai numeri 6-bis e 7 del secondo comma dell’art. 51 del d.p.r. n. 633/1972.

Sono abrogati – già con effetto dal periodo d’imposta 2011 – il comma 4-bis dell’art. 10, e l’art. 10-ter, della legge 8 maggio 1998, n. 146 (norme, queste ultime, che continueranno invece ad applicarsi per gli accertamenti relativi alle annualità fino al 2010). Di conseguenza, sempre a partire dal periodo d’imposta 2011, per i contribuenti congrui e coerenti – pure nell’ipotesi di adeguamento – non operano più i limiti quantitativi ivi previsti (e le rettifiche basate sulle presunzioni semplici non possono essere effettuate nei confronti di detti contribuenti anche se l'ammontare delle attività accertabili superi l’importo di 50.000 euro, o ecceda il 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati, fermo il limite del terzo ai fini dell’art. 38 del d.p.r. n. 600/1973).

Le disposizioni in commento si applicano, pertanto, con riferimento alle dichiarazioni relative all'annualità 2011 ed a quelle successive. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate possono essere differenziati i termini di accesso alla disciplina suddescritta tenuto conto del tipo di attività svolta dal contribuente, e dettate disposizioni di attuazione.

Con D.M. 28 dicembre 2011 (in G.U. n. 304 del 31.12.2011) è stato approvato, tra gli altri, il nuovo studio di settore VK01U (che sostituisce lo studio di settore UK01U) – Attività degli studi notarili, codice attività 69.10.20.

 

REGIME PREMIALE PER FAVORIRE LA TRASPARENZA FISCALE

L’art. 10, commi da 1 a 8, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha introdotto – al fine di promuovere la trasparenza e l'emersione di base imponibile – a decorrere dal 1° gennaio 2013 un regime di favore per gli esercenti attività professionale o artistica, ovvero attività di impresa in forma individuale o con le forme associative (tra cui società di persone e associazioni di professionisti) di cui all’art. 5 del T.U.I.R. (d.p.r. n. 917/1986).

Presupposto del regime di favore è che il contribuente:

a) provveda – direttamente o tramite un intermediario abilitato – all'invio telematico all'amministrazione finanziaria dei corrispettivi, delle fatture emesse e ricevute e delle risultanze degli acquisti e delle cessioni non soggetti a fattura;

b) istituisca un conto corrente dedicato ai movimenti finanziari relativi all'attività artistica, professionale o di impresa esercitata.

Ricorrendo le condizioni di cui sopra, a favore di tutti i contribuenti suindicati (siano essi in regime di contabilità ordinaria o semplificata) spettano i seguenti benefici (che dovranno essere meglio dettagliati con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate):

1) semplificazione degli adempimenti amministrativi;

2) assistenza negli adempimenti amministrativi da parte dell'Amministrazione finanziaria (in particolare, predisposizione automatica da parte dell'Agenzia delle entrate delle liquidazioni periodiche IVA, dei modelli di versamento e della dichiarazione IVA, eventualmente previo invio telematico da parte del contribuente di ulteriori informazioni necessarie; predisposizione automatica da parte dell'Agenzia delle entrate del modello 770 semplificato, del modello CUD e dei modelli di versamento periodico delle ritenute, nonché gestione degli esiti dell'assistenza fiscale, eventualmente previo invio telematico da parte del sostituto o del contribuente delle ulteriori informazioni necessarie);

3) accelerazione del rimborso o della compensazione dei crediti IVA (in particolare, anticipazione del termine di compensazione del credito IVA, abolizione del visto di conformità per compensazioni superiori a 15.000 euro ed esonero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi IVA);

4) per i contribuenti non soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore, ai sensi dell’art. 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del d.p.r. n. 600/1973, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del d.p.r. n. 633/1972;

5) riduzione di un anno dei termini di decadenza per l'attività di accertamento previsti dall’art. 43, comma 1, del d.p.r. n. 600/1973, e dall’art. 57, comma 1, del d.p.r. n. 633/1972 (salvo che ricorra una fattispecie di reato tributario).

Inoltre, ai soggetti che siano in regime di contabilità semplificata, e che rispettano le suddette condizioni, sono riconosciuti in aggiunta a quanto sopra i seguenti benefici (sulla base di provvedimento attuativo da emanarsi entro 180 giorni dal 6 dicembre 2011):

6) determinazione del reddito IRPEF secondo il criterio di cassa e predisposizione in forma automatica da parte dell'Agenzia delle entrate delle dichiarazioni IRPEF ed IRAP;

7) esonero dalla tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP e dalla tenuta del registro dei beni ammortizzabili;

8) esonero dalle liquidazioni, dai versamenti periodici e dal versamento dell'acconto ai fini IVA.

Le disposizioni sopra descritte operano previa opzione da esercitare nella dichiarazione dei redditi presentata nel periodo d'imposta precedente a quello di applicazione delle medesime.

L’art. 2, comma 36-vicies ter, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, dispone che per gli esercenti imprese o arti e professioni con ricavi e compensi dichiarati non superiori a 5 milioni di euro i quali per tutte le operazioni attive e passive effettuate nell'esercizio dell'attività utilizzano esclusivamente strumenti di pagamento diversi dal denaro contante e nelle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e imposte sul valore aggiunto indicano gli estremi identificativi dei rapporti con gli operatori finanziari di cui all’art. 7, comma 6, del d.p.r. n. 605/1973, in corso nel periodo di imposta, le sanzioni amministrative previste dagli artt. 1, 5 e 6 del d. lgs. n. 471/1997 sono ridotte alla metà.

Ai sensi dell’art. 14, commi 10 e 11, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, i soggetti in contabilità semplificata e i lavoratori autonomi che effettuano operazioni con incassi e pagamenti interamente tracciabili possono sostituire gli estratti conto bancari alla tenuta delle scritture contabili. I limiti per la liquidazione trimestrale dell'IVA sono i medesimi di quelli fissati per il regime di contabilità semplificata.

Presupposto di applicazione delle due disposizioni da ultimo citate è che tutte le operazioni attive e passive siano effettuate esclusivamente con mezzi tracciabili: sembra, pertanto, che anche un solo incasso o pagamento in contanti precluda il dimezzamento delle sanzioni amministrative e l’esonero dalla tenuta delle scritture contabili.

 

CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ

L’art. 2, comma 2, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha introdotto – a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 – sul reddito complessivo (di cui all’art. 8 del T.U.I.R. – d.p.r. n. 917/1986) di importo superiore a 300.000 euro lordi annui, un contributo di solidarietà del 3 per cento sulla parte eccedente il predetto importo.

Base imponibile, ai fini del suddetto contributo di solidarietà, è il reddito complessivo indicato dall’art. 8 del T.U.I.R., con esclusione quindi di tutti i redditi assoggettati ad imposta sostitutiva (es., imposta cedolare secca sui canoni di locazione, imposta sostitutiva sulle plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni non qualificate).

Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito complessivo.

Per l'accertamento, la riscossione e il contenzioso riguardante il contributo di solidarietà, si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, l'efficacia delle suddescritte disposizioni può essere prorogata anche per gli anni successivi al 2013, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio.

Con D.M. 21 novembre 2011 (in G.U. n. 276 del 26.11.2011) sono state dettate le Modalità tecniche di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in materia di contributo di solidarietà. Viene, in particolare, precisato che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013, qualora il reddito complessivo di cui all'art. 8 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al d.p.r. n. 917/1986, sia superiore a 300.000 euro, è dovuto un contributo di solidarietà del 3 per cento sulla parte di reddito che eccede il predetto importo di 300.000 euro. Ai fini della determinazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito complessivo prodotto nello stesso periodo d'imposta cui si riferisce il contributo di solidarietà medesimo. Il contributo di solidarietà è determinato in sede di dichiarazione dei redditi ed è versato in unica soluzione unitamente al saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

 

ADDIZIONALE IRPEF REGIONALE

L’art. 1, comma 10, lett. a), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, e successivamente modificato dall’art. 28, commi 1 e 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha modificato la disciplina dell’addizionale Irpef regionale, contenuta nell’art. 6 del D. Lgs. 6 maggio 2011, n. 68.

In conseguenza delle succitate disposizioni, a decorrere dall'anno 2012 ciascuna regione a Statuto ordinario può, con propria legge, aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF di base. La predetta aliquota di base è ora pari all’1,23 per cento. La maggiorazione regionale non può essere superiore:

a) - a 0,5 punti percentuali per gli anni 2012 e 2013;

b) - a 1,1 punti percentuali per l'anno 2014;

c) - a 2,1 punti percentuali a decorrere dall'anno 2015.

La legge nazionale non pone, invece, limiti ai fini della diminuzione dell’aliquota dell’addizionale regionale. A titolo esemplificativo, la regione Piemonte, con legge 29 dicembre 2011, n. 26 (cfr. il relativo comunicato nella G.U. n. 303 del 30.12.2011) ha confermato per l’anno 2012 le seguenti aliquote:

a) – zero sui redditi sino ad euro 15.000;

b) – 0,3% sui redditi sino ad euro 22.000;

c) – 0,5% sui redditi superiori ad euro 22.000.

Per assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema medesimo è informato, le regioni possono peraltro stabilire – a decorrere dal 2013 – aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale.

 

ADDIZIONALE IRPEF COMUNALE

L’art. 1, comma 11, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, come modificato dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha consentito ai Comuni di maggiorare l’addizionale IRPEF di loro competenza. Peraltro, per assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema medesimo è informato, i comuni possono stabilire aliquote dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche – fino ad un massimo dello 0,8% - utilizzando esclusivamente gli stessi scaglioni di reddito stabiliti, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dalla legge statale, nel rispetto del principio di progressività.

Si applica, per il resto, il D. Lgs. 28 settembre 1998, n. 360 (con la precisazione che la soglia di esenzione di cui al comma 3-bis dell’art. 1 di quest’ultimo decreto è stabilita unicamente in ragione del possesso di specifici requisiti reddituali e deve essere intesa come limite di reddito al di sotto del quale l'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche non è dovuta e, nel caso di superamento del suddetto limite, la stessa si applica al reddito complessivo).

 

TASSAZIONE DELLE RENDITE FINANZIARIE – RITENUTE E IMPOSTE SOSTITUTIVE SU REDDITI DI CAPITALE E REDDITI DIVERSI

L’art. 2, comma 6, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha elevato – a partire dal 1° gennaio 2012 – alla misura del 20 per cento l’importo delle ritenute, delle imposte sostitutive sugli interessi, premi e su ogni altro provento inquadrabile tra i redditi di capitale di cui all’art. 44 del T.U.I.R. (d.p.r. n. 917/1986), o tra i redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies, del medesimo T.U.I.R.

Con particolar riferimento alle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali, mentre rimane invariato il trattamento tributario riguardo alle c.d. partecipazioni qualificate (quelle che attribuiscono una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni), per quanto concerne le partecipazioni non qualificate l’importo dell’imposta sostitutiva applicabile sale – a decorrere dal 1° gennaio 2012 – dal 12,5% al 20%. La disciplina contenuta nell’art. 5 del D. Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, va quindi coordinata con la nuova disciplina in commento. Sulla disciplina di dette plusvalenze, quale risultante dalle modifiche apportate con d. lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, cfr. inoltre la Rassegna relativa al secondo semestre 2003, in http://www.gaetanopetrelli.it.

A norma dell’art. 2, comma 7, del D.L. n. 138/2011, l’aumento di aliquota suddetto non si applica, tra l’altro, ai redditi di capitale e redditi diversi derivanti da titoli di stato, titoli del debito pubblico, obbligazioni ed altri titoli equiparati, a norma dell’art. 31 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, ovvero obbligazioni emesse da Stati esteri che assicurano un adeguato scambio di informazioni, inclusi nella white list di cui all’art. 168-bis del T.U.I.R. Non si applica neanche, ai sensi del comma 8, agli interessi e altri canoni corrisposti a soggetti residenti in altro Stato membro dell’Unione europea (art. 26-quater del D.P.R. n. 600/1973).

L’aumento dell’aliquota al 20% si applica – ai sensi dell’art. 2, comma 9, del D.L. n. 138/2011 – agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di capitale divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012. Per i dividendi e proventi ad essi assimilati la misura dell'aliquota del 20% si applica, a norma del comma 10, a quelli percepiti dal 1° gennaio 2012. A norma del comma 12, per le gestioni individuali di portafoglio di cui all’art. 7 del d. lgs. 21 novembre 1997, n. 461, la misura dell'aliquota del 20% si applica sui risultati maturati a partire dal 1° gennaio 2012.

Sono stati correlativamente modificati, dal comma 13 dell’art. 2 in commento, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, gli artt. 26, 26-quinquies e 27 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

L’art. 2, comma 19, del D.L. n. 138/2011 ha poi modificato l’art. 5, comma 2, l’art. 6, comma 1, e l’art. 7, comma 4, del D. Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, disponendo – con effetto dal 1° gennaio 2012 – che i redditi diversi derivanti dai titoli di stato, dalle obbligazioni e dagli altri titoli di cui all’art. 31 del d.p.r. n. 601/1973 ed equiparati e dalle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella white list di cui all’art. 168-bis del T.U.I.R. sono computati nella misura del 62,5 per cento dell'ammontare realizzato.

A norma dell’art. 2, comma 28, del D.L. n. 138/2001, le minusvalenze, perdite e differenziali negativi di cui all’art. 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quater) del T.U.I.R., realizzate fino alla data del 31 dicembre 2011 sono portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) del T.U.I.R., realizzati successivamente, per una quota pari al 62,5 per cento del loro ammontare.

L’art. 2, commi 29 e seguenti, del D.L. 138/2001 consente di “affrancare” le plusvalenze e minusvalenze maturate fino al 31 dicembre 2011 mediante applicazione dell’aliquota del 12,5%; a decorrere dalla data del 1° gennaio 2012, agli effetti della determinazione delle suddette plusvalenze e minusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) del T.U.I.R., può essere assunto il valore dei titoli e partecipazioni alla data del 31 dicembre 2011, a condizione che il contribuente:

a) opti per la determinazione, alla stessa data, delle plusvalenze, delle minusvalenze e dei proventi;

b) provveda al versamento dell'imposta sostitutiva eventualmente dovuta.

Ai fini di cui sopra, nel caso di cui all’art. 5 del d. lgs. n. 461/1997, l'opzione è esercitata, in sede di dichiarazione annuale dei redditi e si estende a tutti i titoli o strumenti finanziari detenuti; l'imposta sostitutiva dovuta è corrisposta secondo le modalità e nei termini previsti dal comma 4 dello stesso art. 5. Nel caso del risparmio amministrato, di cui all’art. 6 del d. lgs. n. 461/1997, l'opzione si estende a tutti i titoli, quote o certificati inclusi nel rapporto di custodia o amministrazione e può essere esercitata entro il 31 marzo 2012; l'imposta sostitutiva è versata dagli intermediari entro il 16 maggio 2012, ricevendone provvista dal contribuente. A norma dell’art. 2, comma 33, per le gestioni individuali di portafoglio di cui all’art. 7 del d. lgs. n. 461/1997, gli eventuali risultati negativi di gestione rilevati alla data del 31 dicembre 2011 sono portati in deduzione dai risultati di gestione maturati successivamente, per una quota pari al 62,5 per cento del loro ammontare.

L’art. 29, comma 2, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 (in G.U. n. 302 del 29.12.2011), in vigore dal 29 dicembre 2011, ha precisato che l’aumento dell’aliquota al 20% decorre:

a) dal 1° gennaio 2012 con  riferimento  agli  interessi e agli altri proventi derivanti da  conti correnti e depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati, maturati a  partire dalla predetta data;

b) dal giorno successivo alla data di scadenza del contratto di pronti contro termine stipulato anteriormente al 1° gennaio 2012 e avente durata non superiore a 12 mesi, relativamente ai redditi di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g-bis), del T.U.IR.,  e  agli  interessi  ed  altri proventi delle obbligazioni e titoli similari  di  cui  al  d. lgs. 1 aprile 1996, n. 239;

c) l'applicazione delle disposizioni di cui al  comma 13, lettera a), numeri 1) e 2) e al comma 25, lettera b),  dell'articolo  2  del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, decorre dal    gennaio 2012 con riferimento agli interessi e proventi maturati a partire dalla predetta data.

Con D.M. 13 dicembre 2011 (in G.U. n. 292 del 16.12.2011) sono state disciplinate le modalità di esercizio dell’opzione per l’affrancamento delle suddette plusvalenze latenti, da parte dei contribuenti che alla data del 31 dicembre 2011 possiedono attività finanziarie al di fuori dell’esercizio di impresa commerciale.

 

IMPOSTA PATRIMONIALE SUGLI IMMOBILI – IMPOSTA MUNICIPALE PROPRIA (IMU)

L’art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha introdotto, in via sperimentale, a decorrere dall’anno 2012 e fino al 2014, l’imposta municipale propria (la cui introduzione, a partire dall’anno 2014, era stata prevista dall’art. del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23). Conseguentemente l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria è ora fissata a partire dal 2015.

L'imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all’art. 2 del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (quindi di fabbricati iscritti o da iscriversi nel catasto fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa). Tra i fabbricati sono compresi l'abitazione principale e le pertinenze della stessa (per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto fabbricati come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo).

La base imponibile dell'imposta municipale propria è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell’art. 5, commi 1, 3, 5 e 6 del D. Lgs. n. 504/1992. Per quanto riguarda, peraltro, i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite catastali, vigenti al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell’art. 3, comma 48, della legge n. 662/1996, i seguenti moltiplicatori:

- 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;

- 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;

- 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;

- 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;

- 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5; tale moltiplicatore è elevato a 65 a decorrere dal 1º gennaio 2013;

- 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

Per i terreni agricoli, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento ai sensi dell’art. 3, comma 51, della legge n. 662/1996, un moltiplicatore pari a 130. Per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola il moltiplicatore è pari a 110.

Da evidenziare che rimangono invece invariati i moltiplicatori applicabili ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, di successione e donazione, quali previsti dall’art. 52, comma 5, del d.p.r. n. 131/1986, come aumentati dall’art. 2, comma 66, della legge 24 dicembre 2003 n. 350.

L’aliquota applicabile è determinata come segue:

1) - l'aliquota di base è pari allo 0,76 per cento. I comuni con deliberazione del consiglio comunale possono modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali;

2) - l'aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze (salve le detrazioni previste dalla legge). I comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali;

3) - l'aliquota ridotta allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze e la detrazione si applicano anche al soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta assegnatario della casa coniugale;

4) - l'aliquota è ridotta allo 0,2 per cento per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 557/1993. I comuni possono ridurre la suddetta aliquota fino allo 0,1 per cento;

5) - i comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento nel caso di immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell'articolo 43 del T.U.I.R., ovvero nel caso di immobili posseduti dai soggetti IRES, ovvero nel caso di immobili locati.

Per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria (cfr. il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23). Le attività di accertamento e riscossione dell'imposta erariale sono svolte dal comune.

Il versamento dell'imposta è effettuato secondo le disposizioni di cui all’art. 17 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (quindi a mezzo del modello F24), con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

Restano ferme le disposizioni dell'articolo 9 e dell’art. 14, commi 1 e 6, del D. Lgs. n. 23/2011: quindi l’IMU è indeducibile dall’IRPEF e dall’IRAP, ed è confermata la potestà regolamentare, in materia, degli enti locali. Soggetti passivi sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

A decorrere dall'anno d'imposta 2012, tutte le deliberazioni regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie degli enti locali devono essere inviate al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze; il Ministero pubblica, sul proprio sito informatico, le deliberazioni inviate dai comuni. Tale pubblicazione sostituisce l'avviso in Gazzetta Ufficiale previsto dall'articolo 52, comma 2, terzo periodo, del D. Lgs. n. 446/1997.

 

IMPOSTA PATRIMONIALE SU TITOLI, STRUMENTI E PRODOTTI FINANZIARI, NONCHÉ SU VALORI "SCUDATI"

L’art. 19 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha introdotto nuove fattispecie impositive ai fini dell’imposta di bollo.

In primo luogo, a decorrere dal 1° gennaio 2012, è stato sostituito il comma 2-ter dell'articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, introducendo l’imposta di bollo proporzionale (nella misura dello 1 per mille annuo per il 2012, e dello 1,5 per mille annuo a decorrere dal 2013) per le “comunicazioni alla clientela relative ai prodotti e agli strumenti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari”, sul complessivo valore di mercato o, in mancanza, sul valore nominale o di rimborso. Soggetti passivi sono tutti i “clienti”, siano essi persone fisiche, società o enti. La comunicazione relativa agli strumenti e ai prodotti finanziari, ivi compresi i buoni postali fruttiferi, anche non soggetti all’obbligo di deposito, si considera in ogni caso inviata almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione.  L’imposta è comunque dovuta una volta l’anno o alla chiusura del rapporto. Se le comunicazioni sono inviate periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato. L’imposta è dovuta nella misura minima di euro 34,20 e, limitatamente all’anno 2012, nella misura massima di euro 1.200. Sono comunque esenti i buoni postali fruttiferi di valore di rimborso complessivamente non superiore a euro 5.000.

In secondo luogo, a decorrere dal 1° gennaio 2012, è stato sostituito il comma 2-ter dell'articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, modificando l’imposta di bollo sugli estratti conto, inviati dalle banche ai clienti ai sensi dell’articolo 119 del D. Lgs. 1º settembre 1993, n. 385, prevedendo – per ogni esemplare con periodicità annuale – l’importo fisso di euro 34,20 se il cliente è persona fisica, e di euro 100 se il cliente è soggetto diverso da persona fisica. Se il cliente è persona fisica, l’imposta non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti e dai libretti è complessivamente non superiore a euro 5.000.

A norma dell’art. 19, commi 6 e seguenti, del D.L. n. 201/2011, le attività finanziarie oggetto di emersione ai sensi dell’articolo 13-bis del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, e degli articoli 12 e 15 del D.L. 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, e successive modificazioni (c.d. scudo fiscale), sono soggette a un’imposta di bollo speciale annuale del 4 per mille. Per gli anni 2012 e 2013 l’aliquota è stabilita, rispettivamente, nella misura del 10 e del 13,5 per mille. Soggetti passivi sono tutti i contribuenti, siano essi persone fisiche, società o enti. Gli intermediari di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b), del D.L. 25 settembre 2001, n. 350, provvedono a trattenere l’imposta di cui al comma 6 dal conto del soggetto che ha effettuato l’emersione o ricevono provvista dallo stesso contribuente, ed effettuano il relativo versamento entro il 16 febbraio di ciascun anno con riferimento al valore delle attività ancora segretate al 31 dicembre dell’anno precedente. Per il solo versamento da effettuare nel 2012 il valore delle attività segretate è quello al 6 dicembre 2011. Per la determinazione di tale valore, trattandosi di imposta di bollo, trova applicazione l’art. 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al d.p.r. n. 642/1972, come sopra novellato (valore di mercato o, in mancanza, valore nominale o di rimborso). Gli intermediari segnalano all’Agenzia delle entrate i contribuenti nei confronti dei quali non è stata applicata e versata l’imposta con le modalità di cui al medesimo comma. Per l’omesso versamento dell’imposta si applica una sanzione pari all’importo non versato. Per le attività finanziarie oggetto di emersione che, alla data del 6 dicembre 2011, sono state in tutto o in parte prelevate dal rapporto di deposito, amministrazione o gestione acceso per effetto della procedura di emersione ovvero comunque dismesse, è dovuta, per il solo anno 2012, una imposta straordinaria pari al 10 per mille. In base alla suesposta disciplina, pertanto, le attività “non finanziarie” oggetto di emersione (tra cui gli immobili) non sono assoggettate all’imposizione in oggetto.

 

IMPOSTA PATRIMONIALE SUL VALORE DEGLI IMMOBILI SITUATI ALL’ESTERO

L’art. 19, commi 13 e seguenti, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha istituito – a decorrere dal 2011 – un’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato. Soggetto passivo dell’imposta di cui al comma 13 è il proprietario dell’immobile ovvero il titolare di altro diritto reale sullo stesso. Sono soggetti passivi dell’imposta anche le persone fisiche che siano cittadini stranieri (comunitari o extracomunitari), che trasferiscano la propria residenza in Italia e mantengano, nei paesi di origine, la proprietà dei suddetti immobili; non sono invece soggetti passivi dell’imposta le società e gli enti, ed in genere i soggetti diversi dalle persone fisiche.

L’imposta è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. L’imposta suddetta è stabilita nella misura dello 0,76 per cento del valore degli immobili.

Il valore è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, solo in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.

Dall’imposta stessa si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile.

Per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonche´ per il contenzioso, relativamente all’imposta si applicano le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il versamento dell’imposta è effettuato entro il termine del versamento a saldo delle imposte sui redditi relative all’anno di riferimento.

 

IMPOSTA PATRIMONIALE SULLE ATTIVITÀ FINANZIARIE ALL’ESTERO

A norma dei commi 18 e seguenti dell’art. 19 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), introdotti dalla legge di conversione in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, a decorrere dall’anno 2011 è istituita un’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato.

Sono soggetti passivi dell’imposta le persone fisiche, ivi compresi i cittadini stranieri (comunitari o extracomunitari), che trasferiscano la propria residenza in Italia e mantengano, nei paesi di origine, la proprietà delle suddette attività finanziarie; non sono invece soggetti passivi dell’imposta le società e gli enti, ed in genere i soggetti diversi dalle persone fisiche. L’imposta è dovuta proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione.

L’imposta stessa è stabilita nella misura dell’1 per mille annuo, per il 2011 e il 2012, e dell’1,5 per mille, a decorrere dal 2013, del valore delle attività finanziarie. Il valore è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui sono detenute le attività finanziarie, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero di riferimento per le singole attività e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso.

Dall’imposta si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenute le attività finanziarie.

Per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonché per il contenzioso, relativamente all’imposta suddetta si applicano le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il versamento dell’imposta è effettuato entro il termine del versamento a saldo delle imposte sui redditi relative all’anno di riferimento.

 

IMPOSTA DI BOLLO SUI TRASFERIMENTI DI DENARO ALL’ESTERO

L’art. 2, comma 35-octies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, dispone che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (quindi, dal 17 settembre 2011), è istituita un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero attraverso gli istituti bancari, le agenzie «money transfer» ed altri agenti in attività finanziaria.

L'imposta è dovuta in misura pari al 2 per cento dell'importo trasferito con ogni singola operazione, con un minimo di prelievo pari a 3 euro.

L'imposta non è dovuta per i trasferimenti effettuati dai cittadini dell'Unione europea nonché per quelli effettuati verso i Paesi dell'Unione europea. Sono inoltre esentati i trasferimenti effettuati da soggetti muniti di matricola INPS e codice fiscale. Di conseguenza, l’imposta colpisce soltanto i trasferimenti eseguiti da cittadini extracomunitari (privi di matricola Inps e codice fiscale) verso Stati extracomunitari.

 

COMUNICAZIONE PERIODICA DELLE MOVIMENTAZIONI BANCARIE ALL’ANAGRAFE TRIBUTARIA

L’art. 11 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha introdotto una serie di disposizioni di contrasto all’evasione fiscale, finalizzate all’emersione di base imponibile.

A far corso dal 1° gennaio 2012, gli operatori finanziari (banche ed altri intermediari) sono obbligati a comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti bancari e finanziari di cui all’art. 7, comma 6, del D.P.R. n. 605/1973, ed ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l'importo delle operazioni finanziarie indicate nella predetta disposizione. I dati comunicati sono archiviati nell’apposita sezione dell’anagrafe tributaria prevista dall’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, e successive modificazioni. La relativa conservazione non può comunque superare i termini massimi di decadenza previsti in materia di accertamento delle imposte sui redditi.  Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentiti le associazioni di categoria degli operatori finanziari e il Garante della Privacy, sono stabilite le modalità della comunicazione suindicata, estendendo l'obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni relative ai rapporti necessarie ai fini dei controlli fiscali. Oltre che ai fini previsti dall’art. 7, comma 11, del d.p.r. n. 605/1973, le informazioni comunicate come sopra sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per l’elaborazione con procedure centralizzate, secondo i criteri individuati con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia, di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione.

Si evidenzia che già anteriormente al 2012, a norma dell’art. 7, comma 6, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, erano tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.

Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 19 gennaio 2007 (in G.U. n. 38 del 15.2.2007), e successivo Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 29 febbraio 2008 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 5 marzo 2008), sono stati definiti le modalità e i termini di comunicazione dei dati all'Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari di cui all’art. 7, comma 6, del d.p.r. n. 605/1973 (precisandosi, tra l’altro, che sono oggetto di comunicazione, oltre ai dati identificativi delle persone, fisiche e non fisiche, titolari dei rapporti, i dati relativi alla natura e tipologia del rapporto, e le relative date di apertura, modifica e chiusura; e che sono oggetto di comunicazione periodica le modifiche intervenute nelle informazioni sopra elencate, comprese le cessazioni). Cfr. anche il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 22 dicembre 2005 (in G.U. n. 7 del 10.1.2006).

Da rilevare, inoltre, che:

1) – gli obblighi comunicativi di cui all'articolo 7, sesto e undicesimo comma, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 605, sussistono anche in capo ai soggetti che, esclusi dagli obblighi dell'articolo 106, del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, esercitano in via prevalente, non nei confronti del pubblico, le attività di assunzione e gestione di partecipazione, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestiti obbligazionari e di rilascio di garanzie (art. 10, comma 10, del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141);

2) – gli operatori finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 7, sesto comma del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 605 che emettono carte di credito, di debito o prepagate, comunicano all'Agenzia delle entrate le operazioni in relazione alle quali il pagamento dei corrispettivi sia avvenuto mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse dagli operatori finanziari stessi, secondo modalità e termini stabiliti con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate (art. 21, comma 1-ter, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, come modificato da ultimo dall'art. 23, comma 41, lett. a) e b), del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111). Cfr. sul punto la Circ. Agenzia Entrate 5 agosto 2011, n. 41/E.

L’innovazione apportata dall’art. 11 del D.L. n. 201/2011 a decorrere dal 2012 consiste, quindi, soprattutto nell’obbligo di comunicazione di tutte le movimentazioni che interessino i predetti rapporti bancari e finanziari, ai fini suindicati.

L’art. 7, comma 11, del d.p.r. n. 605/1973, stabilisce che le rilevazioni e le evidenziazioni, nonché le comunicazioni di cui al sesto comma sono utilizzate ai fini delle richieste e delle risposte in via telematica di cui all'articolo 32, primo comma, numero 7), del d.p.r. n. 600/1973, e all'articolo 51, secondo comma, numero 7), del d.p.r. n. 633/1972. Queste ultime disposizioni, a loro volta, impongono la previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai fini della richiesta agli intermediari bancari e finanziari di dati, notizie e documenti da utilizzarsi nei controlli fiscali (e del conseguente utilizzo dei dati alla stregua di presunzioni, a norma dei citati artt. 32 e 51). Previsioni, queste, che non sono state abrogate dalla nuova normativa, e che rimangono pertanto in vigore; con la conseguenza che le comunicazioni periodiche delle movimentazioni dei rapporti bancari e finanziari possono essere impiegate unicamente ai fini della formazione di liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione (oltre che nell’ambito di procedimenti penali e di prevenzione ed ai fini della riscossione mediante ruolo), mentre per l’impiego ai fini dei controlli fiscali è necessaria la previa autorizzazione di cui sopra.

A norma dell’art. 11-bis del D.L. n. 201/2011, l’espletamento delle procedure nel corso di un procedimento, le richieste di informazioni e di copia della documentazione ritenuta utile e le relative risposte, nonche´ le notifiche aventi come destinatari le banche e gli intermediari finanziari, sono effettuati esclusivamente in via telematica, previa consultazione dell’archivio dei rapporti finanziari suindicato.

 

VERIFICHE FISCALI

L’art. 11 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha modificato l’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, stabilendo che esclusi casi straordinari il controllo fiscale in forma d'accesso da parte di qualsiasi autorità competente deve essere oggetto di programmazione da parte degli enti competenti e di coordinamento tra i vari soggetti interessati al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell'attività di controllo. Codificando la prassi, la Guardia di Finanza, negli accessi di propria competenza presso le imprese, opera, per quanto possibile, in borghese. Sono state, inoltre abrogate le disposizioni che sancivano il principio di svolgimento degli accessi nell’osservanza del principio della contestualità e della non ripetizione per periodi di tempo inferiori al semestre, e la corrispondente previsione di illecito disciplinare per i dipendenti pubblici per le corrispondenti violazioni. Rimangono invece in vigore, tra le altre, le altre previsioni dell’art. 7 del D.L. n. 70/2011, che impongono di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell’attività di controllo nei riguardi delle imprese ivi indicate, che impongono la programmazione e il coordinamento degli accessi, e che stabiliscono che il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi, computando i giorni di effettiva presenza.

È stato inoltre stabilito che chiunque, a seguito delle richieste effettuate in sede di verifica fiscale, nell'esercizio dei poteri di cui agli artt. 32 e 33 del D.P.R. n. 600/1973, e degli artt. 51 e 52 del D.P.R. n. 633/1972, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero è punito ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (è, cioè, punito ai sensi del codice penale alla stregua di chi rende una falsa dichiarazione sostitutiva di atto notorio o di certificazione, o rende una dichiarazione falsa a pubblico ufficiale; l'esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso).

 

SANZIONI TRIBUTARIE PER I PROFESSIONISTI

L’art. 2, comma 5, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha modificato l’art. 12 del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, aggiungendovi i commi 2-sexies e 2-septies.

Si prevede, in particolare, che qualora siano state contestate a carico di soggetti iscritti in albi ovvero ad ordini professionali, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere il documento certificativo dei corrispettivi compiute in giorni diversi, è disposta in ogni caso la sanzione accessoria della sospensione dell'iscrizione all'albo o all'ordine per un periodo da tre giorni ad un mese. L’espressione “in ogni caso” sembrerebbe determinare l’applicabilità della sanzione accessoria della sospensione anche nell’ipotesi di definizione agevolata della sanzione (in deroga all’art. 16, comma 3, del D. Lgs. n. 472/1997).

In caso di recidiva, la sospensione è disposta per un periodo da quindici giorni a sei mesi.

A norma dell’art. 16 del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, le sanzioni sono irrogate dall'ufficio fiscale competente all'accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono.

In deroga all’art. 19, comma 7, del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Gli atti di sospensione sono comunicati all'ordine professionale ovvero al soggetto competente alla tenuta dell'albo affinché ne sia data pubblicazione sul relativo sito internet.

Nel caso in cui le violazioni di cui al comma 2-sexies siano commesse nell'esercizio in forma associata di attività professionale, la sanzione accessoria di cui al medesimo comma è disposta nei confronti di tutti gli associati. Disposizione, quest’ultima, di dubbia legittimità, alla luce del principio di imputabilità degli illeciti amministrativi.

 

DISCIPLINA DEI REATI FISCALI

L’art. 2, commi 35-vicies semel e 36-vicies bis, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha modificato la disciplina dei reati fiscali, contenuta nel D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74. In particolare:

1) - è stato abrogato il comma 3 dell’art. 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), che prevedeva una riduzione di pena – con riferimento all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti – quando l'ammontare degli elementi passivi fittizi era inferiore ad euro 154.937,07 (ora, quindi, nessuna riduzione di pena è prevista, qualunque sia l’importo). Correlativamente, è stato abrogato l’art. 8, comma 3;

2) - è stato modificato l’art. 3 (riguardante la dichiarazione fraudolenta con altri artifici), che sanziona l’indicazione, avvalendosi di mezzi fraudolenti, colui che indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila (il limite precedente era pari ad euro 77.468,53);

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro un milione (il limite precedente era pari ad euro 1.549.370,70);

3) – è stato modificato l’art. 4, che sanziona la dichiarazione infedele, da parte di chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro cinquantamila (il limite precedente era pari ad euro 103.291,38);

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni (il limite precedente era pari ad euro 2.065.827,60);

4) – è stato modificato l’art. 5, che sanziona la omessa dichiarazione, da parte di chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a euro trentamila (il limite precedente era pari ad euro 77.468,53);

5) – è stato modificato l’art. 12, il cui comma 2-bis ora dispone che per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 l'istituto della sospensione condizionale della pena di cui all'articolo 163 del codice penale non trova applicazione nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume d'affari; b) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro;

6) – è stato modificato l’art. 17, stabilendosi che i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto sono elevati di un terzo.

Le suddette norme si applicano ai fatti successivi alla data del 17 settembre 2011.

L’art. 11 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha disposto che chiunque, a seguito delle richieste effettuate in sede di verifica fiscale, nell'esercizio dei poteri di cui agli artt. 32 e 33 del D.P.R. n. 600/1973, e degli artt. 51 e 52 del D.P.R. n. 633/1972, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero è punito ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (è, cioè, punito ai sensi del codice penale – con la reclusione fino a tre anni – alla stregua di chi rende una falsa dichiarazione sostitutiva di atto notorio o di certificazione, o rende una dichiarazione falsa a pubblico ufficiale; l'esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso).

Da ricordare, ancora, che l’art. 37, commi 24 e 25, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, aveva modificato l’art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e l’art. 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, raddoppiando i termini per l’accertamento, in caso di violazione di norme tributarie che concreti un reato fiscale, dando luogo all’obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 c.p.p.

 

PRIVILEGI FISCALI

L’art. 23, commi 37 e seguenti, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha parzialmente modificato la disciplina di alcuni privilegi fiscali. In particolare:

1) - è stato modificato l’art. 2752, comma 1, c.c., che ora accorda il privilegio generale sui beni mobili del debitore ai crediti dello Stato “per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), imposta sul reddito delle persone giuridiche (Irpeg), imposta sul reddito delle società (Ires), imposta regionale sulle attività produttive (Irap) ed imposta locale sui redditi (Ilor)”, senza più limitare cronologicamente il privilegio alle sole imposte iscritte nei ruoli nell’anno in cui si procede e nell’anno precedente; e con disposizione dichiarata applicabile anche per i crediti sorti anteriormente all'entrata in vigore del decreto. A parte le abrogate Irpeg e Ilor, il privilegio fiscale generale sui mobili assiste quindi ora tutti i crediti per IRPEF, IRES e IRAP, oltre che i crediti IVA contemplati dal comma 3 dell’art. 2752 (per imposte e relative sanzioni);

2) – è stato modificato l’art. 2776, comma 3, c.c., relativamente al privilegio sugli immobili: la norma ora colloca sussidiariamente sul prezzo degli immobili i crediti dello Stato indicati sia al primo che al terzo comma dell’art. 2752 c.c. (quindi tutti i crediti  per IRPEF, IRES, IRAP, IVA e relative sanzioni, sopra indicati al n. 1), e ciò anche per i crediti sorti anteriormente all'entrata in vigore del decreto. In sede di alienazione degli immobili, quindi, si pone il grave problema di accertare se vi sono debiti tributari, per imposte e sanzioni, che possano dar luogo al privilegio (a differenza che in passato, il più esteso ambito di applicazione del privilegio stesso può comportare un maggiore rischio di evizione, anche sotto il profilo quantitativo dell’ammontare dei debiti pendenti e privilegiati);

3) – i titolari di crediti privilegiati, intervenuti nell'esecuzione o ammessi al passivo fallimentare in data anteriore all’entrata in vigore del d.l. n. 98/2011 (6 luglio 2011), possono contestare i crediti che, per effetto delle nuove norme di cui ai precedenti numeri, sono stati anteposti ai loro crediti nel grado del privilegio;

4) – in conseguenza dell’estensione dell’ambito del privilegio immobiliare ex art. 2776, comma 3, c.c., è stato abrogato l’art. 2771 c.c., che accordava il privilegio sugli immobili ai soli crediti dello Stato per le imposte relative ai redditi immobiliari (redditi fondiari);

5) – è rimasta invece invariata la disciplina dettata dall’art. 2772 c.c. (privilegio a garanzia dei crediti dello Stato per le imposte indirette).

Cfr., a commento della suddescritta disciplina, la Circ. Agenzia Entrate 5 agosto 2011, n. 41/E.

A norma dell’art. 13, comma 13, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, “ai fini del quarto comma dell'articolo 2752 del codice civile il riferimento alla "legge per la finanza locale" si intende effettuato a tutte le disposizioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali” (comprese, quindi, l’imposta municipale propria (IMU) ed il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi). La norma riguarda unicamente il privilegio generale sui beni mobili del debitore (l’art. 2776 c.c., che disciplina il privilegio immobiliare, non richiama, infatti, l’art. 2752, comma 4, c.c.): ciò significa che il credito dello Stato e quello del Comune per IMU e per il tributo comunale sui rifiuti e servizi non sono assistiti da privilegio sugli immobili.

 

COMUNICAZIONE TELEMATICA DI OPERAZIONI IVA

Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 16 settembre 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 19 settembre 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stato modificato il Provvedimento del 22 dicembre 2010, n. 184182, riguardante l’obbligo di comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di importo non inferiore a euro tremila (transitoriamente, per il 2010, di importo non inferiore ad euro 25.000). Più precisamente, è stato prorogato al 31 dicembre 2011 il termine, entro il quale effettuare la comunicazione relativa al periodo d’imposta 2010. Sono state, inoltre, interamente sostituite le specifiche tecniche per la suddetta comunicazione. Con successivo Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 21 dicembre 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 19 settembre 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) il suddetto termine è stato prorogato al 31 gennaio 2012.

Cfr., sulla relativa disciplina, dettata dall’art. 21 del d.l. n. 78/2010 e dai successivi provvedimenti attuativi, la Circ. Agenzia Entrate 30 maggio 2011, n. 24/E, e le Rassegne relative al primo semestre 2010, al secondo semestre 2010 ed al primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

REGIME FISCALE DI VANTAGGIO PER L'IMPRENDITORIA GIOVANILE E CONTRIBUENTI MINIMI

L’art. 27 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, disciplina un regime fiscale di vantaggio finalizzato a favorire la costituzione di nuove imprese da parte di giovani ovvero di coloro che perdono il lavoro.

In secondo luogo, sempre per favorire la costituzione di nuove imprese, i previgenti regimi forfettari sono riformati e concentrati in funzione di questi obiettivi.

A partire dal 1° gennaio 2012, il regime di cui all’art. 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (c.d. regime dei contribuenti minimi), si applica, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi; il regime in oggetto è applicabile anche oltre il quarto periodo di imposta successivo a quello di inizio dell'attività ma non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età.

Detto regime si applica esclusivamente alle persone fisiche:

a) che intraprendono un'attività d'impresa, arte o professione;

b) che l'hanno intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007.

L'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali prevista dall’art. 1, comma 105, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è ridotta al 5 per cento.

Il beneficio sopra descritto è riconosciuto a condizione che:

a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività di cui al comma 1, attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;

b) l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;

c) qualora venga proseguita un'attività d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore a 30.000 euro.

Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 22 dicembre 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 22 dicembre 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono state dettate le modalità di applicazione del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, attuative dell'articolo 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98. A tal fine (art. 1) per quanto non espressamente previsto da questo provvedimento si applica, laddove compatibile, quanto disposto dall’articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dalle disposizioni di attuazione contenute nel D.M. 2 gennaio 2008. Quindi, tra l’altro, ai sensi dell’art. 1, comma 100, della legge n. 244 del 2007, i suddetti soggetti non addebitano l’imposta sul valore aggiunto a titolo di rivalsa e non hanno diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti anche intracomunitari e sulle importazioni. Essi inoltre, ai sensi dell’art. 1, comma 104, della legge n. 244 del 2007, sono esenti dall’IRAP. A norma dell’art. 2 del Provvedimento, le persone fisiche che intraprendono un’attività d’impresa o di lavoro autonomo dal 1° gennaio 2012, ovvero che l’hanno intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007, e che possiedono i requisiti previsti all’articolo 1, commi da 96 a 99 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dall’articolo 2 del D.M. 2 gennaio 2008, accedono al regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, a condizione che siano in possesso anche dei requisiti stabiliti dal comma 2 dell’articolo 27 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98. La condizione di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, secondo cui l'attività da esercitare non deve costituire, in nessun modo, una mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente, non opera laddove il contribuente dia prova di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause indipendenti dalla propria volontà. A norma dell’art. 3, il regime fiscale di vantaggio si applica per il periodo di imposta di inizio attività e per i quattro successivi. I soggetti che non hanno ancora compiuto il trentacinquesimo anno di età possono continuare ad applicare il regime fiscale di vantaggio fino al periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età, senza esercitare alcuna opzione espressa. Si fa riferimento allo svolgimento effettivo e all’inizio effettivo della stessa e non alla sola apertura della partita IVA. Coloro che, per scelta o al verificarsi di un motivo di esclusione, cessano di applicare il regime fiscale di vantaggio non possono più avvalersene, anche nell’ipotesi in cui, nel corso del quinquennio ovvero non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età, tornino in possesso dei requisiti. I soggetti in possesso dei requisiti possono optare per il regime contabile agevolato di cui all’articolo 27, comma 3, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, infra descritto (art. 4). I ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime, non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto di imposta. A tal fine i contribuenti rilasciano un’apposita dichiarazione, dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono è soggetto ad imposta sostitutiva (art. 5).

Coloro che, per effetto delle disposizioni sopra descritte, pur avendo le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99 dell’art. 1 della legge n. 244/2007, non possono beneficiare del regime semplificato per i contribuenti minimi ovvero ne fuoriescono, fermi restando l'obbligo di conservare, ai sensi dell’art. 22 del d.p.r. n. 600/1973, i documenti ricevuti ed emessi e, se prescritti, gli obblighi di fatturazione e di certificazione dei corrispettivi, sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, rilevanti ai fini delle imposte dirette e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché dalle liquidazioni e dai versamenti periodici rilevanti ai fini dell'IVA previsti dal d.p.r. n. 100/1998. I medesimi soggetti sono altresì esenti dall'IRAP.

Il regime sopra descritto cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni di cui all’art. 1, comma 96, ovvero si verifica una delle fattispecie indicate all’art. 1, comma 99, della legge n. 244/2007.

I soggetti suindicati possono optare per l'applicazione del regime contabile ordinario. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.

Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 22 dicembre 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 22 dicembre 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) sono state dettate le modalità di applicazione del regime contabile agevolato di cui all'articolo 27, comma 3, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98. Detto regime si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2012, alle persone fisiche che abbiano le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99, dell’articolo 1, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ossia che:

a)  nell’anno solare precedente:

1.  hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;

2.  non hanno effettuato cessioni all’esportazione;

3.  non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ai sensi degli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, né erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati di cui all’articolo 53, comma 2, lettera c), dello stesso testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;

b)  nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro;

c)  non si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;

d)  sono soggetti residenti;

e)  non effettuano in via esclusiva o prevalente cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

f)  non partecipano a società di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico.

I suddetti soggetti accedono al regime contabile agevolato di cui all’articolo 27, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, in quanto:

a)  non possono beneficiare del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità perché non possiedono gli ulteriori requisiti previsti dall’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;

b)  fuoriescono dal regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità per decorrenza dei termini di applicazione stabiliti dall’articolo 27, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98.

I contribuenti che si avvalgono del regime contabile agevolato sono esonerati dai seguenti obblighi:

a)  registrazione e tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto;

b)  tenuta del registro dei beni ammortizzabili qualora, a seguito di richiesta dell'Amministrazione finanziaria, forniscano, ordinati in forma sistematica, gli stessi dati previsti dall’articolo 16 del predetto decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;

c)  liquidazioni e versamenti periodici dell'imposta sul valore aggiunto;

d)  versamento dell'acconto annuale dell'imposta sul valore aggiunto;

e)  presentazione della dichiarazione ai fini IRAP, di cui all’articolo 19 dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, e versamento della relativa imposta.

I suddetti contribuenti sono, tra l’altro, soggetti all’applicazione degli studi di settore.

Sulla disciplina dettata dall’art. 1, commi da 96 a 117, della legge n. 244/2007, cfr. le Rassegne relativa al secondo semestre 2007 ed al secondo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

AIUTO ALLA CRESCITA ECONOMICA (ACE)

L’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, dispone – al fine di ridurre l’imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio proprio e rafforzare la struttura patrimoniale delle imprese – che ai fini della determinazione del reddito complessivo netto dichiarato dalle società di capitali e dagli enti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del T.U.I.R. (d.p.r. n. 917/1986), è ammesso in deduzione un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Quest’ultimo è valutato mediante applicazione dell'aliquota percentuale individuata con decreto ministeriale alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010. In via transitoria, per il primo triennio di applicazione, l'aliquota è fissata al 3 per cento. A partire dal quarto periodo di imposta l'aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio. Il capitale proprio esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010 è costituito dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell'utile del medesimo esercizio. Rilevano come variazioni in aumento i conferimenti in denaro nonché gli utili accantonati a riserva ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili; come variazioni in diminuzione: a) le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti; b) gli acquisti di partecipazioni in società controllate; c) gli acquisti di aziende o di rami di aziende. Gli incrementi derivanti da conferimenti in denaro rilevano a partire dalla data del versamento; quelli derivanti dall'accantonamento di utili a partire dall'inizio dell'esercizio in cui le relative riserve sono formate. Per le aziende e le società di nuova costituzione si considera incremento tutto il patrimonio conferito.

La disciplina suindicata si applica anche al reddito d'impresa di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, con le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze in modo da assicurare un beneficio conforme a quello garantito ai soggetti Ires.

Tutte le disposizioni suindicate si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2011.

 

AGEVOLAZIONI FISCALI RIFERITE AL COSTO DEL LAVORO NONCHÉ PER DONNE E GIOVANI

A norma dell’art. 2, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 è ammesso in deduzione ai fini delle imposte sui redditi, ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del T.U.I.R. (d.p.r. n. 917/1986), un importo pari all'IRAP, relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti. La deduzione forfettaria nella misura del 10 per cento dell’IRAP è, quindi, ora limitata ai soli interessi passivi e oneri assimilati (al netto degli interessi attivi e proventi assimilati). Detto art. 6, comma 1, del d.l. n. 185/2008 è stato modificato dal d.l. n. 201/2011, eliminando il riferimento alla deduzione forfettaria parziale dell’Irap dovuta sul costo del lavoro, con il risultato che quest’ultima è ora interamente deducibile dall’Irpef e dall’Ires a norma dell’art. 99, comma 1, del T.U.I.R.

L’art. 2, comma 2, del suddetto D.L. n. 201/2011, ha modificato l’art. 11, comma 1, lett. a), del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in materia di IRAP, ammettendo tra l’altro la deduzione – ai fini della determinazione della base imponibile – di un importo pari a 4.600 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta, aumentato a 10.600 euro per i lavoratori di sesso femminile (di qualunque età) nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni.

 

PARTITE IVA INATTIVE

L’art. 23, commi 22 e 23, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha modificato l’art. 35 del d.p.r. n. 633/1972, disponendo che l’attribuzione del numero di partita IVA è revocata d'ufficio qualora per tre annualità consecutive il titolare non abbia esercitato l'attività d'impresa o di arti e professioni o non abbia adempiuto all’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale in materia d'imposta sul valore aggiunto. I titolari di partita IVA che, sebbene obbligati, non abbiano tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione di attività possono sanare la violazione versando, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, un importo pari alla sanzione minima.

Cfr. anche sull’oggetto la Circ. Agenzia Entrate 5 agosto 2011, n. 41/E.

 

TASSAZIONE DELLE SOCIETÀ DI COMODO

L’art. 2, commi 36-quinquies e seguenti, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha modificato il regime fiscale delle c.d. società di comodo, di cui all’art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. In particolare:

- l’aliquota dell’IRES, di cui all’art. 75 del T.U.I.R., è applicata con una maggiorazione di 10,5 punti percentuali (quindi con l’aliquota del 38%, in luogo dell’aliquota ordinaria del 27,5%);

- sulla quota del reddito imputato per trasparenza ai sensi dell’art. 5 del T.U.I.R. a società o enti soggetti all'imposta sul reddito delle società trova comunque applicazione detta maggiorazione;

- le società di comodo che che hanno esercitato l'opzione per la tassazione di gruppo di cui all’art. 117 del T.U.I.R. assoggettano autonomamente il proprio reddito imponibile alla maggiorazione e provvedono al relativo versamento;

- la suddescritta disciplina trova applicazione anche con riguardo alla quota di reddito imputato per trasparenza ai sensi dell'articolo 5 del T.U.I.R., da una società di comodo ad una società o ente che abbia esercitato l'opzione per la tassazione di gruppo ai sensi dell’art. 117 del T.U.I.R.;

- pur non ricorrendo i presupposti di cui all’art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, le società e gli enti ivi indicati che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d'imposta consecutivi sono considerati non operativi a decorrere dal successivo quarto periodo d'imposta ai fini e per gli effetti del citato articolo 30. Restano ferme le cause di non applicazione della disciplina in materia di società non operative di cui al predetto art. 30. Questa disposizione trova applicazione anche qualora, nell'arco temporale suddetto, le società e gli enti siano per due periodi d'imposta in perdita fiscale ed in uno abbiano dichiarato un reddito inferiore all'ammontare determinato ai sensi dell’art. 30, comma 1, succitato;

- le disposizioni suddescritte si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 17 settembre 2011.

 

CONCESSIONE IN GODIMENTO DI BENI A SOCI O FAMILIARI

L’art. 2, commi 36-terdecies e seguenti, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha introdotto una particolare disciplina fiscale delle fattispecie di concessione in godimento di beni da parte di società ed imprese a soci o familiari (applicabile anche quando non si tratti di “società di comodo”).

È stata, innanzitutto, inclusa tra le fattispecie reddituali imponibili come “redditi diversi” (art. 67, comma 1, lett. h-bis), del T.U.I.R.), “la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell'impresa a soci o familiari dell'imprenditore”. Pertanto, la suddetta differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo concorre alla formazione del reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera h-ter), del T.U.I.R.

Correlativamente, i costi relativi ai beni dell'impresa, concessi in godimento a soci o familiari dell'imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento, non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile.

L'Agenzia delle entrate procede a controllare sistematicamente la posizione delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento e ai fini della ricostruzione sintetica del reddito tiene conto, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società.

Le disposizioni sopra descritte si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 17 settembre 2011 (quindi, per le società aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare, a partire dal 2012).

Al fine di garantire l'attività di controllo, nelle ipotesi di cui al comma 36-quaterdecies l'impresa concedente ovvero il socio o il familiare dell'imprenditore comunicano all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai beni concessi in godimento. Per l'omissione della comunicazione, ovvero per la trasmissione della stessa con dati incompleti o non veritieri, è dovuta, in solido, una sanzione amministrativa pari al 30 per cento della differenza di cui al comma 36-quinquiesdecies. Qualora, nell'ipotesi di cui al precedente periodo, i contribuenti si siano conformati alle disposizioni di cui ai commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies, è dovuta, in solido, la sanzione di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.

Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 16 novembre 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 16 novembre 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), sono stati stabiliti modalità e termini di comunicazione all’Anagrafe Tributaria dei dati relativi ai beni dell'impresa concessi in godimento a soci o familiari, ai sensi dell’art. 2, comma 36-sexiesdecies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

A norma dell’art. 1 di detto Provvedimento, i soggetti che esercitano attività di impresa, sia in forma individuale che collettiva, comunicano i dati anagrafici dei soci - comprese le persone fisiche che direttamente o indirettamente detengono partecipazioni nell’impresa concedente - o dei familiari dell’imprenditore che hanno ricevuto in godimento beni dell'impresa, nonché effettuano qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione nei confronti della società concedente. La comunicazione può essere assolta, in via alternativa, dall’impresa concedente, dal socio o dal familiare dell’imprenditore. La comunicazione deve essere effettuata per ogni bene concesso in godimento nel periodo d’imposta, ovvero per ogni finanziamento o capitalizzazione realizzati nello stesso periodo. La comunicazione deve essere effettuata anche per i beni concessi in godimento dall’impresa ai soci, o familiari di questi ultimi, o ai soci o familiari di altra società appartenente al medesimo gruppo.

La comunicazione deve essere effettuata entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta in cui i beni sono concessi in godimento. Per i beni concessi in godimento nei periodi d’imposta precedenti a quello di prima applicazione delle disposizioni del provvedimento, la comunicazione deve essere effettuata entro il 31 marzo 2012. La comunicazione deve essere effettuata, entro il medesimo termine suindicato, con riferimento ai beni per i quali nel periodo d’imposta precedente è cessato il diritto di godimento.

 

DISPOSIZIONI FISCALI SULLE SOCIETÀ COOPERATIVE

L’art. 2, comma 25, lett. a), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha abrogato, con effetto dal 1° gennaio 2012, il penultimo comma dell’art. 20 del D.L. 8 aprile 1974, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 1974, n. 216 (il quale prevedeva - ricorrendo le condizioni stabilite nell’art. 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 – l’applicazione sugli interessi e sui redditi di capitale corrisposti ai propri soci persone fisiche residenti nel territorio dello Stato dalle società cooperative di cui al comma precedente di una ritenuta del dieci per cento, applicata a titolo d'imposta).

L’art. 2, commi 36-bis e seguenti, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, succitato, ha inoltre apportato alcune modifiche al regime fiscale degli utili delle società cooperative. Più precisamente:

1) - è stato modificato l’art. 1, comma 460, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, disponendosi che - fermo restando quanto disposto dall’art. 6, commi 1, 2 e 3 del D.L. n. 63/2002 - l’art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (concernente la detassazione delle riserve indivisibili), non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all'Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualità prevalente di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile:

a) per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi (quindi è detassato l’80% delle riserve indivisibili);

b) per la quota del 40 per cento degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi (quindi è detassato il 60% delle riserve indivisibili);

b-bis) per la quota del 65 per cento degli utili netti annuali delle società cooperative di consumo e loro consorzi (quindi è detassato il 35% delle riserve indivisibili);

2) – è stato poi modificato l’art. 6, comma 1, del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, disponendosi che l’art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (concernente la detassazione delle riserve indivisibili) non si applica alla quota del 10 per cento degli utili netti annuali, da accantonarsi a riserva legale.

Le suddescritte disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione (quindi al 17 settembre 2011): per le cooperative con esercizio coincidente con l’anno solare, a decorrere quindi dal 2012.

Cfr. anche, sul punto, la Rassegna relativa al primo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it. In generale, sul regime fiscale delle cooperative, cfr. anche PETRELLI, La disciplina fiscale delle cooperative a seguito della riforma del diritto societario, in Studi e materiali in tema di riforma delle società cooperative, Milano, 2005, p. 245 ss., ed in http://www.gaetanopetrelli.it; TRAVAGLIONE, La disciplina tributaria delle società cooperative, Napoli, 2009.

 

REGISTRAZIONE TELEMATICA DI CONTRATTI DI LOCAZIONE

Con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 14 luglio 2011 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 14 luglio 2011, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stato approvato il modello di denuncia per la registrazione telematica dei contratti di locazione di beni immobili ad uso abitativo e relative pertinenze e liquidazione delle imposte di registro e di bollo (Modello IRIS), e le relative istruzioni e specifiche tecniche per la trasmissione telematica.

Si precisa, tra l’altro, che il modello IRIS può essere utilizzato dalle parti contraenti per la registrazione dei contratti di locazione aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo locati per finalità abitative e per le relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione nonché per la liquidazione dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo, soltanto se il contratto di locazione presenta le seguenti caratteristiche:

- un numero di locatori non superiore a tre, nessuno dei quali esercita l’opzione per la cedolare secca;

- un numero di conduttori non superiore a tre;

- una sola unità abitativa ed un numero di pertinenze non superiore a tre;

- tutti gli immobili devono essere censiti con attribuzione di rendita;

- il contratto contiene esclusivamente la disciplina del rapporto di locazione e, pertanto, non comprende ulteriori pattuizioni;

- il contratto è stipulato tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di un’impresa, arte o professione;

- il contratto non dà diritto alla riduzione della base imponibile per l’applicazione dell’imposta di registro.

È stato inoltre, con il medesimo provvedimento, modificato il modello con le istruzioni per la compilazione della denuncia per la registrazione telematica dei contratti di locazione di beni immobili a uso abitativo e relative pertinenze, con esercizio dell’opzione per la cedolare secca (Modello SIRIA), già approvato con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in data 7 aprile 2011.

Cfr. anche la Rassegna relativa al primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

AGEVOLAZIONI FISCALI IN MATERIA DI BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

L’art. 40, comma 9, del  D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha disposto che la documentazione e le certificazioni attualmente richieste ai fini del conseguimento delle agevolazioni fiscali in materia di beni e attività culturali previste dagli articoli 15, comma 1, lettere g) ed h), e 100, comma 2, lettere e) ed f), del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917/1986), sono sostituite da un'apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, presentata dal richiedente al Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, relativa alle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento degli interventi e delle attività cui i benefici si riferiscono. Il Ministero per i beni e le attività culturali esegue controlli a campione ai sensi degli artt. 71 e 72 del d.p.r. n. 445/2000.

La disposizione riguarda unicamente le agevolazioni concesse ai fini delle imposte sui redditi; non modifica, invece, gli obblighi documentali sanciti dalla nota II all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 (ai fini dell’imposta di registro).

 

APPLICAZIONE DEL CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE ALL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA

Con D.P.C.M. 25 maggio 2011 (in G.U. n. 230 del 3.10.2011) sono stati determinati modalità, limiti e tempi di applicazione delle disposizioni del codice dell'amministrazione digitale (CAD) all'Amministrazione economico finanziaria.

Si precisa, tra l’altro, che le modalità di conservazione ed esibizione dei documenti per via informatica, di cui all’art. 20, comma 5-bis, del Codice dell'amministrazione digitale, sono regolate, ai fini fiscali, dal d.m. 23 gennaio 2004 e successive modificazioni.

Si rinvia a successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ove risulti necessario, per adottate ulteriori disposizioni finalizzate a completare l'attuazione della vigente disciplina in materia di Codice dell'amministrazione digitale. Salvo quanto previsto dagli artt. 2 e 3, le disposizioni del Codice dell'amministrazione digitale, come modificato dal d. lgs. n. 235/2010, si applicano all'Amministrazione economico-finanziaria.

Cfr. anche sul punto la Rassegna relativa al primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE

Con D.M. 6 luglio 2011, n. 145 (in G.U. n. 197 del 25.8.2011), in vigore dal 26 agosto 2011, è stato approvato il Regolamento recante modifica al D.M. 18 ottobre 2010, n. 180, sulla determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonché sull'approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’art. 16 del D. Lgs. n. 28/2010.

V. a commento di tali disposizioni correttive la Circ. Min. Giustizia in data 20 dicembre 2011, in http://www.giustizia.it.

Sulla disciplina della mediazione, cfr. anche le Rassegne relative al primo semestre 2010 ed al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO

Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 12 dicembre 2011 (in G.U. n. 294 del 19.12.2011) è stata approvata la revisione delle disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, anche al fine di tener conto dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 28/2010 sulla mediazione in materia civile e commerciale, che ha previsto che per poter sottoporre all'autorità giudiziaria una controversia in materia di servizi bancari e finanziari disciplinati dal TUB sia necessario aver prima esperito il procedimento di mediazione disciplinato dal medesimo decreto o, in alternativa, aver presentato un ricorso all'ABF; oltre che per recepire alcune indicazioni emerse dalla prima fase applicativa dell'ABF, operativo da ottobre 2009.

Le nuove disposizioni – contenute in allegato al Provvedimento – sostituiscono integralmente quelle emanate con il provvedimento del 18 giugno 2009, recante «Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari». Le modifiche decorrono dal 1° gennaio 2012, ad eccezione della previsione secondo cui “non possono essere sottoposte all'ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009” (Sez. I, par. 4), che decorre dal 1° luglio 2012.

Sulla previgente disciplina, cfr. anche la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it. V. anche, di recente, GUIZZI, L'Arbitro Bancario Finanziario nell'ambito dei sistemi di ADR: brevi note intorno al valore delle decisioni dell'ABF, in Società, 2011, p. 1216; DESARIO, Profili d'impatto delle decisioni dell'Arbitro Bancario Finanziario sugli intermediari, in Banca, borsa e titoli di credito, 2011, I, p. 492; AULETTA, Arbitro bancario finanziario e "sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie", in Società, 2011, p. 83.

 

CERTIFICAZIONI AMMINISTRATIVE

L’art. 15 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, ha apportato alcune modifiche al testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445). In particolare, tra le altre modifiche:

1) - nell’art. 40 sono premessi i seguenti commi:

01. Le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47.

02. Sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati è apposta, a pena di nullità, la dicitura: "Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”;

2) – è stato conseguentemente abrogato l’art. 41, comma 2;

3) – il comma 1 dell’art. 43 è sostituito dal seguente:

Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall'interessato”;

4) – a norma del nuovo art. 74, comma 2, lett. a), costituisce violazione dei doveri d’ufficio “la richiesta e l'accettazione di certificati o di atti di notorietà”, come pure “il rilascio di certificati non conformi a quanto previsto all'articolo 40, comma 02”.

Cfr., ad illustrazione delle suddette innovazioni, la Direttiva del Ministero della pubblica amministrazione e semplificazione in data 22 dicembre 2011, prot. n. 61547.

La disposizione richiede alcuni chiarimenti interpretativi:

1) – in primo luogo, occorre tener conto dell’ambito di applicazione dell’intero d.p.r. n. 445/2000, che ai sensi dell’art. 3 riguarda soltanto i cittadini italiani e dell'Unione europea, alle persone giuridiche, alle società di persone, alle pubbliche amministrazioni e agli enti, alle associazioni e ai comitati aventi sede legale in Italia o in uno dei Paesi dell'Unione europea; i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione regolarmente soggiornanti in Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani;

2) – a norma dell’art. 47, commi 1 e 2, del d.p.r. n. 445/2000, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ha quale oggetto “stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato”, ovvero può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui il dichiarante abbia diretta conoscenza. Essa non può trovare invece applicazione – ed occorre in tal caso ancora far riferimento alle certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione – se si tratti di fatti di cui il dichiarante non abbia “diretta conoscenza”;

3) – l’art. 47, comma 3, del d.p.r. n. 445/2000 fa salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi: ciò significa che nei casi (previsti, ad esempio, da norme tributarie, o in materia edilizia, o anche dal codice civile) in cui è richiesta la produzione alla pubblica amministrazione di un certificato, la stessa eccezione deve ritenersi ancora operante;

4) – le nuove previsioni degli artt. 40 e 43 del d.p.r. n. 445/2000 devono essere quindi coordinate con quelle contenute nell’art. 47, non modificate dalla novella in commento. Ciò significa che i certificati – ancorché portanti l’espressa dicitura che ne vieta l’utilizzabilità nei rapporti con la pubblica amministrazione – sono suscettibili di tale utilizzo nei suddetti casi di inapplicabilità dell’art. 47;

5) – oltre a quanto sopra, va considerato – con riferimento ai certificati ed estratti di stato civile da prodursi al notaio – che quest’ultimo non fa parte di alcuna “pubblica amministrazione”, e che di conseguenza gli stessi non possano essere sostituiti da autocertificazioni agli effetti delle norme civilistiche e deontologiche che impongono al notaio determinati accertamenti (finalizzati a garantire alle parti degli atti dallo stesso stipulati determinate garanzie di ordine privatistico).

Per quanto riguarda il certificato di morte e gli estratti di stato civile richiesti rispettivamente dagli artt. 2660 e 2659 n. 1 c.c., l’art. 29, comma 9, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 (in G.U. n. 302 del 29.12.2011), in vigore dal 29 dicembre 2011, ha prorogato l’entrata in vigore della nuova disciplina al 30 giugno 2012 (proroga applicabile, in via generale, “relativamente ai certificati da produrre al conservatore dei registri immobiliari per l'esecuzione di formalità ipotecarie, nonché ai certificati ipotecari e catastali rilasciati dall'Agenzia del Territorio”. Peraltro, l’applicazione a tali certificazioni della novella in commento appare problematica, poiché, a norma dell’art. 2666 c.c., la trascrizione può essere richiesta da chiunque, ed inoltre nell’ipotesi regolata dall’art. 2671 c.c. il notaio o altro pubblico ufficiale, obbligato a richiedere la trascrizione, può non avere (e generalmente non ha) “diretta conoscenza” dei fatti, stati e qualità personali cui si riferiscono i certificati, potrebbe ritenersi che le esigenze di tempestività proprie della trascrizione immobiliare siano incompatibili con la nuova disciplina, e l’espressa previsione contenuta nelle norme codicistiche sopra citate costituisca “eccezione”, agli effetti dell’art. 47, comma 3, del d.p.r. n. 445/2000, che giustifichi comunque la permanenza dell’obbligo di produrre i suddetti certificati ed estratti.

 

SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITÀ (SCIA)

L’art. 6 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha apportato alcune modifiche alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Più precisamente:

A) – ha modificato il comma 6-bis dell’art. 19 come segue:

Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali”;

B) – ha aggiunto il seguente comma 6-ter all’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241:

La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3, del d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104” (ossia l’azione avverso il silenzio).

Sulla segnalazione certificata di inizio attività in generale, e su quella in materia edilizia, cfr. rispettivamente la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, e la Rassegna relativa al primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it/. Sulla problematica dell’impugnabilità della denunzia di inizio attività, cfr. TAKANEN, La dichiarazione di inizio attività e la tutela del terzo, in Riv. giur. edilizia, 2010, I, p. 169; MARTINEZ, La Dia e la tutela del terzo fra l’azione contro il silenzio e l’azione di accertamento autonomo del rapporto amministrativo, in Riv. giur. edilizia, 2009, II, p. 103; MARTINEZ, Legittimo affidamento e buona fede soggettiva nel caso della Dia (nota a T.A.R. Campania 11 luglio 2006, n. 7391), in Riv. giur. edilizia, 2007, I, p. 723; MARTINEZ, La natura negoziale della Dia nuoce alla tutela del terzo? (nota a Cons. Stato 22 luglio 2005, n. 3916), in Riv. giur. edilizia, 2005, I, p. 1953.

 

PAGAMENTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

L’art. 2, comma 4-ter, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), come introdotto dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha disposto – al fine di favorire la modernizzazione e l'efficienza degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante – che entro il 6 marzo 2012 le operazioni di pagamento delle spese delle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei loro enti sono disposte mediante l'utilizzo di strumenti telematici. È fatto obbligo alle Pubbliche Amministrazioni di avviare il processo di superamento di sistemi basati sull'uso di supporti cartacei. I pagamenti suddetti si effettuano in via ordinaria mediante accreditamento sui conti correnti bancari o postali dei creditori ovvero con le modalità offerte dai servizi elettronici di pagamento interbancari prescelti dal beneficiario. Gli eventuali pagamenti per cassa non possono, comunque, superare l'importo di 1.000 euro.

 

UNIONI DI COMUNI

L’art. 16 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, dispone che al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l'ottimale coordinamento della finanza pubblica, il contenimento delle spese degli enti territoriali e il migliore svolgimento delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici, a decorrere dalla data di cui al comma 9 (cioè dal giorno della proclamazione degli eletti negli organi di governo del comune che, successivamente al 13 agosto 2012, sia per primo interessato al rinnovo), i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti esercitano obbligatoriamente in forma associata tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici loro spettanti sulla base della legislazione vigente mediante un'unione di comuni ai sensi dell’art. 32 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

A ciascuna unione di cui al comma 1 hanno facoltà di aderire anche comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, al fine dell'esercizio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali loro spettanti sulla base della legislazione vigente e dei servizi ad esse inerenti, anche al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 14, commi 28, 29, 30 e 31 del D.L. n. 78/2010 (esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali dei comuni, anche in via facoltativa). I comuni hanno, in alternativa, facoltà di esercitare mediante tale unione tutte le funzioni e tutti i servizi pubblici loro spettanti sulla base della legislazione vigente.

L’art. 16 in commento disciplina quindi le unioni di comuni, con norme in deroga a quelle contenute nell’art. 32, commi 2, 3 e 5, secondo periodo, del D. Lgs. n. 267/2000.

Tra le funzioni fondamentali che saranno esercitate dalle unioni di comuni rientrano, tra l’altro, il rilascio di titoli abilitativi edilizi e dei certificati di destinazione urbanistica.

L’art. 29, comma 11, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 (in G.U. n. 302 del 29.12.2011), in vigore dal 29 dicembre 2011, ha modificato l’art. 14, comma 31, lett. a) e b), del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, in modo che il limite demografico minimo che l'insieme dei comuni che sono tenuti ad esercitare le funzioni fondamentali in forma associata deve raggiungere è fissato in 10.000 abitanti, salvo diverso limite demografico individuato dalla regione. I comuni assicurano comunque il completamento dell'attuazione delle disposizioni in materia di esercizio associato obbligatorio delle funzioni fondamentali (di cui all’art. 14, commi da 26 a 30, del D.L. n. 78/2010:

a) entro il 30 giugno 2012 con riguardo ad almeno due delle funzioni fondamentali loro spettanti, da essi individuate tra quelle di cui all’art. 21, comma 3, della legge n. 42/2009;

b) entro il 30 giugno 2013 con riguardo a tutte le sei funzioni fondamentali loro spettanti ai sensi dell’art. 21, comma 3, della legge n. 42/2009;

c) entro il 31 dicembre 2013 con riguardo a tutte le sei funzioni fondamentali loro spettanti ai sensi dell’art. 21, comma 3, della legge n. 42/2009.

 

CESSIONI DI CREDITI VERSO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

L’art. 13 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, ha sostituito il comma 3-bis dell’art. 9 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2, stabilendo che su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali certificano, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il predetto termine, su nuova istanza del creditore, provvede la Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio, che, ove necessario, nomina un commissario ad acta con oneri a carico dell'ente territoriale. La cessione dei crediti oggetto di certificazione avviene nel rispetto dell’art. 117 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Ferma restando l'efficacia liberatoria dei pagamenti eseguiti dal debitore ceduto, si applicano gli artt. 5, comma 1, e 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1991, n. 52. La certificazione di cui al comma 3-bis non può essere rilasciata, a pena di nullità, dagli enti locali commissariati ai sensi dell’art. 143 del d. lgs. n. 267/2000. Con apposito decreto ministeriale sono dettate disposizioni attuative della disciplina suddescritta. Fino alla data di entrata in vigore di tale decreto di cui al periodo precedente restano valide le certificazioni prodotte in applicazione del d.m. 19 maggio 2009.

 

RIDUZIONE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI PER IMPRESE E CITTADINI

A norma dell’art. 14, commi 1 e seguenti, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2013, sull'intero territorio nazionale si applica la disciplina delle zone a burocrazia zero prevista dall’art. 43 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122.

A tale scopo, fino al 31 dicembre 2013, i provvedimenti di cui all’art. 43, comma 2, lett. a), primo periodo, del D.L. n. 78/2010 (cioè i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualsiasi natura ed oggetto avviati su istanza di parte finalizzati all’avvio di nuove iniziative produttive) sono adottati, ferme restando le altre previsioni ivi contenute, in via esclusiva e all'unanimità, dall'ufficio locale del Governo, presieduto dal prefetto e istituito in ciascun capoluogo di provincia, su richiesta della regione, d'intesa con gli enti interessati e su proposta del Ministro dell'interno, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. La trasmissione dei dati e dei documenti avviene in favore del medesimo ufficio.

Resta esclusa l'applicazione della suddescritta disciplina ai soli procedimenti amministrativi di natura tributaria, a quelli concernenti la tutela statale dell'ambiente, quella della salute e della sicurezza pubblica, nonché alle nuove iniziative produttive avviate su aree soggette a vincolo.

 

COMUNICAZIONI INFORMATICHE TRA IMPRESE E P.A.

Con D.P.C.M. 22 luglio 2011 (in G.U. n. 267 del 16.11.2011) sono state disciplinate le comunicazioni con strumenti informatici tra imprese e amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’art. 5-bis del Codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82), ai sensi del quale la presentazione di istanze, dichiarazione, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche, nonché la comunicazione di atti e provvedimenti amministrativi nei confronti delle imprese avvengono esclusivamente utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

In particolare, a decorrere dal 1° luglio 2013, la presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche avvengono esclusivamente in via telematica (art. 1). Le amministrazioni centrali provvedono alla completa informatizzazione delle comunicazioni suddette entro il 30 giugno 2013; dette comunicazione possono essere effettuate tramite la posta elettronica certificata. A tal fine, le pubbliche amministrazioni centrali definiscono un programma di informatizzazione delle comunicazioni con le imprese fissando obiettivi intermedi quantitativamente omogenei a cadenza almeno semestrale. A ogni scadenza, è pubblicato sui siti istituzionali di ciascuna amministrazione l'elenco dei procedimenti amministrativi relativamente ai quali le comunicazioni sono svolte esclusivamente in via telematica, con l'indicazione della data di decorrenza, comunque non superiore a sessanta giorni (art. 2).

A decorrere dal 1° luglio 2013, le pubbliche amministrazioni non possono accettare o effettuare in forma cartacea le comunicazioni di cui all’art. 5-bis del CAD; a decorrere dalla stessa data, in tutti i casi in cui non è prevista una diversa modalità di comunicazione telematica, le comunicazioni avvengono mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata (art. 3).

 

PUBBLICAZIONI RELATIVE A PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA

Con D.P.C.M. 26 aprile 2011 (in G.U. n. 177 del giorno 1.8.2011) è stata disciplinata la pubblicazione nei siti informatici di atti e provvedimenti (costituiti da documenti amministrativi informatici o da copie informatiche di documenti analogici) concernenti procedure ad evidenza pubblica o di bilanci, a norma dell’art. 32, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69.

 

CESSIONI DI IMMOBILI NELLE CONCESSIONI DI LAVORI PUBBLICI

L’art. 42 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha sostituito il comma 5 dell’art. 143 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, disponendo che – nell’ambito delle concessioni di lavori pubblici – le amministrazioni aggiudicatrici, previa analisi di convenienza economica, possono prevedere nel piano economico finanziario e nella convenzione, a titolo di prezzo, la cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili nella loro disponibilità o allo scopo espropriati la cui utilizzazione ovvero valorizzazione sia necessaria all'equilibrio economico finanziario della concessione. Le modalità di utilizzazione ovvero di valorizzazione dei beni immobili sono definite unitamente all'approvazione del progetto.

 

TRACCIABILITÀ FINANZIARIA

Con Determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture in data 7 luglio 2011, n. 4 (in G.U. n. 171 del 25.7.2011) sono state emanate le linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell’art. 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136. Si tratta di una nuova Determinazione che riordina quanto affermato nei precedenti atti e fornisce nuove linee interpretative ed applicative anche in relazione ad alcune specifiche fattispecie; essa è pertanto da considerarsi sostitutiva delle due precedenti Determinazioni nn. 8 e 10 del 2010.

I chiarimenti riguardano in particolare:

- entrata in vigore e regime transitorio;

- modalità di attuazione della tracciabilità;

- comunicazioni;

- ambito soggettivo di applicazione dell’obbligo di tracciabilità;

- ambito oggettivo di applicazione dell’obbligo di tracciabilità (tipologie di contratti; tipologie di flussi finanziari);

- fattispecie specifiche (ove si includono, tra gli altri, anche i servizi legali tra quelli soggetti all’obbligo di tracciabilità). Si chiarisce in generale (punto 4.7) che sono ricompresi anche i servizi professionali, ed i pagamenti a professionisti, “sia perché lo scopo della norma è quello di tracciare tutti i flussi di denaro pubblico (senza ovviamente escludere persone fisiche) sia perché la nozione di impresa non può che essere quella prevista dalla normativa comunitaria sotto il profilo della figura dell’operatore economico (persona fisica o giuridica)”

Sulla materia v. anche, per maggiori indicazioni, la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it; nonché FRANCAVILLA, La tracciabilità finanziaria nei contratti pubblici, in Corriere merito, 2011, p. 237.

 

ATTI DEGLI ENTI LOCALI E PATTO DI STABILITÀ INTERNO

L’art. 30, comma 7, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, dispone:

I mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati di apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione”.

A norma dell’art. 20, commi 10 e seguenti, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, i contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dopo l’entrata in vigore del decreto dalle regioni e dagli enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno sono nulli; inoltre il comma 12 prevede sanzioni a carico degli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle regole del patto di stabilità interno. La medesima regola (i contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dagli enti locali, province autonome e regioni, che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno sono nulli) è ribadita dall’art. 31, comma 30, e dall’art. 32, comma 26, della legge 12 novembre 2011, n. 183, sopra citata.

Da rilevare che l’art. 4 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, come modificato dall’art. 9 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, ha disposto che le società cosiddette «in house» affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite, con il concerto del Ministro per le riforme per il federalismo, in sede di attuazione dell’art. 18, comma 2-bis, del d.l. n. 112/2008.

Il comma 13 del suddetto art. 20 del D.L. n. 98/2011 ha soppresso l’ultimo periodo dell’art. 14, comma 32, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122 (che demandava ad un decreto interministeriale la determinazione delle modalità attuative, ed ipotesi di esclusione dall’ambito di applicazione del suddetto comma, riguardo al divieto per i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti di costituire società). Cfr. anche, su quest’ultimo punto, la Rassegna relativa al primo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

ACQUISTI DI BENI E SERVIZI DA PARTE DI PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

A norma dell’art. 11, comma 6, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ove non si ricorra alle convenzioni di cui all’art. 1, comma 449, della legge 26 dicembre 2006, n. 296, gli atti e i contratti posti in essere in violazione delle disposizioni sui parametri contenute nell’art. 26, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sono nulli e costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. Attualmente, le categorie di beni ricomprese nell’ambito di applicazione della disposizione sono quelle elencate nel D.M. 17 febbraio 2009 (in G.U. n. 76 del giorno 1.4.2009).

Da rilevare che l’art. 4 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, come modificato dall’art. 9 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, ha disposto che le società cosiddette «in house» e le società a partecipazione mista pubblica e privata, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l'acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

A norma dell’art. 12, comma 1, del medesimo D.L. 6 luglio 2011, n. 98, a decorrere dal 1° gennaio 2012 le operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istat dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con l'esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all'estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze. Successivamente alla stipula dell'accordo o della convenzione quadro previsti dal suddetto art. 12, è nullo ogni nuovo contratto di manutenzione ordinaria e straordinaria non affidato dall'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli espressamente previsti dal comma 7.

 

VALORIZZAZIONE, GESTIONE E ALIENAZIONE DI IMMOBILI PUBBLICI

A norma dell’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, con decreto del Ministro dell'economia e finanze è costituita una società di gestione del risparmio per l'istituzione di uno o più fondi d'investimento al fine di partecipare in fondi d'investimento immobiliari chiusi promossi da regioni, province, comuni anche in forma consorziata, ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile, con la disciplina dettata dal suddetto art. 33.

L’art. 33-bis del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, inserito dall’art. 27, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, dispone che il Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio promuova iniziative idonee per la costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di società, consorzi o fondi immobiliari, per la valorizzazione, trasformazione, gestione e alienazione del patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dei Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, Stato e degli Enti vigilati dagli stessi, nonché dei diritti reali relativi ai beni immobili, anche demaniali. Il trasferimento alle società o l'inclusione nelle iniziative concordate ai sensi del presente articolo non modifica il regime giuridico previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni demaniali trasferiti. Per quanto concerne i diritti reali si applicano le leggi generali e speciali vigenti. Alle iniziative di cui al presente articolo, se costituite in forma di società, consorzi o fondi immobiliari si applica la disciplina prevista dal codice civile, ovvero le disposizioni generali sui fondi comuni di investimento immobiliare. Sono, correlativamente, modificati i commi 1 e 2 dell’art. 58 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133.

L’art. 6 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, detta disposizioni in materia di dismissioni dei beni immobili pubblici. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a conferire o trasferire beni immobili dello Stato, a uso diverso da quello residenziale, ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, ovvero ad una o più società, anche di nuova costituzione. I predetti beni sono individuati con uno o più decreti: il primo decreto di individuazione è emanato entro il 30 aprile 2012. Con uno o più decreti sono conferiti o trasferiti i suddetti beni immobili e sono stabiliti i criteri e le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione del risparmio o delle società, nonché per il collocamento delle quote del fondo o delle azioni delle società e i limiti per l'eventuale assunzione di finanziamenti da parte del predetto fondo e delle società. Alle società di cui al comma 1 si applica, in quanto compatibile, il trattamento fiscale disciplinato per le società di investimento immobiliare quotate di cui all’art. 1, comma 134, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Ai conferimenti ed ai trasferimenti dei beni immobili ai fondi comuni di investimento ed alle società suddette si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. da 1 a 3 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito in legge 23 novembre 2001, n. 410.

L’art. 6 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, come modificato dall’art. 27, comma 3, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, detta disposizioni in materia di dismissioni di terreni agricoli. Entro il 31 marzo 2012, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con uno o più decreti da adottare d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, individua i terreni a vocazione agricola e agricoli, anche su segnalazione dei soggetti interessati, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato non ricompresi negli elenchi predisposti ai sensi del D. Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, nonché di proprietà degli enti pubblici nazionali, da alienare a cura dell'Agenzia del demanio mediante trattativa privata per gli immobili di valore inferiore a 400.000 euro e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 400.000 euro. L'individuazione del bene ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato. Si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 1, commi 3, 4 e 5, del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito in legge 23 novembre 2001, n. 410. Il prezzo dei terreni da porre a base delle procedure di vendita di cui al presente comma è determinato sulla base di valori agricoli medi di cui al d.p.r. n. 327/2001. Nelle procedure di alienazione dei terreni in oggetto, al fine di favorire lo sviluppo dell'imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli, così come definiti ai sensi del D. Lgs. 21 aprile 2000, n. 185. Nell'eventualità di incremento di valore dei terreni alienati ai sensi del presente articolo derivante da cambi di destinazione urbanistica intervenuti nel corso del quinquennio successivo all'alienazione medesima, è riconosciuta allo Stato una quota pari al 75 per cento del maggior valore acquisito dal terreno rispetto al prezzo di vendita; le disposizioni di attuazione del presente periodo sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze. Per i terreni ricadenti all'interno di aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, l'Agenzia del demanio acquisisce preventivamente l'assenso alla vendita da parte degli enti gestori delle medesime aree. Le regioni, le province, i comuni, anche su richiesta dei soggetti interessati possono vendere, per le finalità e con le modalità di cui sopra, i beni di loro proprietà a vocazione agricola e agricoli compresi quelli attribuiti ai sensi del D. Lgs. n. 85/2010; a tal fine possono conferire all'Agenzia del demanio mandato irrevocabile a vendere.

L’art. 27, comma 4, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha modificato l’art. 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, disponendo che i contratti di locazione di immobili delle pubbliche amministrazioni non devono essere più necessariamente stipulati dall’Agenzia del demanio, ma quest’ultima rilascia, piuttosto, alle predette amministrazioni il nulla osta alla stipula dei contratti di locazione ovvero al rinnovo di quelli in scadenza, ancorché sottoscritti dall'Agenzia del demanio. È nullo ogni contratto di locazione stipulato dalle predette amministrazioni senza il preventivo nulla osta alla stipula dell'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le predette amministrazioni adempiono i contratti sottoscritti, effettuano il pagamento dei canoni di locazione ed assumono ogni responsabilità e onere per l'uso e la custodia degli immobili assunti in locazione. Le medesime amministrazioni hanno l'obbligo di comunicare all'Agenzia del demanio, entro 30 giorni dalla data di stipula, l'avvenuta sottoscrizione del contratto di locazione e di trasmettere alla stessa Agenzia copia del contratto annotato degli estremi di registrazione presso il competente Ufficio dell'Agenzia delle Entrate.

Cfr. anche di recente, sulla materia, le Rassegne relative al secondo semestre 2009, al primo semestre 2010 ed al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

SOPPRESSIONE E LIQUIDAZIONE COATTA DI ENTI

A norma dell’art. 14, comma 15, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, l’art. 7, comma 20, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, si interpreta nel senso che – con riferimento alla soppressione di enti ivi disciplinata – le amministrazioni di destinazione subentrano direttamente nella titolarità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi degli enti soppressi, senza che tali enti siano previamente assoggettati a una procedura di liquidazione.

L’art. 15 del medesimo D.L. 6 luglio 2011, n. 98 dispone che – fatta salva la disciplina speciale vigente per determinate categorie di enti pubblici – quando la situazione economica, finanziaria e patrimoniale di un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato raggiunga un livello di criticità tale da non potere assicurare la sostenibilità e l'assolvimento delle funzioni indispensabili, ovvero l'ente stesso non possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi, con decreto del Ministro vigilante, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'ente è posto in liquidazione coatta amministrativa; i relativi organi decadono ed è nominato un commissario, il quale provvede alla liquidazione dell'ente.

 

CODIFICAZIONE IN MATERIA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

La legge 3 ottobre 2011, n. 174 (in G.U. n. 255 del 2.11.2011) ha dettato disposizioni per la codificazione in materia di pubblica amministrazione, delegando il Governo, in particolare, a codificare – mediante uno o più decreti legislativi – la materia oggi disciplinata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e dal d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445.

 

CORREZIONI AL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Con D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195 (in G.U. n. 273 del 23.11.2011), in vigore dal giorno 8 dicembre 2011, sono state approvate disposizioni correttive ed integrative al D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo.

Sulla disciplina del codice, cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

STATUTO DELLE IMPRESE

La legge 11 novembre 2011, n. 180 (in G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 15 novembre 2011, ha dettato norme per la tutela della libertà d'impresa, approvando il c.d. Statuto delle imprese.

Vengono sancìti, quali princìpi generali in materia, tra gli altri (art. 2):

- la libertà di iniziativa economica, di associazione, di modello societario, di stabilimento e di prestazione di servizi, nonché di concorrenza, quali principi riconosciuti dall'Unione europea;

- la sussidiarietà orizzontale quale principio informatore delle politiche pubbliche;

- il diritto dell'impresa di operare in un contesto normativo certo e in un quadro di servizi pubblici tempestivi e di qualità, riducendo al minimo i margini di discrezionalità amministrativa;

- la progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese;

- la reciprocità dei diritti e dei doveri nei rapporti fra imprese e pubblica amministrazione;

- il diritto delle imprese a godere nell'accesso al credito di un quadro informativo completo e trasparente e di condizioni eque e non vessatorie;

- la promozione della cultura imprenditoriale e del lavoro autonomo;

- la promozione di misure che semplifichino la trasmissione e la successione di impresa.

Lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli enti pubblici sono tenuti a valutare l'impatto delle iniziative legislative e regolamentari, anche di natura fiscale, sulle imprese, prima della loro adozione. Le disposizioni che prevedono l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 165/2001, di pubblicare sui propri siti istituzionali, per ciascun procedimento amministrativo ad istanza di parte rientrante nelle proprie competenze, l'elenco degli atti e documenti che l'istante ha l'onere di produrre a corredo dell'istanza si applicano anche agli atti o documenti la cui produzione a corredo dell'istanza è prevista da norme di legge, regolamenti o atti pubblicati nella Gazzetta Ufficiale (art. 6).

Allo scopo di ridurre gli oneri informativi gravanti su cittadini e imprese, i regolamenti ministeriali o interministeriali, nonché i provvedimenti amministrativi a carattere generale adottati dalle amministrazioni dello Stato al fine di regolare l'esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, nonché l'accesso ai servizi pubblici ovvero la concessione di benefici devono recare in allegato l'elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e sulle imprese introdotti o eliminati con gli atti medesimi. Gli atti suindicati, anche se pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, sono pubblicati nei siti istituzionali di ciascuna amministrazione secondo i criteri e le modalità definiti con apposito regolamento (art. 7).

Negli atti normativi e nei provvedimenti amministrativi a carattere generale che regolano l'esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, nonché l'accesso ai servizi pubblici o la concessione di benefici, non possono essere introdotti nuovi oneri regolatori, informativi o amministrativi a carico di cittadini, imprese e altri soggetti privati senza contestualmente ridurne o eliminarne altri, per un pari importo stimato, con riferimento al medesimo arco temporale (art. 8).

A norma dell’art. 9, le pubbliche amministrazioni suindicate informano i rapporti con le imprese ai principi di trasparenza, di buona fede e di effettività dell'accesso ai documenti amministrativi, alle informazioni e ai servizi svolgendo l'attività amministrativa secondo criteri di economicità, di efficacia, di efficienza, di tempestività, di imparzialità, di uniformità di trattamento, di proporzionalità e di pubblicità, riducendo o eliminando, ove possibile, gli oneri meramente formali e burocratici relativi all'avvio dell'attività imprenditoriale e all'instaurazione dei rapporti di lavoro nel settore privato, nonché gli obblighi e gli adempimenti non sostanziali a carico dei lavoratori e delle imprese. Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all'accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all'amministrazione. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 non possono richiedere alle imprese copie di documentazione già presente nel registro delle imprese. Infine, al fine di rendere più equo il sistema delle sanzioni cui sono sottoposte le imprese relativamente alle denunce, alle comunicazioni e ai depositi da effettuarsi presso il registro delle imprese, è stato modificato l’art. 2630 c.c. come segue: “Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall'articolo 2250, primo, secondo, terzo e quarto comma, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro. Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo. Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo”.

È stato modificato l’art. 9, comma 3-bis, della legge 18 giugno 1998, n. 192, precisandosi che “In caso di violazione diffusa e reiterata della disciplina di cui al d. lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, posta in essere ai danni delle imprese, con particolare riferimento a quelle piccole e medie, l'abuso si configura a prescindere dall'accertamento della dipendenza economica” (art. 10, comma 2).

Le pubbliche amministrazioni non possono richiedere alle imprese, all'esito di procedimenti di verifica, adempimenti ulteriori rispetto ai requisiti minimi di cui all’art. 9, comma 2, del decreto in commento, né irrogare sanzioni che non riguardino esclusivamente il rispetto dei requisiti medesimi (art. 11, comma 2).

 

INDIRIZZI “PEC” DEI PROFESSIONISTI

L’art. 25, commi 4 e 5, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), ha modificato – con effetto dal 31 gennaio 2012 – l’art. 16 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2), il cui comma 7 disponeva già che “I professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica di cui al comma 6 entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco riservato, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata”. Il nuovo comma 7-bis dell’art. 16 dispone ora che “L'omessa pubblicazione dell'elenco riservato previsto dal comma 7, ovvero il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati previsti dal medesimo comma, costituiscono motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell'ordine inadempiente”.

Cfr. anche, per la disciplina dettata dal d.l. n. 185/2008, la Rassegna relativa al secondo semestre 2008, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

FIRME ELETTRONICHE QUALIFICATE

Con D.P.C.M. 14 ottobre 2011 (in G.U. n. 254 del 31.10.2011) è stato prorogato il termine che autorizza l'autocertificazione circa la rispondenza dei dispositivi automatici di firma ai requisiti di sicurezza di cui al D.P.C.M. 30 ottobre 2003.

Più precisamente, l’art. 35, comma 5, del d. lgs. n. 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale - CAD) stabilisce che la conformità dei requisiti di sicurezza dei dispositivi per la creazione di una firma qualificata, prescritti dall'allegato III della Direttiva 1999/93/CE, è accertata, in Italia, dall'Organismo di certificazione della sicurezza informatica (OCSI). Allo stato attuale, non sono peraltro ancora disponibili nel contesto internazionale norme generalmente riconosciute utilizzabili per accertare la conformità ai requisiti di sicurezza suddetti di dispositivi sicuri per l'apposizione di firme secondo le procedure automatiche di cui all’art. 35, comma 3, del CAD.

Conseguentemente, il decreto in commento ha prorogato al 1° novembre 2013 il termine per le autocertificazioni e le autodichiarazioni di cui al d.p.c.m. 10 febbraio 2010, riguardante i dispositivi per l'apposizione di firme elettroniche con procedure automatiche, alle condizioni ivi previste.

 

PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI PRIVACY

L’art. 40, comma 2, del  D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), in vigore dal 6 dicembre 2011, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, al fine della riduzione degli oneri in materia di privacy, ha apportato alcune modifiche al D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (c.d. codice della privacy), finalizzate a circoscrivere la tutela della riservatezza alle sole persone fisiche:

a) all'articolo 4, comma 1, alla lettera b), il concetto di “dato personale” è stato riferito unicamente alle persone fisiche, con esclusione delle persone giuridiche, enti od associazioni;

b) correlativamente, all'articolo 4, comma 1, alla lettera i), anche il concetto di “interessato” è stato circoscritto alle sole persone fisiche; il comma 3-bis dell'articolo 5 è abrogato; al comma 4, dell'articolo 9, l'ultimo periodo è soppresso; la lettera h) del comma 1 dell'articolo 43 è soppressa.

L’art. 6 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, in vigore dal 14 maggio 2011, come modificato dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 (in G.U. n. 160 del 12.7.2011), in vigore dal 13 luglio 2011, ha aggiunto il comma 5-bis all’art. 13 del d. lgs. n. 196/2003, a norma del quale “L’informativa di cui al comma 1 non è dovuta in caso di ricezione di curricula spontaneamente trasmessi dagli interessati ai fini dell’eventuale instaurazione di un rapporto di lavoro. Al momento del primo contatto successivo all’invio del curriculum, il titolare è tenuto a fornire all’interessato, anche oralmente, una informativa breve”.

A norma dei nuovi commi 1-bis e 1-ter dell’art. 34 del d. lgs. n. 196/2003:

1-bis. Per i soggetti che trattano soltanto dati personali non sensibili e che trattano come unici dati sensibili e giudiziari quelli relativi ai propri dipendenti e collaboratori, anche se extracomunitari, compresi quelli relativi al coniuge e ai parenti, la tenuta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza è sostituita dall’obbligo di autocertificazione, resa dal titolare del trattamento ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di trattare soltanto tali dati in osservanza delle misure minime di sicurezza previste dal presente codice e dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B). In relazione a tali trattamenti, nonché a trattamenti comunque effettuati per correnti finalità amministrativo – contabili, in particolare presso piccole e medie imprese, liberi professionisti e artigiani, il Garante, sentiti il Ministro per la semplificazione normativa e il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, individua con proprio provvedimento, da aggiornare periodicamente, modalità semplificate di applicazione del disciplinare tecnico contenuto nel citato allegato B) in ordine all’adozione delle misure minime di cui al comma 1.

1-ter. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, i trattamenti effettuati per finalità amministrativo – contabili sono quelli connessi allo svolgimento delle attività di natura organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile, a prescindere dalla natura dei dati trattati. In particolare, perseguono tali finalità le attività organizzative interne, quelle funzionali all’adempimento di obblighi contrattuali e precontrattuali, alla gestione del rapporto di lavoro in tutte le sue fasi, alla tenuta della contabilità e all’applicazione delle norme in materia fiscale, sindacale, previdenziale-assistenziale, di salute, igiene e sicurezza sul lavoro”.

Con Provvedimenti del Garante per la Privacy in data 24 giugno 2011, nn. 4/2011 e 1/2011 (in G.U. n. 162 del 14.7.2011), sono state, rispettivamente, rilasciate le nuove autorizzazioni al trattamento dei dati sensibili da parte dei liberi professionisti, e nei rapporti di lavoro.

 

SEMPLIFICAZIONE DEI PROCEDIMENTI CIVILI DI COGNIZIONE

Con D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150 (in G.U. n. 220 del 21.9.2011), in vigore dal 6 ottobre 2011, sono state dettate disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

Il decreto ha abrogato numerosi procedimenti speciali (riconducendoli tutti ai tre riti ordinario, sommario e del lavoro), e nell’ambito del riordino eseguito ha, tra l’altro:

- dettato disposizioni comuni alle controversie disciplinate dal rito sommario di cognizione (art. 3);

- disciplinato il mutamento del rito in corso di causa, disponendo che “gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento” (art. 4);

- disciplinato (all’art. 26) l’impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai, disponendo in particolare che le controversie in materia di impugnazione dei provvedimenti disciplinari e quelle in materia di impugnazione delle misure cautelari rispettivamente previste dagli artt. 158 e 158-novies l. not. sono regolate dal rito sommario di cognizione. È competente la corte di appello del distretto nel quale ha sede la Commissione amministrativa regionale di disciplina che ha pronunciato il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti cautelari pronunciati dalla corte di appello ai sensi dell’art. 158-septies, comma 2, è competente la corte di appello nel cui distretto è ubicata la sede della Commissione più vicina. Al giudizio partecipa il pubblico ministero. Il ricorso avverso il provvedimento disciplinare va proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione della decisione, a cura della parte interessata o, in difetto, nel termine di sei mesi dal suo deposito. Il ricorso avverso la misura cautelare va proposto, a pena di inammissibilità, entro dieci giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato. Contro la decisione della corte di appello sul reclamo avverso il provvedimento disciplinare è ammesso ricorso per cassazione nei soli casi previsti dai numeri 3) e 5) del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile. Contro la decisione della corte di appello sul reclamo avverso il provvedimento cautelare è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge. La Corte di cassazione pronuncia con sentenza in camera di consiglio, sentite le parti;

- disposto che le controversie aventi ad oggetto l'attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria di cui all’art. 67 della legge n. 218/1995 sono regolate dal rito sommario di cognizione (art. 30).

A norma dell’art. 36, le norme del decreto in commento si applicano ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso.

Sulla novella in commento, v. GIORDANO, Note a prima lettura sulle previsioni generali del d. lgs. n. 150 del 2011 in tema di semplificazione dei riti civili, in Giust. civ., 2011, II, p. 427.

Sulla disciplina del processo sommario di cognizione, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

PROCESSO TELEMATICO

Con Provvedimento del Ministero della Giustizia in data 18 luglio 2011 (in G.U. n. 175 del 29.7.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, sono state approvate le specifiche tecniche previste dall’art. 4, comma 1, del D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito in legge 22 febbraio 2010, n. 24.

Si evidenzia, in particolare, che a norma dell’art. 4 il Ministero della giustizia si avvale del proprio gestore di posta elettronica certificata, che rilascia e gestisce apposite caselle di PEC degli uffici giudiziari e degli UNEP da utilizzare esclusivamente per i servizi previsti dal regolamento, nel rispetto delle specifiche tecniche riportate in questo provvedimento. Non possono essere utilizzate diverse caselle di PEC per la trasmissione e il deposito di atti processuali.

Gli artt. 5 e seguenti disciplinano il “portale dei servizi telematici”, e le relative condizioni e modalità di accesso. In particolare, i professionisti non iscritti all'albo, oppure per i quali il proprio ordine di appartenenza non abbia provveduto all'invio di copia dell'albo (ad eccezione degli avvocati), si registrano al Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) attraverso un Punto di Accesso (PdA) o attraverso il Portale dei Servizi Telematici, previa identificazione. Il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) è gestito dal Ministero della giustizia e contiene i dati identificativi nonché l'indirizzo di PEC dei soggetti abilitati esterni; censisce i soggetti abilitati esterni che intendono fruire dei servizi telematici di cui al regolamento, tra i quali sono compresi in particolare i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge (ad esempio Consiglio dell'ordine degli avvocati o Consiglio nazionale del Notariato) (art. 7). Qualora il professionista s'iscriva ad un albo, oppure pervenga copia dell'albo da parte dell'ordine di appartenenza, prevalgono i dati trasmessi dall'ordine stesso (art. 9). Per l'accesso ai sistemi dall'esterno della Rete Giustizia, l'identificazione è effettuata dal portale dei servizi telematici sulla base del sistema "Active Directory Nazionale" (ADN) (art. 10).

L’art. 11 disciplina il fascicolo informatico.

Gli artt. 12 e seguenti disciplinano la trasmissione di atti e documenti informatici (che devono essere, tra l’altro, in formato PDF, ottenuti da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini. I suddetti documenti devono essere corredati da files in formato XML). Deve trattarsi di documenti sottoscritti con firma digitale. L’art. 13 disciplina il formato dei documenti informatici allegati. L'atto e gli allegati, trasmessi da soggetti abilitati esterni, sono contenuti nella cosiddetta "busta telematica", ossia un file in formato MIME che riporta tutti i dati necessari (art. 14).

Il gestore dei servizi telematici provvede ad inviare le comunicazioni per via telematica, provenienti dall'ufficio giudiziario, alla casella di posta elettronica certificata del soggetto abilitato esterno destinatario, recuperando il relativo indirizzo sul ReGIndE (art. 17). La casella di posta elettronica certificata di un soggetto abilitato esterno deve disporre di uno spazio disco minimo pari a 1 Gigabyte (art. 21). A norma dell’art. 30, al momento dell'attivazione, sul ReGIndE di cui all’art. 7, dell'indirizzo di posta elettronica certificata del soggetto abilitato esterno, il portale dei servizi telematici invia un messaggio di PEC al medesimo soggetto comunicando l'avvenuta attivazione. La comunicazione riporta espressa avvertenza che il soggetto abilitato esterno dovrà usare per le successive trasmissioni unicamente la casella PEC. Contestualmente all'invio della comunicazione di cui al comma 1, il portale invia un messaggio di PEC alla casella di servizio del PdA, prevista dall’art. 25, comma 16. A decorrere dalla comunicazione suddetta, il soggetto abilitato esterno utilizza unicamente il sistema di trasmissione della posta elettronica certificata, così come disciplinato nel presente provvedimento, ed il gestore dei servizi telematici: a) Invia comunicazioni e notificazioni solamente alla casella di PEC ivi indicata; b) Consente la ricezione di atti solo tramite PEC, rifiutando automaticamente il deposito tramite altro canale.

Gli artt. 22 e seguenti disciplinano la richiesta ed il rilascio di copie di atti e documenti. Gli artt. 24 ss. disciplinano la consultazione delle informazioni del dominio giustizia, anche da parte dei soggetti abilitati esterni ed utenti privati (art. 25).

Gli artt. 26 e seguenti regolano i pagamenti telematici.

Cfr. anche, sul punto, le Rassegne relativa al secondo semestre 2008, al secondo semestre 2009 ed al primo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

INDICAZIONE DEL CODICE FISCALE E DELL’INDIRIZZO “PEC” NEGLI ATTI GIUDIZIARI

L’art. 23, commi 48 e seguenti, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha esteso la necessità di indicazione del codice fiscale in alcuni atti giudiziari. In particolare:

- a norma del nuovo art. 6, comma 1, lett. b), del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 605, il numero di codice fiscale deve essere ora indicato nelle richieste di registrazione degli atti da registrare in termine fisso o in caso d'uso relativamente ai soggetti destinatari degli effetti giuridici immediati dell'atto, nonché, per gli atti degli organi giurisdizionali, anche relativamente ai difensori, esclusi gli atti elencati nella tabella allegata al medesimo decreto. È stato correlativamente modificato l’art. 11 del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131;

- in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

Cfr. su tali modifiche la Circ. Agenzia Entrate 5 agosto 2011, n. 41/E.

L’art. 2, comma 35-ter, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha modificato l’art. 125 del codice di procedura civile, prescrivendo che il difensore deve indicare negli atti di parte, oltre al proprio codice fiscale, anche il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax.

L’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, ha modificato diversi articoli del codice di procedura civile e delle relative disposizioni di attuazione, al fine di garantire l’impiego della posta certificata nel processo civile; è stato, in particolare, previsto (nuovo art. 125 c.p.c.) che il difensore deve indicare negli atti di parte l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

 

CALENDARIO DEL PROCESSO CIVILE E MISURE PER LA RIDUZIONE DEL CONTENZIOSO CIVILE

L’art. 1-ter del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha modificato l’art. 81-bis disp. att. c.p.c., disponendo che il giudice, quando provvede sulle richieste istruttorie, sentite le parti e tenuto conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa, fissa, nel rispetto del principio di ragionevole durata del processo, il calendario delle udienze successive, indicando gli incombenti che verranno in ciascuna di esse espletati, compresi quelli di cui all'articolo 189, primo comma. I termini fissati nel calendario possono essere prorogati, anche d'ufficio, quando sussistono gravi motivi sopravvenuti. La proroga deve essere richiesta dalle parti prima della scadenza dei termini. Il mancato rispetto dei termini fissati nel calendario di cui al comma precedente da parte del giudice, del difensore o del consulente tecnico d'ufficio può costituire violazione disciplinare, e può essere considerato ai fini della valutazione di professionalità e della nomina o conferma agli uffici direttivi e semidirettivi. Le suddette disposizioni si applicano alle controversie instaurate successivamente al 17 settembre 2011.

L’art. 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, come modificato dall’art. 14 del D.L. 22 dicembre 2011, n. 212 (in G.U. n. 297 del 22.12.2011), in vigore dal 23 dicembre 2011,  dispone che nei procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi avverso le pronunce pubblicate prima della data di entrata in vigore della legge n. 69/2009, e in quelli pendenti davanti alle corti di appello da oltre tre anni prima della data di entrata in vigore della suddetta legge (pendenti, quindi, al 31 dicembre 2008), le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti, con istanza sottoscritta personalmente dalla parte che ha sottoscritto il mandato, dichiara la persistenza dell'interesse alla loro trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla suddetta entrata in vigore (quindi entro il termine del 30 giugno 2012). Nei casi di cui sopra il presidente del collegio dichiara l'estinzione con decreto.

 

CONTRIBUTO UNIFICATO PER SPESE DI GIUSTIZIA

L’art. 37, comma 6, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, ha apportato alcune modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di spese di giustizia (d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115); tra l’altro, ha modificato l’art. 13, fissando in euro 85 il contributo unificato per i procedimenti di volontaria giurisdizione.

L’art. 2, comma 35-bis, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (in G.U. n. 188 del 13.8.2011), in vigore dal 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. n. 216 del 16.9.2011), in vigore dal 17 settembre 2011, ha modificato l’art. 13, comma 3-bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, già introdotto dall’art. 37, comma 6, lett. q), del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, disponendo che ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax ai sensi degli articoli 125, primo comma, del codice di procedura civile e il proprio indirizzo di posta elettronica certificata ai sensi dell'articolo 16, comma 1-bis, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nell'atto introduttivo del giudizio o, per il processo tributario, nel ricorso il contributo unificato è aumentato della metà.

 

DISPOSIZIONI DI VIGILANZA PRUDENZIALE PER LE BANCHE

Con Comunicato della Banca d’Italia in data 12 dicembre 2011 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 288 del 12 dicembre 2011), in vigore dal 31 dicembre 2011, sono state emanate nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche (8° aggiornamento del 18 novembre 2011 della Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006).

In particolare, nell'ambito del processo di recepimento della direttiva europea 2010/76/CE del 24 novembre 2010 ("CRD III"), con il suddetto aggiornamento si è provveduto a:

- apportare alcune modifiche alla disciplina in materia di patrimonio di vigilanza (Titolo I, Capitolo 2), rischio di credito (Titolo II, Capitolo 1), cartolarizzazioni (Titolo II, Capitolo 2, Parte Seconda), rischi di mercato (Titolo II, Capitolo 4), informativa al pubblico (Titolo IV, Capitolo 1);

- incorporare nel testo della Circolare - in un apposito nuovo capitolo (Titolo V, Capitolo 3) - la disciplina delle obbligazioni bancarie garantite;

- introdurre alcuni chiarimenti e precisazioni diretti a recepire nei testi normativi recenti orientamenti di vigilanza, maturati anche a livello internazionale, al fine di favorire la razionalizzazione e semplificazione della normativa.

 

ISTITUTI DI PAGAMENTO E SERVIZI DI PAGAMENTO

Con Provvedimento della Banca d’Italia in data 5 luglio 2011 (in G.U. n. 176 del 30.7.2011, corretto mediante il successivo comunicato pubblicato in G.U. n. 178 del 2.8.2011), in vigore dal 1° ottobre 2011, è stata data attuazione al Titolo II del D. Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, relativo ai servizi di pagamento (Diritti ed obblighi delle parti).

Sulla disciplina in oggetto, v. anche la Rassegna relativa al primo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

FONDAZIONI LIRICO SINFONICHE

Con D.P.R. 19 maggio 2011, n. 117 (in G.U. n. 169 del 22.7.2011), in vigore dal 23 luglio 2011, è stato approvato il regolamento recante criteri e modalità di riconoscimento a favore delle fondazioni lirico-sinfoniche di forme organizzative speciali, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. f), del D.L. 30 aprile 2010, n. 64, convertito in legge 29 giugno 2010, n. 100.

Il regolamento reca, in particolare, disposizioni per la disciplina dei presupposti e dei requisiti richiesti alle fondazioni lirico-sinfoniche ai fini del riconoscimento del diritto di dotarsi di forme organizzative speciali. Definisce e disciplina, altresì, i contenuti e le modalità di attuazione delle forme organizzative speciali di cui al d.l. n. 64/2010. La fondazione dotata di forma organizzativa speciale ha personalità giuridica di diritto privato ed è disciplinata, per quanto non espressamente previsto dal presente regolamento, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo. Alla fondazione dotata di forma organizzativa speciale continuano, inoltre, ad applicarsi le disposizioni vigenti nel settore lirico-sinfonico, non incompatibili con il presente regolamento, ed in particolare quelle di cui al d. lgs. 29 giugno 1996, n. 367, sulle materie previste (art. 1).

Il Ministro per i beni e le attività culturali riconosce con proprio decreto, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, la qualifica di «Fondazione lirico-sinfonica dotata di forma organizzativa speciale» alle fondazioni lirico-sinfoniche che presentano tutti i requisiti richiesti dalla legge (art. 2).

Lo statuto della fondazione lirico-sinfonica dotata di forma organizzativa speciale è adeguato, entro sessanta giorni dal riconoscimento della forma organizzativa speciale, alle disposizioni del regolamento; l’art. 3 di quest’ultimo determina i contenuti del relativo statuto.

 

MODIFICHE AL REGOLAMENTO EMITTENTI

Con Deliberazione Consob 9 settembre 2011, n. 17919 (in G.U. n. 220 del 21.9.2011), e con Deliberazione Consob 23 dicembre 2011, n. 18049 (in G.U. n. 303 del 30.12.2011)  sono state apportate modifiche al Regolamento emittenti, di attuazione del d. lgs. n. 58/1998, adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modificazioni.

 

CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI

L’art. 23 del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 (in G.U. n. 302 del 29.12.2011), in vigore dal 29 dicembre 2011, ha prorogato al 31 dicembre 2012 il termine di cui all’art. 19, comma 14, primo periodo, del D. Lgs. 17 settembre 2007, n. 164; termine entro il quale – in caso di mancata entrata in vigore dei provvedimenti di cui all’art. 18-bis del d. lgs. n. 58/1998 (t.u.f.) – la riserva di attività di cui all'articolo 18 del d. lgs. n. 58/1998 non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestavano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), del suddetto t.u.f. senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.

Cfr. anche, sul punto, la Rassegna relativa al secondo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

SPORTELLO UNICO DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

Con D.M. 10 novembre 2011 (in G.U. n. 267 del 16.11.2011) sono state approvate le misure per l'attuazione dello sportello unico per le attività produttive di cui all’art. 38, comma 3-bis, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

Sul D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160, con cui è stato approvato il Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive (SUAP), cfr. la Rassegna relativa al secondo semestre 2010, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

CESSIONE DI IMPIANTI RADIOTELEVISIVI

L’art. 40, comma 9-bis, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 284 del 6.12.2011), introdotto dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214 (in Suppl. ord. n. 276 alla G.U. n. 300 del 27.12.2011), in vigore dal 28 dicembre 2011, ha introdotto il nuovo comma 7-bis all’art. 27 del D. Lgs. 31 luglio 2005, n. 177 (testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), a norma del quale “La cessione anche di un singolo impianto radiotelevisivo, quando non ha per oggetto unicamente le attrezzature, si considera cessione di ramo d’azienda. Gli atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami d’azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma, sono in ogni caso validi e non rettificabili ai fini tributari.

 

PREMI DI PRODUTTIVITÀ

A norma dell’art. 26 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, per l'anno 2012 le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi aziendali o territoriali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili della impresa, o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale, sono assoggettate ad una tassazione agevolata del reddito dei lavoratori e beneficiano di uno sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro. Il tutto in conformità ad apposito provvedimento governativo da emanarsi.

 

CONTRATTI DI APPRENDISTATO

Con D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167 (in G.U. n. 236 del 10.10.2011), in vigore dal 25 ottobre 2011, è stato approvato il Testo unico dell'apprendistato, a norma dell’art. 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

A norma dell’art. 22, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, al fine di promuovere l'occupazione giovanile, a decorrere dal 1° gennaio 2012, per i contratti di apprendistato stipulati successivamente alla medesima data ed entro il 31 dicembre 2016, è riconosciuto ai datori di lavoro, che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, uno sgravio contributivo del 100 per cento con riferimento alla contribuzione dovuta ai sensi dell’art. 1, comma 773, quinto periodo, della legge n. 296/2006, per i periodi contributivi maturati nei primi tre anni di contratto, restando fermo il livello di aliquota del 10 per cento per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo.

 

GESTIONE SEPARATA INPS PER LAVORATORI AUTONOMI

A norma dell’art. 18, comma 12, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6.7.2011), in vigore dal 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16.7.2011), in vigore dal 17 luglio 2011, l’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11 (soggetti già pensionati, gestiti dagli enti previdenziali di diritto privato). Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi dell’art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995.

 

RACCOMANDAZIONE PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE SULLE SUCCESSIONI

Con la Raccomandazione della Commissione 15 dicembre 2011, n. 2011/856/UE (in G.U.U.E.  n. L336 del 20.12.2011) sono state richieste, agli Stati membri dell’Unione europea, misure intese a evitare la doppia imposizione in materia di successioni.

Detta Raccomandazione stabilisce, a norma dell’art. 1, le modalità con cui gli Stati membri possono porre in atto misure, o migliorare le misure vigenti, al fine di evitare l'imposizione doppia o multipla derivante dall'applicazione di imposte di successione da parte di due o più Stati membri (c.d. doppia imposizione). Per analogia, la Raccomandazione si applica anche alle imposte sulle donazioni qualora queste ultime siano tassate sulla base di norme identiche o simili a quelle relative alle successioni.

Le misure oggetto della Raccomandazione sono finalizzate a risolvere i casi di doppia imposizione in modo che il livello complessivo dell'imposta prelevata su una determinata successione non sia superiore al livello che sarebbe applicato se solo lo Stato membro con il livello d'imposta più elevato fra gli Stati membri interessati avesse competenza fiscale sulla totalità della successione (art. 3). L’art. 4 richiede pertanto agli Stati membri che applicano l'imposta di successione la concessione di uno “sgravio fiscale”, nei termini ivi dettagliati (ossia una disposizione prevista nella legislazione e/o nelle direttive o negli orientamenti amministrativi di uno Stato membro in base alla quale esso concede lo sgravio per l'imposta di successione versata in un altro Stato membro accreditando l'imposta estera a fronte dell'imposta dovuta in tale Stato membro, esentando la successione o parte di essa dall'imposizione in tale Stato membro in riconoscimento dell'imposta estera versata o astenendosi in altri modi dal prelevare l'imposta di successione). L’art. 5 richiede agli Stati membri concedano lo sgravio fiscale per un periodo di tempo ragionevole, ad esempio dieci anni a decorrere dal termine entro cui devono essere pagate le imposte di successione da essi applicate.

 

RISARCIMENTO DEL DANNO PER MANCATO RECEPIMENTO DI DIRETTIVE COMUNITARIE

A norma dell’art. 4, comma 43, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (in Suppl. ord. alla G.U. n. 265 del 14.11.2011), in vigore dal 1° gennaio 2012, “la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato recepimento nell'ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari soggiace, in ogni caso, alla disciplina di cui all'articolo 2947 del codice civile e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato”.

Su tale obbligo di risarcimento del danno, cfr. SCARDIGNO, Responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Digesto discipline privatistiche, sez. civ., Aggiornamento, ****, Torino, 2009, p. 428; ANDRONICO, La mancata attuazione del diritto dell'Unione europea da parte dello Stato. Responsabilità contrattuale di natura indennitaria per attività giuridica (nota a Cass. 10 marzo 2010, n. 5842), in Giust. civ., 2011, I, p. 1586; CIATTI, Appunti sull'illecito del legislatore, in Studi in onore di Giorgio Cian, I, Padova, 2010, p. 515; BAIRATI, La ripartizione spettante al soggetto danneggiato a seguito di mancato recepimento, nel termine prescritto, di direttiva comunitaria. Questioni teoriche e implicazioni pratiche della sua corretta qualificazione (nota a Cass. S.U. 17 aprile 2009, n. 9147), in Giur. it., 2010, p. 693; CALZOLAIO, La violazione del diritto comunitario non è antigiuridica: l'illecito dello Stato al vaglio delle Sezioni Unite, in Contratto e impresa, 2010, p. 71; PASQUINELLI, Le sezioni unite e la responsabilità dello Stato-legislatore per violazione del diritto comunitario. Un inatteso revirement (nota a Cass. 17 aprile 2009, n. 9147), in Nuova giur. civ., 2009, I, p. 1018; PASQUINELLI, La responsabilità dello Stato-legislatore tra illecito "comunitario" e illecito "costituzionale". Prime riflessioni, in Riv. dir. civ., 2009, II, p. 171; BAIRATI, Una nuova applicazione del principio di responsabilità risarcitoria dello Stato per violazione del diritto comunitario. Il "Caso Europa 7" (nota a Corte Giustizia CE 19 maggio 2009, n. C-166/08), in Giur. it., 2009, p. 2540; BUONAURO, Il risarcimento del danno da atto legislativo, Milano, 2004; BIFULCO, La responsabilità dello Stato per atti legislativi, Padova, 1999.

 

REGOLAMENTO COMUNITARIO IN MATERIA DI OBBLIGAZIONI ALIMENTARI

Con Regolamento (CE) 10 novembre 2011, n. 1142/2011 della Commissione (in G.U.U.E. n. L293 del giorno 11.11.2011), in vigore dal 12 novembre 2011, sono stati stabiliti gli Allegati X e XI del Regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni nonché alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari.

Su quest’ultimo Regolamento, cfr. la Rassegna relativa al primo semestre 2009, in http://www.gaetanopetrelli.it.

 

DIRETTIVA COMUNITARIA SUL T.A.E.G.

La Direttiva 14 novembre 2011, n. 2011/90/UE della Commissione (in G.U.U.E. n. L296 del 15.11.2011), in vigore dal 5 dicembre 2011, ha modificato l'allegato I, parte II, della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio con l'aggiunta di altre ipotesi per il calcolo del tasso annuo effettivo globale.

Gli Stati membri devono adottare e pubblicare, entro il 31 dicembre 2012, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva.

 

DIRETTIVA COMUNITARIA SUL DIRITTO DI AUTORE

Con Direttiva 27 settembre 2011, n. 2011/77/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (in G.U.U.E. n. L265 dell’11.10.2011), in vigore dal 31 ottobre 2011, è stata modificata la Direttiva 2006/116/CE, concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi. Gli Stati membri devono mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 1° novembre 2013.

 

DIRETTIVA COMUNITARIA SUL PERMESSO UNICO DI SOGGIORNO

La Direttiva 13 dicembre 2011, n. 2011/98/UE (in G.U.U.E. n. L343 del 23.12.2011), in vigore dal 24 dicembre 2011, ha disciplinato una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro. La Direttiva non riguarda peraltro i cittadini di paesi terzi che hanno acquisito lo status di soggiornanti di lungo periodo ai sensi della Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003.

La Direttiva riguarda essenzialmente il soggiorno a fini lavorativi (art. 1). Essa non pregiudica le disposizioni più favorevoli derivanti dal diritto dell’Unione europea o da accordi internazionali, e comunque fa salva la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni nazionali più favorevoli alle persone a cui si applica (art. 13).

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva entro il 25 dicembre 2013

 

DIRETTIVA COMUNITARIA SULLA CONDIZIONE DI RIFUGIATO

Con Direttiva 13 dicembre 2011, n. 2011/95/UE (in G.U.U.E. n. L337 del 20.12.2011), in vigore dal 9 gennaio 2012, sono state dettate norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, nonché norme sullo status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, ed infine norme sul contenuto della protezione riconosciuta, apportando una serie di modifiche sostanziali alla Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, e provvedendo alla rifusione di detta direttiva.

A norma dell’art. 3 della Direttiva, comunque, gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria.

Ai sensi dell’art. 39, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli 1, 2, 4, 7, 8, 9, 10, 11, 16, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34 e 35 della Direttiva entro 21 dicembre 2013.

 

APPLICAZIONE DEL TRATTATO DI SCHENGEN AL LIECHTENSTEIN

Con Decisione del Consiglio UE in data 13 dicembre 2011, n. 2011/842/UE (in G.U.U.E. n. L334 del 16.12.2011), in vigore dal 16 dicembre 2011, è stato disposto che tutte le disposizioni di cui agli allegati A e B dell'accordo tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera, riguardante l'associazione di quest'ultima all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen e tutte le disposizioni elencate nell'allegato del protocollo di detto accordo e ogni atto che costituisce un ulteriore sviluppo di una o più di tali disposizioni si applicano al Principato del Liechtenstein a decorrere dal 19 dicembre 2011, nelle sue relazioni – tra l’altro – con l’Italia.

 

LEGISLAZIONE REGIONALE – SECONDO SEMESTRE 2011

Cfr. l’elenco delle disposizioni normative regionali maggiormente rilevanti, per quanto riguarda le materie attinenti o comunque collegate al diritto privato ed ai settori di interesse notarile, segnalate in PETRELLI, Novità normative regionali – secondo semestre 2011, in http://www.gaetanopetrelli.it/.

 

 

Gaetano Petrelli